Recensione
Yu yu hakusho
8.5/10
“Yu Yu Hakuso” è una di quelle serie iconiche che ha avuto la sfortuna di dover competere con un pesantissimo, e di soli tre anni più vetusto, rivale il quale, per fama e capacità mediatiche, l’ha relegato un po’ nell’ombra (mi riferisco a un indiscusso campione dei combattimenti degli anime: “DragonBall Z”).
Eppure i personaggi qui ci sono tutti: un protagonista “rozzo e testa calda” ma dai forti principi morali e personali (Yusuke Urameshi), la sua spalla-amico goffo, sì, ma di buon cuore e animato dagli stessi intenti (Kuwabara), la loro antitesi cinica e, a volte, un po’ sadica ma anch’egli fondamentalmente e “a modo suo suo” buono (Hiei, prima nemico e, poi, insostituibile compagno - il paragone con la coppia “Goku-Vegeta” vs “Yusuke-Hiei” è quasi impossibile da evitare), il membro del gruppo calmo e riflessivo (Kurama), la saggia maestra dura seppur dai materni consigli (Genkai - qualcuno ha detto Maestro Muten?), i personaggi “leggeri” ma fondamentali per arricchire il racconto (Keiko, Botan, il piccolo Enma, Shizuru), gli “avversari e poi alleati” con cui scontrarsi, confrontarsi e sacrificarsi (Chu, Rinku, la squadra del dottor Ichigaki, Jin, Toya, Kiyoshi Mitarai, Raizen, Mukuro, Yomi), e una schiera di cattivi che riveste perfettamente il proprio ruolo, in cui si contano alcuni in grado di esprimere anche una profonda levatura morale, quasi a muovere il senso di rimpianto per il loro essere passati dalla parte malvagia (Toguro minore e Shinobu Sensui).
La trama si muove, chiaramente, su fondamenti semplici: la fase di formazione iniziale del protagonista che vede l’avvicendamento con i suoi compagni e le prime difficoltà (quello che viene definito “Arco del Detective del Mondo degli Spiriti”); il primo appassionatissimo torneo in cui il protagonista e i suoi compagni, tra difficili sfide, approfondiscono ulteriormente loro stessi nella voglia di combattere (“Arco del Torneo delle Arti Marziali Nere”); una nuova minaccia con un pizzico di avventura che permette di fare un passo oltre nella conoscenza di sé e dei propri intenti a tutti i presenti (“Arco del Capitolo Nero e di Sensui”); la fase conclusiva preparata da tutto quanto precede prima (“Arco dei Tre Re”).
Certo, se devo essere sincero, più di una volta mi sono trovato a pensare che la storia poteva tranquillamente finire dopo il “Torneo delle Arti Marziali Nere” sia per la ricchezza e intensità dei combattimenti qui svolti sia per le profonde difficoltà personali/spirituali affrontati dai partecipanti, oltre che per la presenza di un “cattivo” riuscitissimo e veramente iconico della serie (Toguro minore; Shinobu, malgrado il suo personaggio tormentato, non ne è all’altezza, e Yomi... beh, non è veramente cattivo, per cui...), ma non per questo il resto della vicenda risulta meno godibile fino alla fine e, fortunatamente, non si discosta quasi mai da quella del manga (anche se omette qualche particolare e ne aggiunge altri, come George).
Sul piano “qualitativo” regge bene il passare del tempo; non si grida certo al miracolo per la cura dei dettagli (è anche un anime del 1992), ma la qualità è costante e più che buona (a parte alcuni “bizzarri” mutamenti nello stile riscontrati in un episodio, ma resta un caso isolato per fortuna), qualche cambio di voci nel doppiaggio, però si può sorvolare.
Che dire? Forse offuscato da un rivale pesantissimo (“DragonBall Z”), “Yu Yu Hakusho” resta una pietra miliare del genere e merita di essere visto (quanto meno fino alla fine del Torneo di Arti Marziali Nere).
Eppure i personaggi qui ci sono tutti: un protagonista “rozzo e testa calda” ma dai forti principi morali e personali (Yusuke Urameshi), la sua spalla-amico goffo, sì, ma di buon cuore e animato dagli stessi intenti (Kuwabara), la loro antitesi cinica e, a volte, un po’ sadica ma anch’egli fondamentalmente e “a modo suo suo” buono (Hiei, prima nemico e, poi, insostituibile compagno - il paragone con la coppia “Goku-Vegeta” vs “Yusuke-Hiei” è quasi impossibile da evitare), il membro del gruppo calmo e riflessivo (Kurama), la saggia maestra dura seppur dai materni consigli (Genkai - qualcuno ha detto Maestro Muten?), i personaggi “leggeri” ma fondamentali per arricchire il racconto (Keiko, Botan, il piccolo Enma, Shizuru), gli “avversari e poi alleati” con cui scontrarsi, confrontarsi e sacrificarsi (Chu, Rinku, la squadra del dottor Ichigaki, Jin, Toya, Kiyoshi Mitarai, Raizen, Mukuro, Yomi), e una schiera di cattivi che riveste perfettamente il proprio ruolo, in cui si contano alcuni in grado di esprimere anche una profonda levatura morale, quasi a muovere il senso di rimpianto per il loro essere passati dalla parte malvagia (Toguro minore e Shinobu Sensui).
La trama si muove, chiaramente, su fondamenti semplici: la fase di formazione iniziale del protagonista che vede l’avvicendamento con i suoi compagni e le prime difficoltà (quello che viene definito “Arco del Detective del Mondo degli Spiriti”); il primo appassionatissimo torneo in cui il protagonista e i suoi compagni, tra difficili sfide, approfondiscono ulteriormente loro stessi nella voglia di combattere (“Arco del Torneo delle Arti Marziali Nere”); una nuova minaccia con un pizzico di avventura che permette di fare un passo oltre nella conoscenza di sé e dei propri intenti a tutti i presenti (“Arco del Capitolo Nero e di Sensui”); la fase conclusiva preparata da tutto quanto precede prima (“Arco dei Tre Re”).
Certo, se devo essere sincero, più di una volta mi sono trovato a pensare che la storia poteva tranquillamente finire dopo il “Torneo delle Arti Marziali Nere” sia per la ricchezza e intensità dei combattimenti qui svolti sia per le profonde difficoltà personali/spirituali affrontati dai partecipanti, oltre che per la presenza di un “cattivo” riuscitissimo e veramente iconico della serie (Toguro minore; Shinobu, malgrado il suo personaggio tormentato, non ne è all’altezza, e Yomi... beh, non è veramente cattivo, per cui...), ma non per questo il resto della vicenda risulta meno godibile fino alla fine e, fortunatamente, non si discosta quasi mai da quella del manga (anche se omette qualche particolare e ne aggiunge altri, come George).
Sul piano “qualitativo” regge bene il passare del tempo; non si grida certo al miracolo per la cura dei dettagli (è anche un anime del 1992), ma la qualità è costante e più che buona (a parte alcuni “bizzarri” mutamenti nello stile riscontrati in un episodio, ma resta un caso isolato per fortuna), qualche cambio di voci nel doppiaggio, però si può sorvolare.
Che dire? Forse offuscato da un rivale pesantissimo (“DragonBall Z”), “Yu Yu Hakusho” resta una pietra miliare del genere e merita di essere visto (quanto meno fino alla fine del Torneo di Arti Marziali Nere).