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Recensione quasi a caldo, dopo aver visionato l’intera terza stagione: sono pronto a riversare i miei pensieri e anche parte delle emozioni che è riuscita a donarmi.

La terza stagione di “Karakai Jozu no Takagi-San” diverge dalle precedenti per un fattore: è ricca di episodi e spunti originali, non presenti nel manga. Probabilmente una scelta di scrittura che ci porterà, spero, felicemente al film in uscita quest’estate.
Se siete qui, immagino che conosciate bene i punti di forza, e anche le debolezze di una serie così semplice ma allo stesso tempo ricca, impreziosita dall’ottimo lavoro dello staff di produzione. Punti che vengono mantenuti sugli ottimi standard della seconda stagione (che già vedeva una netta evoluzione rispetto alla prima): comparto tecnico pulito, con character design e animazioni semplici ma mai raffazzonate, colori vividi o “pastellosi” secondo le esigenze delle scene, ottima colonna musicale sia nelle composizioni originale sia nella opening di Yuiko Ohara, sempre catchy con quel retrogusto di nostalgia, sia nella scelta delle ending con brani hit del passato giapponese.
Una regia dedicata, che riesce anche ad aggiungere estro e fantasia soprattutto nei primi episodi (nel primo, onirico, e nell’intro del secondo), dove dissemina ottime scelte registiche, che riprenderà nel finale di stagione, con una chiusura del cerchio che non può non lasciare soddisfatti e felici di aver seguito nuovamente le peripezie dei nostri ragazzi.
Quasi inutile, ma doveroso, ribadire la bravura dei doppiatori nel rendere vivi su schermo protagonisti e personaggi di supporto. Menzione speciale per Rie Takahashi, chiamata nuovamente e superbamente a chiudere gli episodi con le già citate cover di successi, in particolare l’ultima. Canzoni che sono un punto importante della serie, poiché impreziosiscono sempre gli episodi e la narrazione - consiglio a chi non avesse potuto gustarne la visione con i testi delle canzoni di rimediare.

Il voto alto è dovuto alla capacità di una serie (che rischiava di impantanarsi nel suo riciclare una formula sì vincente, ma alla lunga potenzialmente irritante) di rinnovarsi, di far risaltare i propri punti di forza, di (far) crescere i protagonisti e le loro emozioni senza forzature. Di riprendere sì i cliché, le formule degli slice of life scolastici, ma di governarli senza mai cadere nel banale. Quanti festival estivi, scolastici, dello sport, episodi al mare etc. son passati sotto gli occhi di questo diversamente giovane recensore... “Karakai Jozu no Takagi-San” li prende e ce li restituisce con la giusta delicatezza che può avere un primo amore, con l’innocenza dell’adolescenza.
Seppur i nostri protagonisti restino “nel personaggio” ai fini delle gag e delle sfide (sempre meno), scopriamo con garbo una crescente evoluzione dei sentimenti che uno ha per l’altro, di cui noi spettatori (e Takagi dei propri) abbiamo da tempo consapevolezza. Sbirciamo finalmente le loro prime insicurezze, soprattutto della nostra eroina, di cui potevamo avere solo implicita contezza, ne vediamo la fragilità da adolescente, magnificamente espressa nelle scene che la ritraggono, dove battute e dialoghi sono concisi e preziosi.

Il finale mi ha pienamente soddisfatto e ci lancia verso il film. Conclusivo? Chissà, a volte bisogna ricordarsi che l’importante è il viaggio in sé, che arricchisce al di là della destinazione e della durata. All good things must come to an end.

Un pensiero al “cameo” dell’episodio 5. Personalmente ritengo che l’esistenza del manga spinoff canonico (“Moto”) giovi all’intera narrazione. Di una storia che è già nostalgia, che riesce a muoversi nel tempo e tra generazioni. Generazioni diverse anche di spettatori che possono apprezzare un vero gioiellino, per chi ancora vive emozioni e routine tra i banchi di scuola, e per i più vecchietti come il sottoscritto che ne rimangono affascinati con quella vena di malinconia che ci ricorda di essere umani e sempre capaci di emozionarci nella semplicità delle cose.