Recensione
Rocky Joe (Live Action)
6.0/10
Recensione di TheDemon8719
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Il pugilato è da sempre il mezzo migliore per portare al cinema storie di personaggi nati e cresciuti ai margini della società, il cui unico modo per dire alla vita "Ehi, ci sono anche io", era quello di salire sul ring e combattere fino alla fine. Esempi illustri possono essere il "Rocky" di Stallone e "Lassù qualcuno mi ama" con Paul Newman. Nel 1968, in Giappone, ci provano Asao Takamori (sotto pseudonimo di Ikki Kajiwara) e Tetsuya Chiba, passando dalla pellicola alla carta stampata: viene dato alle stampe "Ashita no Joe" (traducibile come Il domani di Joe, anche se a volte tradotto con Joe del domani), da noi meglio conosciuto come Rocky Joe. Ambientata negli stessi anni della sua creazione, la storia racconta di Joe Yabuki, bullo di periferia, violento, orgoglioso, opportunista, bugiardo: un personaggio negativo, quindi, prodotto da una società che non è riuscita a instradarlo quando lui ne aveva più bisogno (Joe è orfano); la sua voglia di riscattarsi, di ribellarsi alle atrocità della vita, alla povertà, alla delinquenza, alla fame, alla pressione della società è il fulcro dell'opera di Takamori e Chiba, che ambientano la vicenda in periferia (vera e propria co-protagonista degli inizi), zona disagiata, povera e piena di delinquenza organizzata e minorile. Qui Joe farà la conoscenza di Danpei Tange, suo futuro allenatore ma, agli inizi, ubriacone molesto ed ex-pugile fallito. Il loro sodalizio, tra alti e bassi, risse e truffe, si trasformerà nell'occasione di Joe per scaricare prima la sua rabbia dopo una vita di stenti e infelicità e poi per costruirsi un domani migliore.
Un percorso di crescita che gli autori realizzarono nel corso di cinque anni, appassionando il pubblico giapponese e non solo. Il successo fu clamoroso: venne prodotta una serie animata che copriva il primo e più importante arco del manga, mentre dopo un decennio (inizio anni '80, a manga già bello che terminato) venne prodotta la seconda stagione, migliore dal punto di vista tecnico ma di minore impatto rispetto alla prima. La fama di Joe Yabuki in Giappone non è mai terminata, basta pensare che, alla morte di un personaggio importante del manga, furono organizzati dei funerali veri e propri per celebrarne la scomparsa.
Ed è qui che arriviamo al 2011, anno di uscita del live action di "Ashita no Joe".
Abbiamo appena visto l'importanza che riveste Joe in terra madre, un personaggio e un'opera che hanno avuto un impatto impressionante sulla cultura popolare. Capirete, quindi, il peso di chi l'ha dovuto adattare.
La storia è grossomodo la stessa, se non per alcune differenze nate per velocizzare tutta la prima parte e portare il protagonista sul ring (30 minuti nel film, 3 volumi nel fumetto) e per dei cambiamenti ai background di alcuni personaggi: Joe (interpretato dalla pop star Yamashita "Yamapi" Tomohisa) vagabonda nei bassifondi di Tokyo tra furtarelli e risse per la strada. Durante uno scontro con dei membri della yakuza, avrà modo di conoscere Danpei (Kagawa Teruyuki), suo futuro allenatore, che vedrà in lui un talento immenso pronto per essere raffinato. Joe finisce però in galera e, nonostante le lusinghe di Danpei, non ha il minimo interesse di dedicarsi alla boxe. L'incontro in carcere con un pugile professionista, Tooru Rikishi (Yusuke Iseya) gli darà lo stimolo per imparare: grazie a delle cartoline inviategli dal vecchio, sulle quali si illustrano i rudimenti del pugilato, Joe apprende le prime tecniche e sfida Rikishi. Tra i due nascerà una rivalità infinita e, una volta liberi, faranno di tutto per incrociare nuovamente i guantoni: Joe infatti, uscito di prigione, inizierà ad allenarsi nella disastrata palestra di Danpei, avviando così una carriera folgorante che lo porterà allo scontro con la nemesi Rikishi.
Nella lunga introduzione, si parlava dei ricchi temi di fondo che caratterizzavano l'opera originale, temi che nel lungometraggio vengono messi inesorabilmente in secondo piano: si vedano i bassifondi e chi li popola, si veda tutta la rabbia di Joe e la speranza di Danpei: tutto rimane molto fumoso, come se si trattasse di un riassunto atto a soddisfare quei fan che pretendono da un film la fedeltà assoluta all'opera originale. Sbarazzatosi dei temi sociali, il regista, Fumihiko Sori, si concentra sul rapporto tra Rikishi e Joe, frapponendogli Yoko Shiraki (Karina), finanziatrice e fidanzata (non dichiarata) di Rikishi, personaggio che nel fumetto si rivela importante per l'avvio della vicenda, mentre nel film verrà approfondito in maniera debole, rimanendo poco chiaro nelle motivazioni e troppo esulato dalla storia per interessare realmente, andando ad incidere minimamente nella rivalità tra i due pugili. Stesso discorso per gli altri personaggi secondari: Danpei è una semplice macchietta (perché si sacrifica così tanto per Yabuki?), nonostante il valido impegno dell'attore; Nishi (Katsuya), amico e collega di Joe, viene relegato a mera spalla comica.
Si diceva della rivalità tra Joe e Rikishi, ovvero l'aspetto più riuscito della pellicola: i due sfidanti sono attratti l'uno all'altro, due facce di una stessa medaglia, uguali e opposti al tempo stesso, desiderosi di incrociare nuovamente i guantoni sul ring, superando dolori e sacrifici. Tooru Rikishi risalta in questa pellicola, grazie alla scrittura del personaggio, ma soprattutto grazie all'intensità infusa dall'ottimo Yusuke Iseya ("Sukiyaki Western Django", "Kyashan - La rinascita"), dimostrando inoltre un eccellente physique du rôle. Yamapi, invece, fa il compitino, non mette del suo nel personaggio e si vede, portando in scena un Joe anonimo, vacuo e antipatico, troppo pulito e mai spaccone, oltre ad una monoespressività imbarazzante.
Tecnicamente si è fatto un buon lavoro: fedeltà alle location e al design dei personaggi (a parte il ciuffo anti gravità di Yabuki), scongiurando il pericolo cosplayer; inoltre, nelle scene di combattimento, si fa un lavoro egregio, dove il regista mette in scena scontri belli e dinamici (il finale Joe vs Rikishi è veramente ottimo). Peccato che il film sia affetto da un ritmo schizofrenico, troppo rilassato a volte, frenetico in altre.
"Ashita no Joe" non è un film eccelso: è un prodotto ben confezionato nel quale la storia viene seguita quasi pedissequamente, ma che non spinge mai l'acceleratore su quei temi più interessanti, lasciando quel senso di incompiutezza, dove sarebbe bastato poco per realizzare qualcosa di davvero sentito.
Un percorso di crescita che gli autori realizzarono nel corso di cinque anni, appassionando il pubblico giapponese e non solo. Il successo fu clamoroso: venne prodotta una serie animata che copriva il primo e più importante arco del manga, mentre dopo un decennio (inizio anni '80, a manga già bello che terminato) venne prodotta la seconda stagione, migliore dal punto di vista tecnico ma di minore impatto rispetto alla prima. La fama di Joe Yabuki in Giappone non è mai terminata, basta pensare che, alla morte di un personaggio importante del manga, furono organizzati dei funerali veri e propri per celebrarne la scomparsa.
Ed è qui che arriviamo al 2011, anno di uscita del live action di "Ashita no Joe".
Abbiamo appena visto l'importanza che riveste Joe in terra madre, un personaggio e un'opera che hanno avuto un impatto impressionante sulla cultura popolare. Capirete, quindi, il peso di chi l'ha dovuto adattare.
La storia è grossomodo la stessa, se non per alcune differenze nate per velocizzare tutta la prima parte e portare il protagonista sul ring (30 minuti nel film, 3 volumi nel fumetto) e per dei cambiamenti ai background di alcuni personaggi: Joe (interpretato dalla pop star Yamashita "Yamapi" Tomohisa) vagabonda nei bassifondi di Tokyo tra furtarelli e risse per la strada. Durante uno scontro con dei membri della yakuza, avrà modo di conoscere Danpei (Kagawa Teruyuki), suo futuro allenatore, che vedrà in lui un talento immenso pronto per essere raffinato. Joe finisce però in galera e, nonostante le lusinghe di Danpei, non ha il minimo interesse di dedicarsi alla boxe. L'incontro in carcere con un pugile professionista, Tooru Rikishi (Yusuke Iseya) gli darà lo stimolo per imparare: grazie a delle cartoline inviategli dal vecchio, sulle quali si illustrano i rudimenti del pugilato, Joe apprende le prime tecniche e sfida Rikishi. Tra i due nascerà una rivalità infinita e, una volta liberi, faranno di tutto per incrociare nuovamente i guantoni: Joe infatti, uscito di prigione, inizierà ad allenarsi nella disastrata palestra di Danpei, avviando così una carriera folgorante che lo porterà allo scontro con la nemesi Rikishi.
Nella lunga introduzione, si parlava dei ricchi temi di fondo che caratterizzavano l'opera originale, temi che nel lungometraggio vengono messi inesorabilmente in secondo piano: si vedano i bassifondi e chi li popola, si veda tutta la rabbia di Joe e la speranza di Danpei: tutto rimane molto fumoso, come se si trattasse di un riassunto atto a soddisfare quei fan che pretendono da un film la fedeltà assoluta all'opera originale. Sbarazzatosi dei temi sociali, il regista, Fumihiko Sori, si concentra sul rapporto tra Rikishi e Joe, frapponendogli Yoko Shiraki (Karina), finanziatrice e fidanzata (non dichiarata) di Rikishi, personaggio che nel fumetto si rivela importante per l'avvio della vicenda, mentre nel film verrà approfondito in maniera debole, rimanendo poco chiaro nelle motivazioni e troppo esulato dalla storia per interessare realmente, andando ad incidere minimamente nella rivalità tra i due pugili. Stesso discorso per gli altri personaggi secondari: Danpei è una semplice macchietta (perché si sacrifica così tanto per Yabuki?), nonostante il valido impegno dell'attore; Nishi (Katsuya), amico e collega di Joe, viene relegato a mera spalla comica.
Si diceva della rivalità tra Joe e Rikishi, ovvero l'aspetto più riuscito della pellicola: i due sfidanti sono attratti l'uno all'altro, due facce di una stessa medaglia, uguali e opposti al tempo stesso, desiderosi di incrociare nuovamente i guantoni sul ring, superando dolori e sacrifici. Tooru Rikishi risalta in questa pellicola, grazie alla scrittura del personaggio, ma soprattutto grazie all'intensità infusa dall'ottimo Yusuke Iseya ("Sukiyaki Western Django", "Kyashan - La rinascita"), dimostrando inoltre un eccellente physique du rôle. Yamapi, invece, fa il compitino, non mette del suo nel personaggio e si vede, portando in scena un Joe anonimo, vacuo e antipatico, troppo pulito e mai spaccone, oltre ad una monoespressività imbarazzante.
Tecnicamente si è fatto un buon lavoro: fedeltà alle location e al design dei personaggi (a parte il ciuffo anti gravità di Yabuki), scongiurando il pericolo cosplayer; inoltre, nelle scene di combattimento, si fa un lavoro egregio, dove il regista mette in scena scontri belli e dinamici (il finale Joe vs Rikishi è veramente ottimo). Peccato che il film sia affetto da un ritmo schizofrenico, troppo rilassato a volte, frenetico in altre.
"Ashita no Joe" non è un film eccelso: è un prodotto ben confezionato nel quale la storia viene seguita quasi pedissequamente, ma che non spinge mai l'acceleratore su quei temi più interessanti, lasciando quel senso di incompiutezza, dove sarebbe bastato poco per realizzare qualcosa di davvero sentito.