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“Amaama to Inazuma” è uno slice of life e, come tutte le opere classificabili in tal genere, mostra un andamento molto lento e tranquillo. Ciò potrebbe allontanare parte del pubblico dalla visione di quest’ultimo, ma, per quanto mi riguarda, non posso che amare storie simili. Un’avventura tranquilla, che racconta le vicende quotidiane dei propri protagonisti, arricchita da un pizzico di dramma, che rende il tutto ancor più commuovente.
12 episodi ricchi di tenerezza e di un umorismo capace di far piangere, e non solo dalle risate. “Amaama to Inazuma” ci catapulta in un mondo comune, come potrebbe essere il nostro, ma, allo stesso tempo, speciale, proprio per i personaggi che ne fanno parte.

E allora iniziamo quest’avventura con i nostri due protagonisti assoluti: Kouhei Inuzuka e sua figlia, Tsumugi. Una coppia affiatata, che si ritrova costretta tutto d’un tratto a cavarsela da sola, senza l’aiuto di una presenza altrettanto importante: la madre. La moglie di Kouhei è venuta infatti a mancare sei mesi prima, ma, almeno per il momento, non c’è tempo per i compianti. La vita va avanti e il giovane vedovo deve riuscire a gestire il lavoro (fa il professore di matematica) e la piccola figlia.
Tra un impegno e l’altro, non può certo preoccuparsi di cucinare cibi succulenti. Ed ecco allora che fa la sua comparsa Kotori Iida, studentessa di Kouhei e figlia della proprietaria di un ristorante. I tre si incontrano dopo una serie di (s)fortunati e, dopo ciò, incominceranno a vedersi nel ristorante della ragazza per cucinare ogni sorta di piatto.
Ricetta dopo ricetta, Kouhei imparerà a essere un padre sempre migliore, anche affidandosi all’aiuto della giovane fanciulla.

Dico subito che, a differenza di quanto si possa aspettare, non ci sarà alcuna “storia d’amore” tra il professore e la sua studentessa. Ovviamente si fa intuire qualcosa e soprattutto la ragazza sembra essersi presa una bella cotta per il giovane vedovo. Ma l’anime non viene impostato su tale relazione ed è giusto così. L’obiettivo è un altro, ovvero mostrare la maturazione di Kouhei e i piccoli drammi giornalieri che potrebbe incontrare qualsiasi famiglia. Sempre con un sorriso in volto, i nostri protagonisti riusciranno a farci divertire, senza mai abbandonare quel pizzico di tristezza intrinseca.
L’innocenza di Tsugumi, la forza di volontà di Kouhei, la semplicità di Kotori; tutti elementi che aumentano la qualità di un’opera che ha saputo colpirmi, in positivo. I protagonisti sono capaci di maturare nel corso della serie, e ciò è sicuramente un fattore di pregio. Niente sagome di cartone, immobili e immutabili, ma uomini e donne (e bambini) in costante crescita.
Per quanto riguarda la storia, essa rispecchia alla perfezione l’andamento generale dell’intero anime: semplice e chiara. Nessuno sviluppo sensazionale e, come detto prima, nessuna svolta imprevedibile. Molto meglio mantenere lo stesso timbro dall’inizio alla fine, ovvero un’iniziale spunto di storia, che approderà nell’inevitabile piatto culinario.

La grafica è molto buona e, come tutti gli slice of life, sceglie di mantenere toni candidi e delicati. I colori non eccedono troppo in quanto a vivacità e lo stesso succede per i protagonisti, che detengono caratteristiche piuttosto “nella norma”. In questo caso, però, si può citare una piccola eccezione, Tsugumi, vera e propria mina vagante della serie. E’ lei che si addossa il compito di movimentare un po’ le puntate, con una vocina squillante, una canzone sempre pronta e, ovviamente, quell’enorme massa di capelli biondi, che risplendono sullo sfondo come una piccola pecorella dorata.
Molto buono il doppiaggio e carine le musiche. La regia svolge un lavoro ordinato, capace di creare una storia lenta, ma non noiosa.

Tra le serie della stagione estiva 2016, “Amaama to Inazuma” ha dimostrato di non aver paura di abbassare la testa di fronte a opere di “maggior calibro”. L’apparente semplicità nasconde in sé un valore più profondo. Non solo ci insegna un gran numero di piatti, giapponesi o meno, ma riesce anche a comunicare un messaggio di speranza e coraggio. Una storia che non racconta di cavalieri o strani superpoteri, ma di una piccola famiglia di città, alle prese con problemi più o meno seri.

Voto finale: 7… e mezzo!