Recensione
La Fenice
10.0/10
Recensione di Caniderrimo
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"La saga <i>La Fenice</i> parla della persistenza della vita in ogni momento, ma racconta anche la storia del suo creatore, e del Giappone moderno. È una storia di scoperta, sviluppo, distruzione, reinvenzione, e della determinazione a vivere al massimo ogni singolo minuto."
(Helen McCarthy, da Icon: Osamu Tezuka, il dio del manga)
<b>Storia</b>
Nel 1954 su <i>Manga Shonen</i> apparve un fumetto a puntate chiamato <i>Hi no Tori</i>, ispirato alla leggenda della Fenice ed al cartone animato russo del 1947 <i>Il cavallo matto</i> di Ivan Ivanov-Vano. A causa della chiusura della rivista venne però interrotto dopo soli otto episodi.
Nondimeno a Tezuka questa idea piaceva molto e quando nel 1956 la rivista <i>Shojo Club</i> lo contattò perché scrivesse una nuova storia sulla scia del successo ottenuto dalla <i>Principessa Zaffiro</i>, pensò di riutilizzare il medesimo soggetto.
I tre racconti che furono prodotti parlano di un principe egiziano e di una schiava che bevendo il sangue dell'Uccello di fuoco ottengono tremila anni di vita e che attraverso una serie di reincarnazioni vengono destinati ad incontrarsi ed innamorarsi continuamente l'un l'altra.
Per nostra fortuna la cosa non terminò qui e Tezuka decise di utilizzare la Fenice per creare un'opera che coprisse l'intera storia dell'umanità. Iniziò così a riorganizzare quel suo primo racconto a puntate e lo pubblicò su <i>COM</i>, rivista da lui stesso fondata, nel 1967.
L'<i>Alba</i> divenne così il primo capitolo ufficiale di quella che Tezuka disse poi di considerare il lavoro della sua vita e venne seguito negli anni successivi da altre storie. Nel 1973 però <i>COM</i> fallì e a Tezuka venne proposto di continuare a pubblicare <i>La Fenice</i> su <i>Kibo-no-Tomo</i>, ma lui ritenne che i temi trattati in quest'opera fossero troppo complicati per essere pienamente compresi dai suoi giovani lettori, così al suo posto propose <i>Budda</i>, una biografia romanzata della vita di Siddharta.
Nonostante questo, e pur essendo sempre oberato da numerosissimi incarichi, continuerà a scrivere nuovi episodi di <i>Hi no Tori</i> fino alla morte, testimoniando quanto per lui fosse importante questa saga.
<b>Trama</b>
Le diverse storie di cui si compone la Fenice si possono distinguere in due filoni fondamentali: quello storico e quello fantascientifico.
Tezuka le scrisse alternandole l'una all'altra e facendole avvicinare temporalmente sempre più tra loro. Se infatti l'<i>Alba</i> (i primi due volumi) ci parla delle origini preistoriche del Giappone ed il <i>Futuro</i> (il terzo volume) dell'ultimo giorno della specie umana, i racconti storici successivi avanzano cronologicamente rispetto ai precedenti, mentre quelli fantascientifici retrocedono sempre più nel tempo. In questo modo l'autore aveva intenzione di arrivare a parlare del presente, chiudendo il ciclo di quest'epica cosmica con ciò che gli stava più a cuore, ovvero i problemi della sua epoca.
La morte gli impedì di portare a termine questo progetto e tuttavia il <i>Sole</i>, pubblicato postumo, rappresenta nondimeno un finale ideale. In questo infatti ci viene presentata una storia in cui il protagonista nel 663 d.C. sogna il suo alter ego che agisce nel futuro, e quindi un racconto che unisce i due filoni chiudendo a modo suo il ciclo.
Questo libro ha poi anche un'ulteriore particolarità rispetto agli altri: qui non è presente quella de-mitizzazione che si ritrova in quelli precedenti. Gli esseri mitologici e gli dei della tradizione Giapponese, che in precedenza venivano interpretati da esseri umani, nel <i>Sole</i> si manifestano in un numero e in una quantità di forme infinite, a cominciare dallo stesso protagonista, un uomo-lupo molto sui generis.
A dire il vero già negli <i>Esseri Fantastici</i> le creature mitiche erano stati rappresentate nella forma che imponeva loro la tradizione, ma per farlo Tezuka era ricorso ad un escamotage che in qualche modo giustificava la loro presenza. Al contrario nel <i>Sole</i> non è data alcuna spiegazione per la loro esistenza se non il fatto stesso che esistono.
<b>Temi principali</b>
I temi che tratta <i>La Fenice</i> sono davvero numerosi, ma il principale è senza dubbio il rispetto e la dignità della vita di tutte le creature del cosmo. Certo molti altri fanno la loro comparsa tra le sue pagine, eppure tutti (il pacifismo, il problema della vita artificiale, rappresentato da vari robot ed esperimenti genetici, la vanità degli uomini, l'amore, l'odio, la redenzione e molti ancora) derivano essenzialmente da questo.
Innegabile è poi la forte influenza che il pensiero buddista ha avuto su tutta l'opera, tanto che alcuni libri sono in larga parte dedicati all'analisi della trasformazione del buddismo dal punto di vista storico. Palese è la critica contro la decadenza dilagante tra i monaci ed i templi che si fanno invischiare negli affari mondani e desiderano acquisire un potere temporale tradendo così la loro vocazione spirituale. Il culmine di tutta questa invettiva è forse la scelta del bonzo Rôben di diventare un budda vivente (Sokushinbutsu) nel <i>Mito</i> (volumi 5 e 6).
<b>Personaggi</b>
Nonostante l'elevatissimo numero di personaggi, tutti ottimamente caratterizzati, che popolano i mondi della <i>Fenice</i> nessuno riesce ad elevarsi al di sopra degli altri e questo, a dispetto di ciò che potrebbe sembrare, è un grandissimo pregio. Il vero protagonista di <i>Hi no Tori</i> è infatti quello che ognuno di questi attori lascia con la propria storia a chi legge, un tema su cui Tezuka ha sempre insistito e che ho già ricordato poc'anzi: il rispetto e la dignità di ogni vita.
Nonostante quanto ho scritto ci sono però due personaggi che nella visione d'insieme dell'opera riescono a distinguersi dagli altri, se non altro perché compaiono entrambi in quasi tutti i libri. I due a cui mi sto riferendo sono Saruta e, ovviamente, l'Uccello di fuoco.
Per quanto riguarda la Fenice i ruoli che assume sono molteplici (può anche cambiare forma), a volte addirittura non appare che per poche vignette nell'intero racconto, eppure ogni sua manifestazione resta estremamente significativa ed il messaggio che lanciano le sue parole chiaro ed incisivo. Ma questo non significa che l'incontro con questa creatura sia necessariamente un fatto positivo, anzi, spesso si rivela essere una maledizione.
La Fenice sa essere estremamente gentile così come tremendamente crudele, ma non è un dio, non interferisce negli affari del modo se non strettamente necessario, è piuttosto la rappresentazione della volontà dell'universo, l'animale cosmico, Cosmozoon, come viene chiamato nel film del 1980 a lei dedicato.
L'Uccello di fuoco resta un personaggio dannatamente ambiguo, e forse per questo così affascinante.
Dall'altra parte della barricata c'è Saruta, forse colui che meglio rappresenta l'umanità: intrappolato in un tragico destino è costretto a scontare le colpe commesse in un'altra vita (o in un altro libro) con una serie di sofferenze apparentemente senza senso. Saruta è in balia del suo karma che, pur con molte fluttuazioni, resta in linea di massima negativo.
Nonostante il lettore sia molte volte portato a parteggiare per lui ci si deve rendere conto che la pesante ombra che Saruta si porta dietro e di cui non riesce a liberarsi è la stessa che l'umanità, con i suoi ripetuti sciocchi errori, guarda indolente proiettarsi sul suo futuro.
Il pessimismo sulle sorti dell'umanità incarnato da questo personaggio è davvero sconfortante, l'altra faccia della medaglia della speranza di cui è portatrice la Fenice.
<b>Disegni</b>
Per i disegni della <i>Fenice</i> Tezuka utilizza il suo classico tratto morbido e disneyano, gag incluse, che si adatta perfettamente a questo tipo di opera. A dire il vero in alcuni racconti è leggermente più realistico che in altri (penso al <i>Libro della Vita</i>, che tra l'altro rielabora una storia scritta nel 1967, <i>Uomini, riunitevi!</i>), ma in linea di massima resta sempre sugli stessi livelli.
Ma la cosa fondamentale da notare è il magistrale utilizzo di tecniche cinematografiche di cui Tezuka fa uso lungo tutta l'opera e la presenza di un gran numero di invenzioni grafiche. Molte sono notevoli, ma in particolare una mi ha colpito: dei soldati nel <i>Libro della Guerra civile</i> che uccidendo degli innocenti fanno a pezzi assieme a loro anche la vignetta in cui si trovano. Detta così pare una stupidaggine, ma pensandoci un po' su ci si accorge che è la stessa identica cosa che ha fatto Lucio Fontana con i suoi tagli sulla tela. Ma a differenza delle opere di quest'ultimo, che non sono che una provocazione fine a se stessa (efficace certo, ma puramente intellettualistica), il gioco visivo di Tezuka è inserito in un contesto ed assume un significato importante.
La vignetta che si spacca, il mondo del manga che di fronte ad una così assurda crudeltà si lacera e si unisce al nostro, sottolineano ed amplificano enormemente un'ingiustizia sostanziale, quasi rivolgendo al lettore una precisa domanda: ti sembra giusta una cosa del genere? Sta ben attento perché questo non accade solo qui dentro ma anche fuori lì da te.
<b>Edizione</b>
L'edizione con cui Hazard ci porta in Italia <i>La Fenice</i> è abbastanza buona e rientra negli standard di questa casa editrice: sovracopertina, carta gialla con leggera trasparenza, numero di pagine per volume elevato, così come il prezzo che oscilla tra i 9.00 e 13.50 euro in ragione dell'ampiezza del libro in questione. Non che costi più delle altre opere di Tezuka nel catalogo di questo editore, tuttavia l'elevato numero di volumi la rende una spesa considerevole.
D'altro canto la Hazard commette una discreta quantità di errori questa volta: alcuni di adattamento, come il classico punto esclamativo al posto di quello interrogativo, la pagina 139 del volume otto stampata due volte (quella mancante,la 138, fortunatamente non essenziale ai fini della storia, è stata aggiunta al termine del nono volume), ma soprattutto la cosa più grave è che mancano delle note esplicative. O meglio nei ballon viene aggiunto un rimando che non rimanda a niente perché la relativa nota non si trova da nessuna parte.
Comunque una buona edizione in quanto queste sviste non intaccano il piacere della lettura, ma si poteva fare di meglio.
<b>Conclusioni</b>
Una volta c'era una parola, non proprio bellissima a dire il vero ma molto espressiva, che credo si adatti perfettamente alla <i>Fenice</i>: weltanschauung.
Già perché <i>La Fenice</i> è una di quelle opere che hanno la capacità di modificare la visione del mondo di una persona e questa, io credo, è una qualità rara. In campo letterario solo tre libri sono riusciti a farlo nel mio caso e <i>La Fenice</i> è uno di questi.
Ovviamente che questo accada a tutti quelli che decidano di leggerla è a dir poco improbabile, ma se anche non succedesse (e per molti sarà così) nondimeno vi troverete tra le mani un capolavoro della letteratura mondiale che, in un modo o nell'altro, vi lascerà sicuramente qualcosa.
<i>La Fenice</i> è davvero una lettura che consiglio senza remore a chiunque, soprattutto a chi ancora crede che il fumetto sia solo e necessariamente una maniera per farsi quattro risate. Il fumetto è un'arte non inferiore in alcun aspetto alle altre forme di letteratura, e di questo si era ben reso conto lo stesso Tezuka agli inizi della sua carriera, quando sulla copertina di Lost Word (1948) aveva scritto: <i>Questo non è un fumetto, è un romanzo.</i>
(Helen McCarthy, da Icon: Osamu Tezuka, il dio del manga)
<b>Storia</b>
Nel 1954 su <i>Manga Shonen</i> apparve un fumetto a puntate chiamato <i>Hi no Tori</i>, ispirato alla leggenda della Fenice ed al cartone animato russo del 1947 <i>Il cavallo matto</i> di Ivan Ivanov-Vano. A causa della chiusura della rivista venne però interrotto dopo soli otto episodi.
Nondimeno a Tezuka questa idea piaceva molto e quando nel 1956 la rivista <i>Shojo Club</i> lo contattò perché scrivesse una nuova storia sulla scia del successo ottenuto dalla <i>Principessa Zaffiro</i>, pensò di riutilizzare il medesimo soggetto.
I tre racconti che furono prodotti parlano di un principe egiziano e di una schiava che bevendo il sangue dell'Uccello di fuoco ottengono tremila anni di vita e che attraverso una serie di reincarnazioni vengono destinati ad incontrarsi ed innamorarsi continuamente l'un l'altra.
Per nostra fortuna la cosa non terminò qui e Tezuka decise di utilizzare la Fenice per creare un'opera che coprisse l'intera storia dell'umanità. Iniziò così a riorganizzare quel suo primo racconto a puntate e lo pubblicò su <i>COM</i>, rivista da lui stesso fondata, nel 1967.
L'<i>Alba</i> divenne così il primo capitolo ufficiale di quella che Tezuka disse poi di considerare il lavoro della sua vita e venne seguito negli anni successivi da altre storie. Nel 1973 però <i>COM</i> fallì e a Tezuka venne proposto di continuare a pubblicare <i>La Fenice</i> su <i>Kibo-no-Tomo</i>, ma lui ritenne che i temi trattati in quest'opera fossero troppo complicati per essere pienamente compresi dai suoi giovani lettori, così al suo posto propose <i>Budda</i>, una biografia romanzata della vita di Siddharta.
Nonostante questo, e pur essendo sempre oberato da numerosissimi incarichi, continuerà a scrivere nuovi episodi di <i>Hi no Tori</i> fino alla morte, testimoniando quanto per lui fosse importante questa saga.
<b>Trama</b>
Le diverse storie di cui si compone la Fenice si possono distinguere in due filoni fondamentali: quello storico e quello fantascientifico.
Tezuka le scrisse alternandole l'una all'altra e facendole avvicinare temporalmente sempre più tra loro. Se infatti l'<i>Alba</i> (i primi due volumi) ci parla delle origini preistoriche del Giappone ed il <i>Futuro</i> (il terzo volume) dell'ultimo giorno della specie umana, i racconti storici successivi avanzano cronologicamente rispetto ai precedenti, mentre quelli fantascientifici retrocedono sempre più nel tempo. In questo modo l'autore aveva intenzione di arrivare a parlare del presente, chiudendo il ciclo di quest'epica cosmica con ciò che gli stava più a cuore, ovvero i problemi della sua epoca.
La morte gli impedì di portare a termine questo progetto e tuttavia il <i>Sole</i>, pubblicato postumo, rappresenta nondimeno un finale ideale. In questo infatti ci viene presentata una storia in cui il protagonista nel 663 d.C. sogna il suo alter ego che agisce nel futuro, e quindi un racconto che unisce i due filoni chiudendo a modo suo il ciclo.
Questo libro ha poi anche un'ulteriore particolarità rispetto agli altri: qui non è presente quella de-mitizzazione che si ritrova in quelli precedenti. Gli esseri mitologici e gli dei della tradizione Giapponese, che in precedenza venivano interpretati da esseri umani, nel <i>Sole</i> si manifestano in un numero e in una quantità di forme infinite, a cominciare dallo stesso protagonista, un uomo-lupo molto sui generis.
A dire il vero già negli <i>Esseri Fantastici</i> le creature mitiche erano stati rappresentate nella forma che imponeva loro la tradizione, ma per farlo Tezuka era ricorso ad un escamotage che in qualche modo giustificava la loro presenza. Al contrario nel <i>Sole</i> non è data alcuna spiegazione per la loro esistenza se non il fatto stesso che esistono.
<b>Temi principali</b>
I temi che tratta <i>La Fenice</i> sono davvero numerosi, ma il principale è senza dubbio il rispetto e la dignità della vita di tutte le creature del cosmo. Certo molti altri fanno la loro comparsa tra le sue pagine, eppure tutti (il pacifismo, il problema della vita artificiale, rappresentato da vari robot ed esperimenti genetici, la vanità degli uomini, l'amore, l'odio, la redenzione e molti ancora) derivano essenzialmente da questo.
Innegabile è poi la forte influenza che il pensiero buddista ha avuto su tutta l'opera, tanto che alcuni libri sono in larga parte dedicati all'analisi della trasformazione del buddismo dal punto di vista storico. Palese è la critica contro la decadenza dilagante tra i monaci ed i templi che si fanno invischiare negli affari mondani e desiderano acquisire un potere temporale tradendo così la loro vocazione spirituale. Il culmine di tutta questa invettiva è forse la scelta del bonzo Rôben di diventare un budda vivente (Sokushinbutsu) nel <i>Mito</i> (volumi 5 e 6).
<b>Personaggi</b>
Nonostante l'elevatissimo numero di personaggi, tutti ottimamente caratterizzati, che popolano i mondi della <i>Fenice</i> nessuno riesce ad elevarsi al di sopra degli altri e questo, a dispetto di ciò che potrebbe sembrare, è un grandissimo pregio. Il vero protagonista di <i>Hi no Tori</i> è infatti quello che ognuno di questi attori lascia con la propria storia a chi legge, un tema su cui Tezuka ha sempre insistito e che ho già ricordato poc'anzi: il rispetto e la dignità di ogni vita.
Nonostante quanto ho scritto ci sono però due personaggi che nella visione d'insieme dell'opera riescono a distinguersi dagli altri, se non altro perché compaiono entrambi in quasi tutti i libri. I due a cui mi sto riferendo sono Saruta e, ovviamente, l'Uccello di fuoco.
Per quanto riguarda la Fenice i ruoli che assume sono molteplici (può anche cambiare forma), a volte addirittura non appare che per poche vignette nell'intero racconto, eppure ogni sua manifestazione resta estremamente significativa ed il messaggio che lanciano le sue parole chiaro ed incisivo. Ma questo non significa che l'incontro con questa creatura sia necessariamente un fatto positivo, anzi, spesso si rivela essere una maledizione.
La Fenice sa essere estremamente gentile così come tremendamente crudele, ma non è un dio, non interferisce negli affari del modo se non strettamente necessario, è piuttosto la rappresentazione della volontà dell'universo, l'animale cosmico, Cosmozoon, come viene chiamato nel film del 1980 a lei dedicato.
L'Uccello di fuoco resta un personaggio dannatamente ambiguo, e forse per questo così affascinante.
Dall'altra parte della barricata c'è Saruta, forse colui che meglio rappresenta l'umanità: intrappolato in un tragico destino è costretto a scontare le colpe commesse in un'altra vita (o in un altro libro) con una serie di sofferenze apparentemente senza senso. Saruta è in balia del suo karma che, pur con molte fluttuazioni, resta in linea di massima negativo.
Nonostante il lettore sia molte volte portato a parteggiare per lui ci si deve rendere conto che la pesante ombra che Saruta si porta dietro e di cui non riesce a liberarsi è la stessa che l'umanità, con i suoi ripetuti sciocchi errori, guarda indolente proiettarsi sul suo futuro.
Il pessimismo sulle sorti dell'umanità incarnato da questo personaggio è davvero sconfortante, l'altra faccia della medaglia della speranza di cui è portatrice la Fenice.
<b>Disegni</b>
Per i disegni della <i>Fenice</i> Tezuka utilizza il suo classico tratto morbido e disneyano, gag incluse, che si adatta perfettamente a questo tipo di opera. A dire il vero in alcuni racconti è leggermente più realistico che in altri (penso al <i>Libro della Vita</i>, che tra l'altro rielabora una storia scritta nel 1967, <i>Uomini, riunitevi!</i>), ma in linea di massima resta sempre sugli stessi livelli.
Ma la cosa fondamentale da notare è il magistrale utilizzo di tecniche cinematografiche di cui Tezuka fa uso lungo tutta l'opera e la presenza di un gran numero di invenzioni grafiche. Molte sono notevoli, ma in particolare una mi ha colpito: dei soldati nel <i>Libro della Guerra civile</i> che uccidendo degli innocenti fanno a pezzi assieme a loro anche la vignetta in cui si trovano. Detta così pare una stupidaggine, ma pensandoci un po' su ci si accorge che è la stessa identica cosa che ha fatto Lucio Fontana con i suoi tagli sulla tela. Ma a differenza delle opere di quest'ultimo, che non sono che una provocazione fine a se stessa (efficace certo, ma puramente intellettualistica), il gioco visivo di Tezuka è inserito in un contesto ed assume un significato importante.
La vignetta che si spacca, il mondo del manga che di fronte ad una così assurda crudeltà si lacera e si unisce al nostro, sottolineano ed amplificano enormemente un'ingiustizia sostanziale, quasi rivolgendo al lettore una precisa domanda: ti sembra giusta una cosa del genere? Sta ben attento perché questo non accade solo qui dentro ma anche fuori lì da te.
<b>Edizione</b>
L'edizione con cui Hazard ci porta in Italia <i>La Fenice</i> è abbastanza buona e rientra negli standard di questa casa editrice: sovracopertina, carta gialla con leggera trasparenza, numero di pagine per volume elevato, così come il prezzo che oscilla tra i 9.00 e 13.50 euro in ragione dell'ampiezza del libro in questione. Non che costi più delle altre opere di Tezuka nel catalogo di questo editore, tuttavia l'elevato numero di volumi la rende una spesa considerevole.
D'altro canto la Hazard commette una discreta quantità di errori questa volta: alcuni di adattamento, come il classico punto esclamativo al posto di quello interrogativo, la pagina 139 del volume otto stampata due volte (quella mancante,la 138, fortunatamente non essenziale ai fini della storia, è stata aggiunta al termine del nono volume), ma soprattutto la cosa più grave è che mancano delle note esplicative. O meglio nei ballon viene aggiunto un rimando che non rimanda a niente perché la relativa nota non si trova da nessuna parte.
Comunque una buona edizione in quanto queste sviste non intaccano il piacere della lettura, ma si poteva fare di meglio.
<b>Conclusioni</b>
Una volta c'era una parola, non proprio bellissima a dire il vero ma molto espressiva, che credo si adatti perfettamente alla <i>Fenice</i>: weltanschauung.
Già perché <i>La Fenice</i> è una di quelle opere che hanno la capacità di modificare la visione del mondo di una persona e questa, io credo, è una qualità rara. In campo letterario solo tre libri sono riusciti a farlo nel mio caso e <i>La Fenice</i> è uno di questi.
Ovviamente che questo accada a tutti quelli che decidano di leggerla è a dir poco improbabile, ma se anche non succedesse (e per molti sarà così) nondimeno vi troverete tra le mani un capolavoro della letteratura mondiale che, in un modo o nell'altro, vi lascerà sicuramente qualcosa.
<i>La Fenice</i> è davvero una lettura che consiglio senza remore a chiunque, soprattutto a chi ancora crede che il fumetto sia solo e necessariamente una maniera per farsi quattro risate. Il fumetto è un'arte non inferiore in alcun aspetto alle altre forme di letteratura, e di questo si era ben reso conto lo stesso Tezuka agli inizi della sua carriera, quando sulla copertina di Lost Word (1948) aveva scritto: <i>Questo non è un fumetto, è un romanzo.</i>