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8.0/10
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<b>Le seguenti considerazioni sono valide anche per il manga originale. È tuttavia altamente sconsigliata la lettura per chi non abbia ancora visionato nessuna delle due opere.</b>


<i>Il negativo, vale a dire la libertà, vale a dire il crimine.</i>
G. W. F. Hegel


Sono ormai passati diversi anni dall'uscita di questo titolo: nel corso del tempo la sua fama riscossa già nei primi tempi si è ingigantita sempre più, rendendolo conosciuto pressoché da tutti. È però vittima (come tutte le opere famose) di valutazioni segnate da schieramenti opposti: c'è chi lo ama e chi lo disprezza. I primi sostengono che ci troviamo di fronte ad un'opera estremamente interessante e appassionante, mentre i secondi affermano che il prodotto in questione sia sì appassionante nella prima parte (prima della morte di L), ma poi perda sempre più mordente (questo è un giudizio spesso condiviso anche da chi ha un rapporto tiepido con <i>Death Note</i>, ossia coloro che semplicemente lo apprezzano, senza schieramenti). L'opera di cui stiamo parlando è infatti "messa da parte" una volta che si impara a rivolgersi a produzioni "più mature": proprio perché è qualcosa che si concentra su una sceneggiatura più (per i sostenitori) o meno (per i detrattori e per i "neutrali") appassionante, non è nulla di cui si possa dire in sostanza più di questo. Ciò è anche il motivo per cui visionare <i>Death Note</i> implica una "scelta" fra Light o L: sono questi due personaggi a sostenere la sceneggiatura, e scegliere fra uno dei due diventa qualcosa di obbligatorio. Quando poi L muore, i detrattori e i "neutrali" dicono che il calo qualitativo non possa che sopraggiungere, appunto perché esce di scena una delle due colonne portanti dell'essenza di questa opera (la sceneggiatura, appunto). L'intera opera sarebbe quindi riducibile ad un orizzonte di senso emotivo e psicologico: il criterio risultante ha a che fare soltanto con l'intrattenimento, e, quindi, allo scopo di aumentare la qualità del divertimento, è della fondamentale importanza fare la propria scelta fra L e Light.
Ora, quello che si vuole mettere in discussione qui è proprio questo: la pretesa unicità oggettiva di questo approccio. Sostanzialmente, non si mette in dubbio la <i>legittimità</i> di tale visione: grazie al cielo, ognuno è libero di vedere quello che vuole come vuole (io stesso visionai <i>Death Note</i> in questo modo, e per lungo tempo l'ho visto proprio in questa ottica), ma se si vuole effettivamente parlare di questa opera in un modo che esuli dalle preferenze personali, l'atteggiamento finora esposto (sia esso portato avanti da detrattori, appassionati o neutrali) non può essere corretto. Non bisogna quindi sottovalutare questa opera soltanto perché fa della suspence il suo punto di forza, o perché ha avuto un successo enorme: ciò che si vuole sostenere da qui in poi è che il prodotto in questione ha una grande importanza in quanto <i>opera d'arte</i> (e dunque in quanto prodotto che <i>fa riflettere</i>). Non sarà al livello di altri capolavori, ma ha la sua dignità.


Tutto inizia con Light che, avendo trovato il quaderno della morte, decide di farne uso per fondare un nuovo mondo: una società in cui le persone siano al sicuro, in cui non ci sia alcun timore della violenza. Questo sarà possibile proprio attraverso il quaderno: con esso, infatti, Light ucciderà ogni criminale.
Ma come arriva egli a questa conclusione? Ora, è chiaro che fin da subito le motivazioni del nostro protagonista vengono chiaramente esposte (cfr. il monologo da lui pronunciato già nel primo episodio), però è anche vero che tali motivazioni, finora (e qui si dovrà convenire), non sono mai state analizzate da nessuno. La domanda può quindi essere posta meglio: <i>qual è l'assunto fondamentale che fa sì che Light voglia agire in tal modo?</i> Ora si può finalmente rispondere: l'assunto è <i>che la giustizia sia la metodologia operativa in base alla quale si cerca di garantire la sicurezza e la felicità dei membri della comunità</i>. La giustizia non può che essere questo: le persone vogliono essere felici, e perciò è necessario elaborare la metodologia più efficace. La conclusione di Light non tarda ad arrivare, dunque: la giustizia è tutto ciò, e quindi l'uso del death note è necessariamente legittimo, costituendo la soluzione più efficace (grazie alla sua efficienza inarrivabile dai mezzi umani).
A questo punto interviene L: egli sostiene che la via finora esposta sia inaccettabile. Il detective viene subito apparentemente inquadrato come il vero antagonista di Light, come colui che effettivamente riuscirà a fermarlo. Certamente, in quanto a intelligenza e arguzia i due sono perfettamente paragonabili (alcuni poi sostengono che L in verità sia sempre stato più intelligente di Light), ma - e qui giungiamo ad un fortissimo punto di svolta rispetto alla visione tradizionale - è proprio vero che i due sono completamente sullo stesso piano? L ha <i>davvero</i> tutte le carte in regola per poter sconfiggere Kira? Ragioniamo: L sostiene che il metodo del nostro protagonista sia deplorevole e orribile: per questo deve essere combattuto. E noi siamo d'accordo con lui: anche se adoriamo il personaggio di Light (se cioè lo abbiamo "scelto"), in fondo dobbiamo dare ragione al detective. Ma, a ben vedere, questo <i>non confuta per nulla la posizione del protagonista</i>. Se si presta attenzione, ci si accorge non solo che Light ha già tenuto in conto l'orribilità del proprio agire, ma che lo stesso L non fa <b>mai</b> una obiezione: non c'è nessuna vera e propria messa in discussione. La moralità del grande detective è una moralità incompleta, priva di contenuto, astratta. Si spiega quindi il grande dubbio: perché far morire L, se è l'unico in tutta la vicenda capace di tenere testa a Light? Semplice: egli non è capace di confutare la posizione finora esposta, e quindi finisce per muoversi nella medesima logica che dice che la giustizia è la garanzia della sicurezza e della felicità della comunità. Ma tale logica ha proprio come risultato necessario la posizione di Light: L, dal momento in cui entra in scena, è destinato alla sconfitta.
Eppure non finisce qui. Ciò che riesce a sconfiggere Light è l'azione cooperativa di Near e Mello: due personaggi spesso poco considerati, poiché non dotati singolarmente di intelligenza e carattere paragonabili a quelli di L. Questo è certamente vero, ma Near, con l'operazione finale, riesce a dare la conclusione tematica all'opera. Questi infatti fa notare a Light il suo errore: originariamente, non c'è il desiderio di essere felici e al sicuro. Questo è certamente presente, ma ciò è già da sempre unito ad una condizione costitutiva dell'essere umano: la <i>libertà</i>. Esiste un legame necessario fra essere umano e libertà: quest'ultima non è una chimera che non si potrà mai raggiungere, ma è la condizione nella quale siamo originariamente gettati. Ma la libertà non può esistere senza la presenza dell'alterità: si può parlare di libertà solo nel momento in cui io la posso esercitare nei confronti degli altri. Se non esiste nessun altro, la mia libertà non potrà mai presentarsi. Che cos'è la giustizia, allora? Ancor prima di aver a che fare con felicità e sicurezza, essa è <i>il problematizzarsi della libertà all'interno della sua necessaria sfera intersoggettiva</i>. La giustizia è una questione di alterità, che quindi è sempre legata a ogni forma di libertà, anche a quella di sbagliare, quella cioè di <i>commettere un crimine</i>. E questo perché il crimine non è soltanto un danno fatto ad altri: esso è innanzitutto un <i>mettere in discussione l'attuale configurazione sociale</i>, un <i>rendere più complessa la differenziazione della libertà</i>. "Che cosa è giusto e sbagliato? Che cosa è buono e che cosa è cattivo? Nessuno può distinguere con verità fra le due cose (...): chiamandoti 'Dio' (...), che ne è di quello che gli altri pensano, di quello che loro credono che sia giusto?" Queste le parole di Near. Inferiore a L in intelligenza, gli è però immensamente superiore in moralità. Alla luce di ciò che è stato esposto, si spiega anche perché l'autore abbia deciso di fargli sconfiggere Light solo con un'operazione collaborativa: i motivi della giustizia si trovano <i>insieme</i>, non dall'alto di una superiore capacità analitica.
<i>Death Note</i> riesce perciò a dare una risposta matura al problema tipico degli shōnen: la giustizia, appunto. La tipica soluzione in base alla quale si assicura la pace è rappresentata proprio da Light: l'autore ci sta dicendo che una visione così astratta della giustizia non è veritiera. Ma non solo: la giustizia non è nemmeno un'operazione psicologica con la quale si converte l'antagonista ad una moralità astratta (e qui si parla di L).
Al di là di parodie e satire più o meno efficaci (e dissacranti) allo shōnen, <i>Death Note</i> riesce ad essere non solo <i>decostruttivista</i> (poiché mette in discussione l'intero orizzonte di senso dello stesso), ma anche propositivo. Se in più consideriamo che in Giappone è presente ancora la pena di morte, allora penso che abbiamo trovato una grande perla.


P.S. Ringrazio Misa&amp;Ulalà per il grande supporto. Senza il suo aiuto, non sarebbe stata la stessa cosa.