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"Evangelion 3.0" rappresenta l'ultima fase, quella più plateale e raccapricciante, del declino di Hideaki Anno. Il terzo capitolo del fantomatico "Rebuild" assume i connotati dell'incubo otaku per eccellenza: la foschia nerastra che avvolgeva il tormentato Shinji Ikari negli ultimi due episodi della serie televisiva anziché ritirarsi per lasciar spazio al cielo limpido diventa fetida, nauseabonda, pronta a distruggere i gloriosi moniti del suo predecessore. L'ennesima trollata d'autore? Potrebbe anche essere, ma sarebbe soltanto l'ennesimo capriccio di un regista che ormai è diventato un po' la caricatura di sé stesso: a furia di prendere in giro gli spettatori, si finisce inevitabilmente col darsi la zappa sui piedi, è inevitabile. Certamente, la decontestualizzazione di un gigante come "Evangelion", trasformato da opera psicologica e riflessiva in penoso blockbuster senz'anima, è sintomo di una generale carenza di idee, nonché di un manierismo urlato e nauseante; l'ennesima rivisitazione svogliata dei soliti cliché; l'autoreferenzialità estrema di un otaku il quale, anziché ritirarsi dalle scene conservando un briciolo di dignità, preferisce intascarsi tanti bei quattrini facendo prostituire senza alcuna decenza la sua gallina dalle uova d'oro.

Il secondo capitolo del "Rebuild" - il primo si trattava di un mero recap della prima parte della serie televisiva - in un certo senso era stato un modo per compiacere gli americani - con il suo Shinji Ikari impavido, novello Schwarzenegger che diventava nientepopodimenoche Dio per salvare la sua donna - senza alcuno sviluppo filosofico e psicologico degno di nota, a parte il fanservice abusato ed urlato - coronato dall'entrata in scena di un nuovo children, una meganekko tanto insopportabile quanto inutile ai fini della trama, nonché dalle numerose inquadrature delle belle natiche di un'insulsa Asuka a digiuno di una qualsivoglia caratterizzazione.
Questo terzo capitolo è ancora peggio, perché - almeno in teoria - vorrebbe tornare ai fasti della serie originale: le gesta eroiche a stelle e strisce del film precedente vengono rinnegate, sebbene in apertura ci sia la solita scena d'azione da film americano di serie B, un combattimento nello spazio in cui il regista fa di tutto per far risaltare i particolari meccanici degli Eva e degli Angeli, fallendo completamente nel rendere "Evangelion" un qualcosa di epico. Anno ricorre addirittura al riciclaggio di alcuni dei migliori brani della colonna sonora di "Nadia - Il mistero della pietra azzurra" - alla faccia della secca creativa! -, con grande sgomento dei fan di vecchia data della GAINAX; dopo tale infelice incipit, Shinji Ikari dimenticherà il suo eroismo impavido, e tornerà ad essere il solito otaku paranoico della serie del '95 - seppur in modo superficiale ed artificioso, senza alcuna introspezione degna di nota. Egli sarà catapultato nel futuro, forse in una dimensione differente - insomma, si tratta di uno di quei cliché fantascientifici triti e ritriti sui quali i fanboy della saga si dilettano a costruire imponenti castelli di carta -, e ivi ritroverà una nuova Misato Katsuragi trasformata nella versione femminile del capitano Okita/Nemo/Gloval di Yamato/Nadia/Macross, che attiverà la sua Corazzata Spaziale/Fortezza Dimensionale/Nuovo Nautilus con la STESSA musica di sottofondo utilizzata nella STESSA scena della serie televisiva di "Nadia - Il mistero della pietra azzurra" in cui avveniva lo STESSO fatto. Il tutto è così ridicolo da rasentare l'autoparodia - e forse quel buontempone di Anno questo voleva fare, a parte le solite questioni economiche già accennate (si pensi all'Evangelion smartphone, messo in commercio grazie a questo revival cinematografico: la metamorfosi di Anno, dapprima otaku complessato in piena crisi esistenziale, ora furbo capitalista sulla falsariga di Steve Jobs).

Ovviamente non manca all'appello un raccapricciante fujoshi bait - la melensa e stucchevole storia d'amore tra Shinji e Kaworu, uno degli apici trash del film; un idillio a base di sonate di pianoforte, toccate (non musicali) e preconfezionate frasi a effetto recitate sotto la candida luce della Luna.
E tutto va avanti così, al solito modo, goffamente, con misteri che non verranno mai svelati, una sceneggiatura che trasuda luoghi comuni da tutti i pori, gli sguardi languidi che si lanciano i due protagonisti del film - con tanto di musica pseudo latino americana di sottofondo - che forse andrebbero bene in un film di Pedro Almodovar, non di certo in un'opera che si fa carico del nome "Evangelion". Come se tutto ciò non bastasse, Anno cerca di ripetere determinate scene da brividi del glorioso "End of Evangelion", tuttavia fallendo miseramente, lasciando lo spettatore più attento perplesso, stizzito e bisognoso di purificarsi dalla perniciosità di una tale insulsaggine visiva.

Ma cosa rimarrà di questo film, una volta che sarà passato di moda? Il testamento spirituale di Anno? La tanto millantata resurrezione della GAINAX storica? Nulla di questo. Perché stiamo parlando del fanservice spinto all'estremo, del feticcio otaku per antonomasia aggiornato a nuovi livelli di squallore, una prostituta cinematografica il cui unico scopo è quello di testimoniare l'invecchiamento che avanza, il coronamento della demenza senile; tante scene vuote e prive di pathos che sfilano all'interno della suprema fiera del ridicolo, un triste teatrino su cui aleggia la goffaggine di chi da più di vent'anni ripete sempre le stesse cose a della gente che dopo qualche mese le ha già dimenticate. La fine di una generazione ormai vecchia, stanca, che si è ridotta ancora peggio delle nuove generazioni di otaku da lei stessa criticate. E chissà che traguardi di inezia raggiungerà il quarto capitolo del Rebuild - sempre se uscirà, anche se non ci conterei molto. Magari nell'ennesimo riciclaggio trash di "Devilman" e "Ideon: Be Envoked" ci ritroveremo delle scene e delle musiche prese di peso da "Karekano", alla faccia di chi vedeva in questo "Rebuild" una nuova rivelazione in grado di farsi veicolo di profonde argomentazioni esistenziali. Ma si sa, i giapponesi per quanto concerne l'animazione hanno la memoria corta, sono superficiali e molto più modaioli e consumisti del modello occidentale che intendono ricalcare. E gli incassi stratosferici di quest'opera a dir poco orripilante ne sono la prova.