Recensione
Perfect Blue
8.5/10
Dopo “Paranoia Agent”, “Tokyo Godfathers” e “Paprika” sono finalmente riuscito a vedere “Perfect Blue” di Satoshi Kon, e devo ammettere che è diventata la mia opera preferita dell’autore. Rispetto a “Paranoia Agent” e “Paprika” credo che quest’opera si ritrova nel mondo del possibile e credo che (se viene bene) un’opera realistica supera un’opera fantastica.
Eppure i temi sviluppati da Satoshi Kon qui hanno molto in comune con le sue opere fantastiche.
In primis il tema della lotta fra realtà e fantasia, fra malattia immaginaria e sanità di mente.
Mima è un’artista spinta ad uscire dal mondo bambinesco delle idol dal suo manager, perché aveva un successo limitato; il suo gruppo, le Cham, dopo che lei se ne va, riesce ad entrare in top 100.
Entrata nel mondo delle attrici, si trova a girare scene ad alto contenuto erotico e inoltre fa foto osé.
L’opera in cui recita racconta di una ragazza che soffre di disturbi della personalità, ma anche lei nella realtà, causa l’alta pressione, si trova nello stesso stato: iniziamo a non capire più dove è finzione e dove è realtà, ma iniziano ad esserci anche efferati omicidi: è lei? È un fan deluso? E il suo blog è stato hackerato o è lei che scrive quelle cose?
Alla fine avremo un risultato buonista: i dubbi di una bambina/idol si fanno da parte e lei diventa un’attrice di successo, nonostante... e qui non ve lo voglio dire, perché in un thriller è bene non raccontare la soluzione degli omicidi.
Quel che è certo è che questo film aveva un basso budget, in quanto Kon era alle prime armi come regista, aveva solo l’esperienza di disegnatore di medio successo e il sostegno di Otomo. Insomma, questo doveva essere l’equivalente di un B-movie, ma come ogni prodotto innovativo veramente ha dimostrato l’abilità di chi ci lavorava e ha portato un ritorno a chi ci ha creduto.
Insomma, non immune da difetti, è comunque una grande opera.
Eppure i temi sviluppati da Satoshi Kon qui hanno molto in comune con le sue opere fantastiche.
In primis il tema della lotta fra realtà e fantasia, fra malattia immaginaria e sanità di mente.
Mima è un’artista spinta ad uscire dal mondo bambinesco delle idol dal suo manager, perché aveva un successo limitato; il suo gruppo, le Cham, dopo che lei se ne va, riesce ad entrare in top 100.
Entrata nel mondo delle attrici, si trova a girare scene ad alto contenuto erotico e inoltre fa foto osé.
L’opera in cui recita racconta di una ragazza che soffre di disturbi della personalità, ma anche lei nella realtà, causa l’alta pressione, si trova nello stesso stato: iniziamo a non capire più dove è finzione e dove è realtà, ma iniziano ad esserci anche efferati omicidi: è lei? È un fan deluso? E il suo blog è stato hackerato o è lei che scrive quelle cose?
Alla fine avremo un risultato buonista: i dubbi di una bambina/idol si fanno da parte e lei diventa un’attrice di successo, nonostante... e qui non ve lo voglio dire, perché in un thriller è bene non raccontare la soluzione degli omicidi.
Quel che è certo è che questo film aveva un basso budget, in quanto Kon era alle prime armi come regista, aveva solo l’esperienza di disegnatore di medio successo e il sostegno di Otomo. Insomma, questo doveva essere l’equivalente di un B-movie, ma come ogni prodotto innovativo veramente ha dimostrato l’abilità di chi ci lavorava e ha portato un ritorno a chi ci ha creduto.
Insomma, non immune da difetti, è comunque una grande opera.