Recensione
Past Lives
9.0/10
"Past Lives" è un film del 2023 che è arrivato nelle sale cinematografiche italiane nel 2024, di produzione internazionale, nasce dalla collaborazione tra Stati Uniti e Corea.
Il film si apre con una scena ben precisa: vediamo tre persone sedute in un locale, una donna asiatica insieme a due uomini, uno asiatico e uno caucasico.
Lo spettatore osserva la scena come se anche lui fosse nello stesso luogo, come ad un tavolo dello stesso locale, insieme alle stesse voci fuori campo, provando a indovinare qual è la relazione fra loro tre: se la donna è sposata con l’uomo asiatico, se invece è sua sorella o se altro.
Tutto questo fino a quando la protagonista non gira lo sguardo verso la telecamera e quindi verso di noi. Da lì partirà un flashback che ci racconterà la sua storia.
Questa scena è molto importante perché è ciò che è successo davvero alla regista e sceneggiatrice Cecile Song e che ha dato lo spunto per raccontare questa storia. Lei, infatti, si è ritrovata davvero a bere con due uomini importanti della sua vita, due uomini che l’amavano e che le parlavano in lingue differenti. E lei si è sempre chiesta come venisse vista dal di fuori questa scena.
Il film si divide in tre archi narrativi, uno a dodici anni di distanza dall’altro.
Tutto inizia in Corea, quando Na-young e Hae-sung sono solo ragazzini. Sanno già che lei si dovrà trasferire in America e sembra entusiasta per la nuova avventura, ma dispiaciuta solo per un fatto, ovvero che dovrà lasciare Hae-sung, suo migliore amico e primo amore.
La storia prosegue dodici anni dopo, quando Nora (nome occidentale di Na-young) abita a New York e Hae-sung in Corea, per finire con entrambi a New York, con un altro salto temporale di dodici anni.
La parola chiave di questo film è “in-yun” termine coreano più volte rammentato all’interno della pellicola che sta ad indicare il destino, qualcosa che è predestinato a succedere. Anche quando due persone passano per strada e si sfiorano è uno strato di "in-Yun" e due innamorati si sposeranno solo quando si saranno raggiunti gli 8000 strati di in-yun.
La storia d’amore, tuttavia, non è melensa come ci si potrebbe aspettare: il film risulta essere molto romantico, ma non scade mai nello smielato. Le scene clou, anzi, sono molto pacate e guidate, non da forti sentimentalismi, ma da sguardi significativi incorniciati con una fotografia perfetta e accompagnati da poche parole.
Gli sguardi fra i due attori sono uno dei fattori che rimangono più impressi e che raccontano tanto senza dire niente.
Sublime e indimenticabile, per me, è stato l’addio che i due protagonisti si scambiano da ragazzini: una strada unica in salita che si dirama poi in due vie, e ognuno di loro prende un percorso diverso. Niente lacrime e niente promesse, solo Hae-sung che chiama Na-young con il suo nome coreano, uno sguardo sincero e un semplice “ciao”.
Questa è una delle scene che ritornerà alla fine del film: perché, in "Past Lives", tutto torna e tutto ha un senso. Ogni atto importante lo rivedremo come un cerchio che fa il suo corso e si chiude.
Alla fine ritroveremo anche la parte iniziale, solo che questa volta la vivremo insieme ai protagonisti e sentiremo quello di cui stanno parlando, inoltre, non dovremo più tirare ad indovinare per sapere il rapporto che hanno fra di loro queste tre persone.
La trama, però, non è solo una semplice storia d’amore. Il film può avere anche una visione più profonda che riguarda l’identità culturale. Perché, se come dice la madre di Nora “si perde qualcosa, ma si guadagna anche qualcosa”, quando la famiglia della protagonista si trasferisce, quello che si lascia alle spalle Na-young è il suo essere “coreana”. Hae-sung forse è l’unico filo che la collega ancora alla sua patria che sente così distante, anche nelle idee. Sarà lei stessa a dire che il suo migliore amico sembra proprio coreano-coreano, non solo nel vestire e nel modo di essere, ma anche nei pensieri. Dopotutto, non è come gli amici coreani che Nora conosce e che vivono a New York.
Il film si prende i suoi tempi per spiegare e affrontare tutto questo con un ritmo pacato e delicato. I toni sono maturi e fortemente realistici, tanto da scaldare il cuore e allo stesso tempo essere straziante.
Il film si apre con una scena ben precisa: vediamo tre persone sedute in un locale, una donna asiatica insieme a due uomini, uno asiatico e uno caucasico.
Lo spettatore osserva la scena come se anche lui fosse nello stesso luogo, come ad un tavolo dello stesso locale, insieme alle stesse voci fuori campo, provando a indovinare qual è la relazione fra loro tre: se la donna è sposata con l’uomo asiatico, se invece è sua sorella o se altro.
Tutto questo fino a quando la protagonista non gira lo sguardo verso la telecamera e quindi verso di noi. Da lì partirà un flashback che ci racconterà la sua storia.
Questa scena è molto importante perché è ciò che è successo davvero alla regista e sceneggiatrice Cecile Song e che ha dato lo spunto per raccontare questa storia. Lei, infatti, si è ritrovata davvero a bere con due uomini importanti della sua vita, due uomini che l’amavano e che le parlavano in lingue differenti. E lei si è sempre chiesta come venisse vista dal di fuori questa scena.
Il film si divide in tre archi narrativi, uno a dodici anni di distanza dall’altro.
Tutto inizia in Corea, quando Na-young e Hae-sung sono solo ragazzini. Sanno già che lei si dovrà trasferire in America e sembra entusiasta per la nuova avventura, ma dispiaciuta solo per un fatto, ovvero che dovrà lasciare Hae-sung, suo migliore amico e primo amore.
La storia prosegue dodici anni dopo, quando Nora (nome occidentale di Na-young) abita a New York e Hae-sung in Corea, per finire con entrambi a New York, con un altro salto temporale di dodici anni.
La parola chiave di questo film è “in-yun” termine coreano più volte rammentato all’interno della pellicola che sta ad indicare il destino, qualcosa che è predestinato a succedere. Anche quando due persone passano per strada e si sfiorano è uno strato di "in-Yun" e due innamorati si sposeranno solo quando si saranno raggiunti gli 8000 strati di in-yun.
La storia d’amore, tuttavia, non è melensa come ci si potrebbe aspettare: il film risulta essere molto romantico, ma non scade mai nello smielato. Le scene clou, anzi, sono molto pacate e guidate, non da forti sentimentalismi, ma da sguardi significativi incorniciati con una fotografia perfetta e accompagnati da poche parole.
Gli sguardi fra i due attori sono uno dei fattori che rimangono più impressi e che raccontano tanto senza dire niente.
Sublime e indimenticabile, per me, è stato l’addio che i due protagonisti si scambiano da ragazzini: una strada unica in salita che si dirama poi in due vie, e ognuno di loro prende un percorso diverso. Niente lacrime e niente promesse, solo Hae-sung che chiama Na-young con il suo nome coreano, uno sguardo sincero e un semplice “ciao”.
Questa è una delle scene che ritornerà alla fine del film: perché, in "Past Lives", tutto torna e tutto ha un senso. Ogni atto importante lo rivedremo come un cerchio che fa il suo corso e si chiude.
Alla fine ritroveremo anche la parte iniziale, solo che questa volta la vivremo insieme ai protagonisti e sentiremo quello di cui stanno parlando, inoltre, non dovremo più tirare ad indovinare per sapere il rapporto che hanno fra di loro queste tre persone.
La trama, però, non è solo una semplice storia d’amore. Il film può avere anche una visione più profonda che riguarda l’identità culturale. Perché, se come dice la madre di Nora “si perde qualcosa, ma si guadagna anche qualcosa”, quando la famiglia della protagonista si trasferisce, quello che si lascia alle spalle Na-young è il suo essere “coreana”. Hae-sung forse è l’unico filo che la collega ancora alla sua patria che sente così distante, anche nelle idee. Sarà lei stessa a dire che il suo migliore amico sembra proprio coreano-coreano, non solo nel vestire e nel modo di essere, ma anche nei pensieri. Dopotutto, non è come gli amici coreani che Nora conosce e che vivono a New York.
Il film si prende i suoi tempi per spiegare e affrontare tutto questo con un ritmo pacato e delicato. I toni sono maturi e fortemente realistici, tanto da scaldare il cuore e allo stesso tempo essere straziante.