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9.0/10
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Attenzione: la recensione contiene alcuni spoiler.

Da nuovo iscritto inizio subito con la recensione di uno dei manga esemplari della Takahashi, Maison Ikkoku (ignominiosamente noto da noi come "Cara dolce Kyoko").
Tanto per cominciare vorrei dire che, pur trattandosi in questo caso di un capolavoro, non posso affermarne con certezza la superiorità a un altro dei manga dell'autrice, il mitico "Urusei Yatsura".
Mi verrebbe quasi da dire che i due capolavori della Takahashi si completino a vicenda!
Dopo aver letto sia il manga che visto l'anime mi riesce difficile stabilire con esattezza quale delle due versioni sia davvero imprescindibile e, anche se in genere la versione animata, soprattutto se realizzata bene, ha il vantaggio d'essere maggiormente d'impatto, devo dire che l'omissione di una delle scene più "forti" del fumetto (la scena d'amore tra Kyoko e Godai) stempera pesantemente il contenuto "adulto" e maturo dell'opera… Concludendo consiglierei comunque la visione dell'anime a prescindere, soprattutto ultimata la lettura del manga!

Innanzitutto protagonista dell'opera è a detta della stessa autrice non Kyoko - come vorrebbe il titolo dell'edizione italiana dell'anime - ma Godai, anzi, ancora di più, direi che il vero perno attorno al quale ruotano le vicende sentimentali e grottesche di Godai e compagnia è proprio la pensione Ikkoku stessa!
Non è infatti un caso che i nomi dei personaggi siano stati modellati in base al numero delle stanze che essi occupano: insomma, la pensione Ikkoku non è il semplice luogo fisico nel quale si svolgono le vicende principali, ma è quasi una presenza "animata", un luogo dell'anima ove i personaggi si troveranno a condividere gioie, emozioni e follie.
Quel che realmente mi ha colpito dell'opera è la delicatezza che contraddistingue la storia e i personaggi, senza che vi siano eccessi o sbavature melodrammatiche o facili soluzioni.
I personaggi sono stati delineati in maniera del tutto singolare, anche per la Takahashi stessa, perché sebbene vi sia una sorta di "maturazione" nel corso della storia da parte dei protagonisti, i quali si vedranno costretti ad affrontare l'uno i problemi concreti dell'esistenza e l'altra a fare i conti con i fantasmi del passato, non vi è assolutamente un cambiamento radicale, che a mio avviso stonerebbe e renderebbe la storia una storia di formazione.

Al contrario che in altre opere dell'autrice - e qui risiede la vera originalità di MI - sembra che sia stato trovato un perfetto equilibrio tra il macchiettiamo dei personaggi secondari e l'introspezione di quelli primari e quindi tra le situazioni comiche e grottesche (private però del lato sovrannaturale che caratterizzava Urusei Yatsura o Ranma) e le vicende sentimentali che dovrebbero far progredire la storia.
Storia che, è bene specificarlo, si protrae per diversi anni e vede appunto una maturazione, intesa proprio come "presa di coscienza" da parte di Kyoko e Godai, il cui merito, in ultima analisi, sarà quello di riuscire ad accettare la presenza "scomoda" di Soichiro (che è sia l'ex marito di Kyoko, vedova, sia il loro cane!) e a far breccia nel cuore della vedova col tempo, senza forzare la mano e i tempi, come invece fa Mitaka, suo rivale in amore, tennista, ginnasta e ricco, altrettanto innamorato di Kyoko: in tutti i sensi la controparte "realizzata" di Godai, come lo era, molto vagamente, Mendo Shutaru per Ataru in UY.
Triangoli amorosi e situazioni al limite dell'ambiguo vengono a crearsi in continuazione anche con il favore dei coinquilini della Maison Ikkoku; secondo me, vera gemma e squisitezza sono proprio questi personaggi che, l'ho già accennato, rasentano il limite del macchiettistico, per cui non è proprio pensabile per loro un cambiamento d'alcuna sorta (ci piacciono così come sono!): basti pensare all'imperscrutabile Yotsuya, uno dei personaggi migliori partoriti dalla matita della Takahashi, oppure la tremenda Ichinose, occupante della prima stanza, costantemente dedita all'alcool e al pettegolezzo, ma premurosa e amorevole nei confronti del marito (che ci verrà introdotto solo successivamente) e della bella Kyoko. C'è poi l'impudica Nikaido, prototipo della ragazza squattrinata e affascinante, sveglia ma sfortunata in amore.

Altri personaggi di margine notevoli saranno la "ragazza" di Godai, il quale è ingenuamente convinto di intrattenervi una relazione su termini puramente amicali e che porterà invece a una serie di equivoci che troveranno solo nel finale un completo scioglimento; il comprimario Mitaka, non meno innamorato di Kyoko dello stesso protagonista e che nel manga, maggiormente che nell'anime, verrà sempre tenuto molto in considerazione dalla ragazza; il principale di Godai, personaggio che comparirà solo nella parte finale del manga, il quale non mancherà di dispensare consigli utili al nostro;
la nonna di Godai - in assoluto il personaggio che preferisco insieem a Yotsuya e ad Ichinose - che pur mostrandosi severa nei confronti del nipote e più volte disposta ad avvantaggiare i suoi coinquilini nei loro crudeli scherzi ai suoi danni, farà di tutto per aiutarlo nel suo amore con la bella padrona di casa.
Certo è che la nonna che nel suo piccolo cercherà di far maturare il nipote "senza spina dorsale", rappresenterà più un caso unico che raro nell'universo di Maison Ikkoku: con le loro continue irruzioni nell'appartamento di Godai - mitiche in particolare le entrate in scena di Yotsuya, degne di quelle del signor Fujinami e di Sakurambo in UY! - i molesti coinquilini osteggeranno in tutti i modi possibili lo studio e, in generale, i buoni propositi del povero Godai, suscitando le ire della protettiva Kyoko e momenti di ilarità irripetibili per noi lettori!
Va detto che questi personaggi che un po' sembrano usciti dalle altre opere della Takahashi, pur essendo particolarissimi proprio nella loro "piattezza", nella mancanza di approfondimento psicologico - che alla lunga, lasciatemelo dire, risulterebbe forzato e stancante! -, e fanno un po' da contorno, da sfondo, oltre che da leitmotiv e da complicazione alla vicenda principale.
È sostanzialmente la loro "purezza" a renderli così facili da apprezzare, proprio perché conferiscono all'opera una carica di familiarità, di irripetibilità, diciamo pure di unicità e fungono da fattori "sdrammatizzanti" della vicenda principale, che resta per sommi capi identificabile come una commedia degli equivoci.

È bello proprio il modo in cui la vicenda principale, soggetta come dicevo al passaggio degli anni e a una lenta maturazione del rapporto difficoltoso tra lo studente e la padrona di casa, sia sfiorata senza però mutare da queste situazioni di sfondo a formare quasi un mitico quadro di famiglia: non è un caso che l'opera termini circolarmente. La novità non è infatti nel lieto fine, del resto prevedibile, ma nel fatto che i protagonisti decidano di non lasciare il nucleo, di non estraniarsi, narrativamente parlando, dal contesto statico e arciproduttivo che ha visto la nascita del loro amore.
Va comunque notato che la maggior parte degli avvenimenti principali avviene, come è sacrosanto che sia, da un punto di vista sia puramente narrativo che da un punto di vista pratico(!), quando vengono a mancare le situazioni di sfondo, quindi in assenza di fattori complicanti; eppure la decisione finale di tornare alla Maison Ikkoku segna proprio la circolarità della narrazione, la piena accettazione di questo mondo fantastico e irripetibile, fatto di complicazioni ed espedienti, ma anche genuino e vivo!
Pur rinunciando all'aspetto volutamente surreale di opere come Urusei Yatsura e agli intenti più puramente parodistici che smitizzano gli aspetti seriosi delle opere "impegnate" e tematizzate, la Takahashi non rinuncia quindi ad una componente prettamente comica, che funga sì da intralcio per il protagonista (Godai, prima dell'arrivo di Kyoko, assillato dai continui scherzi dei suoi coinquilini, intendeva lasciare la pensione e se alla fine sceglie di restarvi è solo perché ormai il suo personaggio ha raggiunto il proprio completamento, esattamente come gli altri personaggi) ma che effettivamente rende l'opera più che una semplice storia d'amore, comunque ottimamente raccontata.

Quanto al lato tecnico… Beh, che dire, la Takahashi non spicca certo per la particolare abilità nei disegni, però va comunque detto che il suo tratto è piacevole e inconfondibile, anche se talvolta tende a risultare ripetitivo e sempliciotto. Io, comunque, non lo vedo come un difetto aberrante, anzi, mi sembra far parte dell'anima dell'opera!
Complessivamente sarebbe un 9,5 anche, ma visto che i mezzi voti non esistono, anche se un po' mi dispiace di "abbassare" la media di questo leggendario manga, mi "limito" al 9, perché penso che i manga da 10 si possano davvero contare.