Recensione
Ryu delle Caverne
9.0/10
Recensione di Keehlm Fungiolo's baseball bat
-
"Ryu delle caverne" di Shotaro Ishinomori è stato realizzato nel 1971. Nello stesso anno c'è stata la trasposizione in animazione da 22 puntate. Tuttavia, la storia a fumetti è diversa.
Il manga è dinamico e avvincente, anche se risente un po' dell'ossessione da anni '70 per l'ufologia, gli anacronismi e i paradossi temporali (vedere anche Baldios, Capitan Harlock e Il pianeta delle scimmie). La preistoria di Ryu è più uno stato mentale che un luogo concreto, con tribù in guerra, lucertole intelligenti, una scimmia che gli fa da madre, uomini delle caverne ricoperti di pelo bianco e ancora a uno stadio primitivo, un'astronave in conclusione. È fin troppo facile ravvisare influenze da "La Macchina del Tempo", la verità è che all'epoca non eravamo preparati a storie che rappresentassero la guerra come una cosa realistica, con sangue, traumi psicologici, faide in piena regola, e Wyl Coyote non ci aveva suggerito la furia delle fiere nella foresta.
Vive di contraddizioni, Ryu, in mezzo a centinaia di persone africane di varie tonalità di carnagione: tenuto separato dalla sua gente perché la sua pelle è considerata una maledizione. Quando la madre adottiva -Kitty- verrà crudelmente uccisa, lui si troverà a dover vivere tra i suoi simili, per amore o per forza.
Sceglierà Ran, bellissima fanciulla nera, e il fratellino di lei, Don. Quindi Ryu intraprende un cammino adamitico. Nel manga è lui che sceglie i suoi compagni, mentre in televisione la cosa è meno diretta.
Il giovane vuol trovare la sua vera madre. Non sarà facile. Il tirannosauro che lo sta seguendo -l'unico rimasto della sua specie esattamente come lui- sembra esistere per mantenere un equilibrio del terrore: dove c'è Ryu c'è Tyrano, e viceversa.
A complicare le cose ci sono Taka, il guerriero adulto di una tribù ostile, il quale sostiene che Ran è sua moglie. Solo che lei non è d'accordo... E Kiba, il fratello maggiore di Taka, la cui missione nella vita è uccidere Tyrano, come dimostra il suo corpo pieno di cicatrici.
Kiba è il solo vero adulto dell'intero gruppo e diventerà una specie di padre per Ryu.
Se vi piacciono le storie di formazione, questo manga non vi deluderà.
Nella serie televisiva sono state omesse alcune scene, considerate troppo disturbanti per un pubblico generico, come il tentativo di stupro di Ran. Altre scene, come l'origine aliena di Ryu, sono state tolte per coerenza, trasformando il genere da fantascienza ad avventura. Benché autocensurata, la serie fu rivelatoria di tematiche inedite, diverse anche dai programmi dell'epoca, e rimane nei ricordi affettuosi di molti di noi.
La pubblicazione molto tardiva del manga (Dynit 2006) merita due parole di spiegazione. Il bambino offerto in sacrificio al mostro. Il fanciullo messianico che diventa capo di una tribù di neri. La civiltà umana che si sarebbe formata da una rappresentante celeste. Il bianco che si rivela più intelligente degli africani...questi particolari assomigliano al culto dei nazisti di Anhenerbe, secondo i quali esisterebbe un popolo di esseri umani perfetti da cui solo i tedeschi discenderebbero.
Anche se le citazioni di Ishinomori fossero intenzionali (e non è detto, perché questi elementi formano l'immaginario apolitico, o persino di sinistra, di molti autori) non significa che Ryu faccia apologia. Però nell'Italia degli anni settanta, sarebbe stato difficile farlo capire al pubblico in una eventuale pubblicazione a fumetti.
Più semplicemente, questi sviluppi sono trattati così senza alcuna volontà di replicare vecchi schemi gerarchici, ma semmai per metterne in evidenza l'assurdità.
Brava JPOP, allora, che nel 2019 ci "regala" la ristampa di Ryu in volume unico.
Il manga è dinamico e avvincente, anche se risente un po' dell'ossessione da anni '70 per l'ufologia, gli anacronismi e i paradossi temporali (vedere anche Baldios, Capitan Harlock e Il pianeta delle scimmie). La preistoria di Ryu è più uno stato mentale che un luogo concreto, con tribù in guerra, lucertole intelligenti, una scimmia che gli fa da madre, uomini delle caverne ricoperti di pelo bianco e ancora a uno stadio primitivo, un'astronave in conclusione. È fin troppo facile ravvisare influenze da "La Macchina del Tempo", la verità è che all'epoca non eravamo preparati a storie che rappresentassero la guerra come una cosa realistica, con sangue, traumi psicologici, faide in piena regola, e Wyl Coyote non ci aveva suggerito la furia delle fiere nella foresta.
Vive di contraddizioni, Ryu, in mezzo a centinaia di persone africane di varie tonalità di carnagione: tenuto separato dalla sua gente perché la sua pelle è considerata una maledizione. Quando la madre adottiva -Kitty- verrà crudelmente uccisa, lui si troverà a dover vivere tra i suoi simili, per amore o per forza.
Sceglierà Ran, bellissima fanciulla nera, e il fratellino di lei, Don. Quindi Ryu intraprende un cammino adamitico. Nel manga è lui che sceglie i suoi compagni, mentre in televisione la cosa è meno diretta.
Il giovane vuol trovare la sua vera madre. Non sarà facile. Il tirannosauro che lo sta seguendo -l'unico rimasto della sua specie esattamente come lui- sembra esistere per mantenere un equilibrio del terrore: dove c'è Ryu c'è Tyrano, e viceversa.
A complicare le cose ci sono Taka, il guerriero adulto di una tribù ostile, il quale sostiene che Ran è sua moglie. Solo che lei non è d'accordo... E Kiba, il fratello maggiore di Taka, la cui missione nella vita è uccidere Tyrano, come dimostra il suo corpo pieno di cicatrici.
Kiba è il solo vero adulto dell'intero gruppo e diventerà una specie di padre per Ryu.
Se vi piacciono le storie di formazione, questo manga non vi deluderà.
Nella serie televisiva sono state omesse alcune scene, considerate troppo disturbanti per un pubblico generico, come il tentativo di stupro di Ran. Altre scene, come l'origine aliena di Ryu, sono state tolte per coerenza, trasformando il genere da fantascienza ad avventura. Benché autocensurata, la serie fu rivelatoria di tematiche inedite, diverse anche dai programmi dell'epoca, e rimane nei ricordi affettuosi di molti di noi.
La pubblicazione molto tardiva del manga (Dynit 2006) merita due parole di spiegazione. Il bambino offerto in sacrificio al mostro. Il fanciullo messianico che diventa capo di una tribù di neri. La civiltà umana che si sarebbe formata da una rappresentante celeste. Il bianco che si rivela più intelligente degli africani...questi particolari assomigliano al culto dei nazisti di Anhenerbe, secondo i quali esisterebbe un popolo di esseri umani perfetti da cui solo i tedeschi discenderebbero.
Anche se le citazioni di Ishinomori fossero intenzionali (e non è detto, perché questi elementi formano l'immaginario apolitico, o persino di sinistra, di molti autori) non significa che Ryu faccia apologia. Però nell'Italia degli anni settanta, sarebbe stato difficile farlo capire al pubblico in una eventuale pubblicazione a fumetti.
Più semplicemente, questi sviluppi sono trattati così senza alcuna volontà di replicare vecchi schemi gerarchici, ma semmai per metterne in evidenza l'assurdità.
Brava JPOP, allora, che nel 2019 ci "regala" la ristampa di Ryu in volume unico.