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Non poteva lasciarsi scappare questa occasione. Quella di potere convertire in pellicola cinematografica un manga talmente esplicito da essere sottoposto alla censura, udite, udite... nello stesso Giappone! Beh, non poteva certo sorvolare su un così sazio banchetto, l'uomo che al Rotterdam Film Festival del 2000 si sentì appioppare del "malvagio" da una donna che aveva assistito alla proiezione di Audition, un altro dei suoi capolavori; l'uomo che della yakuza s'era ormai ampiamente specializzato negli anni '90, e che nel 2001, con il materiale proposto dal fumetto di Hideo Yamamoto, trovava quindi pane per i suoi denti. Per chi non l'avesse ancora intuito, parliamo di Takashi Miike, una figura di spicco nel panorama cinematografico mondiale, un artista poliedrico, in quanto eccezionale - salvo qualche passo falso - come regista, ma anche come attore, sceneggiatore, produttore.

Con Ichi the killer, girato in una manciata di mesi, Miike prova il piacere di sbattere in faccia allo spettatore, con una naturalezza spaventosa, quanto di più estremo si possa razionalmente concepire sulla visione dell'amore, sentimento che già in Audition aveva visto disfarsi, con un capovolgimento fulmineo quanto inatteso, il suo significato consueto, estinguendosi in una forma di violenza psicologica, prim'ancora che fisica. Quest'ultima trova sua massima 'espressione' proprio in questo film, che dell'esplicito fa il suo credo, favorendo agli amanti del gore uno spettacolo imperdibile, che tra abusi, torture e depravazioni, sempre accompagnati da fluenti fiotti di sangue, riesce tuttavia non solo a mantenere un tono beffardo, sopra le righe, venato da imprescindibile umorismo, ma anche a mostrarsi particolarmente edificante sotto quelle spoglie: se siete molto sensibili, statene alla larga; se cercate l'ennesimo splatter fine a se stesso, potete benissimo voltare strada allo stesso modo, perché, in questo tripudio di truculenza visiva volutamente iperbolica e 'fumettosa', è sempre l'ironia a farla da padrona, ma soprattutto c'è spazio per tante riflessioni. Cogliendo con lo spirito giusto la visione di Ichi the killer, l'esperienza che ne consegue potrà difatti rivelarsi impareggiabile, tanto quanto la follia che investe trama e personaggi partoriti dalla mente di Yamamoto.

Tra gli squilibrati individui in cui c'imbatteremo, troviamo Kakihara (interpretato magistralmente da Tadanobu Asano, ormai vera e propria icona del cinema nipponico), uno yakuza sadomasochista, riconoscibile dalle profonde cicatrici che segnano i lati della sua bocca, tenuta insieme da due piercing. Quando il suo boss, insieme ad altri numerosi membri del suo clan, viene brutalmente eliminato, si mette alla ricerca del serial killer. Il sospettato è rinomato come Ichi (Nao Omori), ma nessuno sembra riuscire a identificarlo. Kakihara è estremamente intenzionato ad incontrarlo, non tanto per vendetta, ma per attrazione: sembra aver finalmente trovato l'uomo giusto, quel sadico che gli farà riprovare il vero dolore, quello tanto agognato. Ma nessuno sa ancora che dietro la maschera dello spietato assassino vi è il volto giovane e innocente di un ragazzo mentalmente disturbato, il cui atteggiamento gentile e bambinesco viene stravolto da una furia omicida, nonché da una forte eccitazione, ogni qualvolta assista a episodi di violenza ai danni di qualcuno.
Dietro la serie di delitti compiuti da Ichi vi è in realtà la mano di Jijii (Shinya Tsukamoto, altro mostro sacro), che abilmente s'approfitta di lui ipnotizzandolo e spronandolo a eliminare i "cattivi", facendo leva sul suo senso di colpa per un episodio mai avvenuto. Su questo trio fenomenale, ai quali s'aggiungono altri personaggi più bizzarri che mai, fanno leva eventi inizialmente slegati all'apparenza, ma fortemente uniti, non solo in chiave narrativa, anche concettuale.

Ciò che rende Ichi the killer più profondo di quanto possa sembrare nella sua provocatoria veste sanguinolenta è l'acuta indagine compiuta a scapito dei protagonisti in quanto umani, esseri alienati, scavati senza riserbo nella propria psiche e portati ad angustiarsi per l'ambizione a un proprio completamento, ricercato in un'estatica ed egocentrica, quanto illusoria, sperimentazione del piacere, che è destinata al fallimento in quanto provocatrice di dolore, proprio o altrui. Ed è forse nell'epilogo che l'opera manifesta il suo lato più intimo ed emotivo, sfiorando le vette della visionaria poetica miikiana, spronando la comprensione di tutto ciò che è stato, e lasciando spazio alla libera interpretazione sul destino di ogni personaggio rimasto.
Difficile diagnosticare difetti in un'altra delle componenti che fanno di questo film un prodotto il cui stile emerge ancora oggi in tutta la sua verve, ovvero la realizzazione tecnica: le soluzioni registiche offerte da Miike lasciano il segno e, sulle orme del miglior Tarantino, garantiscono una visione che è una continua scarica di adrenalina, per non parlare della memorabilità di alcune sequenze - sulle quali non voglio svelare nulla, anzi, preferisco 'tagliarmi la lingua' (chi vuole capire, capisca). Splendide anche la fotografia, curata dallo stesso autore del manga, e le musiche, distorte e ossessive al punto giusto.
"Ichi the Killer" è un 'must' del cinema asiatico moderno, nonché ottimo punto di partenza per chiunque voglia scoprire il genio di Miike e la bravura di interpreti come Asano... a suo rischio e pericolo.