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Cosa vuole <i>Hideaki Anno</i>, realmente? È già un nome scolpito nella storia dell’animazione, ha scolpito la storia dell’animazione, è venerato da orde di fan acclamanti e con la sua serie cult ha guadagnato, e continua a guadagnare, barche di soldi, il che è sempre una buona cosa – non di sola aria vive l’uomo. Ce ne sarebbe abbastanza da essere soddisfatti per due vite. Eppure nel 2006 viene dato l’annuncio: <b>Rebuild</b>. Si ricostruisce <a href="http://www.animeclick.it/anime/Neon+Genesis+Evangelion">Evangelion</a>. Il Vangelo della Nuova Era diventa il Vangelo del Nuovo Millennio, in quattro atti. Perché? Non ne ho idea. Ancora di meno dopo avere guardato il primo capitolo (nella sua versione finale) della nuova tetralogia: <b>Evangelion 1.11: You are (not) alone</b>. Anzi, ci fosse qualcuno che lo sapesse, farebbe un’azione graditissima a illuminarmi, mettendo da parte i promo rilasciati in merito dalla <b>Khara</b> e dallo stesso <i>Anno</i>. Il mio non è scetticismo, sono solo perplessità successive a una visione interlocutoria.

Insomma, quando si parla di <i>Evangelion</i> si parla di un franchise che vale miliardi di Yen. È facile pensare che l’operazione approntata attraverso il nuovo <b>Studio Khara</b> abbia fini per la maggior parte commerciali, e c’è da dire che il film non fa proprio tantissimo per cancellare quest’idea. In fondo la serie aveva trovato la sua legittima conclusione con <a href="http://www.animeclick.it/anime/End+of+Evangelion">The End of Evangelion</a>, quindi risulta difficile individuare lo scopo del <b>Rebuild</b>.
In effetti l’inquadratura stessa del primo atto è incerta e spesso contraddittoria. Da un lato c’è buona parte del montaggio della prima metà del film che riprende, con tagli e modifiche minimi, gli stessi identici frames dei primi episodi; dall’altro la seconda metà cambia in un certo senso stile. Le variazioni alla storia diventano più succulente, preannunciano degli sviluppi diversi dalle vicende conosciute nell’anime, e la loro messa in scena si stacca in modo netto dalle modalità tipiche di <i>Evangelion</i>. Uno dei tanti tratti distintivi della serie era infatti il registro della sua narrazione, secco, asciutto e tagliente; nel <b>1.11</b> molte delle nuove sequenze sembrano invece compiacersi della loro ridondanza visiva, appaiono anche leziose, e quindi finiscono per mandare fuori fase l’unità stilistica dell’opera. Poi, per carità, è anche questione di sensibilità, ciò può dare fastidio oppure no, ma d’altro canto è indubbio che tale alternanza crei una confusione espressiva.

Chiara è invece la volontà di fare dei soli Shinji e Rei il centro del film. <i>Anno</i> stavolta insiste molto più sui due <i>children</i> e sulla loro relazione, lasciando da parte molti degli altri personaggi, i quali sono spostati più ai margini e si fanno portavoce di considerazioni e riflessioni fungenti da intermezzi alle azioni.
In relazione a ciò, potrebbe pure sorgere la domanda «Ma non è che <i>Anno</i> si è mosso così perché doveva assemblare i primi sei episodi in un’ora e mezza di pellicola, con cesure, balzi eccetera?». Be’, potrebbe anche essere, e sono più di uno gli indizi che lo fanno supporre. Infatti l’operazione di riduzione spesso procede a salti, i quali molte volte frustrano la consequenzialità logica delle scene. Si passa da una sequenza all’altra per bruschi tagli, senza raccordi causali o di altro genere a collegare i vari frammenti.

Quest’aspetto, oltre a essere probabilmente stato dettato da esigenze di tempo, credo sia una delle conseguenza della semplificazione dell’impostazione dell’anime. Difatti la complessità costruttiva della serie nel <b>1.11</b> viene resa più scorrevole e immediata, ristrutturata in funzione di una maggiore linearità dello svolgimento dei fatti. Il vantaggio è tutto per il pubblico medio, ma cosa si perde così? Ovvio, la struttura narrativa folgorante della serie, la complessità percettiva e l’“impatto linguistico” originari. A titolo esemplificativo basta confrontare la resa dei primi due episodi, <i>L’attacco dell’angelo</i> e <i>Soffitti sconosciuti</i>, rispetto a come sono inscenati gli stessi eventi nel lungometraggio. C’è comunque da dire che la conformazione originaria è intimamente legata alla natura seriale di <i>NGE</i>, e quindi non è trasportabile in un film. Perciò ci sarebbe stato un altro buon motivo per stravolgere tutto dal principio, riorganizzare i vari pezzi e partorire un primo capitolo davvero neonato, anziché mezzo clone.

Voglio dire, non basta l’appagamento visivo, che a ogni modo c’è ed è notevolissimo, per giustificare l’operazione. Almeno non trattandosi di <b>Evangelion</b>, ovvero di un’opera sinonimo di rivoluzione. Cioè, è bello rifarsi gli occhi con la battaglia notturna fra Sachiel e uno 01 oscuro dalle bande fosforescenti, ed è sensazionale assistere alla nuova “operazione Yashima”, la quale si risolve in un’apocalisse di fuoco. In queste parti si mostrano appieno le potenzialità del Bluray: l’alta definizione valorizza ogni più minuscolo particolare, e siccome il profilo tecnico dell’opera è d’avanguardia, tutto risalta all’inverosimile. Il dato luministico è attenzionato in ogni variazione non solo atmosferica, ma anche nell’influsso che le luci hanno sull’illuminazione dell’ambiente e dei personaggi. L’abbondanza dei dettagli tecnologici di NeoTokyo 3, dei quartieri della NERV e del Geofront ha del maniacale, come maniacale è l’attenzione ai movimenti meccanici, allo studio dei fondali, agli effetti visivi e alla fotografia, forse un po’ patinata ma sempre di una qualità superiore e capace di momenti di grandissimo effetto tonale.

Però il tutto sembra fine a se stesso, al compiacimento degli autori o quanto meno alla loro volontà di compiacere il pubblico. Epitome ne è il nuovo Ramiel proteiforme, bello e spettacolare da vedere quanto si vuole, ma vertice assoluto di quel fanservice visuale in cui spesso sfocia l’<b>1.11</b>. Tornando ai parallelismi con la serie, se molto spesso <b>Evangelion</b> è stato tacciato di masturbazione mentale, si potrebbe dire che il primo capitolo del <b>Rebuild</b> è per molti aspetti pura masturbazione visiva. In fondo in un capolavoro ci deve essere una corrispondenza perfetta tra aspetto e contenuto, e se il primo è pompato al massimo ma gioca da solo, allora si passa a un formalismo autoreferenziale.

Cambiando argomento e passando al dato audio, la colonna sonora del primo capitolo della nuova tetralogia riprende i brani già presenti nei sei episodi iniziali della serie, e a questi ne aggiunge di nuovi sempre arrangiati da <i>Shiro Sagisu</i>. Nello specifico sei nuove tracce ricalcano, con alcune variazioni ed espansioni nelle armonie, i ritmi e le percussioni di <a href="http://www.youtube.com/watch?v=Y5Qo9iAB9q0">uno dei brani</a> più significativi di <i>NGE</i>; tuttavia arrivati al momento clou viene a mancare il tema portante, e ciò devo ammettere potrebbe dare un certo fastidio. In ogni caso le musiche sono sempre state il fiore all’occhiello dell’opera, e anche qui, mi permetto il francesismo, fanno la loro gran porca figura. Un paio di inediti poi, come <i>EM21_Premix#070705</i> e <i>EM09_Piano_D</i>, sono il raggiungimento di una fine bellezza compositiva, mentre la canzone dei titoli di coda, <i>Beutiful World</i>, pur essendo molto leggera e fresca, secondo me è anche piuttosto ispirata e orecchiabile.

Tornando al pezzo forte, per fare una breve digressione, l’altro giorno a lezione di Storia del Cinema si era toccato l’argomento del <i>remake</i>. Ovvero ultimamente a Hollywood si ha la mania di prendere non solo vecchi film e rifarli, più o meno con fedeltà, ma addirittura si rigirano le stesse pellicole a distanza di pochi anni. Il perché di questo trend è piuttosto scontato. Penuria d’idea. Se non sappiamo cosa fare, allora ricicliamo. Alla fin fine è lo sbocco naturale dell’ultimo postmodernismo: è già stato fatto tutto, non possiamo che rifarlo. Vale anche nel caso di <b>Evangelion 1.11: You are (not) alone</b>? È questa la chiave per interpretare il significato dell’operazione approntata da <i>Anno</i>, dimenticandoci per un momento gli “eventuali” scopi di lucro?

Sono passati quindici anni dalla nascita di <i>Neon Genesis Evangelion</i>, dalla comparsa di un’opera che ha tagliato a metà la storia dell’animazione. Ci sono gli anime “prima” di <b>Evangelion</b>, e ci sono gli anime “dopo” <b>Evangelion</b>. E in tutto questo ci sono gli spettatori, quelli cui l’anime si rivolge. Al di là dei proclami, il paratesto del primo atto dice chiaro e tondo che il film parla a chi già sa; non si rivolge alla nuova generazione di spettatori, tanto meno vuole presentarle il mondo di <i>NGE</i>: per quello c’è la serie, che <i>è</i> quel mondo, concluso e autosufficiente. Nessuno infatti, se non chi è già fan dell’opera, ha interesse a vedere come cambia quella scena, come sono riorganizzati gli eventi e quanti neuroni si deve bruciare stavolta per trovare i legami e i significati dei vari criptici frammenti del lungometraggio. Inutile girarci intorno, il primo assaggio della tetralogia è stato fatto per quello, per giocare a solleticare la gola di chi già ama <b>Evangelion</b>.
<b>Evangelion 2.0: You can (not) advance</b> cambierà tutto, e come storia e come linguaggio, e forse darà un senso nuovo, vero, al <b>Rebuild</b>. Ma l’<b>1.11</b> no. Non l’ha fatto. È solo la fotografia di una fase di transizione: non più l’opera originale, non ancora qualcosa di nuovo.