Recensione
Dareka no Manazashi
7.0/10
Recensione di Mirokusama
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Ci sono argomenti con cui Makoto Shinkai flirta con la stessa facilità con cui si respira, l’amore che vive di contrasti, senza dubbio a guardare i suoi lungometraggi, ma anche i legami familiari, la malinconia che avvolge le nostre vite e i gatti, animali coi quali direi che ha un rapporto abbastanza privilegiato. Tutti questi ingredienti si ritrovano in “Dareka no Manazashi” (lett. “Lo sguardo di qualcuno”), corto del 2013 da lui diretto e sceneggiato.
In questo corto, ambientato in un prossimo futuro non meglio precisato, conosciamo Aya, giovane ragazza che fatica cercando di farsi strada nel mondo del lavoro, il padre di lei, che quella strada l’ha già percorsa, e la piccola Mii, la gatta di famiglia piccola di dimensioni sì ma comunque ormai molto anziana e prossima purtroppo all’estremo saluto. È proprio la sua voce a fare da narrazione agli eventi presentandoci i protagonisti, e la sua annunciata morte rappresenta l’evento chiave che scalfisce i preconcetti di un legame ormai logoro tra padre e figlia, dovuto soprattutto a banali incomprensioni figlie della naturale differenza di vedute sulla vita che passano dall’infanzia all’adolescenza e fino all’età adulta, permettendo ai due di riavvicinarsi per (ri)scoprire gli aspetti positivi che ha rappresentato la presenza di ognuno nella vita dell’altro, e che potrà rappresentare di conseguenza ancora in futuro.
Attenzione: questa parte contiene spoiler
C’è molta malinconia in questo corto che in fondo riunisce un padre e una figlia sullo sfondo di un evento luttuoso, ma si avverte anche la voglia di trasmettere quanto sia stato bello che Mii sia stata presente lì con loro nei momenti più tristi come in quelli più felici, così come la gratitudine che la stessa gatta prova nei confronti dei suoi compagni di vita umani che ha conosciuto sin da piccolissima. Proprio in virtù di questo grande legame tra i personaggi presentati, trasmesso egregiamente in neanche cinque minuti di girato alla fine, ho trovato francamente che il finale, dove viene adottata una nuova gattina in famiglia, stonasse un po’ con quanto visto in precedenza; posso capire l’esigenza di chiudere con un evento positivo e anche la necessità di come sia importante andare avanti e cercare di superare i momenti più duri che la vita ci propone, ma magari sarebbe stato meglio farlo in un ipotetico sequel di questo cortometraggio piuttosto che immediatamente dopo la morte di Mii, che mi è sembrata in questo modo troppo bistrattata e accantonata come se fosse facile e indolore sostituirla.
Fine parte contenente spoiler
Non posso certo lamentarmi, invece, sul comparto tecnico del corto, prodotto da quella Comix Wave Film che da lì a poco si apprestava a produrre i film più importanti e celebrati del regista giapponese, e che in “Dareka no Manazashi” ha impiegato la stessa cura nel design delle ambientazioni, dei personaggi e delle semplici animazioni presenti, più che promossa anche la musica che aiuta a immergersi nella cornice malinconica del corto e il doppiaggio originale.
Non ho altro da aggiungere al riguardo di questo lavoro, del resto per un’opera corta ci vuole una recensione corta diceva un uomo saggio, armato di pennello, ma ciò non toglie che la bellezza intrinseca di questa produzione può trasparire al di là del numero di parole con cui la si prova a descrivere, siano esse mille o ventidue, e vista anche l’esigua durata merita certamente almeno uno sguardo, nonostante quella chiosa finale precedentemente accennata che, nella sua accezione positiva, lascia comunque un po’ di amaro in bocca, altra tradizione e trait d’union di molti lavori dello Shinkai della prima maniera.
In questo corto, ambientato in un prossimo futuro non meglio precisato, conosciamo Aya, giovane ragazza che fatica cercando di farsi strada nel mondo del lavoro, il padre di lei, che quella strada l’ha già percorsa, e la piccola Mii, la gatta di famiglia piccola di dimensioni sì ma comunque ormai molto anziana e prossima purtroppo all’estremo saluto. È proprio la sua voce a fare da narrazione agli eventi presentandoci i protagonisti, e la sua annunciata morte rappresenta l’evento chiave che scalfisce i preconcetti di un legame ormai logoro tra padre e figlia, dovuto soprattutto a banali incomprensioni figlie della naturale differenza di vedute sulla vita che passano dall’infanzia all’adolescenza e fino all’età adulta, permettendo ai due di riavvicinarsi per (ri)scoprire gli aspetti positivi che ha rappresentato la presenza di ognuno nella vita dell’altro, e che potrà rappresentare di conseguenza ancora in futuro.
Attenzione: questa parte contiene spoiler
C’è molta malinconia in questo corto che in fondo riunisce un padre e una figlia sullo sfondo di un evento luttuoso, ma si avverte anche la voglia di trasmettere quanto sia stato bello che Mii sia stata presente lì con loro nei momenti più tristi come in quelli più felici, così come la gratitudine che la stessa gatta prova nei confronti dei suoi compagni di vita umani che ha conosciuto sin da piccolissima. Proprio in virtù di questo grande legame tra i personaggi presentati, trasmesso egregiamente in neanche cinque minuti di girato alla fine, ho trovato francamente che il finale, dove viene adottata una nuova gattina in famiglia, stonasse un po’ con quanto visto in precedenza; posso capire l’esigenza di chiudere con un evento positivo e anche la necessità di come sia importante andare avanti e cercare di superare i momenti più duri che la vita ci propone, ma magari sarebbe stato meglio farlo in un ipotetico sequel di questo cortometraggio piuttosto che immediatamente dopo la morte di Mii, che mi è sembrata in questo modo troppo bistrattata e accantonata come se fosse facile e indolore sostituirla.
Fine parte contenente spoiler
Non posso certo lamentarmi, invece, sul comparto tecnico del corto, prodotto da quella Comix Wave Film che da lì a poco si apprestava a produrre i film più importanti e celebrati del regista giapponese, e che in “Dareka no Manazashi” ha impiegato la stessa cura nel design delle ambientazioni, dei personaggi e delle semplici animazioni presenti, più che promossa anche la musica che aiuta a immergersi nella cornice malinconica del corto e il doppiaggio originale.
Non ho altro da aggiungere al riguardo di questo lavoro, del resto per un’opera corta ci vuole una recensione corta diceva un uomo saggio, armato di pennello, ma ciò non toglie che la bellezza intrinseca di questa produzione può trasparire al di là del numero di parole con cui la si prova a descrivere, siano esse mille o ventidue, e vista anche l’esigua durata merita certamente almeno uno sguardo, nonostante quella chiosa finale precedentemente accennata che, nella sua accezione positiva, lascia comunque un po’ di amaro in bocca, altra tradizione e trait d’union di molti lavori dello Shinkai della prima maniera.