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Quando parliamo de "La città incantata" ci stiamo riferendo a un prodotto d'eccellenza, sotto tutti i punti di vista, nonché uno dei successi maggiori dello Studio Ghibli, che ha contribuito a dare ancora più lustro al celebre Studio anche in Occidente.

Personalmente sono cresciuta con le opere del maestro Hayao Miyazaki, che ha accompagnato me e moltissimi altri bambini con storie garbate e interessanti, con una gentilezza tale da attirare sia il pubblico adulto che quello più piccolo, con serie TV come "Heidi" e "Conan il ragazzo del futuro". E' normale che quel tipo di narrazione calma, ma decisa nel messaggio da comunicare, mi sia rimasta nel cuore, ma "La città incantata" è senza dubbio uno dei lungometraggi animati che chiunque, e veramente chiunque, sarebbe in grado di apprezzare (per almeno una delle sue caratteristiche) e dovrebbe vedere almeno una volta. Ho visto questo film almeno una decina di volte, ma solo quando sono stata più grande sono riuscita ad apprezzarlo nella sua completezza, per quanto è vasto e per quanti sono gli aspetti a cui prestare attenzione.
Ma andiamo con ordine.

La protagonista è Chihiro, una ragazzina costretta dai genitori a trasferirsi in una nuova città. Durante il viaggio verso la nuova casa i genitori decidono di fermarsi in quello che all'apparenza sembra una specie di villaggio turistico abbandonato, per una breve pausa; trovando del cibo appetitoso e nessuno nei dintorni, iniziano ad abbuffarsi, mentre la figlia cerca di convincerli a smettere e ad andarsene. Presto però le cose precipitano, e col calare della notte iniziano a comparire una serie di spiriti e creature misteriose: Chihiro corre a cercare i genitori, ma ormai si sono trasformati in dei maiali. In soccorso dell'eroina arriva il misterioso Haku, che le spiega come stanno le cose: si trova nel villaggio termale dove gli spiriti vengono a riposarsi e, poiché i genitori hanno mangiato il cibo destinato agli spiriti, si sono trasformati in dei maiali, e adesso sta a Chihiro salvarli. La ragazza deve, a tutti i costi, farsi dare un lavoro, affinché possa vivere nelle terme degli spiriti e in questo modo cercare un modo per salvare la sua famiglia...

"La città incantata" ci porta in un mondo frizzante e colorato, popolato da personaggi strambi e indimenticabili.
Partiamo dal punto di vista tecnico: non ci sono parole per descrivere la perfezione e la cura che lo Studio Ghibli ha messo in questo capolavoro dell'animazione. Il vero punto di forza, per me, sono i fondali, uno più splendido dell'altro: atmosfere ampie, immense, intrise di sogni e nostalgia, pulite, nette, ben definite, un sogno ad occhi aperti. Il più piccolo dettaglio, il più piccolo disegno su una parete o su un vaso sembra cesellato al millesimo, come se lo spettatore potesse quasi toccarlo.
Le animazioni anche sono stupende, i personaggi interagiscono alla grande sia tra di loro che con gli oggetti dello sfondo, non c'è il minimo stacco. Per non parlare poi delle animazioni dell'acqua o del fango, si ha davvero la sensazione che Chihiro fatichi a camminare in mezzo alla melma, oppure che l'acqua sia vera.
Insomma, Miyazaki e il suo Studio hanno veramente messo a frutto l'esperienza di una vita intera in un tripudio di colori e vivacità, dove nessun dettaglio è mai sovrabbondante.

La trama si dipana su più livelli. Un bambino può certamente apprezzarne la superficie, la "semplice" storia di Chihiro che cerca di salvare i genitori e si innamora (di questo parleremo più avanti), mentre un adulto può cogliere a pieno tutti gli insegnamenti sparsi qua e là e la morale di fondo un po' severa e amara, ma non per questo poco utile.
C'è un bel riferimento all'ecologia, tema molto caro ai giapponesi. Miyazaki ci ricorda, senza supponenza o arroganza, che bisogna rispettare la natura, e lo fa col personaggio dello spirito del fiume, che arriva alle terme completamente lurido perché gli umani lo hanno sporcato buttandoci dentro ogni sorta di spazzatura, e si complimenta con Chihiro che è l'unica a riconoscerlo e ad aiutarlo.
C'è poi il personaggio di Senza Volto, che è un mostro che cerca di far accettare alle persone quello di cui hanno bisogno (principalmente dona oro) per poi divorarle. Senza Volto è una rappresentazione della società moderna giapponese, più che mai convinta che il denaro sia l'unica cosa importante e che possa comprare tutto e tutti, al punto che le persone sono disposte a rinunciare a loro stesse per il denaro.
Chihiro è l'unica ancora una volta a comprendere la vera natura del mostro, e lo manda in crisi dicendogli: "Non ne ho bisogno", ogni volta che esso cerca di proporle dell'oro.
Importante anche il tema del lavoro, anch'esso molto caro alla società giapponese, visto come unico modo per "esistere" ed essere accettati dagli altri e dalla società stessa. Chi non lavora non esiste.

A coronare il tutto, come accennavo prima, c'è la deliziosa e delicata storia d'amore tra Chihiro e Haku, che come tipico dei film di Miayazaki si dipana lungo il film con un garbo unico.
Il finale, come al solito, un po' misterioso, un po' vago, lascia stavolta un barlume di speranza e un chiaro messaggio agli spettatori più attenti.

Lo Studio Ghibli ci ha regalato un'opera impeccabile (anche le musiche sono notevoli e sempre azzeccate) sotto ogni punto di vista, che molti considerano il punto più alto mai raggiunto dallo studio d'animazione.
Un film sicuramente da vedere più e più volte e da apprezzare ogni volta di più.