Recensione
Akame ga Kill!
9.5/10
Eliminare la malvagità dell’impero. Ma potrà un assassino portare giustizia?
L’opera, in generale, presenta una trama che, anche se può risultare banale, riesce a coinvolgere anche il lettore più esperto: gli assassini, normalmente percepiti dal pubblico in modo negativo, hanno un ruolo predominante e si occupano di eliminare ciò che di brutto e corrotto esiste nel mondo per poter creare un nuovo regno. I Night Raid, infatti, sono in realtà solamente un piccolo gruppo che fa il cosiddetto “lavoro sporco” per quello che è l’esercito rivoluzionario, intenzionato a fare un colpo di Stato e a eliminare il primo ministro, principale responsabile della degradazione e della rovina del regno. L’imperatore, infatti, è solamente un ragazzino, ed è il primo ministro a muovere i fili dietro all’esercito e alla repressione di ogni suo possibile rivale politico.
Per quanto riguarda i personaggi, troviamo tra i Night Raid assassini con caratteri completamente diversi e con obiettivi diversi, ma che si aiutano l’un l’altro durante le missioni creando così forti legami: si passa da chi, come Akame, che dà il nome alla serie, sembra sempre priva di emozioni (una sua caratteristica è dire sempre “eliminare” prima di far fuori un obiettivo) a chi, come Leone, che viene dai bassifondi della città, è sempre piena di vita. Troviamo tra i membri di questo gruppo anche Najenda (il boss) che era un generale dell’esercito; Bulat, anch’esso soldato prima di unirsi ai Night Raid e sempre dedito ad allenarsi; Mine, molto permalosa e sicura di sé; Sheele, il tipico esempio di ragazza goffa e con la testa tra le nuvole; Lubbock, apparentemente molto pigro ma pieno di risorse. Ciò che unisce questi protagonisti è il fatto che si considerano parte della stessa famiglia. Ognuno di loro ha avuto un brutto passato alle spalle, ma l’ha superato e si è impegnato per riuscire a raggiungere il proprio obiettivo.
Altra particolarità di questo manga è quanto sia spietato. Infatti Takahiro non fa differenza tra i personaggi, che siano personaggi principali o antagonisti, potrebbero fare tutti una brutta fine. Ma non è spietato solo in questo, basti vedere lo stile di disegno e la violenza presente.
La tanta violenza infatti è strana, visto che negli altri manga del suo genere c’è si, ma in quantità minore. L’unica cosa che non mi é piaciuta molto sono i personaggi stereotipati (la tsundere, il pervertito, la “oppai”), ma questo non vuol dire che siano brutti, visto che io mi ci sono affezionato comunque.
L’opera, in generale, presenta una trama che, anche se può risultare banale, riesce a coinvolgere anche il lettore più esperto: gli assassini, normalmente percepiti dal pubblico in modo negativo, hanno un ruolo predominante e si occupano di eliminare ciò che di brutto e corrotto esiste nel mondo per poter creare un nuovo regno. I Night Raid, infatti, sono in realtà solamente un piccolo gruppo che fa il cosiddetto “lavoro sporco” per quello che è l’esercito rivoluzionario, intenzionato a fare un colpo di Stato e a eliminare il primo ministro, principale responsabile della degradazione e della rovina del regno. L’imperatore, infatti, è solamente un ragazzino, ed è il primo ministro a muovere i fili dietro all’esercito e alla repressione di ogni suo possibile rivale politico.
Per quanto riguarda i personaggi, troviamo tra i Night Raid assassini con caratteri completamente diversi e con obiettivi diversi, ma che si aiutano l’un l’altro durante le missioni creando così forti legami: si passa da chi, come Akame, che dà il nome alla serie, sembra sempre priva di emozioni (una sua caratteristica è dire sempre “eliminare” prima di far fuori un obiettivo) a chi, come Leone, che viene dai bassifondi della città, è sempre piena di vita. Troviamo tra i membri di questo gruppo anche Najenda (il boss) che era un generale dell’esercito; Bulat, anch’esso soldato prima di unirsi ai Night Raid e sempre dedito ad allenarsi; Mine, molto permalosa e sicura di sé; Sheele, il tipico esempio di ragazza goffa e con la testa tra le nuvole; Lubbock, apparentemente molto pigro ma pieno di risorse. Ciò che unisce questi protagonisti è il fatto che si considerano parte della stessa famiglia. Ognuno di loro ha avuto un brutto passato alle spalle, ma l’ha superato e si è impegnato per riuscire a raggiungere il proprio obiettivo.
Altra particolarità di questo manga è quanto sia spietato. Infatti Takahiro non fa differenza tra i personaggi, che siano personaggi principali o antagonisti, potrebbero fare tutti una brutta fine. Ma non è spietato solo in questo, basti vedere lo stile di disegno e la violenza presente.
La tanta violenza infatti è strana, visto che negli altri manga del suo genere c’è si, ma in quantità minore. L’unica cosa che non mi é piaciuta molto sono i personaggi stereotipati (la tsundere, il pervertito, la “oppai”), ma questo non vuol dire che siano brutti, visto che io mi ci sono affezionato comunque.