Recensione
Buonanotte, PunPun
10.0/10
Se dovessi usare un solo aggettivo per descrivere questo fumetto (oltre al banale, ma adeguato, ‘splendido’), penso che sarebbe “malinconico”. Durante la lettura mi è capitato di provare le sensazioni più disparate, tristezza, rabbia, commozione, a tratti anche divertimento, sebbene quest’ultimo nello specifico trovi sempre meno spazio con l’avanzare della storia e, dove ancora presente, assuma un carattere meno spensierato e, al contrario, più grottesco. Tuttavia non c’è un istante in tutta la lettura nel quale non si percepisca una sensazione di fondo di malinconia, all’inizio latente, soffusa, ma progressivamente sempre più intensa, in un costante crescendo durante lo scorrere del racconto.
Il manga tratta principalmente la giovinezza di Punpun, ragazzo giapponese rappresentato per tutta la durata del racconto come una semplice figura stilizzata (inizialmente un uccellino bianco e successivamente quasi sempre un volatile, ma con forti variazioni o deformazioni strettamente legate agli eventi e allo stato d’animo di Punpun stesso), dai tempi della scuola elementare fino, circa, alla maggiore età (i 21 anni definiti dalla legge nipponica).
Punpun viene inizialmente presentato come un bambino dolce, timido e anche un po’ ingenuo, apprezzato dagli altri bambini, che lo trattano sempre con affetto e gentilezza, e fortemente legato al padre.
Viene inoltre mostrato nelle pagine iniziali il suo primo incontro con Aiko, bambina intelligente e un po’ eccentrica appena trasferita nella sua classe, di cui lui si innamora a prima vista e della quale, vincendo la propria timidezza, cercherà di attirare l’attenzione, riuscendo nell’intento e venendo ricambiato.
Tuttavia, dopo poco, nella casa di Punpun accade un incidente che porta i suoi genitori alla separazione, al ricovero ospedaliero della madre e all’allontanamento del padre.
Inizia così una spirale discendente, segnata dal trasferimento di molti dei suoi amici e dalla conseguente solitudine, dall’allontanamento di Aiko e dalla convivenza prima con lo zio, trentenne disoccupato che soffre di depressione, e successivamente con la madre, donna poco seria e senza legami, con la quale si instaura un rapporto conflittuale e di reciproca indifferenza.
Tutto questo causa in lui un cambiamento radicale nel carattere e nella personalità, portandolo progressivamente alla perdita dell’autostima, all’insofferenza nei confronti delle altre persone e alla depressione, oltre che a sviluppare un rapporto complesso e contorto con l’altro sesso e in generale con tutta la sfera della sessualità, condizioni che gli rendono difficile affrontare la quotidianità, il lavoro, lo studio, i rapporti interpersonali e, più in generale, la vita stessa.
E qui, non volendo entrare troppo nel dettaglio degli eventi della trama, chiudo il discorso in merito a quest’ultima, mentre desidero invece soffermarmi sulle tematiche trattate nell’opera.
Inio Asano non è nuovo a motivi (mi si passi il termine) “opprimenti”, quali depressione, violenza, ossessioni, dipendenze, sesso e morte, ma in questo fumetto riesce a trasmettere questi concetti nel modo più diretto e credibile possibile, probabilmente grazie all’estremizzazione del realismo nella caratterizzazione dei personaggi. Questi ultimi sembrano prendere vita, assottigliando in modo impressionante il confine fra realtà e finzione, fra persone e personaggi.
Questo effetto viene raggiunto grazie alla incredibile capacità raffigurativa e alla volontà di non arricchire in alcun modo i personaggi con abbellimenti e orpelli inutili, ma anche grazie alla accurata esposizione del pensiero e dei tormenti di ognuno di essi. E’ incredibile come, leggendo questo fumetto, ci si dimentichi che i personaggi siano nati dalla mente di un’unica persona. Non c’è un filo conduttore che, seppur flebile, riconduca i personaggi alla stessa origine, ognuno è effettivamente scollegato dall’altro, con la propria identità distinta, come quando nella realtà due perfetti sconosciuti si incontrano per la prima volta.
Allo stesso tempo però Asano non è lineare, gli piace mescolare gli opposti, incastrare forme diverse, in poche parole creare confusione, e qui lo fa tramite l’inserimento di personaggi totalmente avulsi dalla realtà e soprattutto tramite l’inserimento del surreale.
Per quanto riguarda i primi, in quest’opera Asano li introduce trattando il fenomeno delle sette, problema estremamente diffuso nel Giappone moderno, dove l’oppressione esercitata da una società asfissiante e da regole ferree porta tantissime persone a fuggire dalla realtà e a riunirsi grazie ai più improbabili santoni in sette più o meno estese. Seguendo ideali e divinità assurdi si ritrovano quindi spinte a truffare, nel migliore dei casi, ma anche a commettere atti di violenza o di autolesionismo, fino a atti estremi quali l’omicidio e il suicidio, in solitaria o di gruppo.
Nel fumetto, questa situazione si palesa attraverso una serie di personaggi assurdi e grotteschi, tanto nei comportamenti quanto nella rappresentazione grafica. Questi, completamente noncuranti rispetto alla realtà che li circonda, vengono circuiti da individui altrettanto assurdi e spinti in un caso a idolatrare un brutto mostro con le labbra enormi e nell’altro verso un obiettivo di salvaguardia dell’universo, finendo così per dimenticare, abbandonare o maltrattare, in nome del loro credo, tutti coloro che gli sono vicini, che siano questi figli, fratelli, amici, fidanzati o conoscenti di qualsiasi tipo.
Per quanto riguarda il surreale invece (tematica ricorrente per l’autore, come ad esempio in “La Città della Luce”, dove viene sfruttato come strumento per confrontarsi con il tema della morte), in “Buonanotte, Punpun” è prerogativa principalmente di tre soggetti della storia, tra i quali il più importante è sicuramente lo stesso Punpun con la propria famiglia. Tutti e quattro i componenti principali di questa famiglia (Punpun, papà, mamma e zio) sono rappresentati come uccellini stilizzati e per tutti e quattro viene modificata la fisionomia e l’espressività sulla base della condizione psicologica del momento. Ma è proprio con Punpun che questo sistema viene portato all’estremo, tanto che il suo aspetto muta notevolmente nel corso della storia, arrivando a cambiare colore e a perdere completamente la forma in alcune situazioni.
Alcuni anni fa, Asano dichiarò in un’intervista di aver disegnato il proprio protagonista con una simile figura stilizzata in quanto questo gli permetteva di velocizzare notevolmente l’esecuzione dei disegni, per i quali altrimenti sarebbe stato estremamente lento. Ma leggendo il fumetto ci si rende conto invece di come questa scelta stilistica derivi da una attenta riflessione. E’ infatti scioccante come quella figura stilizzata permetta di trasmettere al lettore tutti quelli che sono i tormenti e le emozioni di Punpun, che involontariamente diventa come un libro aperto e ti investe con i suoi pensieri, facendoti creare una connessione con lui molto più stretta, impossibile nel caso di un personaggio realistico, che seppur proveniente da un mondo di fantasia può sempre nascondere dietro a una finta espressione o sorriso le sue reali intenzioni. Ma con Punpun è diverso. A prescindere dai suoi ragionamenti o dai suoi tentativi di alterare la realtà con gli altri personaggi, per il lettore non ha mai segreti, in quanto è il suo stesso corpo a dichiarare i suoi veri pensieri, e questo crea un legame con il personaggio più forte di qualsiasi altro mai provato, grazie al quale ci si ritrova ad affezionarsi e a provare empatia per Punpun, ma allo stesso tempo una grande tristezza, perché non si può fare nulla per aiutarlo.
E sembrerebbe inoltre incredibilmente stridente l’accostamento di quella figura stilizzata a concetti come la masturbazione o il sesso, ma Asano non si ferma e forza questi accostamenti, in maniera anche molto esplicita, riuscendo inaspettatamente a creare situazioni che non si presentano grottesche, ma anzi trasmettono tutto il disagio che il protagonista prova rispetto a questi ambiti, risultando estremamente drammatiche e a tratti anche un po’ disturbanti.
Nel complesso Asano fa un lavoro magistrale nell’affrontare temi scomodi, quali la depressione, l’ansia, le ossessioni e tanti altri problemi psicologici, spesso sottovalutati o addirittura ignorati e discriminati, riuscendo a rappresentare e trasmettere con grande perizia e precisione tutta l’angoscia, la sofferenza e l’alienazione che chi ne è soggetto prova costantemente, fino a quando, in qualche modo più o, purtroppo, meno positivo, non riesce ad uscirne.
Per quanto riguarda il disegno non c’è nulla da dire, le tavole sono meravigliose, i personaggi sono magnetici nel loro realismo e nelle loro imperfezioni, la cura è maniacale, i colori e le sfumature sono ineccepibili, non c’è una linea fuori posto e ogni tratto ha una precisa funzione nel contesto, ogni dettaglio è nitido e visibile e non c’è alcuna confusione se non imposta direttamente dall’autore.
E le ambientazioni sono incredibili, ma d’altronde Asano usa il ricalco da foto, proprio perché a suo dire è l’unico modo per rendere veramente giustizia a un paesaggio. Sempre nell’ambito dell’intervista sopraccitata, ad esempio, affermava di amare quei tralicci aggrovigliati tipicamente giapponesi e che non c’era modo di rappresentarli in maniera accettabile se non riprendendoli da foto.
In conclusione, non mi sento di consigliare questo manga a tutti, ritengo sia un’opera complessa e faticosa, priva di tematiche semplici e di messaggi buonisti da trasmettere, che se si vuole riuscire ad apprezzare a fondo deve essere affrontata senza pregiudizi (a mio avviso SEMPRE sbagliati) e con la volontà di approcciarsi alle tematiche trattate e di cercare di capire il punto di vista di tutti i personaggi, anche in relazione al loro vissuto. Lo sconsiglio vivamente inoltre a tutti coloro la cui volontà è di avvicinarsi a questo titolo con leggerezza e atteggiamento denigratorio. In questo caso, considerata la sensibilità dei temi trattati, ritengo sia preferibile passare semplicemente oltre.
Detto ciò, a me questo manga è piaciuto moltissimo, mi ha colpito, e mi ha spinto a riflettere, tanto che sinceramente lo rileggerei già oggi, dopo solo due giorni da quando l’ho finito.
Il manga tratta principalmente la giovinezza di Punpun, ragazzo giapponese rappresentato per tutta la durata del racconto come una semplice figura stilizzata (inizialmente un uccellino bianco e successivamente quasi sempre un volatile, ma con forti variazioni o deformazioni strettamente legate agli eventi e allo stato d’animo di Punpun stesso), dai tempi della scuola elementare fino, circa, alla maggiore età (i 21 anni definiti dalla legge nipponica).
Punpun viene inizialmente presentato come un bambino dolce, timido e anche un po’ ingenuo, apprezzato dagli altri bambini, che lo trattano sempre con affetto e gentilezza, e fortemente legato al padre.
Viene inoltre mostrato nelle pagine iniziali il suo primo incontro con Aiko, bambina intelligente e un po’ eccentrica appena trasferita nella sua classe, di cui lui si innamora a prima vista e della quale, vincendo la propria timidezza, cercherà di attirare l’attenzione, riuscendo nell’intento e venendo ricambiato.
Tuttavia, dopo poco, nella casa di Punpun accade un incidente che porta i suoi genitori alla separazione, al ricovero ospedaliero della madre e all’allontanamento del padre.
Inizia così una spirale discendente, segnata dal trasferimento di molti dei suoi amici e dalla conseguente solitudine, dall’allontanamento di Aiko e dalla convivenza prima con lo zio, trentenne disoccupato che soffre di depressione, e successivamente con la madre, donna poco seria e senza legami, con la quale si instaura un rapporto conflittuale e di reciproca indifferenza.
Tutto questo causa in lui un cambiamento radicale nel carattere e nella personalità, portandolo progressivamente alla perdita dell’autostima, all’insofferenza nei confronti delle altre persone e alla depressione, oltre che a sviluppare un rapporto complesso e contorto con l’altro sesso e in generale con tutta la sfera della sessualità, condizioni che gli rendono difficile affrontare la quotidianità, il lavoro, lo studio, i rapporti interpersonali e, più in generale, la vita stessa.
E qui, non volendo entrare troppo nel dettaglio degli eventi della trama, chiudo il discorso in merito a quest’ultima, mentre desidero invece soffermarmi sulle tematiche trattate nell’opera.
Inio Asano non è nuovo a motivi (mi si passi il termine) “opprimenti”, quali depressione, violenza, ossessioni, dipendenze, sesso e morte, ma in questo fumetto riesce a trasmettere questi concetti nel modo più diretto e credibile possibile, probabilmente grazie all’estremizzazione del realismo nella caratterizzazione dei personaggi. Questi ultimi sembrano prendere vita, assottigliando in modo impressionante il confine fra realtà e finzione, fra persone e personaggi.
Questo effetto viene raggiunto grazie alla incredibile capacità raffigurativa e alla volontà di non arricchire in alcun modo i personaggi con abbellimenti e orpelli inutili, ma anche grazie alla accurata esposizione del pensiero e dei tormenti di ognuno di essi. E’ incredibile come, leggendo questo fumetto, ci si dimentichi che i personaggi siano nati dalla mente di un’unica persona. Non c’è un filo conduttore che, seppur flebile, riconduca i personaggi alla stessa origine, ognuno è effettivamente scollegato dall’altro, con la propria identità distinta, come quando nella realtà due perfetti sconosciuti si incontrano per la prima volta.
Allo stesso tempo però Asano non è lineare, gli piace mescolare gli opposti, incastrare forme diverse, in poche parole creare confusione, e qui lo fa tramite l’inserimento di personaggi totalmente avulsi dalla realtà e soprattutto tramite l’inserimento del surreale.
Per quanto riguarda i primi, in quest’opera Asano li introduce trattando il fenomeno delle sette, problema estremamente diffuso nel Giappone moderno, dove l’oppressione esercitata da una società asfissiante e da regole ferree porta tantissime persone a fuggire dalla realtà e a riunirsi grazie ai più improbabili santoni in sette più o meno estese. Seguendo ideali e divinità assurdi si ritrovano quindi spinte a truffare, nel migliore dei casi, ma anche a commettere atti di violenza o di autolesionismo, fino a atti estremi quali l’omicidio e il suicidio, in solitaria o di gruppo.
Nel fumetto, questa situazione si palesa attraverso una serie di personaggi assurdi e grotteschi, tanto nei comportamenti quanto nella rappresentazione grafica. Questi, completamente noncuranti rispetto alla realtà che li circonda, vengono circuiti da individui altrettanto assurdi e spinti in un caso a idolatrare un brutto mostro con le labbra enormi e nell’altro verso un obiettivo di salvaguardia dell’universo, finendo così per dimenticare, abbandonare o maltrattare, in nome del loro credo, tutti coloro che gli sono vicini, che siano questi figli, fratelli, amici, fidanzati o conoscenti di qualsiasi tipo.
Per quanto riguarda il surreale invece (tematica ricorrente per l’autore, come ad esempio in “La Città della Luce”, dove viene sfruttato come strumento per confrontarsi con il tema della morte), in “Buonanotte, Punpun” è prerogativa principalmente di tre soggetti della storia, tra i quali il più importante è sicuramente lo stesso Punpun con la propria famiglia. Tutti e quattro i componenti principali di questa famiglia (Punpun, papà, mamma e zio) sono rappresentati come uccellini stilizzati e per tutti e quattro viene modificata la fisionomia e l’espressività sulla base della condizione psicologica del momento. Ma è proprio con Punpun che questo sistema viene portato all’estremo, tanto che il suo aspetto muta notevolmente nel corso della storia, arrivando a cambiare colore e a perdere completamente la forma in alcune situazioni.
Alcuni anni fa, Asano dichiarò in un’intervista di aver disegnato il proprio protagonista con una simile figura stilizzata in quanto questo gli permetteva di velocizzare notevolmente l’esecuzione dei disegni, per i quali altrimenti sarebbe stato estremamente lento. Ma leggendo il fumetto ci si rende conto invece di come questa scelta stilistica derivi da una attenta riflessione. E’ infatti scioccante come quella figura stilizzata permetta di trasmettere al lettore tutti quelli che sono i tormenti e le emozioni di Punpun, che involontariamente diventa come un libro aperto e ti investe con i suoi pensieri, facendoti creare una connessione con lui molto più stretta, impossibile nel caso di un personaggio realistico, che seppur proveniente da un mondo di fantasia può sempre nascondere dietro a una finta espressione o sorriso le sue reali intenzioni. Ma con Punpun è diverso. A prescindere dai suoi ragionamenti o dai suoi tentativi di alterare la realtà con gli altri personaggi, per il lettore non ha mai segreti, in quanto è il suo stesso corpo a dichiarare i suoi veri pensieri, e questo crea un legame con il personaggio più forte di qualsiasi altro mai provato, grazie al quale ci si ritrova ad affezionarsi e a provare empatia per Punpun, ma allo stesso tempo una grande tristezza, perché non si può fare nulla per aiutarlo.
E sembrerebbe inoltre incredibilmente stridente l’accostamento di quella figura stilizzata a concetti come la masturbazione o il sesso, ma Asano non si ferma e forza questi accostamenti, in maniera anche molto esplicita, riuscendo inaspettatamente a creare situazioni che non si presentano grottesche, ma anzi trasmettono tutto il disagio che il protagonista prova rispetto a questi ambiti, risultando estremamente drammatiche e a tratti anche un po’ disturbanti.
Nel complesso Asano fa un lavoro magistrale nell’affrontare temi scomodi, quali la depressione, l’ansia, le ossessioni e tanti altri problemi psicologici, spesso sottovalutati o addirittura ignorati e discriminati, riuscendo a rappresentare e trasmettere con grande perizia e precisione tutta l’angoscia, la sofferenza e l’alienazione che chi ne è soggetto prova costantemente, fino a quando, in qualche modo più o, purtroppo, meno positivo, non riesce ad uscirne.
Per quanto riguarda il disegno non c’è nulla da dire, le tavole sono meravigliose, i personaggi sono magnetici nel loro realismo e nelle loro imperfezioni, la cura è maniacale, i colori e le sfumature sono ineccepibili, non c’è una linea fuori posto e ogni tratto ha una precisa funzione nel contesto, ogni dettaglio è nitido e visibile e non c’è alcuna confusione se non imposta direttamente dall’autore.
E le ambientazioni sono incredibili, ma d’altronde Asano usa il ricalco da foto, proprio perché a suo dire è l’unico modo per rendere veramente giustizia a un paesaggio. Sempre nell’ambito dell’intervista sopraccitata, ad esempio, affermava di amare quei tralicci aggrovigliati tipicamente giapponesi e che non c’era modo di rappresentarli in maniera accettabile se non riprendendoli da foto.
In conclusione, non mi sento di consigliare questo manga a tutti, ritengo sia un’opera complessa e faticosa, priva di tematiche semplici e di messaggi buonisti da trasmettere, che se si vuole riuscire ad apprezzare a fondo deve essere affrontata senza pregiudizi (a mio avviso SEMPRE sbagliati) e con la volontà di approcciarsi alle tematiche trattate e di cercare di capire il punto di vista di tutti i personaggi, anche in relazione al loro vissuto. Lo sconsiglio vivamente inoltre a tutti coloro la cui volontà è di avvicinarsi a questo titolo con leggerezza e atteggiamento denigratorio. In questo caso, considerata la sensibilità dei temi trattati, ritengo sia preferibile passare semplicemente oltre.
Detto ciò, a me questo manga è piaciuto moltissimo, mi ha colpito, e mi ha spinto a riflettere, tanto che sinceramente lo rileggerei già oggi, dopo solo due giorni da quando l’ho finito.