Recensione
Kafka - Classics in Comics
7.0/10
Recensione di DarkSoulRead
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Dopo aver attinto al simbolismo kafkiano per tutta la loro produzione, i fratelli Nishioka dedicano all’autore boemo un’intera raccolta antologica: “Kafka- Classic in Comics”, declinando a fumetti, con il loro classico e ricorsivo filtro autoriale, 9 racconti di una delle figure letterarie più rappresentative e seminali del secolo scorso.
I Nishioka Kyodai non si limitano a trasporre in manga la semantica di Kafka, piuttosto, attraverso un processo di metabolizzazione lungo anni di letture sedimentatesi inequivocabilmente nella loro forma espressiva, rivisitano gli scritti fornendo una loro visione d’insieme, ponendosi in perfetto equilibrio tra citazionismo e reinterpretazione.
Riletture che si notano già dal primissimo racconto, “il cruccio del padre di famiglia”, dove Odradek, un’essenza vaga, indefinita e “indefinibile”, citata anche da Hideo Kojima nel videogioco “Death Stranding”, è rappresentata con la forma di una stella a sei punte, diventando effige delle origini ebraiche di Kafka.
Il secondo racconto proposto è “La metamorfosi”, fiore all’occhiello della raccolta e probabilmente lo scritto più celebre di tutto il corpus opere kafkiano.
Una mattina Gregor Samsa si risveglia inspiegabilmente nel corpo di un orrido insetto. La madre, accorgendosi che il figlio sta tardando al lavoro, bussa alla sua porta chiedendogli spiegazioni in merito. Gregor cerca di tranquillizzarla, ma la sua voce è cambiata, e parlandole non fa altro che spaventarla. Quando anche l’amata sorella lo esorta ad aprire la porta chiusa a chiave e lui si rifiuta, la famiglia inizia a preoccuparsi sul serio.
“La sorella cominciò a suonare. Attratto dalla musica, Gregor si era fatto un po’ avanti e la testa era già nel salotto.
Non si chiese come mai, ultimamente, non si preoccupava più degli altri. Quello scrupolo di un tempo era un vanto. Proprio nel momento in cui si sarebbe dovuto nascondere. Nessuno si accorse di lui. La famiglia era assorta nell’ascolto.
La sorella stava suonando bene. Il viso un po’ inclinato, seguiva lo spartito con occhi tristi e attenti. Gregor si sporse un poco in avanti, teneva il viso radente al suolo cercando di incontrare lo sguardo di lei.
Era davvero una bestia se la musica lo affascinava cosi tanto?”
La porta della stanza di Gregor, con le ripetute inquadrature frontali che ne sottolineano l’inaccessibilità, diventa un confine insuperabile, un Altrove senza possibilità alcuna di ritorno alla normalità, una soglia socchiusa fuori dalla realtà che nasconde un gigantesco e al contempo invisibile buco nero al suo interno.
Kafka, finché in vita, aveva categoricamente rifiutato che il protagonista de “La metamorfosi” venisse rappresentato; per rispettare la volontà postuma dell’autore, e data la difficoltà insita nel realizzare un fumetto senza palesarne il personaggio principale, Satoshi Nishyoka ha dichiarato di essere incappato in diverse complicazioni durante il concepimento del racconto. A lavoro compiuto non poteva però che ritenersi estremante soddisfatto del risultato, che si dimostra uno dei racconti più adiacenti alla poetica kafkiana dell’intero volume.
Le critiche ad una società monopolizzata e soverchiata dal lavoro, sono uno dei principali sottotesti de “La metamorfosi” originale, tema riproposto dal duo Nishioka, anche se in chiave ancora più implicita. L’argomento emerge invece esplicitamente in “Un medico di campagna”, dove un medico, per adempiere ai suoi doveri di dottore, finisce col perdere tutto il resto, vestiti compresi, ritrovandosi completamente nudo nello stesso letto del suo paziente malato.
Nella raccolta non mancano sfumature favolistiche a stampo esopico, in cui gli animali rivestono un ruolo di rilievo nell’interpretazione allegorica delle vicende.
Il leitmotiv del volume è però la fame; d’altronde Kafka, noto buongustaio, morì deperito dopo che la tubercolosi gli tolse l’appetito.
La dicotomia tra natura e cibo viene evidenziata nel racconto “Sciacalli e arabi”, o ancora ne “L’avvoltoio”, per esplodere parossisticamente ne “Un digiunatore”, in cui un uomo fa del digiuno una professione ed una forma d’arte, confessando come tale vocazione sia nata dal fatto di non aver mai trovato un alimento che lo soddisfacesse.
Anche ne “La metamorfosi” abbiamo la proposizione di questo tema: Gregor, dopo giorni di digiuno che lo debilitano, viene ucciso dal lancio di una mela da parte di suo padre, un alimento appunto, che introduce lapalissianamente il fil rouge del fumetto.
“Ebbe la sensazione che gli fosse indicata una via verso un cibo desiderato in segreto e sconosciuto”.
I disegni di Chiaki Nishioka danno continuità al percorso stilistico intrapreso dall’autrice nelle opere precedenti. I personaggi, dai colli oblunghi e dalle somatiche modiglianesche, vengono immersi in un universo di simboli astratti e figure geometriche che originano scenari surrealisti e per nulla conformi al panorama fumettistico giapponese.
“Kafka-Classic in Comics” è una sinossi esegetica, che rilegge con voce rotta e graffiata la simbologia kafkiana, collocandola in un horror vacui a metà tra Tarkovskij e Buñuel, in cui riemergono quelle atmosfere soffocanti e opprimenti delle strutture nascoste disinteressate alle apparenze, tanto care all’autore boemo.
Un deliquio che si trasforma in presa di coscienza, come dimostrano “Il cavaliere del secchio” e il paradigmatico capitolo di chiusura “Nella colonia penale”.
“Finito il carbone, vuoto il secchio, la pala è ormai ingombrante e inutile, la stufa emana freddo, la stanza è gonfia di gelo; fuori dalla finestra, gli alberi rigidi nella brina. Il cielo uno scudo d’argento contro chi chiede aiuto”
I Nishioka Kyodai non si limitano a trasporre in manga la semantica di Kafka, piuttosto, attraverso un processo di metabolizzazione lungo anni di letture sedimentatesi inequivocabilmente nella loro forma espressiva, rivisitano gli scritti fornendo una loro visione d’insieme, ponendosi in perfetto equilibrio tra citazionismo e reinterpretazione.
Riletture che si notano già dal primissimo racconto, “il cruccio del padre di famiglia”, dove Odradek, un’essenza vaga, indefinita e “indefinibile”, citata anche da Hideo Kojima nel videogioco “Death Stranding”, è rappresentata con la forma di una stella a sei punte, diventando effige delle origini ebraiche di Kafka.
Il secondo racconto proposto è “La metamorfosi”, fiore all’occhiello della raccolta e probabilmente lo scritto più celebre di tutto il corpus opere kafkiano.
Una mattina Gregor Samsa si risveglia inspiegabilmente nel corpo di un orrido insetto. La madre, accorgendosi che il figlio sta tardando al lavoro, bussa alla sua porta chiedendogli spiegazioni in merito. Gregor cerca di tranquillizzarla, ma la sua voce è cambiata, e parlandole non fa altro che spaventarla. Quando anche l’amata sorella lo esorta ad aprire la porta chiusa a chiave e lui si rifiuta, la famiglia inizia a preoccuparsi sul serio.
“La sorella cominciò a suonare. Attratto dalla musica, Gregor si era fatto un po’ avanti e la testa era già nel salotto.
Non si chiese come mai, ultimamente, non si preoccupava più degli altri. Quello scrupolo di un tempo era un vanto. Proprio nel momento in cui si sarebbe dovuto nascondere. Nessuno si accorse di lui. La famiglia era assorta nell’ascolto.
La sorella stava suonando bene. Il viso un po’ inclinato, seguiva lo spartito con occhi tristi e attenti. Gregor si sporse un poco in avanti, teneva il viso radente al suolo cercando di incontrare lo sguardo di lei.
Era davvero una bestia se la musica lo affascinava cosi tanto?”
La porta della stanza di Gregor, con le ripetute inquadrature frontali che ne sottolineano l’inaccessibilità, diventa un confine insuperabile, un Altrove senza possibilità alcuna di ritorno alla normalità, una soglia socchiusa fuori dalla realtà che nasconde un gigantesco e al contempo invisibile buco nero al suo interno.
Kafka, finché in vita, aveva categoricamente rifiutato che il protagonista de “La metamorfosi” venisse rappresentato; per rispettare la volontà postuma dell’autore, e data la difficoltà insita nel realizzare un fumetto senza palesarne il personaggio principale, Satoshi Nishyoka ha dichiarato di essere incappato in diverse complicazioni durante il concepimento del racconto. A lavoro compiuto non poteva però che ritenersi estremante soddisfatto del risultato, che si dimostra uno dei racconti più adiacenti alla poetica kafkiana dell’intero volume.
Le critiche ad una società monopolizzata e soverchiata dal lavoro, sono uno dei principali sottotesti de “La metamorfosi” originale, tema riproposto dal duo Nishioka, anche se in chiave ancora più implicita. L’argomento emerge invece esplicitamente in “Un medico di campagna”, dove un medico, per adempiere ai suoi doveri di dottore, finisce col perdere tutto il resto, vestiti compresi, ritrovandosi completamente nudo nello stesso letto del suo paziente malato.
Nella raccolta non mancano sfumature favolistiche a stampo esopico, in cui gli animali rivestono un ruolo di rilievo nell’interpretazione allegorica delle vicende.
Il leitmotiv del volume è però la fame; d’altronde Kafka, noto buongustaio, morì deperito dopo che la tubercolosi gli tolse l’appetito.
La dicotomia tra natura e cibo viene evidenziata nel racconto “Sciacalli e arabi”, o ancora ne “L’avvoltoio”, per esplodere parossisticamente ne “Un digiunatore”, in cui un uomo fa del digiuno una professione ed una forma d’arte, confessando come tale vocazione sia nata dal fatto di non aver mai trovato un alimento che lo soddisfacesse.
Anche ne “La metamorfosi” abbiamo la proposizione di questo tema: Gregor, dopo giorni di digiuno che lo debilitano, viene ucciso dal lancio di una mela da parte di suo padre, un alimento appunto, che introduce lapalissianamente il fil rouge del fumetto.
“Ebbe la sensazione che gli fosse indicata una via verso un cibo desiderato in segreto e sconosciuto”.
I disegni di Chiaki Nishioka danno continuità al percorso stilistico intrapreso dall’autrice nelle opere precedenti. I personaggi, dai colli oblunghi e dalle somatiche modiglianesche, vengono immersi in un universo di simboli astratti e figure geometriche che originano scenari surrealisti e per nulla conformi al panorama fumettistico giapponese.
“Kafka-Classic in Comics” è una sinossi esegetica, che rilegge con voce rotta e graffiata la simbologia kafkiana, collocandola in un horror vacui a metà tra Tarkovskij e Buñuel, in cui riemergono quelle atmosfere soffocanti e opprimenti delle strutture nascoste disinteressate alle apparenze, tanto care all’autore boemo.
Un deliquio che si trasforma in presa di coscienza, come dimostrano “Il cavaliere del secchio” e il paradigmatico capitolo di chiusura “Nella colonia penale”.
“Finito il carbone, vuoto il secchio, la pala è ormai ingombrante e inutile, la stufa emana freddo, la stanza è gonfia di gelo; fuori dalla finestra, gli alberi rigidi nella brina. Il cielo uno scudo d’argento contro chi chiede aiuto”