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Attenzione: la recensione contiene spoiler

Introduzione e trama
Un breve spaccato di vita sulle tappe che la compongono e che ognuno di noi si ritrova a dover affrontare per andare avanti. La prima tappa è l'infanzia con la sua gioia, la sua spensieratezza. La seconda tappa è l'adolescenza con i suoi conflitti interni ed esterni, dove a poco a poco il sogno cede il passo alla realtà. Poi subentra la prima età adulta dove emergono le prime responsabilità pesanti e dove gradualmente si ha sempre meno tempo per sé stessi e forse anche per gli altri e si comincia a credere che la felicità non esista. Ma è veramente tutto qui? La nostra Aya ci dimostra che la vita è fatta sia di alti che bassi, ma che non con questo bisogna lasciarsi andare. Anzi ogni momento diventa un'istante prezioso da custodire per sempre e non dimenticarselo mai. La nostra protagonista va comunque avanti, nonostante l'assenza della madre e la perdita della gattina Mii e ci fa capire che la vita può presentare degli screzi, difficoltà, problemi; tuttavia che anche questi passano e che non sono la fine di tutto. Anzi sono il ponte di un nuovo inizio e di una riconciliazione che si ha sempre atteso.

Grafica
La grafica è ben curata, con la massiccia presenza di ombre che la rendono cupa, come a sottolineare l'atmosfera tragicomica della vicenda che viene rappresentata. Ma insieme all'ombra ci sta anche la luce come a ricordarci che ogni giorno è un nuovo inizio. In particolare questo unito ai primi piani su Aya e il padre e il gatto fanno tornare in mente un film della nostra infanzia che non potremo mai dimenticare, ovvero "La gabbianella e il gatto", tratto dalle storie di Luis Sepúlveda. Tuttavia le due opere sono distanti dal punto di vista grafico, visto che la prima è realizzata in CGI, mentre la seconda è stata realizzata quasi totalmente a mano.

Personaggi e dialoghi
I personaggi sono semplici e ordinari; ciononostante essi esprimono pensieri, punti di vista e opinioni dalla grande carica psicologica e morale che definiscono la loro visione e percezione del mondo e di conseguenza il loro approccio al mondo stesso. Essi vivono ogni attimo fino alla fine e da esso traggono il giusto insegnamento, insegnamento che poi trasmettono allo spettatore. Belli e importanti i flashback sul passato degli stessi; ci mostrano il loro vissuto e quindi capiamo il loro punto di vista. Ciò che desta l'attenzione è la voce narrante che sembra essere focalizzata sul gatto il quale guarda/osserva il comportamento degli esseri umani e poi muore. La pecca sta nel fatto che la voce narrante occupa la quasi totalità del tempo e dello spazio narrativo. Questo penalizza la vicenda: se la storia fosse stata più lunga forse sarebbe stata anche appropriata, poiché la voce narrante ha la funzione principale di spiegare gli eventi ribaltando la prospettiva. Invece qui essa assume un ruolo predominante e toglie quasi (simbolicamente) importanza ai protagonisti non dando loro voce e non permettendo loro di esprimere i loro sentimenti ed emozioni. Il gatto viene quasi del tutto accantonato.

Messaggi ed insegnamenti e giudizio finale
Sulla base di quanto detto in precedenza, affermo che la scelta di presentare questa vicenda sotto forma di cortometraggio vuole essere un invito a vivere la nostra vita al massimo in modo da non avere rimpianti in seguito e/o verso la fine di essa. Inoltre ci insegna che non è mai troppo tardi per ricominciare da capo e vivere una nuova vita in quella che si sta già vivendo. Ma soprattutto ci chiede di aver fiducia, perché le cose si aggiustano nel corso del tempo e così anche le persone.
Una storia breve, semplice, leggera, ma comunque godibile e dotata della giusta carica emotiva, sentimentale, psicologica. Questa storia sa sfiorare il cuore, l'anima, lo spirito e la mente delle persone infondendo speranza e fiducia nell'avvenire. Ma soprattutto ci invita a fermarci e a capire chi siamo.

Voto: 7,5