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Vincitore per la 2° volta al Festival di Venezia per quest'opera, il grande cineasta taiwanese Ang Lee decide di delineare una singolare vicenda d’amore tratta dal romanzo di Eileen Chang.

Entriamo così nel vivo di una contorta missione di spionaggio che vede coinvolta la giovane Chia Chi, incaricata sotto mentite spoglie di avvicinare il signor Yee, agente speciale in combutta con gli invasori giapponesi, nella Shangai degli anni ’40.
Il già pericoloso incarico raggiungerà svolte inaspettate quando Chia Chi, per entrare ancor più "a contatto" col suo obiettivo, intreccerà una relazione fatta principalmente di rapporti carnali che sfoceranno in qualcosa di più grande e sconvolgente per tutti.

Come sempre la regia di Lee è chiara e precisa, illustrando bene le motivazioni della scelta della ragazza di sottoporsi a questa missione, prima agendo in maniera indipendente con dei compagni di università, e poi come incaricata ufficiale della resistenza.
E in questo illustra molto bene anche la situazione storica dell’epoca, soprattutto grazie alle grandi scenografie e ai costumi riprodotti in modo altamente fine ed elegante.
Il tutto poi è retto più che ottimamente dai due interpreti principali, con l’esordiente Tang Wei ad incarnare la determinazione della bella Chia Chi, in continua balia degli eventi in cui è lasciata a sé stessa ma risultando pienamente convincente nella sua recita per conquistare il freddo e rigoroso Yee, reso altrettanto eccellentemente dal grande Tony Leung.

Il punto centrale è raggiunto proprio dall’impressionante modo di riprendere le scene d’amore, aspetto su cui si è dibattuto di più, e che vengono restituite in modo assolutamente grandioso, al punto da risultare dannatamente reali, crude e intense, ma in grado così di rivelare pienamente i caratteri dei due personaggi e il senso in cui la loro relazione evolverà, andando ben oltre il contatto fisico.

La pecca a mio dire più evidente è l’aver ravvisato una messinscena meno incisiva e articolata rispetto agli altri titoli di Lee, sia orientali che internazionali, risultando ben orchestrata e precisa nonostante tutto, ma a mio dire con un tocco più mainstream e pochi guizzi autoriali, ma che non affossa comunque un prodotto che riesce ad essere intrigante e con una propria identità, portando a notevoli considerazioni sulla natura dei rapporti umani visti in ogni modo, con l’opprimente scontro tra oppressione, rispetto e libertà stretti in un giogo letale, in cui la possibilità di aprirsi assume i connotati più completi e significativi.