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Nell’immaginario collettivo, il nome di Akira Toriyama è inesorabilmente associato a quello di “Dragon Ball”, il manga che ha rivoluzionato per sempre il genere del battle shounen e ha fatto breccia nei cuori di milioni di lettori in giro per tutto il mondo. Negli anni, “Dragon Ball” ha acquisito talmente tanto prestigio da assurgere a franchise vero e proprio, che continua ancora oggi, nonostante la prematura scomparsa del suo ideatore, a godere di enorme fama, merito delle continue ristampe dell’opera cartacea e delle nuove serie televisive animate che escono periodicamente. La lente d’ingrandimento costantemente puntata su “Dragon Ball” ha, però, avuto un effetto negativo: il quasi totale disinteresse dei lettori e della critica nei confronti degli altri fumetti di Toriyama che, a differenza di quanto credono in molti, non ha passato tutta la sua vita a disegnare e sceneggiare le avventure di Goku e dei suoi compagni. Nel novero delle suddette opere, che in Italia ha goduto di una discreta fortuna grazie al cartone animato, c’è proprio “Dr. Slump & Arale”, manga pubblicato in Giappone dal 1980 al 1984 sulla rivista Weekly Shōnen Jump.

Senbee Norimaki, noto anche con il soprannome di "Dr. Slump" (traducibile all'incirca come "dottor catastrofe"), è un inventore scapolo di ventotto anni maniaco delle donne che abita nel piccolo paese di Penguin Village (il Villaggio Pinguino), situato sull'isola di Gengoro. Egli crea un sacco di invenzioni più o meno utili ma quasi sempre bizzarre, la più importante delle quali è Arale, un robottino dall'aspetto di bambina. Arale è indistinguibile da una persona vera, al punto di soffrire persino di miopia, e per questo Senbee la spaccia per la sua sorellina tredicenne. L'ingenuità di Arale, dovuta al fatto che ovviamente non conosce nulla del mondo esterno, unita alla sua incredibile forza fisica (implementata per errore dal dottore), saranno una fonte inesauribile di guai per Senbee e tutti gli abitanti del Villaggio Pinguino.

“Dr. Slump & Arale” ha rappresentato per me una lettura rivoluzionaria. Fino a questo momento, i manga in cui mi sono cimentato sono stati sempre, o quasi, impegnati e impegnativi. Letture che hanno richiesto, da parte mia, una certa attenzione, al fine di prevenire incomprensioni di trama e vuoti di memoria futuri – la mia mente ha la brutta abitudine di dimenticare ciò che non le viene inculcato per bene e con ostinazione –. Con “Dr. Slump & Arale”, questo problema, se così vogliamo definirlo, non si è minimamente posto perché, a ben vedere, una trama vera e propria, nell’accezione in cui la intendiamo noi, il manga non ce l’ha. La sua natura è fortemente episodica e, soprattutto, non ha nessun intento didascalico o allegorico, l’unico obiettivo che Toriyama si è posto nel disegnare questo manga è stato quello di far divertire i lettori, offrendo loro un prodotto leggero e simpatico. Per me, quindi, “Dr. Slump & Arale” è stato il primo caso di lettura fatta e portata a termine per il puro gusto di leggere, in quanto manga nato con l’intento chiaro e genuino di intrattenere. Non che questo con gli altri fumetti non accada, semplicemente nessuno di essi è riuscito a trasmettermi la spensieratezza provata sfogliando – in maniera figurata – le pagine dell’opera di Toriyama. La struttura a capitoli autoconclusivi, almeno per il sottoscritto, non ha mai rappresentato un problema, perché, soprattutto all’inizio, vedere il dottor Senbee alle prese con le sue geniali creazioni mi ha divertito parecchio. Inoltre, col trascorrere dei volumi, è anche vero che la narrazione si fa sempre più corale, diversi nuovi personaggi vengono introdotti e Toriyama inizia a disegnare degli autentici mini-archi narrativi della durata di qualche capitolo che, chiaramente, intrattengono meglio dei semplici episodi autoconclusivi. Col passare degli anni, inoltre, si assiste ad una maturazione nella scrittura del sensei, ben visibile proprio nei volumi della sua opera, che egli stesso si è divertito a disseminare, soprattutto nelle pagine extra disegnate tra un capitolo e l’altro, di curiosità e fun facts riguardanti la sua persona. Al termine della lettura di “Dr. Slump & Arale”, posso infatti dire di conoscere un po’ meglio Toriyama: era uno scansafatiche – il che è da sempre un fatto noto –, un grandissimo amante delle macchine e dei modellini ed ha vissuto tutta la sua vita nella campagna giapponese.

Oltre a questo, però, “Dr. Slump & Arale” è anche un manga pieno zeppo di citazioni tratte da altre opere, comprese quelle del sensei – che se l’è spassata a interferire continuamente con la quarta parete –, e riferimenti a personaggi e situazioni realmente esistenti o esistite. Impossibile non citare, a tal proposito, la travagliata e complessa relazione lavorativa con il suo redattore, Torishima, che compare sia nelle pagine extra di cui sopra, intento a cestinare i capitoli disegnati con enorme solerzia da Toriyama, sia nei capitoli veri e propri nelle vesti del temibile dottor Mashirito. In assenza di una storia che possa chiamarsi tale, infatti, i pilastri di questo fumetto sono proprio i personaggi, per la stragrande maggioranza campagnoli caciaroni ed ingenui. Senbee, ovvero il Dr. Slump, per quanto sia un genio indiscusso – non è una battuta –, è e resta un maniaco sessuale che si diverte a leggere le riviste sporcellose e a sbirciare sotto o attraverso – merito di una delle sue stravaganti invenzioni – i vestiti delle gentil donzelle. La professoressa Midori è completamente fusa di cervello e possiede un quoziente intellettivo di molto al di sotto della media, il che mi ha spesso portato a domandarmi come possa lei insegnare in una scuola. Akane è una teppistella un po’ fuori di testa e con atteggiamenti da maschiaccio. Taro è un fervente appassionato di donne e sport, eppure fa cilecca in entrambi, il che basta a farvi inquadrare il personaggio; mentre l’unico più assennato è il suo fratellino, Pisuke, che infatti viene costantemente deriso dagli amici, specialmente per la sua altezza. Tra tutti, però, la più ingenua di tutti è la protagonista, Arale, la simpatica robottina creata da Senbee ma che i suoi amici credono una bambina in carne ed ossa. Nonostante il suo cervello fatto di ingranaggi dovrebbe consentirle di eccellere in qualsiasi cosa, si diverte a giocare con le cacche trovate per strada e a scorrazzare, provocando ingenti danni, per il Villaggio Pinguino in compagnia di Gacchan, a mani basse il mio personaggio preferito del manga. Un essere di cui non si conosce il sesso, che possiede ali per volare e l’unica parola che sa pronunciare è “gupi”, questa è Gacchan, a cui ci si riferisce per tutta la durata del manga con aggettivi e pronomi al femminile. Un personaggio che soltanto Toriyama avrebbe potuto ideare e che è entrato nel mio cuore soprattutto per il design che il sensei ha scelto per lei, quello dell’infante carina e coccolosa con lo sguardo puro ed innocente. D’altronde, credo che tutti abbiamo una piccola Gacchan dentro di noi. Sicuramente ce l’hanno gli abitanti dello strampalato Villaggio Pinguino, in cui gli edifici parlano e gli animali pure, la patente – argomento molto caldo in questi giorni – può essere presa in un giorno, i mostri esistono e le stagioni si susseguono ad un ritmo frenetico. Un villaggio in cui il divertimento è all’ordine del giorno e, onestamente, non ricordo di aver mai riso tanto leggendo un manga e le storie raccontate al suo interno.

La chiusa di questa recensione è inevitabilmente il mio consiglio a recuperarvi questo gioiello della produzione di Toriyama, condito da innumerevoli trovate geniali e impreziosito dal suo tratto unico ed inconfondibile, che riconoscerei anche alla fine dell’universo.

Ciriciao e grazie di tutto, sensei.