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8.0/10
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Molti di noi, molto probabilmente, si sono appassionati agli anime e ai manga seguendo assiduamente l'appuntamento del martedì sera con l'Anime Night. I titoli proposti erano spesso dei veri successi mondiali, come "InuYasha", "Fullmetal Alchemist", "GTO", ecc. Non risulta difficile pensare che un sostanzioso contribuito all'incremento di anime-fan sia stato merito di un titolo trasmesso alla fine del 2004, ovvero "Wolf's Rain". Palesando una mia grave colpa, ammetto di averlo aggiunto alla lista "completati" soltanto quest'anno e, pensando all'opera in oggetto, forse è stato un bene. Il motivo è semplice: "Wolf's Rain" richiede una certa maturità, non è un anime dove tutto è spiegato, lineare, e ha un perché, ma ognuno può estrapolare messaggi o arrivare a conclusioni differenti. Uno dei tanti pregi di questa serie consiste nella capacità di narrare la bella storia di un viaggio qualunque, suscitando nello spettatore un senso nostalgico, screziato sempre da una vena melanconica, come se, in realtà, quello fosse anche il suo disperato viaggio e, proprio per questo, lo induce a porsi le stesse, cosiddette, grandi domande della vita, alle quali i lupi protagonisti cercheranno di dare una risposta.

Tre lupi, Tsume, Hige e Toboe, dalle storie e dai caratteri completamente diversi, trovano un timido rifugio nella moderna, ma poco accogliente, Freeze City. La sopravvivenza in questa società si basa sulla loro capacità di ingannare lo sguardo degli uomini, sostituendo il proprio aspetto animalesco con quello di un umano. In vari modi vengono a contatto con un orgoglioso e temerario lupo, Kiba, che, in un primo momento, rifiuta di nascondere la sua vera natura, mettendosi di conseguenza nei guai. Un po' per esigenza, un po' per tutelare i suoi futuri compagni, questo si adegua all'inganno della vista e, nel momento in cui la città non ha più niente da offrire, si mette di nuovo in viaggio verso il Rakuen, il paradiso dei lupi, convincendo Hige e Toboe a seguirlo. Tsume, il lupo grigio un po' più vissuto degli altri, è quello più scettico, dato che non si ha la certezza che una leggenda come il Rakuen esista davvero, ma, per citare l'opening "Stray", non si deve avere rimpianti se non si ha niente da perdere. Così, seppur mantenendo qualche scetticismo, decide anch'egli di abbandonare la città e di incamminarsi verso l'agognato Rakuen.

La ricerca del Rakuen è una religione e, come in tutte religioni, bisogna aver fede per poter credere in un viaggio pericoloso, i cui passi sono dettati dal solo istinto. Si potrebbe dire che Cheza, l'ibrido ragazza-fiore della luna, sia il messia, testimone e chiave dell'esistenza del paradiso, mentre Kiba sia il discepolo incaricato di diffondere il verbo, insinuare negli altri il martellante dubbio che, forse, quello in cui crede sia la vera salvezza da un mondo destinato al declino e in procinto di affrontare una nuova, straziante era glaciale. Il Rakuen, dunque, non è un'esigenza, ma una filosofia di vita: se la fai tua, allora credi a quanto scritto nel Libro della Luna, credi che i lupi siano i creatori di questo mondo, straziato dagli uomini e alla mercé dei nobili, credi anche che solo i lupi saranno in grado di dare speranza al futuro, aprendo le porte del vero Rakuen. Kiba ha fatto del viaggio la sua ragione di vita, e la speranza di trovare prima o poi la meta giusta è il motore che lo spinge a campare ogni giorno, nonostante tutto sembri non avere un senso: vecchi lupi che si accontentano di fare i cani degli uomini per poco cibo, uomini che non capiscono cosa stia realmente accadendo alla loro terra e nobili che ambiscono all'eterna salvezza, combattendosi fra loro. E', ovviamente, un po' la metafora della vita di ciascuno di noi: tutti abbiamo un sogno, tutti noi dobbiamo percorrere un viaggio, a volte fin troppo disseminato di delusioni e rimpianti, per realizzarlo, e quella meta è la ragione di tutto. Questo è "Wolf's Rain". Poi si possono cercare i significati più nascosti della storia dei nobili, dello straziante finale, dello stesso Rakuen, ma Kiba, Toboe, Tsume, Hige e Blue (la scoperta lupa) si muovono in branco non per sopravvivere, bensì per scappare dalla realtà e per crearne (trovarla nel caso di WR) una adatta a loro, una che possa renderli liberi e felici. Ad affiancarli nell'ultima parte della storia ci saranno anche diversi umani: Cher, la bella scienziata, coinvolta nello studio di Cheza, da cui è misteriosamente affascinata e ossessionata; il suo ex-marito, "l'uomo fascinoso", Hubb, che abbandona Freeze City per cercare la sua Cher, sparita in circostanze troppo sospette; il vecchio Yaiden, privato dalla vita di ogni cosa, tranne dell'affetto del suo cane "Blue", che cerca vendetta viaggiando alla ricerca dei lupi superstiti da estirpare, come un male ingiustificato radicato nei suoi ricordi. Si potrebbe dire che i veri nemici siano dei lupi siano i nobili, mentre gli altri umani siano solo di supporto. A livello di trama questo è vero, ma ogni personaggio è perfettamente caratterizzato, con la propria storia, quasi indipendente dal viaggio dei lupi e, così come questi, anche gli umani si mettono alla ricerca di qualcosa di talmente importante da poter dire ancora "la mia vita ha un senso". Questo sarà particolarmente chiaro nei quattro OAV, fondamentali per il finale della storia, poiché i ventisei episodi, di cui quattro riepilogativi, non la concludono di fatto. Tornando agli umani, si può ammirare una bella storia d'amore, che, nei tratti semplici di un divorzio causato dalla trascuratezza del compagno a vantaggio del proprio lavoro, si articola in un crescendo di emozioni e sentimenti, mai banali, di chi farebbe di tutto per l'amato/a. Il vecchio, invece, par raccontare, con le sue parole graffianti e i suoi gesti burberi, che, quando perdono le cose che amano, gli uomini si lasciano in balia di un accanimento contro qualcosa che non è spiegabile, che non esiste, contro il destino; si tratta di un odio che diventa una vera ragione di vita.

L'animazione è quasi soffocante, lenta, con lunghi silenzi e momenti di riflessione sia per i protagonisti che per gli spettatori, che rendono l'atmosfera talvolta cupa e che infondono un senso di insicurezza e di solitudine. Le scene di combattimento ravvivano un po', ma sono quasi inutili. Il tutto è condito dalla stupenda colonna sonora di Yoko Kanno. Kanno è garanzia di un bell'anime (vedi "Ghost in the Shell" o "Cowboy Bebop"). Prestate attenzione all'opening, non solo per la qualità, ma anche per un certo collegamento di cui non posso parlare, per evitare spoiler. Piccola nota di demerito per la presenza degli echi! Mi spiego meglio: in qualsiasi episodio, ogni volta che qualcuno dice Rakuen o Cheza, tutti i presenti si stupiscono e ripetono in coro Rakuen - akuen - kuen, Cheza - heza - za, e basta!

Spero di avervi convinto a guardarlo, anzi, se non l'avete ancora fatto, affrettatevi a farlo, non fate come me. Sarà il gusto un po' retrò, visto che per trovarlo sono tornato nel 2004, saranno i temi trattati, le ambientazioni cupe, ma penso sia difficile trovare un anime così intenso nel panorama dell'animazione attuale. Concludo citando un verso della canzone, cantata da Steve Conte nel venticinquesimo episodio, che racchiude, secondo me, quasi l'essenza dell'anime: "In another life, in another dream, by a different name / Gave it all away for a memory and a quiet lie".