logo AnimeClick.it

9.0/10
-

Il tempo è qualcosa che si trova da sé.

Per chi non lo sapesse, “Steins;Gate” è il mio anime preferito in assoluto e credo che ciò non cambierà mai, neanche nel futuro più remoto. Ciononostante, il mio rapporto col il franchise legato al nome della serie televisiva animata, prodotta dalla Nitroplus in collaborazione con 5pb., non è poi così profondo. Sicuramente, se le ricerche condotte in rete non mi ingannano, ho preso visione, in alcuni casi più di una volta, di ogni prodotto animato afferente a “Steins;Gate” uscito a partire dal 2011, anno di lancio della serie originale. Per quanto, poi, non rifuggo completamente l’idea che qualcosa possa essermi sfuggito. Lo stesso discorso vale per le due versioni a fumetti, di cui a casa ho i volumi che non sfoglio da tempo immemore, colpa della pessima trasposizione di “Steins;Gate”, che non mi invoglia praticamente mai a riprendere in mano il manga. Per quel che riguarda le visual novel, ovvero i prodotti principali, soltanto negli ultimi tempi mi sto seriamente impegnando nel recuperarle, anche se non rappresentano il mio modello ideale di videogioco, essendo io un soul player dall’indole aggressiva che necessita della libertà che solo gli open world sanno dare. Ecco, a volerlo dire in termini matematici: la mia conoscenza di “Steins;Gate”, a cui si potrebbe aggiungere quella di “Steins;Gate: The Movie - Load Region of Deja Vu”, è inversamente proporzionale a quella di qualsiasi altro prodotto - animato, a fumetti o videoludico che sia -, inerente al franchise. Questo discorso, ovviamente, si applica anche a “Steins;Gate 0”, anime che ho sempre ritenuto inferiore al suo predecessore, oltre che più complesso e pesante. Non a caso, al tempo del penultimo rewatch di “Steins;Gate” decisi di non prendere visione di “Steins;Gate 0”, anche per paura che potesse avere effetti negativi sulla mia persona. Oggi, però, a distanza di anni, ho finalmente avuto il “coraggio” di riguardarlo e recensirlo, vincendo il mio timore e, soprattutto, la mia negligenza cronica.

Il futuro è di chi è pronto ad agire di propria iniziativa.

“Steins;Gate 0” è ambientato nella linea di universo beta, quella in cui Rintarō Okabe non è riuscito a salvare Kurisu Makise, finendo invece per ucciderla. Colto dalla disperazione, Okabe smette di comportarsi come "Kyōuma Hōuōuin" e continua ad essere tormentato dai flashback della morte di Kurisu. I membri del laboratorio sono preoccupati per il loro leader e amico che, sotto consiglio di Mayuri, comincia un trattamento presso una clinica della salute. La sua vita torna, però, ad essere stravolta quando, nel bel mezzo di un seminario universitario, incontra il professore e supervisore della ricerca di Kurisu, Alexis Leskinen, e la sua assistente, Maho Hiyajo. Kurisu ha lavorato nel loro stesso laboratorio all'Università Victor Chondria, studiando le intelligenze artificiali - argomento a proposito del quale “Steins;Gate 0” aveva dimostrato, tempo fa, di essere avanti anni luce. Da loro viene a sapere del sistema "Amadeus", che può incamerare la memoria di un essere umano e creare una sua emulazione. Così, la vita di Rintarō cambia completamente quando Leskinen gli chiede di diventare un tester nell'interazione con Amadeus, permettendogli di entrare in contatto con le memorie di Kurisu raccolte nel sistema. Come tester, Rintarō ha la possibilità di parlare con "Kurisu" usando un'applicazione sul cellulare e, con il susseguirsi delle conversazioni, così com'era accaduto nella linea di universo alfa, la loro relazione comincia a rafforzarsi - non vi suona incredibilmente attuale? Ciononostante, egli non riesce a dimenticare l'angoscia che lo attanaglia e, anzi, la presenza di Kurisu Amadeus è unicamente fonte di dolore e tristezza per Okabe, che inizia ad allontanarsi sempre di più dai suoi amici di carne ed ossa.

Il futuro non è scritto sulla pietra, non arrendetevi, di certo troveremo una soluzione.

Inutile negarlo: “Steins;Gate 0” vive parecchio dei fasti della serie televisiva originale, da cui riprende personaggi e situazioni a cui è indissolubilmente legata, come lo sono le linee di universo alfa e beta. In quest’ultima, Okabe non è riuscito a salvare Kurisu e vive perennemente nel rimorso. Da qui si snoda il tema principale della serie televisiva animata: la depressione, o sofferenza - datele il nome che più vi aggrada - del protagonista. Pur essendo riuscito a salvaguardare la vita di Mayuri, infatti, Okabe non riesce in alcun modo a trovare la felicità, fosse anche sotto forma di estemporanea serenità. L’assenza di Kurisu è fin troppo pesante da sostenere e la presenza di Suzuha, che vuole convincerlo a tornare indietro nel tempo per provare a salvare la donna amata un’ultima volta, non è di giovamento alla situazione già precaria in cui si trova. Nonostante il rammarico, infatti, Okabe non è più disposto ad interferire con il tempo, per paura di dover rivivere quel loop di morte che ha coinvolto Mayuri nella linea di universo alfa. Scherzare con il tempo può essere estremamente pericoloso, e questo Okabe lo ha duramente imparato a proprie spese. In maniera molto matura e forse anche un po’ testarda, egli cerca di convivere quotidianamente con la decisione presa e continuare in questo modo la sua vita, ma è più facile a dirsi che a farsi. L’anime pone così lo spettatore dinanzi a un grande quesito: quanta influenza esercitano le scelte che prendiamo quotidianamente, su noi stessi e sulle persone che ci stanno intorno? Quanto può essere spiacevole trovarsi dinanzi a una strada a due uscite, sapere di poterne scegliere solo una e non avere il modo di tornare sui propri passi? Certo, così è la vita, penserete voi. La stessa vita che ci mette perennemente, costantemente davanti a dei bivi, a delle scelte da compiere e, quando queste sono state prese, non ci consente in alcun modo di tornare indietro. La maturità, come l’anime vuole insegnare, consiste proprio nell’imparare a convivere con queste decisioni, per giuste o sbagliate che possano rivelarsi in futuro. D’altronde, a differenza di Okabe e dei suoi amici, nessuno di noi è dotato di una macchina del tempo.
Da questo punto di vista, il personaggio di Okabe viene ad essere maggiorente “umanizzato” in “Steins;Gate 0”, che impartisce allo spettatore una lezione incredibilmente dura ma altrettanto istruttiva. Come chiunque di noi dopo aver preso una decisione che potrebbe cambiargli la vita, Okabe è attanagliato dai dubbi, dagli interrogativi e dalle speranze. Okabe soffre maledettamente per la scelta che ha compiuto, e questa sofferenza viene proiettata sullo spettatore che, ad un certo punto, potrebbe cominciare ad avvertire una certa pesantezza, come accaduto al sottoscritto. Non soltanto questo, perché al termine del rewatch dell’anime mi sento anche di criticare l’atteggiamento di Okabe, che in alcune situazioni è suonato troppo arrendevole e lagnoso alle mie orecchie. Il troppo stroppia e, in alcuni frangenti, il suo dolore è portato all’esasperazione. Ciononostante, il bellissimo messaggio di fondo resta. Una volta che una decisone è stata presa, non è più possibile tornare indietro, inutile lamentarsi di ciò che stato e interrogarsi su ciò che avrebbe potuto essere. Il presente è uno solo e come tale va vissuto.

Al netto del cambiamento di Okabe, gli altri personaggi principali sono sostanzialmente identici nei modi e nei comportamenti a quelli di “Steins;Gate”. Ovviamente, il ventaglio viene ad ampliarsi con l’aggiunta di alcune new entry, nessuna delle quali - mi duole ammetterlo - riesce a sostituire degnamente Kurisu. Uno dei punti forti della serie originale è rappresentato dalle interazioni tra la studentessa prodigio e lo scienziato pazzo e, quindi, mancando sostanzialmente entrambi, “Steins;Gate 0” è manchevole di quel brio che soltanto la coppia Kurisu-Okabe avrebbe potuto conferirle. Di contro, un grande apprezzamento va sicuramente al villain della serie, ben costruito e infame al punto da riuscire a farsi odiare con tutto il cuore da almeno l’80% degli spettatori della serie - il restante 20 % mente spudoratamente.

L’ultima grande differenza risiede nella fruibilità della storia. Mi spiego meglio. Per quanto la trama di “Steins;Gate” sia incentrata quasi unicamente sui viaggi nel tempo, non l’ho mai considerato un anime difficile da seguire. Tutto sommato, i ragionamenti sono sempre tornati e i paradossi evitati di gran carriera. Il discorso si complica leggermente per “Steins;Gate 0”. Non sono state poche le circostanze in cui ho notato delle incongruenze o, più semplicemente, lacune banali, precisazioni non fatte o passaggi mancati. Elementi che influiscono negativamente, seppur non in maniera decisiva, sulla comprensione generale di ciò a cui si assiste. Su questo, però, sono disposto a chiudere entrambi gli occhi. Per quanto sia un argomento affascinante, il viaggio nel tempo resta una mera teoria, per di più incompleta e inattuabile. Pretendere coerenza assoluta sarebbe follia. Personalmente, mi accontento dello stadio di interdipendenza che gli ideatori della visual novel sono riusciti a raggiungere.

Tecnicamente, “Steins;Gate 0” si mantiene sugli stessi livelli di “Steins;Gate”, da cui “ruba” spudoratamente anche le musiche fantastiche. L’OST resta, a ragione, “Fake Verthandi”, ri-arrangiata in innumerevoli salse diverse; mentre cambia l’opening, “Fatima” di Kanako Ito, impressionante come “Hacking to the Gate”, ma non ugualmente iconica. Estremamente intelligente, invece, l’idea di ammodernare il character design, ben visibile nell’outfit di alcuni dei personaggi della serie originale.

Al netto delle problematiche fin qui evidenziate, però, c’è parecchio altro di estremamente positivo, momenti che resteranno indelebili nella mia memoria, come i riferimenti e collegamenti con la serie televisiva originale, il ripetersi della scena della donna in tuta nera e casco integrale che varca la soglia del laboratorio, le scritte rosse da brividi sulle pareti di “quella” cella, il rapporto controverso tra Kurisu e Maho, Mozart e Salieri, la risoluzione finale di Okabe e, diciamocela tutta, anche un discreto fanservice inaspettato ma gradevole. Questo è ciò che resta veramente al termine della visione di “Steins;Gate 0”, anime che occuperà sempre un posto speciale nel mio cuore.

Di nuovo, come in occasione della recensione di “Steins;Gate”, ho scritto tanto e, probabilmente, non sono riuscito ad esprimere tutto quello che sento dentro di me. Sapevo che parlando di “Steins;Gate 0” sarei incappato in questo problema, ma, d’altronde, per raccontare una grande serie televisiva, ci vuole una grande penna e, onestamente, non mi ritengo ancora tale.