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Tokyo Revengers, opera di Ken Wakui. Takemichi Hanagaki, un ragazzo ventiseienne insoddisfatto e impaurito dalla vita stessa, scopre che la sua amica di infanzia Hinata Tachibana, oltre ad essere stata la sua prima ed unica fidanzata ai tempi delle medie, è stata uccisa. Il colpevole si pensa sia la gang di Tokyo più famosa e temibile di tutti i tempi, ossia la Tokyo Manji Gang. Takemichi ha qualche vago ricordo riguardo al periodo delle medie, quando faceva parte di questa banda di criminali ma che dopo il diploma ha deciso di abbandonare per intraprendere una vita inappagante. Finito il turno di lavoro si reca in stazione dove ad un certo punto viene spinto sui binari e un treno in corsa lo travolge. Un istante prima dell’impatto, Takemichi si ritrova 12 anni nel passato, quando Hinata è ancora viva. Da questo momento in poi la vita del nostro protagonista incomincia ad avere uno scopo, ossia quella di proteggere la sua amata a qualunque costo. Da questo momento in poi si avrà un alternarsi tra presente e passato attraverso appunto viaggi nel tempo che vengono innescati con una stretta di mano al fratello di Hinata, Naoto Tachibana. Quest’ultima è la prima persona a cui Takemichi rivela il suo potere e che successivamente nel presente diventerà un poliziotto sotto suo consiglio durante il primo balzo temporale. Assieme al protagonista formeranno un duo con l’unico scopo di salvare Hinata e risolvere il mistero che sta dietro la sua morte.
Lo stile di disegno è pulitissimo, con pochi tratti essenziali ma che risultano molto efficaci. Lo sfondo è sempre curato anche se non nei minimi dettagli e la qualità non cala col passare dei capitoli. Le scene dinamiche sono anch’esse molto pulite e capibili oltre che immersibili. Inoltre, si ha la presenza di tavole ad alto impatto emotivo che qualche lacrima te la fa strappare utilizzando molto spesso finestre intere. Unica nota dolente è lo stile e fisionomia dei personaggi dove alcuni non sembrano nemmeno delle medie ma delle superiori o adulti veri e propri.
Il problema di Tokyo Revengers, come in molti shonen, è che ha troppi personaggi e quando se ne hanno molti c’è il rischio che qualcuno abbia una scarsa caratterizzazione e profondità. Per fortuna si risente solo per pochi personaggi anche se sono apparentemente importanti e quindi non va ad inficiare del tutto l’opera. Le vicende tra i protagonisti sono ben orchestrate in “saghe” che ci permettono di conoscere sempre un qualcosa in più di loro e di come riescono a fare a cazzotti con i loro traumi del passato. La loro caratterizzazione non è profondissima, a tratti anche banale per via dei classici ideali da shonen come l’amicizia, il non arrendersi mai, sul provare e riprovare fino ad ottenere un qualcosa che ci soddisfi. Cose già viste insomma ma intavolate in modo egregio, che non stufa ed è questo il punto forte. Il ritmo non stanca, è rapido per via della presenza di poche finestre di dialogo e quelle poche presenti sono efficaci.
Tokyo Revengers è un ottimo prodotto shonen che ti fa emozionare e tifare per i protagonisti, specialmente per Takemichi (anche se alle volte lo vorresti pestare perché piange in continuazione). Oltre ai soliti temi citati, il più importante è la forza di cambiare noi stessi e di conseguenza gli altri. Avere e sfruttare una seconda chance che la vita ti propone per trasformarci ed uscire da un periodo apatico, grigio e insapore. Un’occasione di riprendersi una rivincita insomma. Infatti mi è piaciuto proprio per questo, per la forza che ti trasmette e la voglia di rimettersi in gioco. Attendo con ansia un buon finale.