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8.5/10
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Consigliare un prodotto di animazione giapponese in CGi è sempre una missione piuttosto complessa: da un lato abbiamo opere che, grazie a studi competenti e budget stratosferici, ne fanno un uso oculato e fantasioso, con esempi lampanti come le varie iterazioni seriali e non di “Ghost in the Shell”, il più recente “Promare” o molti robotici dell’ultimo ventennio (“Mobile Suit GUNDAM – Unicorn” rappresenta ancora un traguardo quasi mai raggiunto da altri prodotti dello stesso genere); d’altra parte CGi è ad oggi anche e soprattutto sinonimo di mezzo per risparmiare tempo, soldi e forza lavoro, con risultati orribili tendenti all’inguardabile (presumo che stiamo tutti pensando a “Berserk [2016]” in questo momento) che tradiscono la natura low-budget dei prodotti che ne fanno uso e contribuiscono ad affossare la popolarità della tecnica. Dopo questa lunga premessa, direi di presentare in nostri salvatori nonché future promesse dell’animazione orientale: Studio ORANGE, che si è preso la briga di adattare su pellicola (si fa per dire) il manga “Beastars” del 2016 di Paru Itagaki col supporto produttivo di un colosso come NETFLIX (su cui si può reperire la serie doppiata e/o sottotitolata in italiano). Ebbene sì, prima di passare a cose più importanti avrete ormai capito che l’anime è per il 95% del tempo animato tramite l’uso della Computer Grafica, ma c’è poco da temere, poiché Studio ORANGE si è già fatto le ossa qualche anno fa con “Land of Lustrous”, con risultati ammirevoli e qui per nostra fortuna replicati, ma ne parleremo più diffusamente a breve.

Le premesse di questo “Beastars” sono decisamente intriganti: la sensazione è quella di trovarsi di fronte a uno “Zootropolis” per adulti, complice anche l’ottimo worldbuilding che, pezzo per pezzo, ci svela tutte le contraddizioni e le problematiche di un mondo diviso eticamente e socialmente tra carnivori ed erbivori antropomorfi con tutte le complicazioni che ne seguono, quali sospetti, pregiudizi e soppressione degli istinti da parte di entrambi. Diversamente da molte opere che prendono in prestito animali parlanti e amenità simili, “Beastars” costruisce tutto il suo dramma sulle dinamiche delle differenze inter-specie, coi tratti caratteriali dei vari attori modellati sulle caratteristiche dell’animale del quale rivestono il ruolo; proprio da questo contesto promettente prende le mosse la vicenda personale del giovane lupo grigio Legoshi, tecnico delle luci del club di teatro dell’Istituto Cherryton e follemente innamorato della coniglietta nana Haru, ma dilaniato dal proprio istinto animale che la percepisce come una semplice preda. Sebbene possa dare l’idea di una storia leggera o addirittura comica la serie trasporta un peso emotivo non indifferente e -anche grazie a una trama lineare semplice ma solida- riesce a caratterizzare alla perfezione quasi tutti i personaggi: il timido Legoshi è occupato a sopprimere i propri istinti di cacciatore, il cervo Rouis buca la scena più volte grazie al suo enorme carisma ricoprendo tanto il ruolo di antagonista quanto di insostituibile contraltare per il nostro, e ultima ma non ultima Haru riesce a farsi tanto amare quanto odiare per le motivazioni dietro il suo particolare atteggiamento. Il peso dato agli istinti naturali e limitazioni fisiche dei singoli è lodevole e conferisce un pathos che sarebbe difficilmente pensabile in un contesto di personaggi umani; è quasi ironico come una serie trainata da animali riesca a essere molto più umana e realistica nei rapporti inter-personali di moltissimi altri teen-drama (un traguardo non da poco). Un plauso va soprattutto fatto alla storia d’amore tra il lupo e la coniglietta, sinceramente tenera e mai forzata, che regala grandi emozioni e più di qualche sorriso (per fare un esempio la chiacchierata tra i due in mensa, tanto angosciante quanto esilarante per le ovvie differenze tra i due). Sebbene il cast brilli come una stella non è esente da alcune critiche, principalmente legate alla natura breve della serie, come alcuni personaggi secondari appena accennati e che scompaiono praticamente subito (molto probabilmente avranno un ruolo nella seconda stagione, come la gallina Legom) e sporadici discorsi che paiono un po’ campati per aria quasi di sicuro per via di tagli alla materia d’origine.

È bene fare presente che tutto questo ben di Dio contenutistico non avrebbe minimamente lo stesso impatto se non fosse per l’ottimo lavoro fatto da Studio ORANGE e dal regista Shinichi Matsumi, qui alla sua opera prima. “Beastars” è visivamente piacevole? Sì, la risposta è un convintissimo sì, anzi probabilmente l’adattamento non sarebbe uscito ugualmente bene se fosse stato fatto con animazione tradizionale. Il cell-shading utilizzato è fantastico e dona vita ai modelli dei corpi, permettendo di creare piccoli dettagli per ognuno che li caratterizzano e li rendono credibili (ferite, tick, dettagli dei vestiti); stupisce ancora di più il lavoro svolto sul linguaggio del corpo di personaggi in primo e in secondo piano realistico sia per quanto riguarda il lato umano o animale (scodinzolii, gesti, movimento e texture del pelo, piccole smorfie non a caso evidenziati dalle inquadrature, così come pesantezza di corpi e movimenti), piccoli dettagli che contribuiscono a dare carattere e credibilità a un mondo fittizio inaspettatamente credibile. La qualità tecnica è squisita, certo, ma che dire della regia? Le tecniche volute da Matsumi hanno un gusto tanto cinematografico quanto sorprendente, frequenti sono close-up su piccoli dettagli notevoli, primi piani, split-screen dinamici a profusione, tutte strategie di montaggio che donano un piglio mai banale a tutta l’opera. Dosate con maestria sono anche le tecniche di animazione alternativa, tra i momenti più alti di tutta la produzione, come la fenomenale, fenomenale sigla in stop-motion e il viaggio nella mente di Haru all’inizio dell’episodio 7 interamente disegnato a pastell. Nonostante alcuni scivoloni in corso d’opera che risultano in scene troppo esagerate o poco credibili, per la maggior parte la visione si muove su binari ottimi, magistralmente accompagnati da una colonna sonora jazz che fa la sua porca figura sia nei momenti rilassati che in quelli più concitati.

Insomma, “Beastars” intrattiene e intrattiene veramente alla grande, ed è una vera montagna russa emotiva per lo spettatore. Studio ORANGE riesce a mettere a tacere tutti i pregiudizi legati a una produzione tanto particolare, rendendo la sua creatura nonostante i difetti una piccola gemma, di quelle che riescono nell’ingrata opera di ricordare al pubblico (o quantomeno al sottoscritto) le potenzialità dell’animazione giapponese. Attendo spasmodicamente la seconda stagione, nella speranza che eguagli o superi questa.