Recensione
Lo yatagarasu è un yokai della tradizione giapponese: si tratta di un corvo a tre zampe.
La storia in esame racconta del loro regno segreto, in cui essi vivono in forma antropomorfa di esseri umani e in cui i nobili non si trasformano mai in corvi, mentre i poveri sono costretti a vendersi e diventare cavalli, ossia corvi a cui viene sigillata la terza zampa, e vivono facendo lavori di soma. Fra questi due estremi ci sono le persone comuni, che a seconda delle necessità si trasformano nell’una o nell’altra forma.
Il protagonista principale è Yukiya, un giovane nobile del Nord, a cui si riferisce il titolo: un corvo che non è libero di scegliersi il padrone che vuole; l’altro personaggio è il giovane principe, il Kin’u.
Accanto a loro ci sono decine di personaggi che si muovono tra la corte (dov’è ambientata la prima parte) e i bassifondi (location della seconda parte). Avremo quindi due saghe: la saga delle principesse, con congiure di vario tipo, e la saga delle scimmie cannibali, dove troveremo fiumi di sangue...
Detto questo, capirete perché sono stato stupito quando ho scoperto che dietro c’era lo studio Pierrot, che per me è lo studio delle maghette, di “Lamù” o al limite di commedie romantiche come “Orange Road”. O meglio, a cui mi riporta subito la memoria, perché è anche lo studio di serie robotiche come “Sceriffi delle stelle” o di battle shonen come “Yu Yu Hakusho”, “Naruto” o “Bleach”, o quello che ha animato il bellissimo “Sayuki - La leggenda del demone dell’illusione”. Insomma, è uno studio che ha lavorato in molteplici campi della narrazione nei suoi quarantacinque anni. Quindi è uno studio che ha mezzi finanziari e artisti di grande calibro al suo attivo. Qui ha fatto un buon lavoro, sebbene nessun grande nome si sia occupato di questa serie, forse impegnati in “Kingdom 5”. Eppure le animazioni sono buone, le musiche belle e la trama interessante, sia pure con momenti in cui le cose vengono forzate per avere una logica.
Mi è piaciuta la prima parte, in cui si parla di politica all’interno e all’esterno della reggia imperiale, la seconda parte mi è piaciuta di più, col ritmo più incalzante degli eventi e una buona dose di azione.
Ammetto che inizialmente credevo che la storia sarebbe finita con il ventesimo episodio, ma ci sono stati talmente tanti sviluppi, che la fine a quell’episodio avrebbe lasciato la serie monca, dunque mi aspetto a questo punto un seguito.
Un appunto, avevo letto un articolo o una recensione in cui si parlava della cortigiana del corvo come personaggio fondamentale: l’ho associato (andando a ritroso con la memoria) a quest’opera, ma qui si cita tale personaggio, ma è solo uno di contorno.
Se volete immergervi in un seinen pseudo-storico (scoprirete perché dico così nell’ultimo episodio), questo fa per voi.
Voto? Otto.
La storia in esame racconta del loro regno segreto, in cui essi vivono in forma antropomorfa di esseri umani e in cui i nobili non si trasformano mai in corvi, mentre i poveri sono costretti a vendersi e diventare cavalli, ossia corvi a cui viene sigillata la terza zampa, e vivono facendo lavori di soma. Fra questi due estremi ci sono le persone comuni, che a seconda delle necessità si trasformano nell’una o nell’altra forma.
Il protagonista principale è Yukiya, un giovane nobile del Nord, a cui si riferisce il titolo: un corvo che non è libero di scegliersi il padrone che vuole; l’altro personaggio è il giovane principe, il Kin’u.
Accanto a loro ci sono decine di personaggi che si muovono tra la corte (dov’è ambientata la prima parte) e i bassifondi (location della seconda parte). Avremo quindi due saghe: la saga delle principesse, con congiure di vario tipo, e la saga delle scimmie cannibali, dove troveremo fiumi di sangue...
Detto questo, capirete perché sono stato stupito quando ho scoperto che dietro c’era lo studio Pierrot, che per me è lo studio delle maghette, di “Lamù” o al limite di commedie romantiche come “Orange Road”. O meglio, a cui mi riporta subito la memoria, perché è anche lo studio di serie robotiche come “Sceriffi delle stelle” o di battle shonen come “Yu Yu Hakusho”, “Naruto” o “Bleach”, o quello che ha animato il bellissimo “Sayuki - La leggenda del demone dell’illusione”. Insomma, è uno studio che ha lavorato in molteplici campi della narrazione nei suoi quarantacinque anni. Quindi è uno studio che ha mezzi finanziari e artisti di grande calibro al suo attivo. Qui ha fatto un buon lavoro, sebbene nessun grande nome si sia occupato di questa serie, forse impegnati in “Kingdom 5”. Eppure le animazioni sono buone, le musiche belle e la trama interessante, sia pure con momenti in cui le cose vengono forzate per avere una logica.
Mi è piaciuta la prima parte, in cui si parla di politica all’interno e all’esterno della reggia imperiale, la seconda parte mi è piaciuta di più, col ritmo più incalzante degli eventi e una buona dose di azione.
Ammetto che inizialmente credevo che la storia sarebbe finita con il ventesimo episodio, ma ci sono stati talmente tanti sviluppi, che la fine a quell’episodio avrebbe lasciato la serie monca, dunque mi aspetto a questo punto un seguito.
Un appunto, avevo letto un articolo o una recensione in cui si parlava della cortigiana del corvo come personaggio fondamentale: l’ho associato (andando a ritroso con la memoria) a quest’opera, ma qui si cita tale personaggio, ma è solo uno di contorno.
Se volete immergervi in un seinen pseudo-storico (scoprirete perché dico così nell’ultimo episodio), questo fa per voi.
Voto? Otto.