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8.0/10
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“Quando la provocazione è fatta bene, arriva fino al limite ma non lo travalica.” (P. Chiambretti)

Quando ho iniziato a sentire l'opening "Otonoke" dei Creepy Nuts ho capito che "Dan da dan" sarebbe stata una di quelle serie che avrei potuto droppare subito, fin dalla sigla di apertura, oppure che avrei continuato a vedere fino alla fine, per verificare fino a dove si sarebbe spinta nella sua originale e surreale "follia".
Se sono qui a scrivere una recensione di quello che ho visto al termine del primo cour di 12 episodi, si potrebbe intuire che l'opera tutto sommato mi è piaciuta tra alti e bassi: non avevo letto nessun commento nè conoscevo il manga di Yukinobu Tatsu (alla sua prima vera opera di grande successo) e mi sono immerso nella visione completamente scevro da qualsiasi (pre)giudizio altrui.

Superato il primo momento di smarrimento iniziale (premetto che ho visto anche alcuni anime "surreali" sebbene non siano il mio genere preferito), sono arrivato fino al termine della prima serie (sor)ridendo del coraggio con cui l'anime osa e provoca facendo dell'imprevedibilità (solo sotto certi aspetti) il suo tantra senza mezze misure, utilizzando la demenzialità come strumento per giocare a raccontare una storia soprannaturale e prendendosi gioco di cliché e stereotipi tipici di vari generi per regalare allo spettatore dei momenti di puro svago, ovviamente per chi li saprà apprezzare, e qualche spunto di riflessione, ma senza necessariamente prendersi per forza sul serio.

Scritta la premessa, "Dan da dan" è difficile da inquadrare in uno specifico genere e tale aspetto rappresenta proprio il suo punto di forza. Senza aver la presunzione di rivelare una verità incontrovertibile, questi primi 12 episodi si possono inquadrare in una sorta di storia comico-paranormale in cui due studenti delle superiori, il classico impacciato otaku Ken Takakura e la apparente spigliata e popolare Momo Ayase, scoprono per puro caso (e scommessa...) di essere una sorta di cultori di tutto ciò che afferisce all'occulto e "scoprono" che esistono yokai e alieni, questi ultimi con particolari predilizioni verso gli organi sessuali umani.

I due protagonisti iniziano un percorso in cui combatteranno anche furiosamente contro di tutto e scopriranno man mano che, parallelamente all'acquisizione di consapevolezza e padronanza dei loro poteri (aspetto un po' tipico dei c.d. "battle shonen"), si sviluppa anche una certa "chimica" tra i due protagonisti che sembra un po' un deja vu delle classiche rom-com ad ambientazione scolastica (con tanto di introduzione del c.d. "terzo incomodo" - alludo al classico amico di infanzia) che conferisce alla serie quel minimo di realismo umano (e confort zone per lo spettatore...) in mezzo ad una serie di accadimenti molto spesso folli e surreali di cui si stenta a comprenderne il senso e che colpiscono molto più per la sopresa che suscitano piuttosto che per la logica degli eventi cui lo spettatore assiste (anche sgomento...) senza poter minimamente intuire dove la serie voglia andare a parare...

Evidenzio che qualcuno nella visione potrebbe infastidirsi per certe scene allusive, un po' ecchi e per il linguaggio con battute volgari e sproloqui. Francamente a me hanno fatto sorridere e non hanno arrecato particolare disturbo: la assurdità che vive Ken durante tutti gli episodi alla ricerca per recuperare i propri attributi a seguito della possessione subita dallo yokai Turbononna ha un che di esilarante in alcuni passaggi, tra i quali ricordo la scena in cui la conturbante nonna di Momo, Seiko Ayase, definibile giusto per restare sullo stile del linguaggio della serie, una gran "milfona" e con quel piglio da Clint Eastwood nei film "spaghetti western" (alludo allo sguardo, torvo ma al contempo anche affascinante, e alla immancabile sigaretta accesa in bocca), controlla l'inguine del povero ragazzo incapace di rendersi conto di ciò che stava vivendo.

Quindi in "Dan da dan" si ride non tanto e solo per "quello" che si vede ma per il "come" viene narrato con trovate e accostamenti completamente folli e demenziali corroborato anche da scelte stilistiche e rappresentative piuttosto psichedeliche e fantasiose soprattutto nei combattimenti e in certi frangenti "soprannaturali", tanto da ricordarmi per certi versi lo stile del regista fondatore dello Studio di produzione della serie, Science Saru, ossia Masaaki Yuasa (giusto per memoria tra le opere più celebri: "Mind Game", "The Tatami Galaxy"; "Ping pong the animation"; "Devilman Crybaby"; "Ride your vawe"). Science Saru che, attivo solo da 2017, ha già prodotto diverse opere di Yuasa e ora sta per mettere sul mercato l'ultima fatica di una delle mie registe preferite Naoko Yamada con il film di animazione "I colori dell'anima".

"Dan Da Dan" sembra aver fatto centro, al pari dell'opera cartacea di origine, proprio perché l'anime è riuscito nella difficile impresa di riprodurre piuttosto fedelmente lo stile folle e imprevedibile del manga. Le scene di azione sono al tempo stesso molto dinamiche, quasi travolgenti, grazie alla perizia dell'animazione e dei disegni dettagliati, piacevoli e caratterizzati da colori vivaci e saturi.
Se la trama fa dell'imprevedibilità il suo leit motiv, la realizzazione tecnica (in cui includo anche il comparto musicale con l'opening fuori di testa dei Creepy Nuts) riesce a renderla al meglio. Forse tale fantasia surreale potrebbe rappresentare per alcuni un eccesso di creatività e virtuosismo, ma ripesando ad alcune opere di Yuasa citate in precedenza, "Dan da dan" si inserisce in quel tipo di filone di opere, una sorta di "flipper" delle immagini che è il c.d. marchio di fabbrica del fondatore dello Studio.

Pertanto, se si fosse patiti di storie sull’occulto, spiriti, entità ultraterrene e alieni bizzarri, credo che questo primo cour della serie non possa non piacere, tanto più che riesce a mixare in una sorta di "meltin' pot" un po' di tutto, inclusa la parte romance con i due giovani protagonisti e anche alcune citazioni ad altre opere ("Slam dunk") o ad attori reali (rimando all'articolo comparso su AC tempo fa: https://www.animeclick.it/news/105580-dandadan-spiegata-la-citazione-a-hiroshi-abe-nellepisodio-10) in un modo tanto originale quanto anche poco lineare e troppo imprevedibile ed estremizzato. Insomma, piacevole ma probabilmente non per tutti.