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5.0/10
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Il Giappone è in grande pericolo da quando il malvagio dott. Hell rinviene, nell'isola di Bardos, numerosi, giganteschi automi da guerra appartenuti alla scomparsa civiltà di Mikene, e decide di potenziarli e utilizzarli per conquistare il mondo. Lui e il suo braccio destro, l'inquietante barone Ashura, non immaginano però che un altro illustre scienziato, il professore Kabuto, ha ideato una potente contromisura: il devastante robottone Mazinger Z, realizzato con la straordinaria, indistruttibile Lega Z. Mortalmente ferito dagli uomini di Ashura, con le sue ultime forze Kabuto riesce tuttavia ad affidare la sua invenzione al nipote Koji, che, assistito dal suo collega, prof. Yumi, e dallo staff di quest'ultimo risiedente nell'Istituto per la ricerca dell'energia fotoatomica, diventa il pilota di Mazinger Z e, conseguentemente, l'ultimo baluardo della Terra.

L'occasione di visionare un classico del livello di "Mazinger Z" permette non solo di riscoprire, con meraviglia, i motivi che hanno portato questa lunga serie animata a raggiungere indici di ascolto tra i più alti della storia nella televisione nipponica (uno share medio del 30%), ma anche di constatare, con grande amarezza, come grandissimi meriti e importanza storica di oggettive pietre miliari non necessariamente si coniugano con una qualità tale da resistere allo scorrere del tempo.

A "Mazinger Z", è giusto dirlo chiaramente, l'animazione robotica deve tutto: anche se esistono dei predecessori (il preistorico manga/anime "Tetsujin 28" di Mitsuteru Yokoyama del '56, il fumetto "Giant Robot" sempre dello stesso autore e la serie animata "Astroganga", che debutta giusto due mesi prima, nell'ottobre 1972), è lui, solo lui, a creare dal nulla uno dei generi narrativi più famosi, rappresentativi e influenti del Paese del Sol Levante, ipotizzando gli scontri di un robottone gigante che, rispetto ai precedenti, è dotato di armi portentose, azionabili da un pilota che lo guida dall'interno. L'idea viene in mente, come si sa, all'autore di fumetti Go Nagai, che un giorno, assistendo a un imbottigliamento stradale, immagina quanto sarebbe bello se un guidatore potesse far spuntare delle gambe alla propria vettura per farle scavalcare tutte le altre. Il controverso ideatore di "Scuola senza pudore", "Mao Dante" e del "Devilman" televisivo e cartaceo trova quindi nuova complicità con lo studio Toei Animation, ben interessato all'idea di una serie d'azione avente come protagonista un colosso di metallo pilotabile e dotato di micidiali armi da battaglia che vengono, di volta in volta, scelte, urlate e usate dal protagonista per distruggere i suoi avversari. Questi ultimi non possono che essere altri robottoni, carne da macello puntualmente inviata, episodio dopo episodio, da un essere abietto che intende, sfruttando i loro poteri, conquistare il mondo. L'eroe risiederà stabilmente, quindi, in un'avanzata fortezza scientifica, ultimo baluardo dell'umanità, dove è anche custodito il robottone: suo compito sarà quello di scacciare il nemico ogni volta che tenterà un nuovo attacco. Queste caratteristiche principali, oltre alla concezione nippocentrica che condisce il tutto (conquistare il Giappone è come essersi impossessati del mondo!) e all'idea di infondere nell'automa di metallo protagonista l'epica dei samurai, renderanno la serie uno straordinario successo commerciale: trasmesso ogni domenica alle 19 su Fuji TV, "Mazinger Z" diventa una delle produzioni più seguite in assoluto della televisione in quegli anni, entusiasmando sia bambini (target principale) che adulti, tutti galvanizzati dall'idea di un nuovo, enorme idolo guerriero che in ogni puntata, con, di sottofondo, la scoppiettante sigla iniziale (cantata in inglese nelle versioni internazionali), annienta eroicamente mostri meccanici che intendono distruggere Tokyo.

In quegli anni, purtroppo per le nuove generazioni, lo schema narrativo tipico è ereditato dai telefilm tokusatsu: ogni episodio è uguale all'altro, autoconclusivo e inizia e finisce allo stesso modo seguendo canovacci collaudati, che mostrano Koji e compagni vivere una piccola mini-avventura (un semplice pretesto) e poi affrontare, nel finale, l'immancabile nemico della settimana ("monster of the week") inviato dal dott. Hell, distruggendolo; l'epilogo è dato dall'inquadratura conclusiva che guarda al tramonto, con le risate liberatorie di sottofondo degli eroi dopo una gag finale. La quasi totale assenza di continuity a legare le puntate per l'epoca è la norma: nessun giapponese stava a lamentarsi della cosa, ci era abituato, e questo proprio perché gli anime godevano di pochissima considerazione, rivolti com'erano unicamente ai bambini, nessuno si sognava di renderli o richiederli più avvincenti o articolati. "Mazinger Z" è proprio questo: un'opera estremamente infantile, ripetitiva al massimo, dalla trama basicissima che non evolve pressoché mai, basata interamente su interminabili combattimenti tra robot che occupano il 70% del tempo, che alla sua epoca creava un sense of wonder indimenticabile con i suoi pugni a razzo, i raggi termici e l'idea di pilotare colossi di metallo altissimi (idee che apriranno la strada a un'enormità di seguiti e cloni che imperverseranno per tutti i Settanta, arrivando quasi tutti, tra l'altro, in Italia), ma che oggi, onestamente, è inguardabile, pur con tutti i buoni propositi di contestualizzazione.

In contemporanea con l'anime, Go Nagai disegnava, come nel caso di "DevilMan", anche una controparte cartacea, immancabilmente più tenebrosa, violenta e sensuale. Da quel fumetto (pubblicato in Italia da d/visual e J-Pop), "Mazinger Z" verrà conosciuto dalle masse per la sua tematica di ambiguità bene/male, data dalla possibilità che l'automa possa diventare, a seconda degli usi che se ne fanno, il salvatore dell'umanità o il suo peggior nemico (Mazinger in giapponese si pronuncia "Majinga", "Ma" per demone e "Jin" per divinità). È una dicotomia che verrà esplorata da Nagai sia in quel caso che in successive riletture, sempre a fumetti; peccato questo tema proprio non esista nella serie animata di Toei Animation, che si limita ad appiattire il tutto riducendolo alla stregua di un robottone eroico e buono che combatte all'infinito contro avversari e strategie nemiche. Tolto questo, e tolto pure il minimo approfondimento a qualsiasi personaggio (legati a una nettissima dicotomia Bene/Male, senza sfumature), tutti addirittura privi del minimo background e ingabbiati in atmosfere quasi sempre leggere, scanzonate e supereroistiche, l'anime si risolve in una serie-fiume che ripete a tempo indeterminato le stesse cose, senza nessuna diversificazione (mini-avventura e lunghissimo combattimento, mini-avventura e lunghissimo combattimento, acrobazie di Koji contro gli uomini di Hell, gli scagnozzi di quest'ultimo eternamente sconfitti e rimproverati dal loro padrone, etc), per novantadue episodi stressanti, che simboleggiano, per il pubblico odierno, l'ovvietà che per conoscere nell'interezza l'intera "storia" basta guardare presumibilmente il primo e ultimo episodio. Non basta qualche timida variazione (un power up, un nuovo elemento che entra nel cast di buoni o cattivi, un nuovo robot alleato ad affiancare quello protagonista) ogni venticinque/trenta episodi per salvare la serie da una noia che è pressoché implacabile, fin dall'inizio. Chara e mecha design sono senz'altro iconici, ben rappresentativi della mano di Go Nagai (il luciferino e demoniaco Hell, il sessualmente ambiguo Ashura, il rozzo teppista Boss, i robottoni dal design camaleontico, a volte buffo o stravagante, a volte figo, a volte a metà tra l'uno e l'altro), così come sigla e le musiche di Michiaki Watanabe... Ma c'è ben poco oltre a questo: si può capire all'epoca perché la serie fu un trionfo (mai si era visto un concept simile), ma anche perché oggi, con i mille successori che hanno perfezionato le sue caratteristiche narrative, ormai è terribilmente vetusto, inguardabile, al punto che solo chi vuole farsi una cultura personale potrebbe stare a visionarlo.

Neppure tecnicamente l'opera è in grado di farsi ricordare o recuperare dignità, non reggendo minimamente la competizione con anime contemporanei ben più stellari dal punto di vista di budget, animazioni e fotografia ("Gatchaman" e "Heidi" gli esempi più illustri). Questo anche dal punto di vista del comparto visivo, martoriato da un budget mai davvero importante che, seppur globalmente sufficiente, si esprime in disegni spesso rozzi e mal curati, che talvolta fanno assumere ai giovani personaggi (Koji Kabuto in particolare) delle fattezze involontariamente grottesche (talvolta sembrano vecchi, talvolta sotto effetto di stupefacenti). A tale proposito, "Mazinger Z" sfigura nettamente addirittura a confronto con il "Devilman" televisivo trasmesso quasi in contemporanea (l'Uomo Diavolo appare in TV cinque mesi prima) e sempre a opera di Nagai, che seppur più breve e di minor successo almeno era disegnato e curato con tutti i crismi.

Questo, in sintesi, è "Mazinger Z", il capostipite di tutti i giganti d'acciaio: visione irrinunciabile nel 1972 e titolo fondamentale nella codificazione del genere, ma superato già nel suo decennio da molti dei suoi "figli". Molto, molto meglio recuperare, a questo punto, i due manga serializzati in contemporanea in quegli anni: quello, già accennato, di Go Nagai, o specialmente l'adattamento del suo collaboratore Gosaku Ota (sempre disponibile in Italia per d/visual e J-Pop), considerato dallo stesso Nagai la versione "definitiva" della storia. Pur al prezzo di ignobili disegni infantilissimi e del seguire inizialmente le atmosfere animate, l'opera di Ota ha quantomeno il merito di discostarsene successivamente, approfondendo notevolmente i personaggi e rendendo più matura e meno ripetitiva la trama.

Nota: in Italia "Mazinger Z" viene trasmesso sulle reti Rai dopo il successo di "Ufo Robot Grendizer", il suo secondo seguito (ma trasmesso per primo). Visti i disegni, i colori e le animazioni superati rispetto al successore, è probabilmente per questo che è stato doppiato per poco più di metà, giusto 52 episodi su 92, prima di venire interrotto per (probabile) flop di trasmissione. L'adattamento è tutt'altro che ben fatto, distinguendosi per i numerosissimi tagli interni per ridurre la durata delle puntate, il cambio del nome dell'eroe da Koji Kabuto a Ryo Kabuto, e dialoghi infedeli che spesso non ci azzeccano proprio nulla con quanto si vede su schermo. L'unico modo di "godersi" "Mazinger Z" consiste nell'attendere l'annunciata edizione in DVD a cura di Yamato Video, che sottotitolerà tutto in modo fedele, comprese le quasi quaranta puntate mai doppiate (che il recensore, con onestà, ha guardato in lingua originale).