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Non vi è spazio per le "sindromi da Clark Kent". Non vi è speranza. Non vi può esser lieto fine. E' un pugno nello stomaco costante. Stiamo parlando di un manga a dir poco innovativo, che per livelli utopistici, seppur ancorati a un ipotetico "reale socio-politico" può essere avvicinato a quel "1984" di orwelliana memoria che tanto scandalo generò alla sua uscita e sulle ipotetiche orme del quale, oggi, si costruiscono trasmissioni televisive. Analizzando il manga in sè, il disegno è a dir poco realistico, con un soddisfacente utilizzo di ombreggiature e chiaroscuri, soprattutto per ciò che concerne i primi piani. Ciò funziona molto soprattutto nel rendere credibili le emozioni sperimentate dai personaggi, fra cui lo "strazio", che potrebbe essere identificato come reale protagonista emotivo dell'opera.
La trama è certamente impegnativa ed è stata saggia, a mio parere, la decisione di decontestualizzare geograficamente lo svolgimento dei fatti, ponendo chiaro sin da subito come quanto narrato non prenda vita in Giappone (reputo una tematica tanto delicata avrebbe potuto generare non poco scalpore e illazioni, se ricollocata all'interno dell'arcipelago giapponese), bensì in un ipotetico stato di cui non viene menzionato il nome.
Lo stile narrativo adottato facilita ampiamente l'immedesimazione all'interno della trama, consentendo una notevole vicinanza emotiva con i "condannati". Alcune storie possono definirsi geniali (straordinaria quella del writer), altre grottesche, talune estremamente sadiche, altre ancora pongono l'attenzione, seppur in maniera parossistica, su alcuni stereotipi estetici moderni (la chirurgia plastica). L'imminente morte consente mille alternative: riscatto, redenzione, vendetta, arrendevolezza. L'ineluttabilità del destino appare quanto mai pregnante, ma, contemporaneamente, viene velatamente messa in risalto una marcata morale circa l'importanza del concetto di "libero arbitrio".
Quella che reputo possa essere indicata come unica nota dolente dell'opera è rappresentata dalla struttura episodica del tutto. Vi è la presenza di un filo conduttore, una "main story", rintracciabile nella vita professionale del messaggero foriero degli "ikigami" e nella sua crescita psicologica, il che potrebbe risultare estremamente interessante, dato che fa rientrare il lavoro, di diritto, all'interno della categoria "manga di formazione"; è tuttavia obiettivamente abbastanza flebile l'interesse che questa riesce a suscitare, rispetto a quella che è l'attenzione che il lettore pone nei confronti delle singole storie. Tuttavia, la suddetta trama, cui verrà data sempre maggiore importanza a partire dalla metà dell'opera, giungerà a una sua conclusione, probabilmente non rendente onore alle aspettative complessive, ma obiettivamente riportante a un epilogo riconducibile alla rilevanza del sopracitato libero arbitrio.
Un "seinen" maturo, probabilmente non per tutti, ma certamente per tanti. Per chi ama le letture forti e rapportarsi con tematiche non banali. Per chi vuole sperimentare una lettura "immedesimante". E, perchè no, per chi vuole commuoversi confrontandosi con una storia cinica e "cattiva".
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