Recensione
L'organo genocida
9.0/10
Recensione di Pan Daemonium
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È davvero difficile produrre un'opera di tema militare, spionistico e renderla non solo verosimile, ma in un qualche modo legata alla nostra realtà contemporanea, sia nei temi che nelle forme. Dare a questo informe concetto, di difficile attuazione, oltretutto una base culturale, un messaggio morale, qualcosa che crei la differenza, è oltremodo titanico. Davvero in pochi sono riusciti in tale intento. In ambito nipponico possiamo chiaramente ricordare Hideo Kojima, ma direi che il suo nome oltrepassa i confini giapponesi. Il resto del mondo continua a sfornare opere di questo genere, ma assolutamente senza la solidità e la perfetta strutturazione a cui Kojima ci ha abituati. La serie 'Metal Gear' è, obiettivamente, il miglior prodotto mai creato di questo genere, essendo riuscita a creare un mondo parallelo al nostro, ma parallelo in senso proprio e reale. Il mondo di 'Metal Gear', difatti, è il nostro mondo, artisticamente rimodellato, sviscerato, criticato; il mondo di 'Metal Gear' prosegue come il nostro, appunto, lungo una direzione parallela, analizza e metabolizza i nostri eventi passati e si permette, successivamente, di prevederne in qualche modo i futuri.
Non è affatto un caso che Itou, il creatore della storia di 'Genocidal Organ', fosse un tale estimatore di 'Metal Gear', da essere entrato in contatto con Kojima, che gli dedicò anche un epitaffio nel 2010.
Non saprei dire quale opera deve di più all'altra, probabilmente si sono sviluppate in sincronia, tenendo in considerazione l'amicizia dei due Autori, ma il tema del linguaggio (ripreso da 'Metal Gear Solid V', ma con un'altra variante) è notevolmente interessante, per quanto, a mio parere, un po' naive. La sua semplicità, forse eccessiva se paragonata al complesso castello di carte che Itou costruisce, è però utile come suggerimento cognitivo per arrivare a comprendere che alcuni procedimenti psicologici sono costantemente presenti nel cervello umano, ma che possono andare in quiescenza (ma non morte) a causa del rilassamento sociale indotto dal benessere. La trama è solida e il finale è, a mio parere, ottimo, senza fronzoli, duro e spietato come quello di 'Jin Roh': spietato sia per quel che accade che per quel che racconta. Una summa degli eventi degli ultimi trent'anni che il mondo occidentale ha subito e della sua reazione agli stessi, in chiave artistica, semplificata, ma ottimamente e con un taglio anche parzialmente lirico e poetico. Forse le musiche non sono state esattamente eccelse e memorabili per i posteri, ma nel complesso il film è quasi perfetto.
Assolutamente consigliato a chiunque apprezzi 'Metal Gear' e a chiunque voglia ben ragionare sui doveri che si presentano a noi cittadini occidentali nel momento in cui vogliamo mantenere il nostro status di pace e prosperità. La difficoltà nel concepire il concetto di libertà in ambito sociale, ma anche individuale; le restrizioni che ogni giorno ci affliggono, il grande fratello che quotidianamente ci circonda. La risposta sarà, chiaramente, d'impatto, e non digeribile da parte di tutti.
Non è affatto un caso che Itou, il creatore della storia di 'Genocidal Organ', fosse un tale estimatore di 'Metal Gear', da essere entrato in contatto con Kojima, che gli dedicò anche un epitaffio nel 2010.
Non saprei dire quale opera deve di più all'altra, probabilmente si sono sviluppate in sincronia, tenendo in considerazione l'amicizia dei due Autori, ma il tema del linguaggio (ripreso da 'Metal Gear Solid V', ma con un'altra variante) è notevolmente interessante, per quanto, a mio parere, un po' naive. La sua semplicità, forse eccessiva se paragonata al complesso castello di carte che Itou costruisce, è però utile come suggerimento cognitivo per arrivare a comprendere che alcuni procedimenti psicologici sono costantemente presenti nel cervello umano, ma che possono andare in quiescenza (ma non morte) a causa del rilassamento sociale indotto dal benessere. La trama è solida e il finale è, a mio parere, ottimo, senza fronzoli, duro e spietato come quello di 'Jin Roh': spietato sia per quel che accade che per quel che racconta. Una summa degli eventi degli ultimi trent'anni che il mondo occidentale ha subito e della sua reazione agli stessi, in chiave artistica, semplificata, ma ottimamente e con un taglio anche parzialmente lirico e poetico. Forse le musiche non sono state esattamente eccelse e memorabili per i posteri, ma nel complesso il film è quasi perfetto.
Assolutamente consigliato a chiunque apprezzi 'Metal Gear' e a chiunque voglia ben ragionare sui doveri che si presentano a noi cittadini occidentali nel momento in cui vogliamo mantenere il nostro status di pace e prosperità. La difficoltà nel concepire il concetto di libertà in ambito sociale, ma anche individuale; le restrizioni che ogni giorno ci affliggono, il grande fratello che quotidianamente ci circonda. La risposta sarà, chiaramente, d'impatto, e non digeribile da parte di tutti.