Recensione
Recensione di Focasaggia
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«Yamishibai 9» è la nona parte dei racconti brevi, inquietanti e autoconclusivi a cura dello studio di animazione Ilca, che ha curato anche le serie precedenti.
Prendendo l'antica arte del kamishibai, dove artisti itineranti in viaggio per i villaggi intrattenevano i bambini del luogo con dei racconti piacevoli, e rendendo il tutto un qualcosa di oscuro, iniziano i racconti di un narratore particolare e crudele. Con uno stile grafico particolare e ormai collaudato questa volta gli episodi prendono spunto dallo zodiaco cinese, a cui si aggiunge la storia del gatto, escluso dai dodici segni per via di una leggenda (l'ultimo episodio, a lui dedicato, parlerà proprio di questo).
Alla "sfida" iniziale, quella di inquietare con un racconto di brevissima durata, ricordo infatti che gli episodi durano meno di quattro minuti, si aggiunge la difficoltà di narrare qualcosa che si riferisce in maniera esplicita agli animali che compongono lo zodiaco cinese. La serie sembra riuscire in questo difficile compito.
Come sempre ogni episodio risente del gusto personale dello spettatore, vi sono episodi più spaventosi come il terzo ("La 44ª pecora") o il quarto ("Il cane fedele"), altri maggiormente tristi come il quinto ("La tigre di cartapesta") e il decimo ("Stufato di cinghiale"), e alcuni la cui comprensione risulterà più ostica come l'ottavo ("Il cavalluccio a dondolo") e il sesto ("Lo spirito del bue"), ma generalmente ogni episodio risulterà piacevole e inquietante in modo diverso.
La piacevole ending, intitolata "fall", di Emi Okamoto, è fin troppo dolce per la serie.
Consigliato a chi ama le storie horror, tollerando la particolare grafica utilizzata. Non essendoci una trama di fondo, lo spettatore potrà gustare la visione della serie anche senza aver visto le precedenti.
Prendendo l'antica arte del kamishibai, dove artisti itineranti in viaggio per i villaggi intrattenevano i bambini del luogo con dei racconti piacevoli, e rendendo il tutto un qualcosa di oscuro, iniziano i racconti di un narratore particolare e crudele. Con uno stile grafico particolare e ormai collaudato questa volta gli episodi prendono spunto dallo zodiaco cinese, a cui si aggiunge la storia del gatto, escluso dai dodici segni per via di una leggenda (l'ultimo episodio, a lui dedicato, parlerà proprio di questo).
Alla "sfida" iniziale, quella di inquietare con un racconto di brevissima durata, ricordo infatti che gli episodi durano meno di quattro minuti, si aggiunge la difficoltà di narrare qualcosa che si riferisce in maniera esplicita agli animali che compongono lo zodiaco cinese. La serie sembra riuscire in questo difficile compito.
Come sempre ogni episodio risente del gusto personale dello spettatore, vi sono episodi più spaventosi come il terzo ("La 44ª pecora") o il quarto ("Il cane fedele"), altri maggiormente tristi come il quinto ("La tigre di cartapesta") e il decimo ("Stufato di cinghiale"), e alcuni la cui comprensione risulterà più ostica come l'ottavo ("Il cavalluccio a dondolo") e il sesto ("Lo spirito del bue"), ma generalmente ogni episodio risulterà piacevole e inquietante in modo diverso.
La piacevole ending, intitolata "fall", di Emi Okamoto, è fin troppo dolce per la serie.
Consigliato a chi ama le storie horror, tollerando la particolare grafica utilizzata. Non essendoci una trama di fondo, lo spettatore potrà gustare la visione della serie anche senza aver visto le precedenti.