Recensione
Tetsuwan Girl
9.0/10
Il manga, nonostante le apparenze, parla di tutto fuorché del baseball. Tetsuwan Girl miscela un insieme di tematiche abbastanza eterogenee dove lo sport serve solo da collante per creare un racconto dinamico ed accattivante, che non vuole essere allegorico a tutti costi ma gioca su quel filo.
Due sono i temi principali, a mio modo di vedere. Il primo è il rapporto di sudditanza tra i perdenti e i vincenti: fino a quando i giapponesi si sentiranno inferiori agli americani per aver perso la dannata guerra? Fino a quando dovranno abbassare la testa?
Il racconto di Takahashi esprime la voglia di riscatto di un popolo, complice l’ambientazione nel dopoguerra.
Contrariamente a quanto avviene nelle opere ad esempio di Tezuka, qui il tono è però molto meno autocritico, meno equilibrato e più polemico. Takahashi è un autore ormai lontano dalla guerra, e non conosce le mezze misure. Ama tirare coltellate più che lavorare di bisturi. Per questo l’opera è in un certo senso antiamericana, per lo meno è contro un certo occidente; è contro quella parte di popolazione arrogante, principalmente bianca, che ancora oggi è o pensa in modo schiavista e razzista, ha idee fondamentalmente colonialiste e, in virtù di una supposta superiorità, si sente di potere tutto.
Più della metà del manga racconta sullo sfondo il tentativo di un piccolo colpo di coda dell’animale ferito ed agonizzante (il Giappone, rappresentato dall’Istituto di bellezza Hibiya) nei confronti del grande mostro capitalista (l’America, nella persona del potente Richard Banks). Si noti: un istituto di bellezza contro un grande finanziere che, come si vedrà, di bello non ha proprio niente. A parte una figlia viziata oltre misura, tanto bella quanto marcia. Una scena tra le più scioccanti avviene proprio tra il famoso banchiere e la proprietaria dell’istituto di bellezza, Isuzu Ranzaki, nella quale la tematica si esprime su molteplici livelli: politico, economico, morale e sessuale.
Isuzu, imprenditrice, compartecipa naturalmente al tema forse predominante, e cioè l’emancipazione femminile: fino a quando le donne vivranno della luce riflessa degli uomini, in una società di uomini? L’argomento è più generale (meno giapponese) e si sviluppa sulla vicende di Tome Kano, la bella donna dal braccio di ferro e vera protagonista dell'opera.
All’inizio della storia Tome non sa cosa vuole e si barcamena insieme alle altre come entraineuse per i soldati americani in un locale notturno. In uno scenario fortemente sfavorevole al suo sesso, è costretta a sfruttare l’unica merce che le è possibile vendere: la propria bellezza. Ma, mentre la proprietaria dell’istituto Hibiya è più disposta a scendere a compromessi con gli uomini per il proprio benessere, Tome è invece insoddisfatta e svogliata. Fondamentalmente, vuole di più e non esita a pretenderlo. Non desidera vivere della luce riflessa di qualche uomo potente, dei suoi soldi, delle sue attenzioni. Ritaglia anzi per se stessa il ruolo di “sole” e, per il proprio uomo che accetta tale ruolo con spirito di sacrificio molto orientale, quello di “luna”.
L’aspetto più sconcertante dell’opera è una certa qual sua ambiguità: se da un lato ha certamente toni femministi, dall’altro bisogna sottolineare come Tome Kano trovi la propria vocazione per merito o per colpa di altri. Non si può dire che abbia un percorso di crescita: è già fin dall’inizio ciò che molte altre donne vorrebbero essere ma, per i più svariati motivi, non saranno mai. Infatti alla fine in molti sensi fallirà. Perché Tome è sola, come lo sono soltanto gli eroi, tradizionalmente maschi: non sola cioè perché lasciata tale, e quindi una figura patetica, ma perché decide di esserlo sfidando il mondo intero che le è avverso. Ed è proprio nelle sfumature come questa, che fanno il paio con lo sfumato delle vignette più evocative, che vanno ricercati gli argomenti interessanti del manga.
Per concludere, Tetsuwan Girl è un manga da leggere e, probabilmente, rileggere.
Due sono i temi principali, a mio modo di vedere. Il primo è il rapporto di sudditanza tra i perdenti e i vincenti: fino a quando i giapponesi si sentiranno inferiori agli americani per aver perso la dannata guerra? Fino a quando dovranno abbassare la testa?
Il racconto di Takahashi esprime la voglia di riscatto di un popolo, complice l’ambientazione nel dopoguerra.
Contrariamente a quanto avviene nelle opere ad esempio di Tezuka, qui il tono è però molto meno autocritico, meno equilibrato e più polemico. Takahashi è un autore ormai lontano dalla guerra, e non conosce le mezze misure. Ama tirare coltellate più che lavorare di bisturi. Per questo l’opera è in un certo senso antiamericana, per lo meno è contro un certo occidente; è contro quella parte di popolazione arrogante, principalmente bianca, che ancora oggi è o pensa in modo schiavista e razzista, ha idee fondamentalmente colonialiste e, in virtù di una supposta superiorità, si sente di potere tutto.
Più della metà del manga racconta sullo sfondo il tentativo di un piccolo colpo di coda dell’animale ferito ed agonizzante (il Giappone, rappresentato dall’Istituto di bellezza Hibiya) nei confronti del grande mostro capitalista (l’America, nella persona del potente Richard Banks). Si noti: un istituto di bellezza contro un grande finanziere che, come si vedrà, di bello non ha proprio niente. A parte una figlia viziata oltre misura, tanto bella quanto marcia. Una scena tra le più scioccanti avviene proprio tra il famoso banchiere e la proprietaria dell’istituto di bellezza, Isuzu Ranzaki, nella quale la tematica si esprime su molteplici livelli: politico, economico, morale e sessuale.
Isuzu, imprenditrice, compartecipa naturalmente al tema forse predominante, e cioè l’emancipazione femminile: fino a quando le donne vivranno della luce riflessa degli uomini, in una società di uomini? L’argomento è più generale (meno giapponese) e si sviluppa sulla vicende di Tome Kano, la bella donna dal braccio di ferro e vera protagonista dell'opera.
All’inizio della storia Tome non sa cosa vuole e si barcamena insieme alle altre come entraineuse per i soldati americani in un locale notturno. In uno scenario fortemente sfavorevole al suo sesso, è costretta a sfruttare l’unica merce che le è possibile vendere: la propria bellezza. Ma, mentre la proprietaria dell’istituto Hibiya è più disposta a scendere a compromessi con gli uomini per il proprio benessere, Tome è invece insoddisfatta e svogliata. Fondamentalmente, vuole di più e non esita a pretenderlo. Non desidera vivere della luce riflessa di qualche uomo potente, dei suoi soldi, delle sue attenzioni. Ritaglia anzi per se stessa il ruolo di “sole” e, per il proprio uomo che accetta tale ruolo con spirito di sacrificio molto orientale, quello di “luna”.
L’aspetto più sconcertante dell’opera è una certa qual sua ambiguità: se da un lato ha certamente toni femministi, dall’altro bisogna sottolineare come Tome Kano trovi la propria vocazione per merito o per colpa di altri. Non si può dire che abbia un percorso di crescita: è già fin dall’inizio ciò che molte altre donne vorrebbero essere ma, per i più svariati motivi, non saranno mai. Infatti alla fine in molti sensi fallirà. Perché Tome è sola, come lo sono soltanto gli eroi, tradizionalmente maschi: non sola cioè perché lasciata tale, e quindi una figura patetica, ma perché decide di esserlo sfidando il mondo intero che le è avverso. Ed è proprio nelle sfumature come questa, che fanno il paio con lo sfumato delle vignette più evocative, che vanno ricercati gli argomenti interessanti del manga.
Per concludere, Tetsuwan Girl è un manga da leggere e, probabilmente, rileggere.