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"Ergo Proxy" non ci offre soltanto una finestra privilegiata per osservare - nella finzione delle immagini - un ipotetico futuro distopico; bensì ci dà l’opportunità concreta di riflettere sulla “nuda esistenzialità umana”.
Il battito che pervade gli episodi centrali è il palpitare di un cuore che noi stessi non riusciamo più ad ascoltare. Re-l, Vincent e Pino, più che i protagonisti di questo viaggio alla ricerca di sé, sono tre individui alla caccia della propria essenza, della propria personalità. È delicatissimo il tratto con cui viene delineato il profilo psicologico di ciascun personaggio, dai più rilevanti (oltre ai tre già citati, Iggy, Raul, Dedalus, ecc.) ai personaggi secondari (come il bibliotecario), ognuno con dei ben specificati comportamenti, con le sue rispettive perplessità e con una personalità sì marcata, ma capace di evolvere nel corso della vicenda. La maturazione di ogni singolo personaggio è resa non solo grazie agli osservabili sviluppi della trama, che ci inducono ad ipotizzare un certo cambiamento nella psiche del personaggio in seguito ad un evento rilevante, ma proprio da ciò che si può carpire con uno sguardo furtivo: il manifestarsi di un comportamento ossessivo compulsivo, un cambio repentino delle modalità comunicative o delle sue specifiche capacità di problem solving. A tale proposito, sarebbe interessante approfondire la simbologia contenuta nei nomi degli stessi personaggi; evitando spoiler inutili, faccio solo notare che nelle profondità di Romdo albergano le anime di quattro filosofi, nelle fattezze di celebri sculture d’autore: Husserl, Derrida, Berkeley e Lacan (quest’ultimo è conosciuto dai più come psichiatra; mi permetto di sorvolare). Husserl, Derrida e Lacan sono tutti e tre esponenti della fenomenologia filosofica: Husserl è il capostipite della scuola di Gottinga (per capirci, è stato il maestro di Edith Stein e di Martin Heidegger), Derrida è un fenomenologo decostruttivista (nel caso di Derrida il descostruttisvismo, in estrema sintesi, consiste nell’articolare la realtà grazie alla teoria husserliana degli interi e delle parti, per comprendere al meglio le sotto-unità del polo-mondo e, quindi, dell’Oggetto) e Lacan è uno dei fautori della psichiatria fenomenologica, con un sguardo attento e critico rivolto a Freud; Berkeley è un dei tre grandi empiristi britannici (assieme a Locke e Hume) oltre ad essere stato un teologo di fama. Per non dilungarmi eccessivamente nel discorso, ciò che li accomuna è la ricerca di un orizzonte di senso nell’esperienza quotidiana, una struttura di significati dietro ciò che appare come mera “accidentalità” (è singolare che proprio Vincent, ad un certo punto, epocheizzi davvero il suo sguardo per cogliere verità celate, che sarebbero rimaste tali nel suo “atteggiamento naturale” originario). Questo non è altro che un semplicemente assaggio del livello di minuziosità che si può riscontrare nella cura dei dettagli e nella pertinenza dei riferimenti filosofici, letterari e culturali in genere. Tutto ciò è sorretto da un lavoro grafico veramente scrupoloso, che ha permesso un connubio efficace fra grafica in 2D e grafica in 3D: i personaggi si muovono in spazi fra il realistico e l’immaginifico, assumendo espressioni talvolta umane talvolta “animate”, in uno sfondo che è lo stesso panorama della raison d’être che loro stessi ricercano ossessivamente e compulsivamente rifuggono. Le colonne sonore sono da brivido, e non limitatamente all’accezione positiva tipica del gergo comune: sono una pura scarica emotiva a livello subliminale, a partire dall’opening. Nell’attesa che, visti i tempi opachi per quanto concerne l’utilizzo di materia grigia, anche da noi si possa assistere ad una vera e propria epidemia ad opera del “Virus Cogito”. Voto: 10