Recensione
Il lungo viaggio di Porfi
7.0/10
La famiglia e la felicità sono cose preziose e non bisogna mai darle per scontate, perché potrebbero sparire improvvisamente.
Per la prima volta da quando bazzico qui sul sito, mi sono imbattuto in un anime i cui episodi erano, fino a poco più di un mese fa, periodo in cui ne ho iniziato la visione, privi di valutazione, nonostante le due recensioni che gli sono state dedicate. Questo, unito alla speranza di potermi trovare dinanzi a una piccola chicca sconosciuta ai più, almeno nel nostro Paese, mi ha spinto ad iniziare “Il lungo viaggio di Porfi”, al termine della cui visione mi sento di dire che le mie aspettative sono state in buona parte disattese.
“Il lungo viaggio di Porfi”, conosciuto nel Sol Levante con il titolo di “Porfy no Nagai Tabi”, è un anime giapponese composto da cinquantadue episodi e prodotto dalla Nippon Animation, trasmesso per la prima volta a partire dal gennaio 2008 sul network giapponese BS Fuji. La serie, che fa parte del progetto World Masterpiece Theater (Sekai Meisaku Gekijo), è un adattamento del romanzo per ragazzi “Les Orphelins de Simitra”, pubblicato nel 1955 dallo scrittore francese Paul-Jacques Bonzon e ambientato nella Grecia di fine anni '50 del Novecento. L'edizione italiana dell'anime, che riporta alcune censure, tra cui la rimozione dell'intero episodio 28 - disponibile sui siti di streaming quasi interamente in giapponese e senza sottotitoli -, è stata trasmessa dall’1 settembre 2010 sul canale Mediaset Hiro e in chiaro dal 14 aprile 2011 su Italia 1.
Porfirio Patagos, per gli amici Porfi, è un ragazzo greco di quasi tredici anni che vive da sempre assieme ai genitori e alla sorella minore Mina nel villaggio di Simitra, a qualche chilometro da Giannina. Porfi ha ereditato dal padre la passione per le auto, e spera un giorno di poter lavorare come addetto alla pompa di benzina nella piccola autofficina che il padre ha costruito nei pressi della loro casa. I sogni di Porfi improvvisamente vengono spazzati via da un forte terremoto che si abbatte su Simitra, causando la morte di entrambi i genitori. Porfi e Mina rimangono così soli al mondo, solitudine che diventa sostanziale quando la sorella, resa apatica dalla depressione per i terribili avvenimenti, un giorno scompare. Porfi è disperato, perché Mina è l'unica persona rimasta al mondo che conti veramente per lui, ma proprio per questo si fa forza e decide di intraprendere un lungo viaggio ricco di avventure, attraverso l'Italia e la Francia, alla ricerca della sorella. Le uniche tracce che ha di lei sono una fotografia che la ritrae, scattata qualche tempo prima, e il sogno di Mina di diventare una cantante, lei che ha sempre avuto la passione per lo spettacolo. Durante questo suo lungo viaggio, che dura ben cinque mesi, Porfi attraversa momenti difficili, vive avventure entusiasmanti e conosce tante persone, alcune solidali con lui, altre malvagie, e tutto questo, ovviamente, lo porta a maturare e a diventare un uomo.
A primo impatto, “Il lungo viaggio di Porfi” si propone agli occhi dello spettatore come anime d’altri tempi, nonostante sia stato prodotto una quindicina di anni fa, e questo è un fattore da intendere non per forza in senso positivo. Il riciclo delle animazioni è evidente e i disegni sono realizzati senza troppo impegno, il risultato è che sembra di assistere, per quel che riguarda il lato tecnico, a un anime degli anni ’70/’80. Ciononostante, posso ben immaginare che l’obiettivo originale fosse quello di realizzare una serie televisiva che avesse nella storia il proprio punto di forza, anche perché belle animazioni e disegni curati servono a poco, se manca il sostegno di una trama degna di questo nome. Quantomeno, però, il basso livello tecnico viene bilanciato da un ottimo comparto musicale, a cui si devono delle musiche che ho trovato incredibilmente affascinanti e suggestive, seppur non sempre usate in maniera appropriata.
A dare questa sensazione di anime d’altri tempi contribuisce anche la storia, che a tratti mi ha un po’ ricordato “Anna dai capelli rossi”, nonostante le assonanze tra le due serie televisive siano pochissime. I primi episodi, quelli che precedono la disgrazia del terremoto, sono ammantati da un’aria di familiarità che è sempre riuscita a mettermi il buon umore, tant’è che ritengo la prima parte dell’anime la mia preferita in assoluto. Consapevole forse del fatto che la serena vita familiare a casa Patagos non sarebbe durata, mi sono goduto appieno i momenti intimi trascorsi nell’accogliente focolare domestico e mi sono affezionato anche troppo a personaggi della cui presenza sapevo che non avrei goduto ancora per molto. Nei fatti, il terremoto, le cui conseguenze non vengono raccontate in toni esageratamente patetici - il che lo considero un pregio -, rappresenta l’autentico spartiacque della storia e sancisce l’inizio del lungo viaggio di Porfi, che dà il titolo all’anime.
Si dice addio a una persona per dare il benvenuto a qualcun altro. La nostra vita è fatta di incontri sempre nuovi.
Nel corso della sua personale odissea, Porfi fa tante conoscenze, strige amicizie e incontra persone diverse, ognuna delle quali racconta al ragazzo la propria storia e verso cui è molto difficile non provare empatia. Alcune di queste storie mi sono rimaste dentro, come quella indimenticabile e toccante di Marissa oppure la breve ma intensa parabola del cane Bernard. Come anticipato, molte delle persone che incontra si prodigano per lui e gli danno tutto l’aiuto possibile, mentre altre, invece, si dimostrano molto poco affabili oppure tradiscono la sua fiducia dopo avergli teso una mano tutt’altro che amica. La morale è che, ovunque si vada, ci incontrano persone sgarbate e odiose, come il proprietario del ristorante greco di stanza a Parigi, e altre gentili e affabili, come Rose, la ragazza che ospita Porfi a casa propria per diverso tempo in terra francese. Da questi incontri, il ragazzo impara tanto, soprattutto a non fidarsi sempre della gente, anche se in troppe circostanze è caduto vittima di quegli stessi banali errori in cui magari era già inciampato, dando, in questi momenti, l’impressione di non essere cambiato affatto. Ciononostante, alla fine del suo lungo viaggio, Porfi appare maturato e più consapevole di sé stesso rispetto a qualche tempo prima.
Dipendentemente dalle persone in cui si imbatte, il suo viaggio è costellato da eventi felici e altri tragici, alcuni dei quali mi hanno portato a sostenere che gli ideatori dell’anime si siano accaniti fin troppo sul giovane ragazzo, per quanto sia vero che le tragedie fortificano più di qualsiasi altra cosa. Come suggerisce il titolo, il viaggio di Porfi è veramente lungo e alcuni episodi sono effettivamente di troppo; nonostante ciò, devo ammettere che le situazioni che lo hanno visto coinvolto raramente le ho trovate ripetitive, fatta eccezione per un paio di espedienti narrativi riproposti più volte e che mi hanno fatto storcere il naso. Come protagonista, Porfi si difende abbastanza bene, anche se in troppe circostanze gli è mancato il polso che invece ha dimostrato di avere la sorella Mina, altra scelta comprensibile, ma non sempre condivisibile, dato che si parla di ragazzini di dodici e undici anni. Nessuno dei due protagonisti della storia, però, è riuscito a conquistare il mio cuore come Apollo, la civetta che accompagna i ragazzi dall’inizio delle vicende e diventa per Porfi un compagno di viaggio fedele e indispensabile, di grande sostegno dei momenti più difficili della sua esperienza, che si conclude proprio come era facilmente immaginabile, con il tanto agognato ritrovamento della sorella, che avrei gradito venisse proposto in una scena leggermente più struggente e toccante. Per fortuna, però, le emozioni vere l’anime me le ha fatte provare in altri frangenti, quelli che persisteranno nel mio cuore finché avrò la forza di ricordare.
Se vedi cose che non comprendi, non chiuderti a riccio, accetta chi ha idee diverse dalle tue.
Per la prima volta da quando bazzico qui sul sito, mi sono imbattuto in un anime i cui episodi erano, fino a poco più di un mese fa, periodo in cui ne ho iniziato la visione, privi di valutazione, nonostante le due recensioni che gli sono state dedicate. Questo, unito alla speranza di potermi trovare dinanzi a una piccola chicca sconosciuta ai più, almeno nel nostro Paese, mi ha spinto ad iniziare “Il lungo viaggio di Porfi”, al termine della cui visione mi sento di dire che le mie aspettative sono state in buona parte disattese.
“Il lungo viaggio di Porfi”, conosciuto nel Sol Levante con il titolo di “Porfy no Nagai Tabi”, è un anime giapponese composto da cinquantadue episodi e prodotto dalla Nippon Animation, trasmesso per la prima volta a partire dal gennaio 2008 sul network giapponese BS Fuji. La serie, che fa parte del progetto World Masterpiece Theater (Sekai Meisaku Gekijo), è un adattamento del romanzo per ragazzi “Les Orphelins de Simitra”, pubblicato nel 1955 dallo scrittore francese Paul-Jacques Bonzon e ambientato nella Grecia di fine anni '50 del Novecento. L'edizione italiana dell'anime, che riporta alcune censure, tra cui la rimozione dell'intero episodio 28 - disponibile sui siti di streaming quasi interamente in giapponese e senza sottotitoli -, è stata trasmessa dall’1 settembre 2010 sul canale Mediaset Hiro e in chiaro dal 14 aprile 2011 su Italia 1.
Porfirio Patagos, per gli amici Porfi, è un ragazzo greco di quasi tredici anni che vive da sempre assieme ai genitori e alla sorella minore Mina nel villaggio di Simitra, a qualche chilometro da Giannina. Porfi ha ereditato dal padre la passione per le auto, e spera un giorno di poter lavorare come addetto alla pompa di benzina nella piccola autofficina che il padre ha costruito nei pressi della loro casa. I sogni di Porfi improvvisamente vengono spazzati via da un forte terremoto che si abbatte su Simitra, causando la morte di entrambi i genitori. Porfi e Mina rimangono così soli al mondo, solitudine che diventa sostanziale quando la sorella, resa apatica dalla depressione per i terribili avvenimenti, un giorno scompare. Porfi è disperato, perché Mina è l'unica persona rimasta al mondo che conti veramente per lui, ma proprio per questo si fa forza e decide di intraprendere un lungo viaggio ricco di avventure, attraverso l'Italia e la Francia, alla ricerca della sorella. Le uniche tracce che ha di lei sono una fotografia che la ritrae, scattata qualche tempo prima, e il sogno di Mina di diventare una cantante, lei che ha sempre avuto la passione per lo spettacolo. Durante questo suo lungo viaggio, che dura ben cinque mesi, Porfi attraversa momenti difficili, vive avventure entusiasmanti e conosce tante persone, alcune solidali con lui, altre malvagie, e tutto questo, ovviamente, lo porta a maturare e a diventare un uomo.
A primo impatto, “Il lungo viaggio di Porfi” si propone agli occhi dello spettatore come anime d’altri tempi, nonostante sia stato prodotto una quindicina di anni fa, e questo è un fattore da intendere non per forza in senso positivo. Il riciclo delle animazioni è evidente e i disegni sono realizzati senza troppo impegno, il risultato è che sembra di assistere, per quel che riguarda il lato tecnico, a un anime degli anni ’70/’80. Ciononostante, posso ben immaginare che l’obiettivo originale fosse quello di realizzare una serie televisiva che avesse nella storia il proprio punto di forza, anche perché belle animazioni e disegni curati servono a poco, se manca il sostegno di una trama degna di questo nome. Quantomeno, però, il basso livello tecnico viene bilanciato da un ottimo comparto musicale, a cui si devono delle musiche che ho trovato incredibilmente affascinanti e suggestive, seppur non sempre usate in maniera appropriata.
A dare questa sensazione di anime d’altri tempi contribuisce anche la storia, che a tratti mi ha un po’ ricordato “Anna dai capelli rossi”, nonostante le assonanze tra le due serie televisive siano pochissime. I primi episodi, quelli che precedono la disgrazia del terremoto, sono ammantati da un’aria di familiarità che è sempre riuscita a mettermi il buon umore, tant’è che ritengo la prima parte dell’anime la mia preferita in assoluto. Consapevole forse del fatto che la serena vita familiare a casa Patagos non sarebbe durata, mi sono goduto appieno i momenti intimi trascorsi nell’accogliente focolare domestico e mi sono affezionato anche troppo a personaggi della cui presenza sapevo che non avrei goduto ancora per molto. Nei fatti, il terremoto, le cui conseguenze non vengono raccontate in toni esageratamente patetici - il che lo considero un pregio -, rappresenta l’autentico spartiacque della storia e sancisce l’inizio del lungo viaggio di Porfi, che dà il titolo all’anime.
Si dice addio a una persona per dare il benvenuto a qualcun altro. La nostra vita è fatta di incontri sempre nuovi.
Nel corso della sua personale odissea, Porfi fa tante conoscenze, strige amicizie e incontra persone diverse, ognuna delle quali racconta al ragazzo la propria storia e verso cui è molto difficile non provare empatia. Alcune di queste storie mi sono rimaste dentro, come quella indimenticabile e toccante di Marissa oppure la breve ma intensa parabola del cane Bernard. Come anticipato, molte delle persone che incontra si prodigano per lui e gli danno tutto l’aiuto possibile, mentre altre, invece, si dimostrano molto poco affabili oppure tradiscono la sua fiducia dopo avergli teso una mano tutt’altro che amica. La morale è che, ovunque si vada, ci incontrano persone sgarbate e odiose, come il proprietario del ristorante greco di stanza a Parigi, e altre gentili e affabili, come Rose, la ragazza che ospita Porfi a casa propria per diverso tempo in terra francese. Da questi incontri, il ragazzo impara tanto, soprattutto a non fidarsi sempre della gente, anche se in troppe circostanze è caduto vittima di quegli stessi banali errori in cui magari era già inciampato, dando, in questi momenti, l’impressione di non essere cambiato affatto. Ciononostante, alla fine del suo lungo viaggio, Porfi appare maturato e più consapevole di sé stesso rispetto a qualche tempo prima.
Dipendentemente dalle persone in cui si imbatte, il suo viaggio è costellato da eventi felici e altri tragici, alcuni dei quali mi hanno portato a sostenere che gli ideatori dell’anime si siano accaniti fin troppo sul giovane ragazzo, per quanto sia vero che le tragedie fortificano più di qualsiasi altra cosa. Come suggerisce il titolo, il viaggio di Porfi è veramente lungo e alcuni episodi sono effettivamente di troppo; nonostante ciò, devo ammettere che le situazioni che lo hanno visto coinvolto raramente le ho trovate ripetitive, fatta eccezione per un paio di espedienti narrativi riproposti più volte e che mi hanno fatto storcere il naso. Come protagonista, Porfi si difende abbastanza bene, anche se in troppe circostanze gli è mancato il polso che invece ha dimostrato di avere la sorella Mina, altra scelta comprensibile, ma non sempre condivisibile, dato che si parla di ragazzini di dodici e undici anni. Nessuno dei due protagonisti della storia, però, è riuscito a conquistare il mio cuore come Apollo, la civetta che accompagna i ragazzi dall’inizio delle vicende e diventa per Porfi un compagno di viaggio fedele e indispensabile, di grande sostegno dei momenti più difficili della sua esperienza, che si conclude proprio come era facilmente immaginabile, con il tanto agognato ritrovamento della sorella, che avrei gradito venisse proposto in una scena leggermente più struggente e toccante. Per fortuna, però, le emozioni vere l’anime me le ha fatte provare in altri frangenti, quelli che persisteranno nel mio cuore finché avrò la forza di ricordare.
Se vedi cose che non comprendi, non chiuderti a riccio, accetta chi ha idee diverse dalle tue.