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    Miyazaki ha ormai più di ottant'anni, è purtroppo nello sfiorire della sua vita e delle sue forze vitali (anche se così non sembrerebbe), e si ritrova a ponderare certezze, speranze che un tempo dava per scontate. Nel recente documentario "10 Years With Hayao Miyazaki" (2019) troviamo un Miyazaki spesso cinico e quasi disilluso, anche se ancora attivamente curioso della propria stessa disillusione, introspettivo e ricercante. Non sono un esperto1 [ continua a leggere]
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    Arrivati alla soglia dei trent'anni, le memorie davvero cadono spesso giù dal cielo inaspettate, solitamente non volute. Alla protagonista, sperduta un po' nella vita della grande Tokyo, accade lo stesso. Torna ad essere bambina, ad avere dieci anni. I suoi compagni di scuola la accompagnano via via nel viaggio che compie nelle campagne giapponesi, viaggio sia di lavoro che di piacere, ma fittizio, come molte di queste scampagnate che spesso fac1 [ continua a leggere]
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    Preludio di una saga complessa di fanta-politica, il film animato di "Jin-Roh" può però benissimo essere anche punto di partenza e punto finale della semplice narrazione di come l'essere umano si de-umanizzi con una velocità imbarazzante. Che siano motivazioni partigiane o di difesa dell'ordine prestabilito, le parti in gioco in un gioco umano pensano sempre con una logica propria che all'altro è incomprensibile. In una coppia di amanti la volon1 [ continua a leggere]
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    Vidi "Cowboy Bebop" quasi un decennio fa ed evitai sempre, accuratamente, di guardare il film ad esso connesso.

    È rinomato che i film tratti dalle serie animate spesso siano, se non disastrosi, deludenti, spinti come sono meramente dal successo e dall'onda. Purtroppo mi tocca constatare che la cosa non è sfuggita neanche all'eccelso "Cowboy Bebop". Il film manca di qualsiasi mordente, spingendo un tema che, se posto in un episodio della serie1 [ continua a leggere]
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    Oramai la qualità degli anime giapponesi è talmente bassa, che ci si deve decidere a ingoiare il rospo e apprezzare quel poco che il convento passa. "Wonder Egg Priority" ("WEP") pare tutto questo: una ventata d'aria fresca, ma anche un "non finito" di Michelangelo. Non so bene perché e per come (c'è chi parla di ristrettezze temporali e chi meramente di incapacità da parte della casa di produzione), ma questo prodotto è incompleto e così è stat1 [ continua a leggere]
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    --- Questa recensione è una funerea eulogia, una trenodia dedicata alla morte di Neon Genesis Evangelion - ed alla nostra liberazione, sfociante che sia nella vita o nella morte. Il film in questione è trattato incidentalmente ed il voto risente anche delle tante insoddisfazioni che la Rebuild mi ha dato nel corso degli ultimi 9 anni, da quando mi ci sono avvicinato la prima volta. ---

    "Thrice upon a time". Tre era considerato numero fortunato1 [ continua a leggere]
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    Rivista ad un'età più avanzata, quest'opera famigerata e sottovalutata non può che dire di più e non può che dire altro.
    Che sia una rappresentazione delle nozioni cristiane di Oshii o che sia una diatriba tra empirismo e fideismo, di certo l'Autore è riuscito, volente o nolente, a inserire talmente tanti piani di lettura, da rendere l'unitarietà un miraggio. Ricorrente è semplicemente il tema della distruzione e della (ri)nascita, su cui d'altr1 [ continua a leggere]

    8.0/10
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    Opera di crescita e di formazione, intermezzo ludico e spensierato di passaggio dalla bambinaggine all'adolescenza per qualcuno, dall'adolescenza alla giovinezza per qualcun'altra. Opera impossibile da definire: un mecha cosmonautico, un romanticume con vene di tragicità di coppia, una commedia appassionata e sperimentale, uno shounen à la "Gurren Lagann", un fan-service continuo e volgare.
    FLCL è tutto ed è nulla, ma rivisto dopo più di 10 anni1 [ continua a leggere]
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    Per quanto Takahata abbia deciso di sfruttare la "favola del tagliatore di bambù" il più possibile, adeguandosi non solo a quanto le varie versioni più accreditate narrano, ma anche a come visivamente la storia è stata percepita dagli uomini più prossimi ad essa - più vicini non solo temporalmente, ma anche filosoficamente -, per quanto il regista si sia ben attenuto a tutto ciò, ha deciso comunque di imprimere la propria orma e suggellare il fi1 [ continua a leggere]
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    Il 2017 per Masaaki Yuasa è stato un anno di indefesso e febbrile lavoro, con tre opere in attivo. Il regista non è estraneo al riadattare opere altrui, che siano romanzi ("The Tatami Galaxy", "The Night is Short", "Walk on Girl") o manga ("Ping Pong"), e generalmente lo fa lasciando una propria impronta tecnica peculiare, ma mantenendo una forte aderenza alle vicende già narrate. "Devilman Crybaby" ha confermato il tutto, per quanto le vicende1 [ continua a leggere]
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    E' un'opera davvero difficile da recensire a parole, trattandosi di una quasi completa esperienza visiva e uditiva. L'intelletto, qui, tramite la sensorialità, è colui che ha il ruolo predominante nel godimento.
    Non trattasi di un'opera complessa a livello di trama, onanistica o comunque ingarbugliata. Le vicende sono lineari, semplici e anche piuttosto paradigmatiche.

    Quest'opera si basa, infatti, su una serie di topoi letterari e artistici ab1 [ continua a leggere]
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    È davvero difficile produrre un'opera di tema militare, spionistico e renderla non solo verosimile, ma in un qualche modo legata alla nostra realtà contemporanea, sia nei temi che nelle forme. Dare a questo informe concetto, di difficile attuazione, oltretutto una base culturale, un messaggio morale, qualcosa che crei la differenza, è oltremodo titanico. Davvero in pochi sono riusciti in tale intento. In ambito nipponico possiamo chiaramente ric1 [ continua a leggere]