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Arrivato alla sesta serie, in cinquant'anni televisivi, quasi ininterrotti, di anime, Lupin III sfida, a Londra, un giovane Sherlock Holmes (praticamente la risposta nipponica ai recenti serial TV anglo-americani "Sherlock" ed "Elementary", perché il detective, pure qui, è effettivamente una versione moderna dello stesso personaggio di Sir Arthur Conan Doyle), e poi rivolge le sue attenzioni verso la misteriosa e perfida "maestra Tomoe", legata alla sua infanzia (decisamente più riuscita di Sherlock Holmes, anche se rischia di essere dimenticata presto, a causa delle sue contorte macchinazioni). Si presentano le due storie principali come se fossero dei film, o degli special TV a puntate (un po' come si faceva già nelle altre serie del 2015 e 2018), peccato che vengono interrotte, pure qui, da episodi autoconclusivi dalla qualità altalenante.
Sono lontani i tempi delle prime tre serie, con le storie semplici e verticali che hanno fatto la leggenda del "Lupin III" televisivo, perché, per quanto si cerchi qui la pulp fiction, essa non è mai troppo cattiva, inoltre, per quanto Fujiko abbia, come Jigen, dei discreti episodi personali ("Amiche", soprattutto), delude nei settori tradimento e nudo integrale, che qui non c'è mai. Il Lupin più allegro, "attizzato" e piccante è quasi del tutto assente, c'è solo quello romantico, e ciò non è sempre un pregio. L'ispettore Zenigata, però, è reso bene e seriamente, peccato venga usato meno di quanto si meriti, mentre Goemon il samurai fa solo da tappezzeria, avendo anche l'episodio meno riuscito del pacchetto. Non male la piccola Lili, figlia del dottor Watson, gli abili assistenti di Zenigata e la fioraia, che Lupin salva durante un furto andato a vuoto. L'episodio di addio al doppiatore giapponese di Jigen, che apre la serie, è un prologo che noi Italiani sentiamo poco, visto che Alessandro d'Errico è già da tempo la nuova voce del pistolero.

Tirando le somme, la serie è abbastanza vivace da meritarsi una sufficienza piena, nonostante le nuove voci italiane di Lupin, Fujiko, Goemon e Zenigata (davvero un passo falso). Sono state evitate, però, altre sigle italiane, da parte di Mediaset (che non avevano più senso da "L’incorreggibile Lupin", del 1987), e mantenute quelle originali.