Recensione
Liz e l'uccellino azzurro
8.5/10
Recensione di traxer-kun
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Due ragazze si incrociano fuori da scuola prima dell’inizio delle lezioni, e si dirigono verso l’aula di musica in un lungo silenzio pregno d’attesa. La simmetria spaziale in cui si muovono, scandita dai loro passi e dalle pulsazioni dell’ambiente, definisce una fuga impressionista carica di cadenze, di astrazioni visive e sonore: la fusione di diegesi ed extra-diegesi, il linguaggio del corpo e il ritmo del montaggio mettono a fuoco quella che è una vera e propria danza di corpi e suoni che riecheggiano in uno spazio distante.
Il delicatissimo incipit, della notevole durata di quasi sei minuti, cristallizza un’istantanea assoluta di cosa sia Liz and the Blue Bird (リズと青い鳥, “Liz to Aoi Tori”). Una fotografia sbiadita di un fugace momento nella vita di due adolescenti, un film dove la percezione emotiva prende il sopravvento sul racconto, un capolavoro di comunicazione sensoriale che rappresenta il punto culminante della “poetica delle piccole cose” dello studio Kyoto Animation, filtrata dall’occhio e dalla voce di una delle personalità più genuinamente talentuose, per quanto non troppo conosciuta, dell’intera industria: la regista Naoko Yamada.
Il film ci cala nella vita quotidiana di due ragazze, Mizore e Nozomi, giunte ormai al loro ultimo anno nel liceo Kitauji: mentre la fine del percorso scolastico è ormai alle porte e si avvicina il momento delle scelte, le due amiche fanno parte della banda scolastica e studiano insieme in vista del concorso nazionale tra scuole. Il brano che l’orchestra sta preparando è una composizione ispirata alla fiaba L’uccellino azzurro: un racconto che sembra quasi una metafora del legame che unisce le due ragazze.
Yamada confeziona un’opera che può dirsi un passo avanti in ogni direzione rispetto al precedente La forma della voce, che ne condivideva gran parte dello staff. Liz and the Blue Bird è un film che tocca le corde più intime delle relazioni interpersonali, una piccola storia sulla capacità delle persone di comunicare e connettersi tra loro. Le due protagoniste del film sono come due facce della stessa medaglia: Nozomi è una ragazza solare, innamorata della vita e della musica; nel momento in cui conosce l’introversa Mizore e le propone di partecipare allo stesso club scolastico tirandola fuori dalla dimensione ovattata in cui vive, per lei diventa un faro nella nebbia, un punto fermo su cui appoggiarsi. E come asserisce la stessa Yamada «l’esistenza di Nozomi per Mizore è il mondo intero, e quindi la forma del suo amore verso Nozomi non coincide con la forma dell’amore di Nozomi verso Mizore». Un “amore”, quello di Mizore, che lega le due ragazze in modo indissolubile, a dispetto delle loro personalità diametralmente differenti e - di rimando - dei sentimenti dissimili che provano l’un l’altra.
Concepito come spin-off della serie televisiva Sound! Euphonium e sceneggiato dalla veterana Reiko Yoshida, Liz and the Blue Bird è un’opera che si prende numerosi rischi: il film prende parte a un franchise già popolare e affermato, ma il suo approccio autoriale e la vena registica per alcuni versi sperimentale ne fanno un prodotto considerevolmente differente, sia nella forma che negli intenti.
Il character designer Futoshi Nishiya ripensa completamente la caratterizzazione grafica dei personaggi, scolpendone forme più lunghe, sinuose e mature; lo slancio delle figure e la delicata semplicità dei volti consentono al team di animatori di realizzare quella che è una vera e propria lezione di character acting, un lavoro di animazione delle movenze del corpo di rara complessità e minuzia. Yamada e Nishiya, come nel precedente La forma della voce, pongono un’attenzione straordinaria nell’arte del mettere i disegni in sequenza: alcuni dei momenti più significativi del film riescono a veicolare la più realistica pressione emotiva senza che alcuna parola sia proferita, e non a caso i primissimi piani sono tra le inquadrature più utilizzate, per mettere in risalto il fulgore degli occhi e le dettagliatissime espressioni facciali. La comunicazione è tutta affidata ai corpi, alle mani, agli sguardi: come nel climax del duetto tra l’oboe di Mizore e il flauto di Nozomi, che rappresenta il culmine di tutto il magistrale lavoro creativo e tecnico dello staff KyoAni, e si staglia tra le scene più intense e memorabili dell’annata.
La storia prende luogo interamente nella stessa location, la scuola Kitauji. Yamada sceglie tuttavia di far confluire il piano narrativo reale e quello fiabesco in un unico flusso, il cui punto d’unione risiede nella dimensione intimista del racconto. In particolar modo nel piano della fiaba avviene un radicale cambio di stile: la colorista Naomi Ishida accende il mondo di Liz utilizzando una palette dalle forti tinte pastello, e il direttore artistico Matsuo Shinohara configura i boschi e gli ambienti domestici con un’estetica mittel-europea che richiama quasi l’universo meisaku. Al contrario, lo spazio del mondo reale trova il suo punto di equilibrio in un minimalismo cromatico di rara consapevolezza compositiva, che verte su colorazioni più delicate e desaturate, come se fossero filtrate attraverso un vetro opaco; la scuola non è solo l’ambiente scenografico, ma è l’esteriorizzazione fisica, tangibile dei sentimenti delle due ragazze. Un elemento innovativo del film risiede proprio in come le regole della composizione spaziale siano alterate per sottrazione: Yamada frammenta l’immagine in cornici, forme e linee nei quali incastona i personaggi, utilizzando una vasta gamma di inquadrature irregolari; l’espediente del fuori campo è utilizzato con superba consapevolezza, e spesso i personaggi risultano coperti dall’oggettistica o posti in secondo piano rispetto all’ambiente circostante, per mettere in risalto la distanza che li separa.
Ma è grazie alla magistrale colonna audio a opera di Kensuke Ushio che Liz and the Blue Bird prende veramente vita. Alla sua seconda collaborazione con la regista - nella speranza di vedere concretizzarsi un duraturo connubio artistico - il compositore delinea tutta la dimensione uditiva dell’opera, che nella visione di Yamada ha la stessa importanza di quella visiva. Ushio arricchisce ogni singola scena con un tappeto sonoro a base di ambient, field recording e minimalismo, attingendo a una serie di campionamenti registrati nella stessa scuola di Kyoto in cui sono ispirati gli eventi, pur di restituirne il vibrante realismo della messinscena. La ricchezza del sound design è mesmerizzante, i timbri sonori penetrano sottopelle, e la qualità del registro acustico è palpabile anche nel semplice rumorismo d’ambiente, che accompagna costantemente le immagini: passi, scatti di porte, l’acqua che scorre da un rubinetto, le foglie trascinate dal vento, il monotono pulsare di un ventilatore.
Liz and the Blue Bird, per quanto affine alle storie care alla Kyoto Animation, va a porsi su un pianeta a sé stante, ancor più che il precedente (e già stilisticamente sofisticato) La forma della voce. La ricercatezza registica e la potenza del suo intimo immaginario si distaccano coraggiosamente da tutta l’opera dello studio d’animazione di Kyoto, notoriamente devoto al proprio peculiare stile consolidato negli ultimi tre lustri di attività; e Naoko Yamada, ad appena trentaquattro anni di età, appare l’unica personalità nell’azienda dotata della consapevolezza, del talento e della leadership necessari per spingere la propria arte verso territori sempre nuovi e inesplorati. Sound! Euphonium è ormai solo un lontano parente, e il concorso nazionale per il quale l’orchestra si sta preparando non è che un vago concetto che rimarrà distante; Liz and the Blue Bird è un mondo a sé, una piccola storia di adolescenza e amore raccontata in punta di piedi, un microcosmo narrativo carico di nostalgia e bellezza inconfessata. Un film che certamente mai verrà associato alle grandi produzioni che negli ultimissimi anni stanno facendo (ri)scoprire l’animazione giapponese al pubblico internazionale; ma personalmente memorabile, in quanto opera che consacra in modo definitivo la sua autrice come indiscutibile artista del cinema. In attesa di scoprire verso che orizzonti si dirigerà in futuro.
Il delicatissimo incipit, della notevole durata di quasi sei minuti, cristallizza un’istantanea assoluta di cosa sia Liz and the Blue Bird (リズと青い鳥, “Liz to Aoi Tori”). Una fotografia sbiadita di un fugace momento nella vita di due adolescenti, un film dove la percezione emotiva prende il sopravvento sul racconto, un capolavoro di comunicazione sensoriale che rappresenta il punto culminante della “poetica delle piccole cose” dello studio Kyoto Animation, filtrata dall’occhio e dalla voce di una delle personalità più genuinamente talentuose, per quanto non troppo conosciuta, dell’intera industria: la regista Naoko Yamada.
Il film ci cala nella vita quotidiana di due ragazze, Mizore e Nozomi, giunte ormai al loro ultimo anno nel liceo Kitauji: mentre la fine del percorso scolastico è ormai alle porte e si avvicina il momento delle scelte, le due amiche fanno parte della banda scolastica e studiano insieme in vista del concorso nazionale tra scuole. Il brano che l’orchestra sta preparando è una composizione ispirata alla fiaba L’uccellino azzurro: un racconto che sembra quasi una metafora del legame che unisce le due ragazze.
Yamada confeziona un’opera che può dirsi un passo avanti in ogni direzione rispetto al precedente La forma della voce, che ne condivideva gran parte dello staff. Liz and the Blue Bird è un film che tocca le corde più intime delle relazioni interpersonali, una piccola storia sulla capacità delle persone di comunicare e connettersi tra loro. Le due protagoniste del film sono come due facce della stessa medaglia: Nozomi è una ragazza solare, innamorata della vita e della musica; nel momento in cui conosce l’introversa Mizore e le propone di partecipare allo stesso club scolastico tirandola fuori dalla dimensione ovattata in cui vive, per lei diventa un faro nella nebbia, un punto fermo su cui appoggiarsi. E come asserisce la stessa Yamada «l’esistenza di Nozomi per Mizore è il mondo intero, e quindi la forma del suo amore verso Nozomi non coincide con la forma dell’amore di Nozomi verso Mizore». Un “amore”, quello di Mizore, che lega le due ragazze in modo indissolubile, a dispetto delle loro personalità diametralmente differenti e - di rimando - dei sentimenti dissimili che provano l’un l’altra.
Concepito come spin-off della serie televisiva Sound! Euphonium e sceneggiato dalla veterana Reiko Yoshida, Liz and the Blue Bird è un’opera che si prende numerosi rischi: il film prende parte a un franchise già popolare e affermato, ma il suo approccio autoriale e la vena registica per alcuni versi sperimentale ne fanno un prodotto considerevolmente differente, sia nella forma che negli intenti.
Il character designer Futoshi Nishiya ripensa completamente la caratterizzazione grafica dei personaggi, scolpendone forme più lunghe, sinuose e mature; lo slancio delle figure e la delicata semplicità dei volti consentono al team di animatori di realizzare quella che è una vera e propria lezione di character acting, un lavoro di animazione delle movenze del corpo di rara complessità e minuzia. Yamada e Nishiya, come nel precedente La forma della voce, pongono un’attenzione straordinaria nell’arte del mettere i disegni in sequenza: alcuni dei momenti più significativi del film riescono a veicolare la più realistica pressione emotiva senza che alcuna parola sia proferita, e non a caso i primissimi piani sono tra le inquadrature più utilizzate, per mettere in risalto il fulgore degli occhi e le dettagliatissime espressioni facciali. La comunicazione è tutta affidata ai corpi, alle mani, agli sguardi: come nel climax del duetto tra l’oboe di Mizore e il flauto di Nozomi, che rappresenta il culmine di tutto il magistrale lavoro creativo e tecnico dello staff KyoAni, e si staglia tra le scene più intense e memorabili dell’annata.
La storia prende luogo interamente nella stessa location, la scuola Kitauji. Yamada sceglie tuttavia di far confluire il piano narrativo reale e quello fiabesco in un unico flusso, il cui punto d’unione risiede nella dimensione intimista del racconto. In particolar modo nel piano della fiaba avviene un radicale cambio di stile: la colorista Naomi Ishida accende il mondo di Liz utilizzando una palette dalle forti tinte pastello, e il direttore artistico Matsuo Shinohara configura i boschi e gli ambienti domestici con un’estetica mittel-europea che richiama quasi l’universo meisaku. Al contrario, lo spazio del mondo reale trova il suo punto di equilibrio in un minimalismo cromatico di rara consapevolezza compositiva, che verte su colorazioni più delicate e desaturate, come se fossero filtrate attraverso un vetro opaco; la scuola non è solo l’ambiente scenografico, ma è l’esteriorizzazione fisica, tangibile dei sentimenti delle due ragazze. Un elemento innovativo del film risiede proprio in come le regole della composizione spaziale siano alterate per sottrazione: Yamada frammenta l’immagine in cornici, forme e linee nei quali incastona i personaggi, utilizzando una vasta gamma di inquadrature irregolari; l’espediente del fuori campo è utilizzato con superba consapevolezza, e spesso i personaggi risultano coperti dall’oggettistica o posti in secondo piano rispetto all’ambiente circostante, per mettere in risalto la distanza che li separa.
Ma è grazie alla magistrale colonna audio a opera di Kensuke Ushio che Liz and the Blue Bird prende veramente vita. Alla sua seconda collaborazione con la regista - nella speranza di vedere concretizzarsi un duraturo connubio artistico - il compositore delinea tutta la dimensione uditiva dell’opera, che nella visione di Yamada ha la stessa importanza di quella visiva. Ushio arricchisce ogni singola scena con un tappeto sonoro a base di ambient, field recording e minimalismo, attingendo a una serie di campionamenti registrati nella stessa scuola di Kyoto in cui sono ispirati gli eventi, pur di restituirne il vibrante realismo della messinscena. La ricchezza del sound design è mesmerizzante, i timbri sonori penetrano sottopelle, e la qualità del registro acustico è palpabile anche nel semplice rumorismo d’ambiente, che accompagna costantemente le immagini: passi, scatti di porte, l’acqua che scorre da un rubinetto, le foglie trascinate dal vento, il monotono pulsare di un ventilatore.
Liz and the Blue Bird, per quanto affine alle storie care alla Kyoto Animation, va a porsi su un pianeta a sé stante, ancor più che il precedente (e già stilisticamente sofisticato) La forma della voce. La ricercatezza registica e la potenza del suo intimo immaginario si distaccano coraggiosamente da tutta l’opera dello studio d’animazione di Kyoto, notoriamente devoto al proprio peculiare stile consolidato negli ultimi tre lustri di attività; e Naoko Yamada, ad appena trentaquattro anni di età, appare l’unica personalità nell’azienda dotata della consapevolezza, del talento e della leadership necessari per spingere la propria arte verso territori sempre nuovi e inesplorati. Sound! Euphonium è ormai solo un lontano parente, e il concorso nazionale per il quale l’orchestra si sta preparando non è che un vago concetto che rimarrà distante; Liz and the Blue Bird è un mondo a sé, una piccola storia di adolescenza e amore raccontata in punta di piedi, un microcosmo narrativo carico di nostalgia e bellezza inconfessata. Un film che certamente mai verrà associato alle grandi produzioni che negli ultimissimi anni stanno facendo (ri)scoprire l’animazione giapponese al pubblico internazionale; ma personalmente memorabile, in quanto opera che consacra in modo definitivo la sua autrice come indiscutibile artista del cinema. In attesa di scoprire verso che orizzonti si dirigerà in futuro.