Ponyo sulla scogliera
Ormai sto recuperando tutto il materiale uscito dallo studio Ghibli, e quindi non poteva mancare “Ponyo sulla scogliera”, opera molto divisiva del grande maestro Miyazaki.
Alcuni hanno bocciato quest’opera perché, vedendola, sono stati delusi dal fatto che è diretta ai bambini, e di conseguenza tratta le tematiche importanti con leggerezza, e non caratterizza a sufficienza i personaggi.
Ora, che le varie tematiche, in primis l’ecologismo relativo all’uomo che usa i mari come cestino per rifiuti, non siano trattate che con un breve accenno è verità, ma d’altronde dobbiamo capire che ormai il cinema è fatto da persone che ti vogliono vendere un film, così come la letteratura è fatta da chi ti vuole vendere un libro: ciò porta a diminuire i momenti riflessivi dell’opera (di solito considerati noiosi dai lettori, ma che possono servire all’autore per introdurre una situazione), per puntare tutto sull’azione.
E qui viene fuori la bravura del maestro Hayao Miyazaki, il quale ti crea una fiaba con personaggi che possono sembrare reali: Sosuke e Ponyo possono essere mentalmente davvero bambini di cinque anni che si avventurano in un mondo che ancora non conoscono, forti della loro amicizia.
Anche io come molti ho creduto all’inizio di trovarmi di fronte a una rivisitazione de “La sirenetta” di Andersen, ma subito ho capito che a parte una lieve ispirazione la storia è molto diversa, e a renderla diversa sono le azioni dei personaggi. Ponyo all’inizio non arriva sulla terra perché è innamorata di Sosuke, quanto piuttosto perché vuole fuggire dalle mani di Fujimoto, un ex stregone umano che ora abita le profondità marine, e casualmente viene salvata da un bambino di cinque anni. Fujimoto sembra all’inizio cattivo, perché tiene prigioniere le figlie, ma si scopre che, se queste escono dal mare, causano tsunami che devastano le coste, facendo danni e morti.
Personaggi più simpatici sono le nonnine che abitano la casa di cura dove lavora Risa, la madre del protagonista maschile: di fatto, invecchiando, Miyazaki ha cominciato a usare personaggi anziani. In questo caso, sebbene criticato da alcuni, queste anziane non sono utili alla narrazione, e, anche se sono una divagazione, per me sono molto ben riuscite.
Certo, qui veniamo ad un’altra critica: il film è lungo e alcune scene sono messe a caso. Io non credo. Non esistono film esenti da questa possibile critica, ma a volte questi camei risultano inutili al fine della trama ma molto carini: io sono convinto che molta arte possa allora essere criticata per ciò... molti hanno fatto come esempio di inutilità la storia dei genitori in barca, che in realtà a me sembra addirittura educativa, con la mamma che spiega come mangia il bambino che porta in braccio.
Per quanto riguarda poi le scenografie, la regia, la musica e i colori, tutto è perfetto!
Insomma, il mio voto è otto: consigliato ai più piccoli e a chi come me ama ancora le fiabe!
Alcuni hanno bocciato quest’opera perché, vedendola, sono stati delusi dal fatto che è diretta ai bambini, e di conseguenza tratta le tematiche importanti con leggerezza, e non caratterizza a sufficienza i personaggi.
Ora, che le varie tematiche, in primis l’ecologismo relativo all’uomo che usa i mari come cestino per rifiuti, non siano trattate che con un breve accenno è verità, ma d’altronde dobbiamo capire che ormai il cinema è fatto da persone che ti vogliono vendere un film, così come la letteratura è fatta da chi ti vuole vendere un libro: ciò porta a diminuire i momenti riflessivi dell’opera (di solito considerati noiosi dai lettori, ma che possono servire all’autore per introdurre una situazione), per puntare tutto sull’azione.
E qui viene fuori la bravura del maestro Hayao Miyazaki, il quale ti crea una fiaba con personaggi che possono sembrare reali: Sosuke e Ponyo possono essere mentalmente davvero bambini di cinque anni che si avventurano in un mondo che ancora non conoscono, forti della loro amicizia.
Anche io come molti ho creduto all’inizio di trovarmi di fronte a una rivisitazione de “La sirenetta” di Andersen, ma subito ho capito che a parte una lieve ispirazione la storia è molto diversa, e a renderla diversa sono le azioni dei personaggi. Ponyo all’inizio non arriva sulla terra perché è innamorata di Sosuke, quanto piuttosto perché vuole fuggire dalle mani di Fujimoto, un ex stregone umano che ora abita le profondità marine, e casualmente viene salvata da un bambino di cinque anni. Fujimoto sembra all’inizio cattivo, perché tiene prigioniere le figlie, ma si scopre che, se queste escono dal mare, causano tsunami che devastano le coste, facendo danni e morti.
Personaggi più simpatici sono le nonnine che abitano la casa di cura dove lavora Risa, la madre del protagonista maschile: di fatto, invecchiando, Miyazaki ha cominciato a usare personaggi anziani. In questo caso, sebbene criticato da alcuni, queste anziane non sono utili alla narrazione, e, anche se sono una divagazione, per me sono molto ben riuscite.
Certo, qui veniamo ad un’altra critica: il film è lungo e alcune scene sono messe a caso. Io non credo. Non esistono film esenti da questa possibile critica, ma a volte questi camei risultano inutili al fine della trama ma molto carini: io sono convinto che molta arte possa allora essere criticata per ciò... molti hanno fatto come esempio di inutilità la storia dei genitori in barca, che in realtà a me sembra addirittura educativa, con la mamma che spiega come mangia il bambino che porta in braccio.
Per quanto riguarda poi le scenografie, la regia, la musica e i colori, tutto è perfetto!
Insomma, il mio voto è otto: consigliato ai più piccoli e a chi come me ama ancora le fiabe!
"Ponyo sulla scogliera" è un gioiello dell'animazione giapponese: Miyazaki, come sempre, ci regala un mondo fantasioso, dove la fantasia si mescola alla realtà.
Questo film è un inno al mare e anche all'amore puro e incondizionato tra un bambino e una creatura marina. Il legame tra Ponyo e Sosuke è puro, e rappresenta l'importanza della connessione con il mondo naturale che un uomo dovrebbe avere.
L'animazione è tradizionale ed è realizzata in un modo perfetto, per rendere ciò che deve essere espresso. I colori vivaci, i dettagli curati e le sequenze animate con maestria creano un mondo visivamente affascinante.
Esistono però dei difetti del film, la trama per esempio è un po' troppo semplificata, soprattutto per gli spettatori più grandi, vari punti del film hanno una trama troppo semplice e troppo infantile.
Inoltre, il messaggio ecologico, a mio parere importante, viene sottolineato in modo un po' troppo evidente, risultando didascalico a tratti e ad un certo punto inizia ad essere ridondante.
"Ponyo sulla scogliera" è un film che merita di essere visto, è una bella opera che fa emozionare e riflettere, anche se ha alcuni difetti abbastanza evidenti.
Questo film è un inno al mare e anche all'amore puro e incondizionato tra un bambino e una creatura marina. Il legame tra Ponyo e Sosuke è puro, e rappresenta l'importanza della connessione con il mondo naturale che un uomo dovrebbe avere.
L'animazione è tradizionale ed è realizzata in un modo perfetto, per rendere ciò che deve essere espresso. I colori vivaci, i dettagli curati e le sequenze animate con maestria creano un mondo visivamente affascinante.
Esistono però dei difetti del film, la trama per esempio è un po' troppo semplificata, soprattutto per gli spettatori più grandi, vari punti del film hanno una trama troppo semplice e troppo infantile.
Inoltre, il messaggio ecologico, a mio parere importante, viene sottolineato in modo un po' troppo evidente, risultando didascalico a tratti e ad un certo punto inizia ad essere ridondante.
"Ponyo sulla scogliera" è un film che merita di essere visto, è una bella opera che fa emozionare e riflettere, anche se ha alcuni difetti abbastanza evidenti.
Ultima opera del grandissimo Miyazaki, “Ponyo” (o “Ponyo sulla scogliera”) racchiude in sé tutti i più cari temi del Maestro: la radiosità dello sbocciare alla vita della piccola protagonista, la centralità della natura e la necessità di una vera unione tra uomo e ambiente, qualunque esso sia.
Inoltre, nelle differenze tra quest'opera di Miyazaki e due produzioni occidentali più o meno recenti che essa sembra richiamare (“La sirenetta” e “Nemo”), soprattutto per quanto riguarda la narrazione pura e semplice, scorgiamo in realtà la differenza prospettica che eleva di fatto l'opera in oggetto di analisi rispetto a questi due fac-simili per bambini realizzati in Occidente. È il contenuto filosofico di fondo, è il neanche tanto sottile fil rouge che accomuna e collega direttamente “Ponyo” a “La città incantata”, a “Laputa”, a “Totoro” e a tutti i personaggi che affollano la cinematografia geniale di questo regista.
Il tema dell'unione dei due mondi, il tema della promessa tradita dall'uomo a sé stesso. E quindi ogni geniale invenzione narrativa che vediamo soprattutto nella prima ora (la più felice della pellicola forse, perché più fruibile e simile a determinati schemi filmici ben noti), finisce per essere perfettamente funzionale e armoniosa. Ennesimo atto d'amore, insomma, al cinema e alla purezza dell'infanzia, allo sbocciare della vita come a un momento eletto in cui si può vedere meglio degli adulti, e infine all'atto d'amore stesso enunciato nel film e necessario per riconciliare i due mondi.
Un film leggero per come scorre sugli occhi, grazie ai suoi colori delicati e ‘pastellosi’. L'opera di per sé sembra semplice, soprattutto per alcuni tratti tecnici e narrativi. Ma allo stesso tempo è l'ennesimo pozzo senza fondo di significati (più o meno nascosti) che affondano le radici nelle tradizioni scintoiste nipponiche e ci giungono rafforzati nella propria valenza universale. Sottovalutato!
Inoltre, nelle differenze tra quest'opera di Miyazaki e due produzioni occidentali più o meno recenti che essa sembra richiamare (“La sirenetta” e “Nemo”), soprattutto per quanto riguarda la narrazione pura e semplice, scorgiamo in realtà la differenza prospettica che eleva di fatto l'opera in oggetto di analisi rispetto a questi due fac-simili per bambini realizzati in Occidente. È il contenuto filosofico di fondo, è il neanche tanto sottile fil rouge che accomuna e collega direttamente “Ponyo” a “La città incantata”, a “Laputa”, a “Totoro” e a tutti i personaggi che affollano la cinematografia geniale di questo regista.
Il tema dell'unione dei due mondi, il tema della promessa tradita dall'uomo a sé stesso. E quindi ogni geniale invenzione narrativa che vediamo soprattutto nella prima ora (la più felice della pellicola forse, perché più fruibile e simile a determinati schemi filmici ben noti), finisce per essere perfettamente funzionale e armoniosa. Ennesimo atto d'amore, insomma, al cinema e alla purezza dell'infanzia, allo sbocciare della vita come a un momento eletto in cui si può vedere meglio degli adulti, e infine all'atto d'amore stesso enunciato nel film e necessario per riconciliare i due mondi.
Un film leggero per come scorre sugli occhi, grazie ai suoi colori delicati e ‘pastellosi’. L'opera di per sé sembra semplice, soprattutto per alcuni tratti tecnici e narrativi. Ma allo stesso tempo è l'ennesimo pozzo senza fondo di significati (più o meno nascosti) che affondano le radici nelle tradizioni scintoiste nipponiche e ci giungono rafforzati nella propria valenza universale. Sottovalutato!
«Un bimbo e una bimba, amore e responsabilità, l’oceano e la vita: queste le realtà ritratte e semplificate in “Ponyo sulla scogliera”. Così ho voluto offrire la mia risposta alle afflizioni e alle incertezze dei nostri tempi.»
Così parlava il celebre regista giapponese, Hayao Miyazaki, a proposito del film da lui realizzato e trasmesso nelle sale cinematografiche nel lontano 2008, “Ponyo sulla scogliera”. Circa vent’anni dopo la pubblicazione di un capolavoro come “Il mio vicino Totoro”, Miyazaki ritorna al mondo fiabesco, da lui mai abbandonato, neanche nei lavori più impegnativi, ma lo fa in maniera più sistematica. Perché, se film come “Il castello errante di Howl” o “La città incantata”, pur presentando l’elemento fiabesco, vogliono comunicare messaggi densi e profondi, “Ponyo sulla scogliera” è una fiaba a tutti gli effetti, pensata per i bambini, ma comunque portatrice di significato e, per questo, adatta anche a quegli adulti a cui, ogni tanto, piace dare ascolto al fanciullino che è dentro di loro.
La storia narra le magiche vicende di Sosuke, un bimbo di cinque anni, che vive in cima a una scogliera. Una mattina, giocando sulla spiaggia sotto casa, trova Ponyo, una pesciolina rossa con la testa incastrata in un barattolo di marmellata. Sosuke la salva e la mette in un secchio di plastica verde pieno d’acqua. Tra i due nasce subito un legame forte e Sosuke promette alla pesciolina rossa che si prenderà cura di lei. Il padre di Ponyo, Fujimoto, però, ha piani ben diversi per la figlia, per questo la obbliga a tornare con lui nelle profondità dell’oceano. Nonostante i moniti del padre, Ponyo ha ormai deciso di voler diventare umana. Carica di determinazione, dunque, tenta la fuga. Prima di farlo, però, versa nell’oceano l’Acqua della Vita, la preziosa riserva di elisir magico di Fujimoto. L’acqua del mare si alza e uno tsunami inizia a imperversare. Le sorelle di Ponyo si trasformano in enormi onde dalla forma di pesce, ed è in sella a queste ultime che Ponyo si arrampica fino alla scogliera dove si trova la casa di Sosuke. Il caos sprigionato dall’oceano, ormai, avvolge il villaggio, che affonda sotto i flutti marini. Riusciranno un bimbo e una bimba, con amore e responsabilità, a salvare il mare e la vita stessa?
In una strabiliante ambientazione marina, con i suoi fondali vivaci, pieni di vita e abitati dalle creature più bizzarre che esistano, il sensei Miyazaki ci fa rivivere, almeno in parte e fortemente rivisitata, una fiaba senza tempo, come “La Sirenetta” di Hans Christian Andersen. Il mare esce dal consueto ruolo di paesaggio e diventa uno dei principali personaggi della storia. In questo, si può notare, a mio avviso, il legame con un altro dei film della mia infanzia, che mi ha segnato profondamente, “Alla ricerca di Nemo”. A differenza di quest’ultimo, però, “Ponyo sulla scogliera” vuole avere meno pretese, e non è un caso che venga classificato come film per bambini. Ma occhio alle apparenze, però, perché tendono a ingannare. In parte nel villaggio sul mare in cui vive Sosuke, chiaramente ispirato alla cittadina di Tomonoura, in parte nei profondi abissi marini, si sviluppano e prendono forma le vicende di due bambini legati insieme da una promessa, che entrambi sono pronti a rispettare fino in fondo. Quello tra Sosuke e Ponyo non sarà di certo amore, perché parliamo di due bambini di cinque anni, ma è un’amicizia fortissima, che bisognerebbe prendere ad esempio. Alle incertezze dei nostri tempi, si può solo ricorrere facendo leva sui legami indissolubili creati con quelle persone che sappiamo non ci tradiranno mai, un parente o un amico fedele. “Ponyo sulla scogliera” è, a tutti gli effetti, un inno all’amicizia sana e spontanea, che nasce nella diversità; una diversità che si impara a rispettare e apprezzare con il tempo. Come tutte le grandi pellicole di Miyazaki, però, “Ponyo sulla scogliera” è anche un inno alla natura e al mare, che ci dà la vita. Ancora una volta, il messaggio ecologista è forte nel regista giapponese, che, tra una pellicola e l’altra, è riuscito a sensibilizzare incredibilmente i suoi spettatori sul tema.
Come di consueto, le animazioni sono di una bellezza rara, e si nota la perizia dei poetici e, ormai sempre più rari, disegni fatti a mano. È dominante l’uso dei colori vivaci, su tutti, ovviamente, il blu del mare, che prende vita e si anima in quanto personaggio della storia. Eccezionale il character design, soprattutto quello di Sosuke e Ponyo, che ricalca la solita formula del semplice, ma efficace. Tra l’altro, è curioso notare come l’aspetto di Sosuke sia ricalcato su quello di Goro Miyazaki, figlio del sensei, all’età di cinque anni. Allo spartito, l’inimitabile Joe Hisaishi, a cui rinnovo il mio: “Grazie di esistere”. A chiudere, la perfetta colonna sonora “Gake no Ue no Ponyo” del gruppo folk Fujioka Fujimaki e cantata da Nozomi Ōhashi.
Partendo dal presupposto che i Ghibli andrebbero visti tutti, vi consiglio vivamente la visione di “Ponyo sulla scogliera”, ma solamente se siete disposti a tornare bambini per almeno due ore.
Così parlava il celebre regista giapponese, Hayao Miyazaki, a proposito del film da lui realizzato e trasmesso nelle sale cinematografiche nel lontano 2008, “Ponyo sulla scogliera”. Circa vent’anni dopo la pubblicazione di un capolavoro come “Il mio vicino Totoro”, Miyazaki ritorna al mondo fiabesco, da lui mai abbandonato, neanche nei lavori più impegnativi, ma lo fa in maniera più sistematica. Perché, se film come “Il castello errante di Howl” o “La città incantata”, pur presentando l’elemento fiabesco, vogliono comunicare messaggi densi e profondi, “Ponyo sulla scogliera” è una fiaba a tutti gli effetti, pensata per i bambini, ma comunque portatrice di significato e, per questo, adatta anche a quegli adulti a cui, ogni tanto, piace dare ascolto al fanciullino che è dentro di loro.
La storia narra le magiche vicende di Sosuke, un bimbo di cinque anni, che vive in cima a una scogliera. Una mattina, giocando sulla spiaggia sotto casa, trova Ponyo, una pesciolina rossa con la testa incastrata in un barattolo di marmellata. Sosuke la salva e la mette in un secchio di plastica verde pieno d’acqua. Tra i due nasce subito un legame forte e Sosuke promette alla pesciolina rossa che si prenderà cura di lei. Il padre di Ponyo, Fujimoto, però, ha piani ben diversi per la figlia, per questo la obbliga a tornare con lui nelle profondità dell’oceano. Nonostante i moniti del padre, Ponyo ha ormai deciso di voler diventare umana. Carica di determinazione, dunque, tenta la fuga. Prima di farlo, però, versa nell’oceano l’Acqua della Vita, la preziosa riserva di elisir magico di Fujimoto. L’acqua del mare si alza e uno tsunami inizia a imperversare. Le sorelle di Ponyo si trasformano in enormi onde dalla forma di pesce, ed è in sella a queste ultime che Ponyo si arrampica fino alla scogliera dove si trova la casa di Sosuke. Il caos sprigionato dall’oceano, ormai, avvolge il villaggio, che affonda sotto i flutti marini. Riusciranno un bimbo e una bimba, con amore e responsabilità, a salvare il mare e la vita stessa?
In una strabiliante ambientazione marina, con i suoi fondali vivaci, pieni di vita e abitati dalle creature più bizzarre che esistano, il sensei Miyazaki ci fa rivivere, almeno in parte e fortemente rivisitata, una fiaba senza tempo, come “La Sirenetta” di Hans Christian Andersen. Il mare esce dal consueto ruolo di paesaggio e diventa uno dei principali personaggi della storia. In questo, si può notare, a mio avviso, il legame con un altro dei film della mia infanzia, che mi ha segnato profondamente, “Alla ricerca di Nemo”. A differenza di quest’ultimo, però, “Ponyo sulla scogliera” vuole avere meno pretese, e non è un caso che venga classificato come film per bambini. Ma occhio alle apparenze, però, perché tendono a ingannare. In parte nel villaggio sul mare in cui vive Sosuke, chiaramente ispirato alla cittadina di Tomonoura, in parte nei profondi abissi marini, si sviluppano e prendono forma le vicende di due bambini legati insieme da una promessa, che entrambi sono pronti a rispettare fino in fondo. Quello tra Sosuke e Ponyo non sarà di certo amore, perché parliamo di due bambini di cinque anni, ma è un’amicizia fortissima, che bisognerebbe prendere ad esempio. Alle incertezze dei nostri tempi, si può solo ricorrere facendo leva sui legami indissolubili creati con quelle persone che sappiamo non ci tradiranno mai, un parente o un amico fedele. “Ponyo sulla scogliera” è, a tutti gli effetti, un inno all’amicizia sana e spontanea, che nasce nella diversità; una diversità che si impara a rispettare e apprezzare con il tempo. Come tutte le grandi pellicole di Miyazaki, però, “Ponyo sulla scogliera” è anche un inno alla natura e al mare, che ci dà la vita. Ancora una volta, il messaggio ecologista è forte nel regista giapponese, che, tra una pellicola e l’altra, è riuscito a sensibilizzare incredibilmente i suoi spettatori sul tema.
Come di consueto, le animazioni sono di una bellezza rara, e si nota la perizia dei poetici e, ormai sempre più rari, disegni fatti a mano. È dominante l’uso dei colori vivaci, su tutti, ovviamente, il blu del mare, che prende vita e si anima in quanto personaggio della storia. Eccezionale il character design, soprattutto quello di Sosuke e Ponyo, che ricalca la solita formula del semplice, ma efficace. Tra l’altro, è curioso notare come l’aspetto di Sosuke sia ricalcato su quello di Goro Miyazaki, figlio del sensei, all’età di cinque anni. Allo spartito, l’inimitabile Joe Hisaishi, a cui rinnovo il mio: “Grazie di esistere”. A chiudere, la perfetta colonna sonora “Gake no Ue no Ponyo” del gruppo folk Fujioka Fujimaki e cantata da Nozomi Ōhashi.
Partendo dal presupposto che i Ghibli andrebbero visti tutti, vi consiglio vivamente la visione di “Ponyo sulla scogliera”, ma solamente se siete disposti a tornare bambini per almeno due ore.
Un film semplice, ma allo stesso tempo complesso, di non facile interpretazione.
La trama è ordinaria nel suo svolgimento, ma anche molto profonda, visto che tratta dell'amicizia, e nello specifico di un'amicizia molto particolare, da cui in un certo senso dipende anche l'equilibrio del rapporto tra essere umano e natura. Sicuramente, il Maestro Miyazaki ha voluto sottolineare l'importanza di tale rapporto e di come questo debba essere sempre tenuto a mente e anche coltivato quotidianamente, per vivere sereni e felici.
La grafica, ovviamente, si distingue da quella di altri anime, per il fatto che i colori sembrano e/o sono fatti ad acquarello anziché in computer grafica, ed è questo uno dei tanti punti di forza del Maestro Miyazaki.
I personaggi sono semplici, ma è questa semplicità il centro della trama e della vita, che comunica leggerezza e vivere il presente, che rendono gradevole la visione del film.
Naturalmente, come in tutti i film di Miyazaki, il messaggio che traspare è il rispetto per la diversità; in particolare, in questo caso, è presente una certa nota ecologista, la quale ci suggerisce di avere più cura del nostro ambiente. Il film è sicuramente ispirato a "La sirenetta" di Andersen e alla omonima trasposizione cinematografica della Disney, con la quale esso condivide non solo la trama, ma anche la colonna sonora, la quale, a mio avviso, fa letteralmente venir voglia di "immergersi in fondo al mar", per assistere allo spettacolo della natura marina.
Questo, insieme alla presenza poi dei personaggi marini come i genitori della protagonista, ci ricorda che la Natura è un essere vivente, a marcare ulteriormente l'importanza di questa nota ecologista.
La trama è ordinaria nel suo svolgimento, ma anche molto profonda, visto che tratta dell'amicizia, e nello specifico di un'amicizia molto particolare, da cui in un certo senso dipende anche l'equilibrio del rapporto tra essere umano e natura. Sicuramente, il Maestro Miyazaki ha voluto sottolineare l'importanza di tale rapporto e di come questo debba essere sempre tenuto a mente e anche coltivato quotidianamente, per vivere sereni e felici.
La grafica, ovviamente, si distingue da quella di altri anime, per il fatto che i colori sembrano e/o sono fatti ad acquarello anziché in computer grafica, ed è questo uno dei tanti punti di forza del Maestro Miyazaki.
I personaggi sono semplici, ma è questa semplicità il centro della trama e della vita, che comunica leggerezza e vivere il presente, che rendono gradevole la visione del film.
Naturalmente, come in tutti i film di Miyazaki, il messaggio che traspare è il rispetto per la diversità; in particolare, in questo caso, è presente una certa nota ecologista, la quale ci suggerisce di avere più cura del nostro ambiente. Il film è sicuramente ispirato a "La sirenetta" di Andersen e alla omonima trasposizione cinematografica della Disney, con la quale esso condivide non solo la trama, ma anche la colonna sonora, la quale, a mio avviso, fa letteralmente venir voglia di "immergersi in fondo al mar", per assistere allo spettacolo della natura marina.
Questo, insieme alla presenza poi dei personaggi marini come i genitori della protagonista, ci ricorda che la Natura è un essere vivente, a marcare ulteriormente l'importanza di questa nota ecologista.
“Ponyo sulla scogliera” è un film controverso come nessun altro dello studio Ghibli. Di mezze misure non ve ne sono, per cui o è esaltato o è buttato dalla finestra. O nove o uno e, personalmente, mi iscrivo alla categoria di chi lo detesta.
È infatti la storia di Ponyo, una sorta di pesce rosso che vive nel mare e, fatta la conoscenza di un bambino di cinque anni, finisce con l‘innamorarsene, ricambiata. Ma la situazione si farà insostenibile, dato che, con i suoi poteri, Ponyo provoca, indipendentemente dalla sua volontà, delle terribili catastrofi, compreso l’avvicinamento della Luna alla Terra, che porteranno alla distruzione totale!
Per cui, si tratta di scegliere tra diventare una vera bambina, perdendo la magia, o tornare un pesce, rinunciando all’amore. Se tutto ciò vi sembrerà infantile, aggiungete la caratterizzazione dei personaggi, che è davvero da encefalogramma piatto, e il titanico spreco del padre di Ponyo. Costui infatti, come ogni padre, non vuole che la sua bambina si innamori, poiché era un umano, ma ha abbandonato l’umanità per vivere come un mago degli abissi o qualcosa del genere. Peccato che poi l’interessante capitano Nemo si perda per strada e dimentichi il suo odio.
Grafica e regia sono spettacolari, con tecniche particolari e splendide, regia da dieci e lode. Ma una scatola magnifica non può salvare un prodotto inesistente. Se poi, come me, avete avuto la sventura di vedere “Ponyo sulla scogliera” subito dopo aver visto “Princess Mononoke”, la doccia sarà doppiamente gelata. Eppure, non posso negare che anche i fan abbiano le loro ragioni. Effettivamente ci si può innamorare anche da bambini, vedi, per esempio, lo splendido e breve romanzo di Murakami “A sud del confine a ovest del sole” E i bambini non hanno le paure e i pregiudizi degli adulti, per cui possono baciare ET o gioire innanzi alle trasformazioni di Ponyo. Per non parlare dell’importanza del legame con gli anziani, che vengono regolarmente visitati alla casa di riposo. O all’irresponsabilità dovuta all’infantile ignoranza, per cui nessuno dei due si rende conto di stare distruggendo il mondo. Ma ciò, come insegna la fata madre, non ci esime dal lasciare ai nostri piccoli il compito di scegliere.
In breve, il film è ottimo per i bambini, ma, a differenza delle altre produzioni Ghibli, si è compiuto l’errore di non fare un film per tutti, ma solo per chi ha meno di dieci anni.
Come voto potrei appunto dare nove o uno e, dato che uno Studio Ghibli non può fare un kodomo senza avvisare, mi vedo costretto a dare uno.
È infatti la storia di Ponyo, una sorta di pesce rosso che vive nel mare e, fatta la conoscenza di un bambino di cinque anni, finisce con l‘innamorarsene, ricambiata. Ma la situazione si farà insostenibile, dato che, con i suoi poteri, Ponyo provoca, indipendentemente dalla sua volontà, delle terribili catastrofi, compreso l’avvicinamento della Luna alla Terra, che porteranno alla distruzione totale!
Per cui, si tratta di scegliere tra diventare una vera bambina, perdendo la magia, o tornare un pesce, rinunciando all’amore. Se tutto ciò vi sembrerà infantile, aggiungete la caratterizzazione dei personaggi, che è davvero da encefalogramma piatto, e il titanico spreco del padre di Ponyo. Costui infatti, come ogni padre, non vuole che la sua bambina si innamori, poiché era un umano, ma ha abbandonato l’umanità per vivere come un mago degli abissi o qualcosa del genere. Peccato che poi l’interessante capitano Nemo si perda per strada e dimentichi il suo odio.
Grafica e regia sono spettacolari, con tecniche particolari e splendide, regia da dieci e lode. Ma una scatola magnifica non può salvare un prodotto inesistente. Se poi, come me, avete avuto la sventura di vedere “Ponyo sulla scogliera” subito dopo aver visto “Princess Mononoke”, la doccia sarà doppiamente gelata. Eppure, non posso negare che anche i fan abbiano le loro ragioni. Effettivamente ci si può innamorare anche da bambini, vedi, per esempio, lo splendido e breve romanzo di Murakami “A sud del confine a ovest del sole” E i bambini non hanno le paure e i pregiudizi degli adulti, per cui possono baciare ET o gioire innanzi alle trasformazioni di Ponyo. Per non parlare dell’importanza del legame con gli anziani, che vengono regolarmente visitati alla casa di riposo. O all’irresponsabilità dovuta all’infantile ignoranza, per cui nessuno dei due si rende conto di stare distruggendo il mondo. Ma ciò, come insegna la fata madre, non ci esime dal lasciare ai nostri piccoli il compito di scegliere.
In breve, il film è ottimo per i bambini, ma, a differenza delle altre produzioni Ghibli, si è compiuto l’errore di non fare un film per tutti, ma solo per chi ha meno di dieci anni.
Come voto potrei appunto dare nove o uno e, dato che uno Studio Ghibli non può fare un kodomo senza avvisare, mi vedo costretto a dare uno.
"Ponyo sulla scogliera" è probabilmente uno dei film dello Studio Ghibli più controversi, e generalmente dopo la visione le correnti di pensiero sono due: da una parte chi lo detesta, ritenendolo un film per mocciosi piuttosto sconclusionato, dall'altra chi lo adora, e le vie di mezzo per questa pellicola sono rare da trovare. Il sottoscritto fa parte della seconda categoria. Ritengo che "Ponyo sulla scogliera" sia da definirsi una delle opere più particolari di Miyazaki (un'impostazione simile la ricordo solamente per "Il mio vicino Totoro") e allo stesso tempo uno dei suoi esperimenti più felici, in tutti i sensi.
La prima cosa a colpire è il comparto tecnico, probabilmente uno dei più immensi lavori che la storia dell'animazione orientale e occidentale abbia mai conosciuto (paragonabile a opere mostruose come "Ghost in the Shell: Innocence" o "Akira"). Lo sfarzo e la fluidità delle animazioni sono assoluti, doppiando la qualità già egregia di quelle degli altri lavori Ghibli, senza contare che a tale fluidità si aggiungono fondali disegnati a pastello che creano un pregevole contrasto coi modelli in movimento, ma ancora più sbalorditiva è la resa dell'acqua, talmente ben realizzata in ogni suo minimo dettaglio e movimento, da sembrare un gigantesco essere vivente, forse il vero protagonista della pellicola stessa (tutta la sequenza della tempesta è da annali). Ma non finisce qui, dato che alle animazioni faraoniche, alla regia eccelsa del nostro amato Hayao (la cui qualità ormai è scontata) e al morbidissimo character design dello studio si aggiunge una palette cromatica vivace, iper-satura, tale da comunicare in sé stessa un senso di pura, semplice gioia: e il punto è proprio questo, poiché "Ponyo sulla scogliera" ha il pregio e il coraggio di essere un film incentrato al cento per cento sul comunicare gioia allo spettatore, e personalmente ci riesce alla grande.
Non c'è un singolo momento della pellicola, con una piccola eccezione di cui parlerò alla fine, in cui il film comunichi tristezza, o tenti di commuovere con i soliti cliché dei lungometraggi Disney (morte improvvisa di cari o amenità simili), anzi la sopracitata gioia pervade ogni singolo secondo, ogni singolo fotogramma e ogni singola azione dei protagonisti, con risultati egregi. La piccola pesciolina Brunhilde, rinominata Ponyo dal bambino di cui è innamorata nonché coprotagonista, Sosuke, è infatti un uragano, una vera forza della natura pronta a fare di tutto e ribellarsi a chiunque pur di andare sulla terraferma col proprio amato, anche a costo di scatenare una catastrofe; eppure, anche la catastrofe stessa è messa in scena in maniera tale da suscitare felicità, non quindi un evento distruttore ma vivificatore della natura stessa e delle vite dei protagonisti, bambini (prevalentemente Ponyo e Sosuke), adulti (la madre del bambino, Risa, e Fujimoto, stregone dei mari e padre della bimba dai capelli rossi) e anziani (le vecchiette del centro anziani in cui Risa lavora, a loro volta metafora della vecchiaia del regista).
Penso di aver comunicato abbastanza bene come questo film, nella sua oretta e quaranta di durata, potrebbe migliorarvi una brutta giornata senza problemi, ma vorrei soffermarmi per poco sulle critiche di insensatezza mosse dai suoi detrattori, dal mio punto di vista, se non si fosse già capito, piuttosto infondate. La pellicola è innanzitutto indirizzata a un pubblico di bambini, un po'come fu "Il mio vicino Totoro" all'epoca, ma anche messa in scena in sé stessa dall'ottica di un marmocchio di cinque anni, ancora capace di accettare la meraviglia nelle varie situazioni della propria vita senza porsi tante domande. Ecco quindi che Sosuke non reagisce alla trasformazione di Ponyo in graziosa bambina con terrore, ma con innocente stupore e felicità, in un mastodontico inno dell'infanzia dall'inizio alla fine della pellicola (sfido chiunque a rimanere impassibile di fronte al rapporto dei due protagonisti, davvero un duo straordinario). L'unico difetto personalmente imputabile alla pellicola è quell'unico già citato momento triste presente verso la fine, piuttosto superfluo, ma nulla che vada a inficiare la qualità incredibile dell'opera di Miyazaki.
"Ponyo sulla scogliera", quindi, si conferma come uno dei film più sottovalutati dello Studio Ghibli, un capolavoro con la C maiuscola, e dal mio punto di vista uno dei miei film preferiti del regista.
La prima cosa a colpire è il comparto tecnico, probabilmente uno dei più immensi lavori che la storia dell'animazione orientale e occidentale abbia mai conosciuto (paragonabile a opere mostruose come "Ghost in the Shell: Innocence" o "Akira"). Lo sfarzo e la fluidità delle animazioni sono assoluti, doppiando la qualità già egregia di quelle degli altri lavori Ghibli, senza contare che a tale fluidità si aggiungono fondali disegnati a pastello che creano un pregevole contrasto coi modelli in movimento, ma ancora più sbalorditiva è la resa dell'acqua, talmente ben realizzata in ogni suo minimo dettaglio e movimento, da sembrare un gigantesco essere vivente, forse il vero protagonista della pellicola stessa (tutta la sequenza della tempesta è da annali). Ma non finisce qui, dato che alle animazioni faraoniche, alla regia eccelsa del nostro amato Hayao (la cui qualità ormai è scontata) e al morbidissimo character design dello studio si aggiunge una palette cromatica vivace, iper-satura, tale da comunicare in sé stessa un senso di pura, semplice gioia: e il punto è proprio questo, poiché "Ponyo sulla scogliera" ha il pregio e il coraggio di essere un film incentrato al cento per cento sul comunicare gioia allo spettatore, e personalmente ci riesce alla grande.
Non c'è un singolo momento della pellicola, con una piccola eccezione di cui parlerò alla fine, in cui il film comunichi tristezza, o tenti di commuovere con i soliti cliché dei lungometraggi Disney (morte improvvisa di cari o amenità simili), anzi la sopracitata gioia pervade ogni singolo secondo, ogni singolo fotogramma e ogni singola azione dei protagonisti, con risultati egregi. La piccola pesciolina Brunhilde, rinominata Ponyo dal bambino di cui è innamorata nonché coprotagonista, Sosuke, è infatti un uragano, una vera forza della natura pronta a fare di tutto e ribellarsi a chiunque pur di andare sulla terraferma col proprio amato, anche a costo di scatenare una catastrofe; eppure, anche la catastrofe stessa è messa in scena in maniera tale da suscitare felicità, non quindi un evento distruttore ma vivificatore della natura stessa e delle vite dei protagonisti, bambini (prevalentemente Ponyo e Sosuke), adulti (la madre del bambino, Risa, e Fujimoto, stregone dei mari e padre della bimba dai capelli rossi) e anziani (le vecchiette del centro anziani in cui Risa lavora, a loro volta metafora della vecchiaia del regista).
Penso di aver comunicato abbastanza bene come questo film, nella sua oretta e quaranta di durata, potrebbe migliorarvi una brutta giornata senza problemi, ma vorrei soffermarmi per poco sulle critiche di insensatezza mosse dai suoi detrattori, dal mio punto di vista, se non si fosse già capito, piuttosto infondate. La pellicola è innanzitutto indirizzata a un pubblico di bambini, un po'come fu "Il mio vicino Totoro" all'epoca, ma anche messa in scena in sé stessa dall'ottica di un marmocchio di cinque anni, ancora capace di accettare la meraviglia nelle varie situazioni della propria vita senza porsi tante domande. Ecco quindi che Sosuke non reagisce alla trasformazione di Ponyo in graziosa bambina con terrore, ma con innocente stupore e felicità, in un mastodontico inno dell'infanzia dall'inizio alla fine della pellicola (sfido chiunque a rimanere impassibile di fronte al rapporto dei due protagonisti, davvero un duo straordinario). L'unico difetto personalmente imputabile alla pellicola è quell'unico già citato momento triste presente verso la fine, piuttosto superfluo, ma nulla che vada a inficiare la qualità incredibile dell'opera di Miyazaki.
"Ponyo sulla scogliera", quindi, si conferma come uno dei film più sottovalutati dello Studio Ghibli, un capolavoro con la C maiuscola, e dal mio punto di vista uno dei miei film preferiti del regista.
Ponyo sulla scogliera è una delusione completa per chi si aspettava un altro capolavoro a La città incantata firmato Studio Ghibli. Ho letto e sentito parlare di come quest’opera s’ispirasse parzialmente alla favola Den lille Havfrue (in italiano: La sirenetta), ma questo può dirsi vero solamente per il fatto che anche in questo lungometraggio un essere delle profondità del mare decide di visitare la terraferma; per il resto questo film è un caos senza capo né coda (neanche quella di pesce, perché Ponyo a tutto somiglia fuorché a un pesce, e anzi ha anche un muso abbastanza inquietante per essere la protagonista di un film per bambini).
Ma andiamo per gradi: cos’è che veramente delude per tutta la lunghezza del film senza migliorare mai nel corso di tutta la pellicola? Pressoché tutto, ma principalmente la trama e l’intreccio in sé stessi. Il film non spiega assolutamente (né tantomeno suggerisce) cosa spinga i vari personaggi a fare ciò che fanno, a non reagire in una determinata maniera ma piuttosto in un’altra. Un esempio eclatante di ciò è sicuramente il comportamento di Fujimoto, lo stregone divenuto creatura del mare (non ci viene dato di sapere come, ma questo almeno non è dovuto, visto lo stile un po’ fiaba un po’ leggenda) che, unitosi a una divinità marina, ha dato vita all’essere non-del-tutto-pesce non meglio identificato che porta il nome di Ponyo; Fujimoto, lui stesso nato essere umano e vissuto sulla terraferma in passato (ma sinceramente questo dato non lo si registra guardando il film, il quale è talmente lento e confusionario da istigare alla distrazione continua), vuole recuperare la creatura marina fuggitiva. Ora, ancora più assurde sono le reazioni della madre del ragazzino ormai divenuto amico della non-pesciolina Ponyo: questa donna, nel vedersi arrivare davanti agli occhi un essere apparentemente minaccioso dall’aspetto antropomorfo ma dai poteri magici legati al mondo marino, cui egli stesso sembra evidentemente appartenere, non ha un minimo di paura, esitazione, confusione, raccapriccio... ma semplicemente si schiera dalla parte dei due (ormai entrambi) “fuggitivi”, senza ovviamente capirne essa stessa il motivo (né sapere alcunché della storia che c’è dietro la decisione di una sottospecie di pesce di vivere al fianco del suo bambino).
Il ritmo del film è lento, tanto da far smaniare per l’avvento dei titoli di coda, e la narrazione caotica.
I disegni in generale non sono malaccio per quanto riguarda sfondi ed elementi al di fuori dei personaggi, ma andando nel particolare si può certamente asserire che la protagonista è il personaggio esteticamente peggio riuscito di tutti (non intendendo con questo dare una valutazione molto alta per quanto riguarda gli altri personaggi).
Personalmente l’ho trovato noioso, irritante, vuoto e anche parecchio stupido (alcune parti sembra quasi siano state pensate per mezzo secondo prima d’inserirle effettivamente nella trama e quindi nel film, sembrano quasi casuali, campate in aria, quasi che avrebbe potuto accadere qualsiasi altra cosa in quel dato momento nella storia, ma qualsiasi altra cosa per davvero!).
Ma andiamo per gradi: cos’è che veramente delude per tutta la lunghezza del film senza migliorare mai nel corso di tutta la pellicola? Pressoché tutto, ma principalmente la trama e l’intreccio in sé stessi. Il film non spiega assolutamente (né tantomeno suggerisce) cosa spinga i vari personaggi a fare ciò che fanno, a non reagire in una determinata maniera ma piuttosto in un’altra. Un esempio eclatante di ciò è sicuramente il comportamento di Fujimoto, lo stregone divenuto creatura del mare (non ci viene dato di sapere come, ma questo almeno non è dovuto, visto lo stile un po’ fiaba un po’ leggenda) che, unitosi a una divinità marina, ha dato vita all’essere non-del-tutto-pesce non meglio identificato che porta il nome di Ponyo; Fujimoto, lui stesso nato essere umano e vissuto sulla terraferma in passato (ma sinceramente questo dato non lo si registra guardando il film, il quale è talmente lento e confusionario da istigare alla distrazione continua), vuole recuperare la creatura marina fuggitiva. Ora, ancora più assurde sono le reazioni della madre del ragazzino ormai divenuto amico della non-pesciolina Ponyo: questa donna, nel vedersi arrivare davanti agli occhi un essere apparentemente minaccioso dall’aspetto antropomorfo ma dai poteri magici legati al mondo marino, cui egli stesso sembra evidentemente appartenere, non ha un minimo di paura, esitazione, confusione, raccapriccio... ma semplicemente si schiera dalla parte dei due (ormai entrambi) “fuggitivi”, senza ovviamente capirne essa stessa il motivo (né sapere alcunché della storia che c’è dietro la decisione di una sottospecie di pesce di vivere al fianco del suo bambino).
Il ritmo del film è lento, tanto da far smaniare per l’avvento dei titoli di coda, e la narrazione caotica.
I disegni in generale non sono malaccio per quanto riguarda sfondi ed elementi al di fuori dei personaggi, ma andando nel particolare si può certamente asserire che la protagonista è il personaggio esteticamente peggio riuscito di tutti (non intendendo con questo dare una valutazione molto alta per quanto riguarda gli altri personaggi).
Personalmente l’ho trovato noioso, irritante, vuoto e anche parecchio stupido (alcune parti sembra quasi siano state pensate per mezzo secondo prima d’inserirle effettivamente nella trama e quindi nel film, sembrano quasi casuali, campate in aria, quasi che avrebbe potuto accadere qualsiasi altra cosa in quel dato momento nella storia, ma qualsiasi altra cosa per davvero!).
E' mai possibile che qualcuno che non conosce l'animazione giapponese possa apprezzarla visionando "Ponyo sulla scogliera"? A mio avviso non è possibile. Studo Ghibli ci ha abituati troppo bene in passato, e non può davvero presentarci un'opera del genere. Il tre che ho dato come voto lo motivo nella lista di aspetti negativi riscontrati che segue: la trama è troppo contorta e seguire la storia è veramente difficile, si salta da una cosa a un'altra senza rigor di logica; i personaggi non sono ben caratterizzati e a volte non si riesce neanche a capire bene il perché un determinato personaggio faccia o non faccia qualcosa piuttosto di qualcos'altro in una specifica situazione (un esempio è l'essere del mare che vuole ricondurre la pesciolina Ponyo negli abissi: non è chiaro né a cosa sia contrario né perché lo sia solamente a tratti); nessuno si stupisce abbastanza di ciò che accade intorno (la madre del bambino amico di Ponyo si limita a proteggere il figlio da un essere di cui non conosce né l'identità né le intenzioni per semplice partito preso, senza però cercare davvero di capire cosa costui vada cercando né cosa stia accadendo nell'ordinaria esistenza sua e di suo figlio); i disegni sono troppo bambineschi e quello che vorrebbe essere un pesce rosso non è né rosso né a forma di pesce (a un certo punto gli sbucano addirittura le zampe da gallina!); visti i contenuti, la storia risulta troppo lunga.
Mi è dispiaciuto moltissimo constatare la scarsa qualità di questo lungometraggio, soprattutto perché, sapendo si trattasse di un'opera di Miyazaki, dopo aver visto "La città incantata" mi aspettavo davvero un altro capolavoro da Oscar... ma purtroppo è stato tutto l'opposto: un fiasco, ancora più grande se si pensa alla grande attesa con cui è stato ricevuto in tutto il mondo.
Mi è dispiaciuto moltissimo constatare la scarsa qualità di questo lungometraggio, soprattutto perché, sapendo si trattasse di un'opera di Miyazaki, dopo aver visto "La città incantata" mi aspettavo davvero un altro capolavoro da Oscar... ma purtroppo è stato tutto l'opposto: un fiasco, ancora più grande se si pensa alla grande attesa con cui è stato ricevuto in tutto il mondo.
"Ponyo sulla scogliera" è ispirato alla fiaba della sirenetta di Andersen, ma molto liberamente, innanzitutto perché la protagonista non è una sirena, ma una creatura nata dall'unione di un essere umano poi divenuto stregone (Fujimoto) e da una sorta di dea marina (Gran Mammare). Il suo aspetto quindi ricorda molto quello di un pesciolino rosso, ma con un viso sostanzialmente umano. Un giorno rimane incastrata in un barattolo di vetro e viene salvata da un bimbo di cinque anni, Sosuke: nonostante la diversità i due si affezionano subito l'uno all'altra e Ponyo, che leccandogli il sangue da un dito (che si era ferito proprio per liberarla) ha acquisito nuovi poteri, una volta riportata al mare da Fujimoto, desidera diventare un essere umano per poter restare insieme a Sosuke. Grazie a questi poteri scatena uno tsunami e, trasformatasi in umana, sfugge alla sorveglianza di Fujimoto, che farà di tutto per ritrovarla e riportarla di nuovo indietro...
Per ammissione dello stesso Miyazaki, "Ponyo sulla scogliera" è destinato a un pubblico più giovane rispetto ad altre sue produzioni, ma ciò non toglie che possa essere godibilissimo anche da un pubblico adulto, purché ovviamente abbia conservato una certa propensione a dimenticare la propria età per un po' e abbandonarsi ai propri vecchi sogni da bambino, non cercando necessariamente un film impegnato, di grosse pretese: Ponyo non è Mononoke, nel senso che non vuole dare un messaggio ambientalistico altrettanto forte e chiaro, e certamente non altrettanto crudo. Fujimoto è prevenuto verso il mondo umano dal quale egli stesso proviene, ma non è detto chiaramente se lo ha rinnegato semplicemente per amore di Gran Mammare o se vi è anche un'altra motivazione importante; allo stesso modo la questione del grave pericolo che corre il mondo costituisce più un'aggiunta, qualcosa che sta sullo sfondo della storia della candida reciproca simpatia (perché a quell'età mi pare un po' troppo presto per parlare d'amore), che un tema portante del film...
Insomma, Ponyo sulla scogliera va goduto e basta, come una rilassante evasione dai problemi quotidiani, e almeno per quanto mi riguarda ritengo che svolga adeguatamente questa funzione, perché la storia è dolce e godibile, ma soprattutto sono bellissimi i colori, i disegni e le animazioni; il tutto è migliorato dal fatto che Miyazaki sensei ha ostinatamente detto no all'ormai purtroppo troppo usata computer grafica, perciò quello che vediamo è tutto frutto di un duro lavoro a mano di tantissimi artisti, e il risultato è magnifico: il mare, con quell'animazione, non è più qualcosa di inanimato, ma diventa un'entità viva, un personaggio a tutti gli effetti: credete davvero che avrebbe potuto esserci lo stesso effetto con la fredda opera di un computer?
Per il resto, il character design tipico dei film Ghibli è per me sempre una gioia per gli occhi, e, mentre posso apprezzare i film nuovo stile nonostante la computer grafica, apprezzo i film come Ponyo anche per la sua assenza.
Per quanto riguarda i personaggi, alcuni sono più approfonditi di altri: molto riuscito è il piccolo Sosuke (non mi pare così strano che alla sua età chiami i genitori per nome), e anche abbastanza riuscita è Ponyo, da alcuni recensori additata come una sorta di ritardata mentale, ma che io penso non debba sorprendere per certi comportamenti, dettati semplicemente dalla sua natura di pesce!
Altro bel personaggio è Risa, una mamma molto simpatica ma anche forte e determinata nel conciliare il suo lavoro con la cura di suo figlio con un marito quasi sempre assente, anche se devo ammettere che non ho ben compreso certi suoi comportamenti, in primis la sua condotta alla guida anche in presenza di Sosuke.
Fujimoto è a mio avviso il personaggio più intrigante, quello che mi ha incuriosita di più, mi spiace solo che per esigenze narrative si sia dovuto sprecare un suo ulteriore approfondimento: a causa sua "Ponyo sulla scogliera" è l'unico film del quale sarei felice di vedere un prequel!
Infine, mentre Gran Mammare è poco più che una comparsa, un po' di spicco in più l'hanno avuto le vecchiette della casa di riposo, anche se il loro ruolo mi è rimasto un tantino oscuro, soprattutto quello di quella un po' bisbetica...
E forse è proprio questa la pecca che ho trovato in questo film, che mi impedisce di dare un voto più alto: lo scarso approfondimento di alcuni personaggi, di alcune motivazioni di certi eventi e di certe loro azioni non sempre chiare, il che forse si sarebbe potuto evitare sacrificando qualche passaggio che ho trovato più noioso, come la parte in cui appare la giovane coppia con quella ranocchietta spacciata per bambino (scusate, ma io lo trovo proprio brutto, non posso farci niente!).
Ma, tornando a ciò che dicevo all'inizio, ovvero che "Ponyo sulla scogliera" è un film per i bambini e per gli adulti che sanno tornare a guardare con occhi da bambini, questa pecca non mi pare poi così grave: "Ponyo sulla scogliera" resta comunque un gioiellino, con una storia delicata e godibile, personaggi deliziosi, buon doppiaggio (lasciamo stare l'adattamento talvolta un po' forzato a causa di una traduzione troppo letterale del giapponese, anche perché ormai mi ci sono quasi abituata!), colori ed animazione fantastici... Senza dimenticare, ultima ma non per importanza, la musica di Hisaishi, che come sempre accompagna il tutto magnificamente!
Per ammissione dello stesso Miyazaki, "Ponyo sulla scogliera" è destinato a un pubblico più giovane rispetto ad altre sue produzioni, ma ciò non toglie che possa essere godibilissimo anche da un pubblico adulto, purché ovviamente abbia conservato una certa propensione a dimenticare la propria età per un po' e abbandonarsi ai propri vecchi sogni da bambino, non cercando necessariamente un film impegnato, di grosse pretese: Ponyo non è Mononoke, nel senso che non vuole dare un messaggio ambientalistico altrettanto forte e chiaro, e certamente non altrettanto crudo. Fujimoto è prevenuto verso il mondo umano dal quale egli stesso proviene, ma non è detto chiaramente se lo ha rinnegato semplicemente per amore di Gran Mammare o se vi è anche un'altra motivazione importante; allo stesso modo la questione del grave pericolo che corre il mondo costituisce più un'aggiunta, qualcosa che sta sullo sfondo della storia della candida reciproca simpatia (perché a quell'età mi pare un po' troppo presto per parlare d'amore), che un tema portante del film...
Insomma, Ponyo sulla scogliera va goduto e basta, come una rilassante evasione dai problemi quotidiani, e almeno per quanto mi riguarda ritengo che svolga adeguatamente questa funzione, perché la storia è dolce e godibile, ma soprattutto sono bellissimi i colori, i disegni e le animazioni; il tutto è migliorato dal fatto che Miyazaki sensei ha ostinatamente detto no all'ormai purtroppo troppo usata computer grafica, perciò quello che vediamo è tutto frutto di un duro lavoro a mano di tantissimi artisti, e il risultato è magnifico: il mare, con quell'animazione, non è più qualcosa di inanimato, ma diventa un'entità viva, un personaggio a tutti gli effetti: credete davvero che avrebbe potuto esserci lo stesso effetto con la fredda opera di un computer?
Per il resto, il character design tipico dei film Ghibli è per me sempre una gioia per gli occhi, e, mentre posso apprezzare i film nuovo stile nonostante la computer grafica, apprezzo i film come Ponyo anche per la sua assenza.
Per quanto riguarda i personaggi, alcuni sono più approfonditi di altri: molto riuscito è il piccolo Sosuke (non mi pare così strano che alla sua età chiami i genitori per nome), e anche abbastanza riuscita è Ponyo, da alcuni recensori additata come una sorta di ritardata mentale, ma che io penso non debba sorprendere per certi comportamenti, dettati semplicemente dalla sua natura di pesce!
Altro bel personaggio è Risa, una mamma molto simpatica ma anche forte e determinata nel conciliare il suo lavoro con la cura di suo figlio con un marito quasi sempre assente, anche se devo ammettere che non ho ben compreso certi suoi comportamenti, in primis la sua condotta alla guida anche in presenza di Sosuke.
Fujimoto è a mio avviso il personaggio più intrigante, quello che mi ha incuriosita di più, mi spiace solo che per esigenze narrative si sia dovuto sprecare un suo ulteriore approfondimento: a causa sua "Ponyo sulla scogliera" è l'unico film del quale sarei felice di vedere un prequel!
Infine, mentre Gran Mammare è poco più che una comparsa, un po' di spicco in più l'hanno avuto le vecchiette della casa di riposo, anche se il loro ruolo mi è rimasto un tantino oscuro, soprattutto quello di quella un po' bisbetica...
E forse è proprio questa la pecca che ho trovato in questo film, che mi impedisce di dare un voto più alto: lo scarso approfondimento di alcuni personaggi, di alcune motivazioni di certi eventi e di certe loro azioni non sempre chiare, il che forse si sarebbe potuto evitare sacrificando qualche passaggio che ho trovato più noioso, come la parte in cui appare la giovane coppia con quella ranocchietta spacciata per bambino (scusate, ma io lo trovo proprio brutto, non posso farci niente!).
Ma, tornando a ciò che dicevo all'inizio, ovvero che "Ponyo sulla scogliera" è un film per i bambini e per gli adulti che sanno tornare a guardare con occhi da bambini, questa pecca non mi pare poi così grave: "Ponyo sulla scogliera" resta comunque un gioiellino, con una storia delicata e godibile, personaggi deliziosi, buon doppiaggio (lasciamo stare l'adattamento talvolta un po' forzato a causa di una traduzione troppo letterale del giapponese, anche perché ormai mi ci sono quasi abituata!), colori ed animazione fantastici... Senza dimenticare, ultima ma non per importanza, la musica di Hisaishi, che come sempre accompagna il tutto magnificamente!
Questo film riassume, secondo me, degnamente, l'Hayao Miyazaki che amo davvero: quello degli anni '70/'80 che si rivolgeva, sia come disegnatore/animatore che come regista, non solo agli spettatori adulti, ma anche a quelli più piccoli. "Ponyo sulla scogliera" non sarà un film intenso e drammatico, come "La princessa Mononoke", ma segue la strada già percorsa da "Il mio vicino Totoro", anche se qui non abbiamo gattoni, ma solo una pesciolina che vuol diventare una bambina. Versione per bambini della "Sirenetta" di Andersen? Forse, ma qui tornano i personaggi buffi e grotteschi di Miyazaki che amo, quelli che compiono salti impressionanti e hanno le dita dei piedi prensili, come in "Conan il ragazzo del futuro". Non riesco a non commuovermi quando guardo questo anime movie, un'opera che deve alla simpatia di Ponyo e all'umanità di Sosuke la sua riuscita. Buoni anche i personaggi di contorno, dal mago che sembra la versione umana del lupo Moriarty de "Il fiuto di Sherlock Holmes", alla mamma di Sosuke, che, durante la scena dello tsunami, guida la sua macchina come fa Lupin III ne "Il castello di Cagliostro". Promosse le vecchiette, come pure la dea del mare, cioè la mamma di Ponyo. Disegni e animazioni classiche, ma impeccabili.
Quattro anni dopo un film non tanto riuscito come "Il Castello Errante di Howl", Hayao Miyazaki ritorna alla regia sfornando un nuovo film, di cui è autore del soggetto e della sceneggiatura, ovvero "Ponyo Sulla Scogliera". Questo film, come il precedente, fu presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, ottenendo molte critiche positive ed elogi (parzialmente immotivati), come i suoi precedenti lavori. Come gran parte delle opere dello Studio Ghibli, "Ponyo Sulla Scogliera" è stato portato in Itala dalla Lucky Red, la quale dopo la proiezione al cinema ha pubblicato un'edizione home video in DVD e in Blu-Ray.
La trama del film è semplice, Brunilde è una pesciolina rossa che spinta dalla curiosità di voler esplorare il mondo esterno finisce con l'incastrarsi in un contenitore di vetro. Fortunatamente viene salvata da Sosuke, un bambino di 5 anni che chiamerà la pesciolina Ponyo. I due stringeranno un'intensa amicizia, tanto che quando il padre di Ponyo, Fujimoto, recupererà la figlia, quest'ultima cercherà in tutti di modi di ricongiungersi a Sosuke, assumendo una forma umana.
La storia è semplice, così come l'intreccio che risulta molto lineare, visto il pubblico di riferimento della pellicola, cioè i bambini come dichiarato dallo stesso autore. Non sono mai stato un estimatore del regista in questione, ma c'è da togliersi il cappello quando un uomo vicino ai 70 anni sforna un film del genere. I primi 8 minuti senza alcun dialogo accompagnati da una colonna sonora magnifica di Joe Hisaishi, la quale enfatizza il meraviglioso mondo sottomarino, trasportano gli spettatori in un vortice colorato e pieno di vita che è il mare. La visionarietà di Miyazaki emerge anche nella scena dello tsunami, dove darà sfogo a tutto il suo estro visivo, e dove troviamo uno spettacolo grafico di altissimo livello, accompagnato dalle stupende musiche di Wagner in sottofondo.
Tra i personaggi fondamentalmente spicca la mamma di Sosuke, Risa, la quale nella prima metà di film ci delizierà con il suo dolce e sentito rapporto a distanza con il marito e l'amore che prova verso il figlio, che contribuiscono a far emergere la sua umanità. Altro personaggio degno è Fujimoto, stregone sottomarino che ha rinnegato la sua condizione di umano, per via dell'inquinamento causato al mare dai suoi simili. Nella seconda metà di film, sparendo quasi completamente Risa e comparendo poco Fujimoto (il quale risulta un po' troppo sacrificato in caratterizzazione psicologica, seppur in partenza poteva dare moltissimo), i soli Sosuke e Ponyo si dimostrano incapaci di tener su la storia, che finisce con l'arenarsi completamente.
Naturalmente parlando delle animazioni, lo Studio Ghibli ha confezionato come di consueto un eccezionale comparto grafico. Pur rinunciando ad un character design dettagliato per i personaggi, il meglio delle animazioni lo si vede negli splendidi paesaggi sottomarini popolati di vita e dove le tonalità del color pastello, tanto care allo studio hanno pieno e libero sfogo. Insomma gli oltre 180mila disegni a mano si fanno sentire, anche se la maggior parte è usata per il movimento delle onde.
Questo lungometraggio risulta effettivamente atipico all'interno della produzione del maestro, visto che la sua poetica non subisce né un'evoluzione e né si vogliono trattare approfonditamente i temi cari a Miyazaki come l'opposizione all'inquinamento (visto che il tema, seppur presentato nei primi minuti, scompare totalmente durante il film, che rappresenta un mare costiero limpido e pulito), o la crescita dei personaggi, i quali risultano appena accennati e di scarsa importanza nell'economia della storia. I fan del maestro, avendo maggior sensibilità, apprezzeranno sicuramente l'opera, anche se è ben lungi dall'essere il capolavoro da loro esaltato, visto che dura un buon 30 minuti di troppo; per gli altri invece, se non se la sentono di ritornar bambini, è sconsigliata la visione del film, che finirebbe con l'annoiarli.
La trama del film è semplice, Brunilde è una pesciolina rossa che spinta dalla curiosità di voler esplorare il mondo esterno finisce con l'incastrarsi in un contenitore di vetro. Fortunatamente viene salvata da Sosuke, un bambino di 5 anni che chiamerà la pesciolina Ponyo. I due stringeranno un'intensa amicizia, tanto che quando il padre di Ponyo, Fujimoto, recupererà la figlia, quest'ultima cercherà in tutti di modi di ricongiungersi a Sosuke, assumendo una forma umana.
La storia è semplice, così come l'intreccio che risulta molto lineare, visto il pubblico di riferimento della pellicola, cioè i bambini come dichiarato dallo stesso autore. Non sono mai stato un estimatore del regista in questione, ma c'è da togliersi il cappello quando un uomo vicino ai 70 anni sforna un film del genere. I primi 8 minuti senza alcun dialogo accompagnati da una colonna sonora magnifica di Joe Hisaishi, la quale enfatizza il meraviglioso mondo sottomarino, trasportano gli spettatori in un vortice colorato e pieno di vita che è il mare. La visionarietà di Miyazaki emerge anche nella scena dello tsunami, dove darà sfogo a tutto il suo estro visivo, e dove troviamo uno spettacolo grafico di altissimo livello, accompagnato dalle stupende musiche di Wagner in sottofondo.
Tra i personaggi fondamentalmente spicca la mamma di Sosuke, Risa, la quale nella prima metà di film ci delizierà con il suo dolce e sentito rapporto a distanza con il marito e l'amore che prova verso il figlio, che contribuiscono a far emergere la sua umanità. Altro personaggio degno è Fujimoto, stregone sottomarino che ha rinnegato la sua condizione di umano, per via dell'inquinamento causato al mare dai suoi simili. Nella seconda metà di film, sparendo quasi completamente Risa e comparendo poco Fujimoto (il quale risulta un po' troppo sacrificato in caratterizzazione psicologica, seppur in partenza poteva dare moltissimo), i soli Sosuke e Ponyo si dimostrano incapaci di tener su la storia, che finisce con l'arenarsi completamente.
Naturalmente parlando delle animazioni, lo Studio Ghibli ha confezionato come di consueto un eccezionale comparto grafico. Pur rinunciando ad un character design dettagliato per i personaggi, il meglio delle animazioni lo si vede negli splendidi paesaggi sottomarini popolati di vita e dove le tonalità del color pastello, tanto care allo studio hanno pieno e libero sfogo. Insomma gli oltre 180mila disegni a mano si fanno sentire, anche se la maggior parte è usata per il movimento delle onde.
Questo lungometraggio risulta effettivamente atipico all'interno della produzione del maestro, visto che la sua poetica non subisce né un'evoluzione e né si vogliono trattare approfonditamente i temi cari a Miyazaki come l'opposizione all'inquinamento (visto che il tema, seppur presentato nei primi minuti, scompare totalmente durante il film, che rappresenta un mare costiero limpido e pulito), o la crescita dei personaggi, i quali risultano appena accennati e di scarsa importanza nell'economia della storia. I fan del maestro, avendo maggior sensibilità, apprezzeranno sicuramente l'opera, anche se è ben lungi dall'essere il capolavoro da loro esaltato, visto che dura un buon 30 minuti di troppo; per gli altri invece, se non se la sentono di ritornar bambini, è sconsigliata la visione del film, che finirebbe con l'annoiarli.
"Ponyo sulla scogliera" (o Ponyo on the Cliff by the Sea), conosciuto in Giappone come Gake no ue no Ponyo, è un film di animazione giapponese uscito nelle sale per la prima volta nel 2008. Prodotto da Studio Ghibli, diretto da Hayao Miyazaki e basato sul racconto di Rieko Nakagawa, ha partecipato anche alla 65a edizione della mostra di Venezia ed è arrivato nelle sale italiane nel 2009. Una delle opere giapponesi più conosciute in Italia, Ponyo sulla scogliera è un film per tutta la famiglia, ottimo sia per i bambini più piccoli che per ragazzi e ragazze, e apprezzato anche dai genitori. La trama è molto bella e particolare, e più tranquillamente rivaleggiare con tantissimi classici Disney. Sosuke è un bambino che vive in cima ad una scogliera con la sua mamma, mentre il padre marinaio naviga per mare, tornando saltuariamente a casa. Un giorno il bambino, girovagando per la spiaggia, incontra un curioso pesciolino dalla faccia umana che lui simpaticamente ribattezza Ponyo, anche se il vero nome del curioso esserino è Brunilde. Sosuke mette Ponyo in un secchiello da spiaggia per portarlo con se, e mostrarlo alla madre e alle signore anziane dove la mamma lavora. Scoprirà presto che Ponyo non è un vero pesce, bensì una creatura magica con un intelligenza simile a quella umana, e che è molto incuriosita da Sosuke e da quello che c'è nella terra ferma. Suo padre Fujimoto comunque tenta di riportare Ponyo a casa con se, ammonendola di non uscire più perché lei è una creatura del mare, ma Ponyo ormai convinta di voler tornare da Sosuke e riuscendo a rubare la magia a suo padre si trasforma in una bambina e torna da Sosuke in forma umana. Questo purtroppo però scatena una specie di catastrofe naturale per via del fatto che alla pesciolina sarebbe proibito usare i suoi poteri e vivere sulla terra. Da qui il film prende una piega molto dolce e tenera (che non vorrei spoilerare), e soprattutto per molti versi inaspettata. La storia, anche se basata sulle avventure di due ragazzini, risulta avvincente e per niente noiosa. I dialoghi sono adatti alla storia, ben scritti e scorrevoli, e anche le voci italiane sono veramente adatte e graditissime. I personaggi sono tutti molto simpatici e ben caratterizzati: bellissima Ponyo sia da pesciolino che da bambina umana, Sosuke è simpaticissimo e tenero, mentre Risa certe volte sembra un po' una pazza (soprattutto quando guida!) ma risulta comunque molto carina e piacevole. Le ambientazioni sono meravigliose: il mare, la casetta di Sosuke e Risa, la grotta dove vivono Ponyo e le sue sorelline, i paesaggi sono ben disegnati e delicati. La colonna sonora è bellissima e veramente ben fatta. Nella versione originale e anche in quella italiana la sigla finale è cantata da una bambina, il che da al film ancora di più un aria delicata e dolce, ma affatto infantile nel senso negativo del termine. Il film sia in Europa che in Giappone e negli Stati Uniti ha riscosso un buon successo e ha fatto discreti incassi al botteghino. A mio parere è un film consigliatissimo: bello, ben scritto, ben disegnato, con personaggi gradevoli e ben trattati, diverso rispetto alle solite cose e adatto ad un pubblico molto vasto e variegato. Do un bel 9 perché se lo merita tutto e come al solito faccio i complimenti a Studio ghibli che riesce a sfornare sempre dei dolcissimi capolavori che rimangono nel cuore delle persone!
Comincio col dire che Ponyo sulla scogliera è una vera festa per gli occhi, una prova di elevato virtuosismo grafico, capace di incantare col suo fluire di immagini e colori che ci trasportano in un mondo vivo e animato. Ma, lasciando da parte le splendide animazioni e i caldi colori, quello che resta sotto è ben poca cosa.
La storia è infatti molto semplice, troppo semplice a dire il vero e così lineare nello svolgimento da risultare oltremodo scontata. In certe storie, si sa, il lieto fine è assodato, ma ci sono comunque situazioni in cui, almeno a livello emotivo, si pensa "andrà davvero tutto bene?", in cui la nostra sicurezza del lieto fine vacilla un po'. In Ponyo no. Con forse una sola eccezione, la scena dello tsunami, mancano situazioni capaci di tenere alta la tensione, di catturare l'attenzione dello spettatore. Tutto va come deve andare, senza sconvolgimenti o vere difficoltà. E ciò è francamente noioso.
Passando ai personaggi, i due protagonisti, Sosuke e Ponyo, quasi intrappolati nel loro ruolo di bambini innocenti e innamorati l'uno dell'altro, non emergono minimamente come caratterizzazione, limitandosi a fare quello che devono fare, ossia superare le peripezie (se così vogliamo chiamarle…) che li dividono con coraggio e innocenza, ma anche spensieratezza. Più interessanti appaiono i personaggi adulti, in particolare le due madri rappresentano due figure a prima vista opposte, umana e sempre presente quella di Sosuke, misteriosa, ultraterrena e sfuggente quella di Ponyo, ma entrambe sono accomunate dall'amore e dalla gentilezza verso i loro figli. Infine, il personaggio che più mi ha ispirato simpatia, ossia Fujimoto. Inizialmente sembra essere il cattivo di turno, ma presto si rivela per quello che è: un padre ultra protettivo e incompetente, che cerca solo di fare ciò che ritiene giusto per sua figlia. Una figura che fa quasi tenerezza.
In conclusione Ponyo sulla scogliera è un anime che, con una storia semplice ma dolce e una vivace grafica, cerca di incantare lo spettatore. A causa della povertà della storia però, questo incanto risulta spezzato, e il film, senza riuscire a coinvolgere ed emozionare lo spettatore, si trascina verso la sua naturale, e ovvia, conclusione.
Lo consiglio comunque ai più piccoli e a chi cerca una storia semplice ma sorretta da buone animazioni.
Voto: 6,5.
La storia è infatti molto semplice, troppo semplice a dire il vero e così lineare nello svolgimento da risultare oltremodo scontata. In certe storie, si sa, il lieto fine è assodato, ma ci sono comunque situazioni in cui, almeno a livello emotivo, si pensa "andrà davvero tutto bene?", in cui la nostra sicurezza del lieto fine vacilla un po'. In Ponyo no. Con forse una sola eccezione, la scena dello tsunami, mancano situazioni capaci di tenere alta la tensione, di catturare l'attenzione dello spettatore. Tutto va come deve andare, senza sconvolgimenti o vere difficoltà. E ciò è francamente noioso.
Passando ai personaggi, i due protagonisti, Sosuke e Ponyo, quasi intrappolati nel loro ruolo di bambini innocenti e innamorati l'uno dell'altro, non emergono minimamente come caratterizzazione, limitandosi a fare quello che devono fare, ossia superare le peripezie (se così vogliamo chiamarle…) che li dividono con coraggio e innocenza, ma anche spensieratezza. Più interessanti appaiono i personaggi adulti, in particolare le due madri rappresentano due figure a prima vista opposte, umana e sempre presente quella di Sosuke, misteriosa, ultraterrena e sfuggente quella di Ponyo, ma entrambe sono accomunate dall'amore e dalla gentilezza verso i loro figli. Infine, il personaggio che più mi ha ispirato simpatia, ossia Fujimoto. Inizialmente sembra essere il cattivo di turno, ma presto si rivela per quello che è: un padre ultra protettivo e incompetente, che cerca solo di fare ciò che ritiene giusto per sua figlia. Una figura che fa quasi tenerezza.
In conclusione Ponyo sulla scogliera è un anime che, con una storia semplice ma dolce e una vivace grafica, cerca di incantare lo spettatore. A causa della povertà della storia però, questo incanto risulta spezzato, e il film, senza riuscire a coinvolgere ed emozionare lo spettatore, si trascina verso la sua naturale, e ovvia, conclusione.
Lo consiglio comunque ai più piccoli e a chi cerca una storia semplice ma sorretta da buone animazioni.
Voto: 6,5.
Credo di aver visto questo film cinque volte e ogni volta non sono riuscita a non meravigliarmi dei colori e dei disegni del mitico Miyazaki.
La trama del film ricorda molto, sotto alcuni punti di vista, la storia della nostra "Sirenetta" occidentale: un pesciolino rosso il cui contatto con un umano, in questo caso un piccolo bambino, lo spinge a voler assumere sembianze umane. Nel corso del film si assiste alla storia di amicizia tra Ponyo e Sosuke, i quali dovranno impegnarsi a salvare la propria città da un'inaspettata inondazione.
Le risate non mancano in quanto i protagonisti (come anche la mamma di Sosuke) verranno catapultati in situazioni inusuali e improbabili e rimarrete a bocca aperta, come accennato a inizio recensione, dalla scelta di colori vivaci i quali caratterizzano questo spettacolare film di animazione.
Personalmente, inoltre, ho trovato la sigla finale un vero e proprio tormentone, credo di averla cantata per due settimane consecutive dopo aver appeso un Ponyo gigante in classe. Ora che mi è tornata in mente la sto canticchiando, dannazione.
Beh che dire, è un film che consiglierei a chiunque, anche alle persone più scettiche, non ne rimarrete delusi!
La trama del film ricorda molto, sotto alcuni punti di vista, la storia della nostra "Sirenetta" occidentale: un pesciolino rosso il cui contatto con un umano, in questo caso un piccolo bambino, lo spinge a voler assumere sembianze umane. Nel corso del film si assiste alla storia di amicizia tra Ponyo e Sosuke, i quali dovranno impegnarsi a salvare la propria città da un'inaspettata inondazione.
Le risate non mancano in quanto i protagonisti (come anche la mamma di Sosuke) verranno catapultati in situazioni inusuali e improbabili e rimarrete a bocca aperta, come accennato a inizio recensione, dalla scelta di colori vivaci i quali caratterizzano questo spettacolare film di animazione.
Personalmente, inoltre, ho trovato la sigla finale un vero e proprio tormentone, credo di averla cantata per due settimane consecutive dopo aver appeso un Ponyo gigante in classe. Ora che mi è tornata in mente la sto canticchiando, dannazione.
Beh che dire, è un film che consiglierei a chiunque, anche alle persone più scettiche, non ne rimarrete delusi!
Questa volta per Miyazaki e compagnia mi devo fermare solo ad un 7, infatti non mi ha esaltato particolarmente questo film.
Narra una storia molto simile a quella de "Il mio vicino Totoro" ma con un'altra ambientazione.
La trama è molto semplice e scanzonata ed è molto più adatta ad un pubblico di bambini che ad uno di adulti, anche se non mi ha convinto molto a differenza di "Totoro". La storia in alcuni punti risulta troppo contorta e complessa e lascia un po' di perplessità sul volto di chi la sta guardando.
I disegni e gli effetti speciali sono stupendi, come tutti i film dello Studio Ghibli e ha volte sembrano essere usciti addirittura da quadri.
I personaggi sono tutti molto belli, disegnati e strutturati molto bene. Questo secondo me è il punto forte dello Studio Ghibli.
L'opera è piena di punti positivi che hanno fatto lievitare il mio voto, come ad esempio il finale o addirittura i personaggi, ma purtroppo durante la storia ci sono dei punti abbastanza contorti che mi hanno fatto abbassare il voto.
Peccato, una storia che secondo me, se aggiustata in determinati punti, sarebbe stata molto migliore.
Narra una storia molto simile a quella de "Il mio vicino Totoro" ma con un'altra ambientazione.
La trama è molto semplice e scanzonata ed è molto più adatta ad un pubblico di bambini che ad uno di adulti, anche se non mi ha convinto molto a differenza di "Totoro". La storia in alcuni punti risulta troppo contorta e complessa e lascia un po' di perplessità sul volto di chi la sta guardando.
I disegni e gli effetti speciali sono stupendi, come tutti i film dello Studio Ghibli e ha volte sembrano essere usciti addirittura da quadri.
I personaggi sono tutti molto belli, disegnati e strutturati molto bene. Questo secondo me è il punto forte dello Studio Ghibli.
L'opera è piena di punti positivi che hanno fatto lievitare il mio voto, come ad esempio il finale o addirittura i personaggi, ma purtroppo durante la storia ci sono dei punti abbastanza contorti che mi hanno fatto abbassare il voto.
Peccato, una storia che secondo me, se aggiustata in determinati punti, sarebbe stata molto migliore.
Questo film di Hayao Miyazaki è diretto ad un pubblico più giovane di quello a cui sono indirizzate le altre sue opere. I protagonisti sono due bambini, i temi ecologisti presenti nei lavori precedenti sono molto sfumati, la storia scorre lieve e la trama è facilmente comprensibile. "Ponyo sulla scogliera", comunque, è un film di buon livello: riesce ad appassionare il pubblico dei bambini/ragazzi e si fa apprezzare anche dagli adulti.
Il filo conduttore è la tenera storia tra Ponyo e Sosuke: la pesciolina all'inizio sembra animata soltanto da una grande riconoscenza nei confronti del bimbo che le ha salvato la vita. Ben presto si scopre che tra i due nasce una vera e propria storia d'amore, intensa come solo quelle dei bambini possono essere. Questa è la base di un intreccio che ricalca quello di tutte le fiabe: i due protagonisti, dopo essere entrati in sintonia tra di loro, vengono separati e possono tornare a stare insieme solo dopo aver superato una difficile prova. Su questo aspetto Miyazaki ha creato una storia appassionante, che vedrà i due bambini impegnati a riportare l'equilibrio nel mondo.
La protagonista principale è sicuramente Ponyo, pesciolina che vuole diventare un essere umano per stare sempre insieme a Sosuke. Determinata nel voler raggiungere il suo obiettivo, dà vita a scene toccanti come quella in cui offre il pranzo al neonato scampato al naufragio con i suoi genitori. Il secchiello che Sosuke ha usato per salvarla quando era un pesce è la sua coperta di Linus: non se ne separa mai, quasi come a ricordare che è grazie a quello che lei è ancora viva.
Sosuke è un comprimario di ottimo livello. Il bimbo cerca sempre il modo di sistemare le cose, come nel litigio a distanza tra i genitori (che lui chiama per nome). Ponyo è per lui una vera amica, che dal primo momento gli ha dimostrato affetto e riconoscenza. Sosuke è protagonista di intense scene, come quelle in cui corre a perdifiato per mettere in acqua Ponyo che si sta trasformando in pesce o quando si commuove vedendo la macchina della madre abbandonata.
Realizzazione grafica eccellente, come da tradizione dello studio Ghibli. Tra le scene più entusiasmanti quella della dea che passa sotto la nave del padre di Sosuke proteggendola dallo tsunami e le sequenze in cui il padre di Ponyo muove a suo piacere il mare. La colonna sonora è adeguata, ho trovato un po' banale la sigla finale in italiano: forse sarebbe stata più significativa la versione originale.
"Ponyo sulla scogliera" non sarà uno dei capolavori di Miyazaki, ma è l'ideale per trascorrere un pomeriggio spensierato (magari in compagnia di bambini che apprezzeranno la scelta).
Il filo conduttore è la tenera storia tra Ponyo e Sosuke: la pesciolina all'inizio sembra animata soltanto da una grande riconoscenza nei confronti del bimbo che le ha salvato la vita. Ben presto si scopre che tra i due nasce una vera e propria storia d'amore, intensa come solo quelle dei bambini possono essere. Questa è la base di un intreccio che ricalca quello di tutte le fiabe: i due protagonisti, dopo essere entrati in sintonia tra di loro, vengono separati e possono tornare a stare insieme solo dopo aver superato una difficile prova. Su questo aspetto Miyazaki ha creato una storia appassionante, che vedrà i due bambini impegnati a riportare l'equilibrio nel mondo.
La protagonista principale è sicuramente Ponyo, pesciolina che vuole diventare un essere umano per stare sempre insieme a Sosuke. Determinata nel voler raggiungere il suo obiettivo, dà vita a scene toccanti come quella in cui offre il pranzo al neonato scampato al naufragio con i suoi genitori. Il secchiello che Sosuke ha usato per salvarla quando era un pesce è la sua coperta di Linus: non se ne separa mai, quasi come a ricordare che è grazie a quello che lei è ancora viva.
Sosuke è un comprimario di ottimo livello. Il bimbo cerca sempre il modo di sistemare le cose, come nel litigio a distanza tra i genitori (che lui chiama per nome). Ponyo è per lui una vera amica, che dal primo momento gli ha dimostrato affetto e riconoscenza. Sosuke è protagonista di intense scene, come quelle in cui corre a perdifiato per mettere in acqua Ponyo che si sta trasformando in pesce o quando si commuove vedendo la macchina della madre abbandonata.
Realizzazione grafica eccellente, come da tradizione dello studio Ghibli. Tra le scene più entusiasmanti quella della dea che passa sotto la nave del padre di Sosuke proteggendola dallo tsunami e le sequenze in cui il padre di Ponyo muove a suo piacere il mare. La colonna sonora è adeguata, ho trovato un po' banale la sigla finale in italiano: forse sarebbe stata più significativa la versione originale.
"Ponyo sulla scogliera" non sarà uno dei capolavori di Miyazaki, ma è l'ideale per trascorrere un pomeriggio spensierato (magari in compagnia di bambini che apprezzeranno la scelta).
"Gake no ue no Ponyo" è l'ennesimo lavoro dello studio Ghibli e del Maestro Miyazaki, un lavoro che sicuramente non può essere proiettato nell'olimpo dei più geniali lavori di Miyazaki ma che, secondo me, non deve essere rilegato a opera minore, in quanto di "minore" quest'opera non ha nulla, rispetto a più amate e importanti opere dello stesso maestro.
Ponyo è in pratica la realizzazione tecnica di una visione del maestro Miyazaki. Creata sulla rielaborazione della più celebre favola di Andersen, "La Sirenetta", narra del viaggio di una pesciolina che scopre casualmente il mondo umano. Ancora una volta ci troviamo davanti a princìpi universali che vanno sottolineati sempre con forza: l'amore, l'amicizia, il senso puro della famiglia e l'immancabile amore per la natura.
E' proprio quest'amore per la natura che, in quest'anime, trasuda e permea l'intero racconto. E' il mare il protagonista assoluto, le onde, la spuma, il rumore, sono le assolute protagoniste in quello che è un vero tributo alla natura, anche nella sua più devastante forma… Infatti, nonostante sia così lieve e così delicata da non sembrarlo neppure, è uno tsunami quello che si abbatte sulle coste giapponesi. Ma di questo non ci si rende conto, persi come spesso capita nella meravigliosa fusione di immagini, colori ed emozioni che il maestro Miyazaki spesso regala e dipinge come nulla fosse più facile.
Ed è così che la magia diventa sensazione, non spettacolare ma necessaria al proseguimento della storia. La storia diventa lineare e sensata proprio grazie a quella sospensione "in sogno" che tutto l'anime racconta. Dopo le prime scene è difficile distinguere ciò che è reale da ciò che è immaginato. I pesci preistorici esistono, ma solo nella fantasia dei protagonisti, la barca a vapore c'è oppure è un giocattolo? Dubbi che perdono d'importanza nel momento in cui i colori si fondono, i tratti di matita s'assottigliano, lasciando nuovamente al gusto estetico puro il centro del palcoscenico.
La visione del mondo con gli occhi di un bambino è quello che ci regala Miyazaki, rammentandoci che solo grazie a quest'ingenuità e a questa grande forza è possibile credere nel futuro. Egli spiega con i suoi disegni come si può fare a non rinunciare mai, a procedere sempre verso una meta desiderata e mai troppo lontana. Ritrovare la freschezza e la serenità dell'infanzia è, secondo il maestro, l'unica vera alternativa a un mondo che troppo spesso dimentica quello sguardo proiettandosi verso un futuro tecnologico, artificioso e, forse, arido.
Non appaiono tecnologie all'avanguardia, Miyazaki cerca e trova anche in quest'anime la semplicità di un mondo che non necessità del computer - e anche l'assenza della computer grafica lo sottolinea: una riscoperta per chi, come me, ha dimenticato quei giorni, e una speranza per chi quei giorni li sta vivendo.
Ponyo è in pratica la realizzazione tecnica di una visione del maestro Miyazaki. Creata sulla rielaborazione della più celebre favola di Andersen, "La Sirenetta", narra del viaggio di una pesciolina che scopre casualmente il mondo umano. Ancora una volta ci troviamo davanti a princìpi universali che vanno sottolineati sempre con forza: l'amore, l'amicizia, il senso puro della famiglia e l'immancabile amore per la natura.
E' proprio quest'amore per la natura che, in quest'anime, trasuda e permea l'intero racconto. E' il mare il protagonista assoluto, le onde, la spuma, il rumore, sono le assolute protagoniste in quello che è un vero tributo alla natura, anche nella sua più devastante forma… Infatti, nonostante sia così lieve e così delicata da non sembrarlo neppure, è uno tsunami quello che si abbatte sulle coste giapponesi. Ma di questo non ci si rende conto, persi come spesso capita nella meravigliosa fusione di immagini, colori ed emozioni che il maestro Miyazaki spesso regala e dipinge come nulla fosse più facile.
Ed è così che la magia diventa sensazione, non spettacolare ma necessaria al proseguimento della storia. La storia diventa lineare e sensata proprio grazie a quella sospensione "in sogno" che tutto l'anime racconta. Dopo le prime scene è difficile distinguere ciò che è reale da ciò che è immaginato. I pesci preistorici esistono, ma solo nella fantasia dei protagonisti, la barca a vapore c'è oppure è un giocattolo? Dubbi che perdono d'importanza nel momento in cui i colori si fondono, i tratti di matita s'assottigliano, lasciando nuovamente al gusto estetico puro il centro del palcoscenico.
La visione del mondo con gli occhi di un bambino è quello che ci regala Miyazaki, rammentandoci che solo grazie a quest'ingenuità e a questa grande forza è possibile credere nel futuro. Egli spiega con i suoi disegni come si può fare a non rinunciare mai, a procedere sempre verso una meta desiderata e mai troppo lontana. Ritrovare la freschezza e la serenità dell'infanzia è, secondo il maestro, l'unica vera alternativa a un mondo che troppo spesso dimentica quello sguardo proiettandosi verso un futuro tecnologico, artificioso e, forse, arido.
Non appaiono tecnologie all'avanguardia, Miyazaki cerca e trova anche in quest'anime la semplicità di un mondo che non necessità del computer - e anche l'assenza della computer grafica lo sottolinea: una riscoperta per chi, come me, ha dimenticato quei giorni, e una speranza per chi quei giorni li sta vivendo.
Quando dietro un'opera c'è la mano e il nome di Hayao Miyazaki si pensa giustamente subito al capolavoro, finché non si assiste a opere del calibro di "Ponyo sulla Scogliera"... Già, è allora che si comincia a cambiare opinione.
La trama è una sorta di favoletta in stile "La Sirenetta" nella quale una pesciolina - ma non sembrerebbe neanche tanto una pesciolina, quanto una sorta di medusa con un forte handicap estetico - di nome Ponyo un giorno si sveglia e decide che vuole diventare umana per cazzeggiare tutto il giorno con un bambino di nome Sosuke che l'ha salvata. Ovviamente non è facile a farsi, perché il padre di Ponyo, una sorta di stregone, è contrario in ogni modo a permettere che Ponyo diventi umana, che poi verrebbe da chiedersi "perché?"
E dopo quest'introduzione veniamo alle note realmente dolenti, ovvero il corso di eventi e l'assoluta infantilità dei temi. Ponyo, pur di realizzare il suo capriccio, perché questo è, scatena uno tsunami che si abbatte sul paese di mare nel quale abita anche Sosuke - sì, avete capito bene tsunami! Ma non vi preoccupate, eh, anche se la medusina porta distruzione in ogni dove lasciando centinaia di migliaia di persone senza una casa e mettendo a repentaglio la loro stessa vita la piccola e soprattutto innocua Ponyo lo fa con tanta allegria. Basta guardarla quando scatena l'inferno di onde, in pratica cammina sul mare come un dio sorridendo e scherzando mentre la gente del paese rimane senza casa... Ponyo è proprio un'opera logica e adatta ai bambini, non c'è che dire.
Ora passiamo ai genitori di Sosuke e più precisamente alla madre del bambino. La donna innanzitutto viene sempre chiamata dal figlio per nome manco fosse un'estranea, e vabbé, non se ne vede il senso, ma passi. Il problema di Risa, così si chiama, è prima di tutto il suo stile di guida. Avete presente la costiera amalfitana? E' tutta curve con stradine in cui ci passa spesso e volentieri a malapena un'utilitaria, quindi molto simile alla località dell'anime. Ecco, Risa se le fa tutte in derapata manco stessimo guardando le gare di Drift giapponesi, e lo fa con suo figlio a fianco! In pratica se ci fosse un furgone dietro la curva morirebbero lei e lui sul colpo per questa idiozia.
Sempre in referenza alla madre di Sosuke ci sarà un momento in cui, nonostante lo tsunami, fulmini, trombe d'aria, uragani, ecc. la giovane donna, da madre modello qual è, decide di lasciare il figlio da solo con Ponyo (che tanto bene con la testa non sta) per andare ad aiutare delle vecchiette a una casa di riposo. Cioè una madre lascia il suo unico figlio di sì e no cinque anni, da solo a casa con una medusa antropomorfa mentalmente instabile in casa e con un uragano da "The Day After Tomorrow" fuori... Devo continuare?
Il film possiede una moltitudine di situazioni narrative infantili dirette principalmente a un pubblico di minori, basti pensare a quando la mamma di Sosuke prepara da mangiare, come se si volesse far capire come funzionano certi metodi di cucina. Molti dialoghi sembrano stati aggiunti giusto per aumentare la durata dell'opera, di conseguenza l'utilità è altalenante.
Tecnicamente l'opera è particolare, ma non eccezionale per essere un'opera di Miyazaki. Gli sfondi dettagliatissimi, gli oggetti di uso comune riprodotti in maniera maniacale e la miriade di dettagli di contorno sono tutte caratteristiche non presenti, non in quest'opera almeno, del maestro dell'animazione. Tanto per rendere l'idea, il mare, elemento chiave di tutto il film, sembra finto e denso come una cioccolata calda. Il comparto audio è molto lontano dalle altre opere e in particolar modo la sigla finale, così infantile e ridicola che sarebbe stato meglio mantenere i titoli di coda in modalità "muto".
Concludo questa recensione sconsigliando la visione a chi crede che "Ponyo sulla Scogliera" mantenga i vecchi fasti di capolavori come "Il Castello Errante di Howl" o "La Città Incantata". Questo film d'animazione non sembra neanche un'opera di Hayao Miyazaki, ma anzi dà l'impressione di essere stato preso da uno degli "scarti" del maestro, scarti che sarebbero dovuti rimanere dov'erano, nell'immondizia.
La trama è una sorta di favoletta in stile "La Sirenetta" nella quale una pesciolina - ma non sembrerebbe neanche tanto una pesciolina, quanto una sorta di medusa con un forte handicap estetico - di nome Ponyo un giorno si sveglia e decide che vuole diventare umana per cazzeggiare tutto il giorno con un bambino di nome Sosuke che l'ha salvata. Ovviamente non è facile a farsi, perché il padre di Ponyo, una sorta di stregone, è contrario in ogni modo a permettere che Ponyo diventi umana, che poi verrebbe da chiedersi "perché?"
E dopo quest'introduzione veniamo alle note realmente dolenti, ovvero il corso di eventi e l'assoluta infantilità dei temi. Ponyo, pur di realizzare il suo capriccio, perché questo è, scatena uno tsunami che si abbatte sul paese di mare nel quale abita anche Sosuke - sì, avete capito bene tsunami! Ma non vi preoccupate, eh, anche se la medusina porta distruzione in ogni dove lasciando centinaia di migliaia di persone senza una casa e mettendo a repentaglio la loro stessa vita la piccola e soprattutto innocua Ponyo lo fa con tanta allegria. Basta guardarla quando scatena l'inferno di onde, in pratica cammina sul mare come un dio sorridendo e scherzando mentre la gente del paese rimane senza casa... Ponyo è proprio un'opera logica e adatta ai bambini, non c'è che dire.
Ora passiamo ai genitori di Sosuke e più precisamente alla madre del bambino. La donna innanzitutto viene sempre chiamata dal figlio per nome manco fosse un'estranea, e vabbé, non se ne vede il senso, ma passi. Il problema di Risa, così si chiama, è prima di tutto il suo stile di guida. Avete presente la costiera amalfitana? E' tutta curve con stradine in cui ci passa spesso e volentieri a malapena un'utilitaria, quindi molto simile alla località dell'anime. Ecco, Risa se le fa tutte in derapata manco stessimo guardando le gare di Drift giapponesi, e lo fa con suo figlio a fianco! In pratica se ci fosse un furgone dietro la curva morirebbero lei e lui sul colpo per questa idiozia.
Sempre in referenza alla madre di Sosuke ci sarà un momento in cui, nonostante lo tsunami, fulmini, trombe d'aria, uragani, ecc. la giovane donna, da madre modello qual è, decide di lasciare il figlio da solo con Ponyo (che tanto bene con la testa non sta) per andare ad aiutare delle vecchiette a una casa di riposo. Cioè una madre lascia il suo unico figlio di sì e no cinque anni, da solo a casa con una medusa antropomorfa mentalmente instabile in casa e con un uragano da "The Day After Tomorrow" fuori... Devo continuare?
Il film possiede una moltitudine di situazioni narrative infantili dirette principalmente a un pubblico di minori, basti pensare a quando la mamma di Sosuke prepara da mangiare, come se si volesse far capire come funzionano certi metodi di cucina. Molti dialoghi sembrano stati aggiunti giusto per aumentare la durata dell'opera, di conseguenza l'utilità è altalenante.
Tecnicamente l'opera è particolare, ma non eccezionale per essere un'opera di Miyazaki. Gli sfondi dettagliatissimi, gli oggetti di uso comune riprodotti in maniera maniacale e la miriade di dettagli di contorno sono tutte caratteristiche non presenti, non in quest'opera almeno, del maestro dell'animazione. Tanto per rendere l'idea, il mare, elemento chiave di tutto il film, sembra finto e denso come una cioccolata calda. Il comparto audio è molto lontano dalle altre opere e in particolar modo la sigla finale, così infantile e ridicola che sarebbe stato meglio mantenere i titoli di coda in modalità "muto".
Concludo questa recensione sconsigliando la visione a chi crede che "Ponyo sulla Scogliera" mantenga i vecchi fasti di capolavori come "Il Castello Errante di Howl" o "La Città Incantata". Questo film d'animazione non sembra neanche un'opera di Hayao Miyazaki, ma anzi dà l'impressione di essere stato preso da uno degli "scarti" del maestro, scarti che sarebbero dovuti rimanere dov'erano, nell'immondizia.
"Ponyo sulla scogliera" è l'opera ingiustamente definita "minore" di Hayao Miyazaki.
Come altre pellicole del regista, la trama è la fusione di una fiaba occidentale e di una orientale: "La Sirenetta" di Andersen e "Iya Iya En" della Nakagawa.
Ponyo, pesciolina intraprendente e curiosa, fugge dal suo rifugio familiare per conoscere finalmente il mondo emerso: è a questo punto che conosce un bambino dell'asilo, tal Sousuke, al quale presto si affezionerà maturando la decisione di diventare anch'essa un essere umano. Naturalmente il padre stregone non è per niente d'accordo e ostacolerà con ogni mezzo a sua disposizione l'amicizia tra i due infanti.
L'anime ricorre a tutti gli assiomi delle recenti produzioni Ghibli: l'incontro con l'essere "alieno", il tema ecologico, la ragazza forte che combatte contro le convenzioni, le vecchiette bisbetiche e altri personaggi di rito, il finale zuccheroso e perbenista. Stavolta però sono presenti delle novità che sarebbe poco onesto non rilevare, e con ciò non mi riferisco all'abbassamento del target alla fascia prescolare.
Innanzitutto protagonista non è l'elemento di disturbo, la femmina, la pesciolina citata nel titolo. È Sousuke. Tutto il film viene raccontato, o per meglio dire visto dalla ristretta prospettiva di un bambino di cinque anni, regalando al pubblico più giovane un personaggio realistico al quale immedesimarsi e ai più adulti un breve trattato di psicologia infantile. Diventa così del tutto giustificabile e meno stomachevolmente "miyazakiano" che il mondo brilli di colori vivaci, che i cavalloni abbiano gli occhi e che tutto, perfino un evento drammatico come uno tsunami, si possa risolvere per il meglio tramite la magia. Se si analizzano i segnali lasciati dal film, perfino il lieto fine diventa meno scontato, dacché lo spettatore non ha un punto di osservazione esterno a quello del piccolo eroe.
Si può ben dire che questo sia uno dei pochi film Ghibli dove i personaggi maschili sono più forti di quelli femminili. Se Risa non esce dallo stilema della donna combattiva e Ponyo non è altro che una "sofficiosa" creatura atta a ispirare tenerezza, accanto al già citato Sousuke è presente Fujimoto, il padre apprensivo della fiaba tramutato in un arido otaku ebbro di cinismo e scientismo, a tal punto da non riuscire a relazionarsi alla propria famiglia. Il contrasto tra i due rivali in amore è evidente e si mantiene vivace fino alla fine, impedendo al lungometraggio, che pure non scorre veloce, di arenarsi definitivamente.
Visivamente il film è una delizia. Il tratto avvolge morbidamente tutti gli elementi in scena e le luci si scompongono in mille tonalità pastello conferendo al prodotto la parvenza di un acquerello animato. Personalmente ritengo la scelta di non ricorrere alla computer grafica un atto d'amore del regista verso un tipo di pubblico ormai disabituato a vedere cartoni a due dimensioni; ma si tratta ovviamente di un'opinione arbitraria.
Il bello è che proprio quando lo spettatore si è ormai abituato all'atmosfera da fiaba semplice e lineare, spunta la riflessione sul significato della vita umana. Si tratta più che altro di annotazioni, accennate in un fotogramma o sussurrate a fil di voce, che ricomposte danno vita a una linea di pensiero coerente. La morte non è mai nominata direttamente, ma è sempre presente, guida pensieri e azioni dei protagonisti: cenere alla cenere, polvere alla polvere, schiuma nel mare.
"Ponyo sulla scogliera" è un film pensato per i più piccoli e per i più grandi, che quindi potrebbe deludere i fan di Miyazaki, solitamente adolescenti. Un gioiello nella storia dell'animazione giapponese lasciato a impolverare a causa del suo aspetto infantile che invece a una visione oculata riserva molte sorprese, tra cui un'inedita morale: il prosciutto fa crescere sani e forti. Provare per credere.
Come altre pellicole del regista, la trama è la fusione di una fiaba occidentale e di una orientale: "La Sirenetta" di Andersen e "Iya Iya En" della Nakagawa.
Ponyo, pesciolina intraprendente e curiosa, fugge dal suo rifugio familiare per conoscere finalmente il mondo emerso: è a questo punto che conosce un bambino dell'asilo, tal Sousuke, al quale presto si affezionerà maturando la decisione di diventare anch'essa un essere umano. Naturalmente il padre stregone non è per niente d'accordo e ostacolerà con ogni mezzo a sua disposizione l'amicizia tra i due infanti.
L'anime ricorre a tutti gli assiomi delle recenti produzioni Ghibli: l'incontro con l'essere "alieno", il tema ecologico, la ragazza forte che combatte contro le convenzioni, le vecchiette bisbetiche e altri personaggi di rito, il finale zuccheroso e perbenista. Stavolta però sono presenti delle novità che sarebbe poco onesto non rilevare, e con ciò non mi riferisco all'abbassamento del target alla fascia prescolare.
Innanzitutto protagonista non è l'elemento di disturbo, la femmina, la pesciolina citata nel titolo. È Sousuke. Tutto il film viene raccontato, o per meglio dire visto dalla ristretta prospettiva di un bambino di cinque anni, regalando al pubblico più giovane un personaggio realistico al quale immedesimarsi e ai più adulti un breve trattato di psicologia infantile. Diventa così del tutto giustificabile e meno stomachevolmente "miyazakiano" che il mondo brilli di colori vivaci, che i cavalloni abbiano gli occhi e che tutto, perfino un evento drammatico come uno tsunami, si possa risolvere per il meglio tramite la magia. Se si analizzano i segnali lasciati dal film, perfino il lieto fine diventa meno scontato, dacché lo spettatore non ha un punto di osservazione esterno a quello del piccolo eroe.
Si può ben dire che questo sia uno dei pochi film Ghibli dove i personaggi maschili sono più forti di quelli femminili. Se Risa non esce dallo stilema della donna combattiva e Ponyo non è altro che una "sofficiosa" creatura atta a ispirare tenerezza, accanto al già citato Sousuke è presente Fujimoto, il padre apprensivo della fiaba tramutato in un arido otaku ebbro di cinismo e scientismo, a tal punto da non riuscire a relazionarsi alla propria famiglia. Il contrasto tra i due rivali in amore è evidente e si mantiene vivace fino alla fine, impedendo al lungometraggio, che pure non scorre veloce, di arenarsi definitivamente.
Visivamente il film è una delizia. Il tratto avvolge morbidamente tutti gli elementi in scena e le luci si scompongono in mille tonalità pastello conferendo al prodotto la parvenza di un acquerello animato. Personalmente ritengo la scelta di non ricorrere alla computer grafica un atto d'amore del regista verso un tipo di pubblico ormai disabituato a vedere cartoni a due dimensioni; ma si tratta ovviamente di un'opinione arbitraria.
Il bello è che proprio quando lo spettatore si è ormai abituato all'atmosfera da fiaba semplice e lineare, spunta la riflessione sul significato della vita umana. Si tratta più che altro di annotazioni, accennate in un fotogramma o sussurrate a fil di voce, che ricomposte danno vita a una linea di pensiero coerente. La morte non è mai nominata direttamente, ma è sempre presente, guida pensieri e azioni dei protagonisti: cenere alla cenere, polvere alla polvere, schiuma nel mare.
"Ponyo sulla scogliera" è un film pensato per i più piccoli e per i più grandi, che quindi potrebbe deludere i fan di Miyazaki, solitamente adolescenti. Un gioiello nella storia dell'animazione giapponese lasciato a impolverare a causa del suo aspetto infantile che invece a una visione oculata riserva molte sorprese, tra cui un'inedita morale: il prosciutto fa crescere sani e forti. Provare per credere.
Ecco, qui il buon Miyazaki ha toccato il fondo, e non perché il film ha un'ambientazione marina. Direi che "Ponyo sulla Scogliera" è uno dei film più infantili prodotti da Miyazaki, e di sicuro il suo peggior film.
Nel mondo di Ponyo non c'è un perché: tutto succede perché deve succedere, tutto è strambo e tutto non ha senso. Il perché il mondo venga inondato è un mistero - forse la Luna si è avvicinata troppo alla Terra, ma figuriamoci se viene spiegato il perché -, come è un mistero il fatto che tutto dipenda da Ponyo. A mio avviso non c'è logica e non c'è trama, sembra che ci sia la pretesa di immergerti nel mondo creato per questo film, senza che ci sia feeling con esso.
I personaggi secondo me sono insulsi, infantili e senza scopo, a parte Fujimoto, che uno scopo l'ha, ma rimane un personaggio assurdo e paradossale come il resto dei personaggi.
Evidentemente, Miyazaki ha esagerato troppo in questo film, perché un conto è fare dei film come "La città incantata", che, pur essendo anche per bambini, non rinunciano a intrattenere anche chi è un po' più adulto, un altro conto è fare invece un film come questo, che è solo per bambini (sempre che i bambini riescano a capirne il senso), e a chi è un po' più grande non lascia nulla di realmente significativo.
Le animazioni sono ottime, anche se i disegni li ho apprezzati di meno. Ad esempio l'effetto pastello sulle onde del mare, non mi è piaciuto completamente.
Insomma, reputo "Ponyo sulla Scogliera" un buco nell'acqua (per restare in tema marino), di certo non vi consiglio di iniziare da questo film se è la prima volta che vi avvicinate a un'opera di Miyazaki, perché rischiereste di valutare prematuramente e male il resto delle sue opere. Se invece avete visto qualche altro film di Miyazaki, valutate attentamente prima di vederlo, perché la delusione potrà essere immensa.
Nel mondo di Ponyo non c'è un perché: tutto succede perché deve succedere, tutto è strambo e tutto non ha senso. Il perché il mondo venga inondato è un mistero - forse la Luna si è avvicinata troppo alla Terra, ma figuriamoci se viene spiegato il perché -, come è un mistero il fatto che tutto dipenda da Ponyo. A mio avviso non c'è logica e non c'è trama, sembra che ci sia la pretesa di immergerti nel mondo creato per questo film, senza che ci sia feeling con esso.
I personaggi secondo me sono insulsi, infantili e senza scopo, a parte Fujimoto, che uno scopo l'ha, ma rimane un personaggio assurdo e paradossale come il resto dei personaggi.
Evidentemente, Miyazaki ha esagerato troppo in questo film, perché un conto è fare dei film come "La città incantata", che, pur essendo anche per bambini, non rinunciano a intrattenere anche chi è un po' più adulto, un altro conto è fare invece un film come questo, che è solo per bambini (sempre che i bambini riescano a capirne il senso), e a chi è un po' più grande non lascia nulla di realmente significativo.
Le animazioni sono ottime, anche se i disegni li ho apprezzati di meno. Ad esempio l'effetto pastello sulle onde del mare, non mi è piaciuto completamente.
Insomma, reputo "Ponyo sulla Scogliera" un buco nell'acqua (per restare in tema marino), di certo non vi consiglio di iniziare da questo film se è la prima volta che vi avvicinate a un'opera di Miyazaki, perché rischiereste di valutare prematuramente e male il resto delle sue opere. Se invece avete visto qualche altro film di Miyazaki, valutate attentamente prima di vederlo, perché la delusione potrà essere immensa.
"Ponyo sulla scogliera" è il nono lungometraggio scritto e diretto dall'impeccabile Hayao Miyazaki per lo Studio Ghibli. Il film, del 2008, partecipa in anteprima alla 65ª Mostra del Cinema di Venezia e finisce nelle sale italiane un anno dopo, ottenendo un discreto successo. Molti l'hanno considerato come una sorta di rilettura de "La sirenetta", ma la comunanza tra le due opere è ben poca, dato che "Ponyo" è strettamente legato alla tradizione nipponica e impregnato della simbologia dei suoi culti e mitologie. Non è infatti un caso che questo gioiello dell'animazione sia stato sottovalutato o preso troppo 'alla leggera', in vista di un'apparente discrezione di contenuti e di messaggi, che invece sussistono, e in modo molto più intenso, che nei precedenti lavori del regista di Tokyo.
A differenziarsi però dai fasti de "Il castello errante di Howl" o de "La città incantata", è innanzitutto lo stile grafico di questo film, che oserei indicare tra i più riusciti della storia Ghibli, e che si lega a quella sorta di inversione e ritorno al sentimento e all'espressione artistica più umili dei primi tempi: si recupera la dolcezza di "Tonari no Totoro", s'abbandonano l'eleganza sfarzosa e il clima romanzesco di "Howl", per ritornare a fantasticare come fanciulli sul mondo circostante, che è fatto di colori pastello, di tratti tondeggianti e di figure in continuo mutamento, amalgamate in un vortice immaginifico di poesia che è animato da circa 170.000 disegni a matita, e che germoglia in tutto il suo splendore nelle sequenze a sfondo marino. Tra queste, indimenticabile è la scena del mare in tempesta, che prende letteralmente vita diramandosi in centinaia di pesci dalla forma acquatica, manifestando la spaventosa potenza della natura, che tuttavia mai s'azzarda a smarrire la via del 'fantastico', e che dunque si attiene alla rappresentazione trasfigurata dalla visione utopistica del bambino: un mare che in parte si mostra minaccioso e temibile, e in parte come una nuova avventurosa sfida, un nuovo fantastico divertimento al quale anche gli adulti vogliono partecipare - vedasi la sfrenata corsa in auto della noncurante madre di Sousuke, a scanso delle onde che quasi sembrano travolgerli da un momento all'altro.
Ci si ricorda però che quella natura, così apparentemente ostica, è la culla e la migliore amica dell'uomo. Ma solo una regressione allo stadio infantile può permettere all'uomo di cogliere con piena sensibilità il valore del rispetto per la natura. Ed ecco che dunque, ancora una volta, troviamo un ragazzino come protagonista, Sousuke, di cinque anni, probabilmente il più giovane dei personaggi del panorama miyazakiano, dopo Mei, una delle due sorelline di "Tonari no Totoro".
Particolarmente intraprendente e altruista, è proprio in riva a quello sconfinato mare che farà amicizia con una pesciolina dal volto umano, Brunilde, che egli battezzerà 'Ponyo'. Quest'esserino è in realtà un'entità divina, figlia della dea del mare e di Fujimoto, una sorta di stregone che ha intenzione di rinnovare la vita di tutti gli esseri viventi - non è pertanto un antagonista con intenti 'distruttivi', come potrebbe inizialmente sembrare.
L'incontro con il bambino costituirà per Ponyo la prima fase di trasformazione e di riconoscimento di se stessa in una nuova forma, quella umana, che potrà completarsi soltanto quando un altro umano l'avrà accettata come tale. Questo percorso di nuova identificazione occupa il posto centrale nella trama dell'opera, che è ovviamente corredata di altri messaggi, come quelli - immancabili - d'impronta ecologista, familiare, e, come già accennato, di profondi riferimenti simbolici, che donano alla pellicola uno spessore di cui molti hanno denunciato la mancanza: ad esempio, l'inondazione sta a indicare il rinnovamento di tutte le forme d'esistenza (pianeggiato inizialmente da Fujimoto), la schiuma marina è inoltre la fonte di tutta la vita; la magia è un elemento prettamente divino, la speranza è invece parte dell'essere umani - Ponyo non può impiegarla quando è una bambina, e in una splendida scena si limita infatti a porgere la mano all'amico facendogli coraggio, dicendogli quindi di avere speranza.
"Ponyo sulla scogliera" è un prodotto a mio avviso fondamentale della storia dello Studio Ghibli, che sfiora "Il mio vicino Totoro" in quanto a genuinità e delicatezza di argomenti. Il recupero della proiezione infantile del mondo è reso di nuovo possibile dalla proposizione di una sceneggiatura semplice ma particolarmente emozionante e da un comparto tecnico che fa del suo punto di forza l'eliminazione delle tecniche digitali in favore di uno stile "fumettoso" e bucolico. L'esperienza visiva che ne consegue è decisamente meravigliosa.
Il titolo segna inoltre il ritorno di un Hisaishi molto ispirato, con composizioni musicali di tutto rispetto, che in certi punti ricordano Wagner (in realtà la storia stessa prende alcuni spunti proprio da 'La valchiria').
A differenziarsi però dai fasti de "Il castello errante di Howl" o de "La città incantata", è innanzitutto lo stile grafico di questo film, che oserei indicare tra i più riusciti della storia Ghibli, e che si lega a quella sorta di inversione e ritorno al sentimento e all'espressione artistica più umili dei primi tempi: si recupera la dolcezza di "Tonari no Totoro", s'abbandonano l'eleganza sfarzosa e il clima romanzesco di "Howl", per ritornare a fantasticare come fanciulli sul mondo circostante, che è fatto di colori pastello, di tratti tondeggianti e di figure in continuo mutamento, amalgamate in un vortice immaginifico di poesia che è animato da circa 170.000 disegni a matita, e che germoglia in tutto il suo splendore nelle sequenze a sfondo marino. Tra queste, indimenticabile è la scena del mare in tempesta, che prende letteralmente vita diramandosi in centinaia di pesci dalla forma acquatica, manifestando la spaventosa potenza della natura, che tuttavia mai s'azzarda a smarrire la via del 'fantastico', e che dunque si attiene alla rappresentazione trasfigurata dalla visione utopistica del bambino: un mare che in parte si mostra minaccioso e temibile, e in parte come una nuova avventurosa sfida, un nuovo fantastico divertimento al quale anche gli adulti vogliono partecipare - vedasi la sfrenata corsa in auto della noncurante madre di Sousuke, a scanso delle onde che quasi sembrano travolgerli da un momento all'altro.
Ci si ricorda però che quella natura, così apparentemente ostica, è la culla e la migliore amica dell'uomo. Ma solo una regressione allo stadio infantile può permettere all'uomo di cogliere con piena sensibilità il valore del rispetto per la natura. Ed ecco che dunque, ancora una volta, troviamo un ragazzino come protagonista, Sousuke, di cinque anni, probabilmente il più giovane dei personaggi del panorama miyazakiano, dopo Mei, una delle due sorelline di "Tonari no Totoro".
Particolarmente intraprendente e altruista, è proprio in riva a quello sconfinato mare che farà amicizia con una pesciolina dal volto umano, Brunilde, che egli battezzerà 'Ponyo'. Quest'esserino è in realtà un'entità divina, figlia della dea del mare e di Fujimoto, una sorta di stregone che ha intenzione di rinnovare la vita di tutti gli esseri viventi - non è pertanto un antagonista con intenti 'distruttivi', come potrebbe inizialmente sembrare.
L'incontro con il bambino costituirà per Ponyo la prima fase di trasformazione e di riconoscimento di se stessa in una nuova forma, quella umana, che potrà completarsi soltanto quando un altro umano l'avrà accettata come tale. Questo percorso di nuova identificazione occupa il posto centrale nella trama dell'opera, che è ovviamente corredata di altri messaggi, come quelli - immancabili - d'impronta ecologista, familiare, e, come già accennato, di profondi riferimenti simbolici, che donano alla pellicola uno spessore di cui molti hanno denunciato la mancanza: ad esempio, l'inondazione sta a indicare il rinnovamento di tutte le forme d'esistenza (pianeggiato inizialmente da Fujimoto), la schiuma marina è inoltre la fonte di tutta la vita; la magia è un elemento prettamente divino, la speranza è invece parte dell'essere umani - Ponyo non può impiegarla quando è una bambina, e in una splendida scena si limita infatti a porgere la mano all'amico facendogli coraggio, dicendogli quindi di avere speranza.
"Ponyo sulla scogliera" è un prodotto a mio avviso fondamentale della storia dello Studio Ghibli, che sfiora "Il mio vicino Totoro" in quanto a genuinità e delicatezza di argomenti. Il recupero della proiezione infantile del mondo è reso di nuovo possibile dalla proposizione di una sceneggiatura semplice ma particolarmente emozionante e da un comparto tecnico che fa del suo punto di forza l'eliminazione delle tecniche digitali in favore di uno stile "fumettoso" e bucolico. L'esperienza visiva che ne consegue è decisamente meravigliosa.
Il titolo segna inoltre il ritorno di un Hisaishi molto ispirato, con composizioni musicali di tutto rispetto, che in certi punti ricordano Wagner (in realtà la storia stessa prende alcuni spunti proprio da 'La valchiria').
Recensire questo film è difficile. E' difficile per me perché amo Miyazaki: lo trovo uno dei registi più geniali del mondo e ho trovato "Il Castello Errante di Howl" e "La Città Incantata" dei veri e propri capolavori. A mio avviso, però, lo stesso non si può dire di "Ponyo sulla scogliera", pellicola di cui il mondo avrebbe francamente fatto a meno. Con grande difficoltà "sentimentale" provo a spiegare il perché.
La Ponyo che dà il nome all'anime è una bambina pesce con delle gravi forme di ritardo mentale (o forse solo un po' tonta), la quale un giorno fugge dalla sua casa subacquea e incontra, sulla terraferma, un bambino di nome Sosuke, che la ribattezza appunto Ponyo - il suo vero nome è Brunilde. Da quel momento la bambina non farà che ripetere la parola "ponyo" praticamente ogni otto secondi.
In buona sostanza il padre si mette a cercarla, ma la bambina sta per combinare un guaio con risultati catastrofici.
Insomma, la trama non è originalissima, ma il problema sta soprattutto nella narrazione, incredibilmente noiosa. I personaggi sono stranamente piatti - l'unico che si salva è il carinissimo Sosuke - e molto meccanici. La più insopportabile è proprio Ponyo: un'incapace che sa solo ripetere il proprio nome all'infinito. Inoltre è proprio il procedere degli eventi a essere lentissimo, e in effetti anche gli avvenimenti sono davvero scarni.
Confesso di essermi addormentato la prima volta che l'ho visto. Non mi sembrava possibile che il grande Miyazaki avesse potuto realizzare una pellicola tanto mediocre. Eppure...
Nemmeno il doppiaggio brilla per capacità.
Punti certamente positivi dell'opera sono invece i disegni e le musiche. Lo stile è originalissimo, è talmente particolare che o lo ami o lo odi, e io lo amo. Anche la grafica è ottima e rende i disegni dei piccoli capolavori - basta guardare le stesse immagini presenti nella scheda.
Insomma, "Ponyo sulla Scogliera" è un film decisamente sottotono, che da un genio di questo calibro non ti aspetteresti mai. Gli do, tuttavia, un'insufficienza contenuta, perché i disegni e le musiche sono ineccepibili, Sosuke è un personaggio fantastico: carino, intelligente, romantico, il classico "piccolo saggio", l'unico davvero caratterizzato al meglio. E comunque Miyazaki è Miyazaki. Comunque non lo consiglierei se non a un pubblico poco esigente.
La Ponyo che dà il nome all'anime è una bambina pesce con delle gravi forme di ritardo mentale (o forse solo un po' tonta), la quale un giorno fugge dalla sua casa subacquea e incontra, sulla terraferma, un bambino di nome Sosuke, che la ribattezza appunto Ponyo - il suo vero nome è Brunilde. Da quel momento la bambina non farà che ripetere la parola "ponyo" praticamente ogni otto secondi.
In buona sostanza il padre si mette a cercarla, ma la bambina sta per combinare un guaio con risultati catastrofici.
Insomma, la trama non è originalissima, ma il problema sta soprattutto nella narrazione, incredibilmente noiosa. I personaggi sono stranamente piatti - l'unico che si salva è il carinissimo Sosuke - e molto meccanici. La più insopportabile è proprio Ponyo: un'incapace che sa solo ripetere il proprio nome all'infinito. Inoltre è proprio il procedere degli eventi a essere lentissimo, e in effetti anche gli avvenimenti sono davvero scarni.
Confesso di essermi addormentato la prima volta che l'ho visto. Non mi sembrava possibile che il grande Miyazaki avesse potuto realizzare una pellicola tanto mediocre. Eppure...
Nemmeno il doppiaggio brilla per capacità.
Punti certamente positivi dell'opera sono invece i disegni e le musiche. Lo stile è originalissimo, è talmente particolare che o lo ami o lo odi, e io lo amo. Anche la grafica è ottima e rende i disegni dei piccoli capolavori - basta guardare le stesse immagini presenti nella scheda.
Insomma, "Ponyo sulla Scogliera" è un film decisamente sottotono, che da un genio di questo calibro non ti aspetteresti mai. Gli do, tuttavia, un'insufficienza contenuta, perché i disegni e le musiche sono ineccepibili, Sosuke è un personaggio fantastico: carino, intelligente, romantico, il classico "piccolo saggio", l'unico davvero caratterizzato al meglio. E comunque Miyazaki è Miyazaki. Comunque non lo consiglierei se non a un pubblico poco esigente.
Direttamente dal celeberrimo Studio Ghibli ci arriva Ponyo sulla Scogliera, una favola dei tempi moderni, ma realizzata con le tecniche più tradizionali.
Sicuramente è questo il particolare che salta più velocemente all'occhio quando si inizia la visione di questo film. Animazioni, personaggi e sfondi sono infatti tutti realizzati tassativamente a mano, mettendo momentaneamente al bando le moderne tecniche digitali.
Con questa fattura dal sapore retrò, Ponyo ci trasporta in un mondo pieno di colori vividi, di personaggi fantasiosi, di creature strane e di paesaggi dal sapore ora bucolico, ora al limite del fantastico.
Soggetto del film è il desiderio della piccola Ponyo, creatura simile a un pesce abitante degli abissi, di vivere sulla terra come un essere umano dopo l'incontro con il piccolo Sosuke. Tra i due nascerà subito una solida amicizia messa però subito alla prova dal precipitare degli eventi.
Ponyo e Sosuke rappresentano dunque l'incontro tra due mondi, quello degli umani e quello naturale più arcano, destinati a evolversi per cammini paralleli salvo a volte avvicinarsi l'un l'altro. In un certo senso questa si può considerare come una metafora del rapporto tra l'uomo e l'ambiente, tema ecologista tanto caro agli autori dello Studio Ghibli - e al maestro Miyazaki in particolare. Questa volta spetta alla Natura, attraverso l'inconsapevole egoismo infantile della piccola Ponyo, il ruolo di mettere a rischio l'equilibrio dei due mondi, ma forse questo è in realtà simbolo della poca lungimiranza dell'uomo rispetto allo sfruttamento eccessivo dell'ambiente.
Alla fine, comunque, Ponyo è una fantasiosa fiaba destinata ai bambini. Per questa ragione potremo giustificare il suo sviluppo abbastanza lineare senza che si crei un intreccio molto complicato o che si vada a scavare a fondo svelando o indagando su ogni spunto che possa fornire la storia. Infatti è un po' un peccato non veder descritto in modo più dettagliato il mondo sottomarino o svelato qualche dettaglio in più del progetto messo in atto dal padre di Ponyo.
Personaggi interessanti comunque non mancano. Personalmente ho gradito molto quello di Risa, la madre di Sosuke, una tipa tento energica quanto impegnata e responsabile nel suo ruolo di genitrice.
Molto buono è il doppiaggio italiano, mentre sull'adattamento devo appuntare il mantenimento di qualche purismo (come i suffissi ai nomi) che pare costituire qualche difficoltà verso un pubblico non molto avvezzo a tali peculiarità del giapponese.
Pur meno appassionante di altri lavori dello Studio Ghibli, Ponyo sulla Scogliera è stato comunque un film gradevole, visivamente bello da vedere, sicuramente adatto a un pubblico di ogni età che potrà godersi una fiaba educativa e piena di fantasia.
Sicuramente è questo il particolare che salta più velocemente all'occhio quando si inizia la visione di questo film. Animazioni, personaggi e sfondi sono infatti tutti realizzati tassativamente a mano, mettendo momentaneamente al bando le moderne tecniche digitali.
Con questa fattura dal sapore retrò, Ponyo ci trasporta in un mondo pieno di colori vividi, di personaggi fantasiosi, di creature strane e di paesaggi dal sapore ora bucolico, ora al limite del fantastico.
Soggetto del film è il desiderio della piccola Ponyo, creatura simile a un pesce abitante degli abissi, di vivere sulla terra come un essere umano dopo l'incontro con il piccolo Sosuke. Tra i due nascerà subito una solida amicizia messa però subito alla prova dal precipitare degli eventi.
Ponyo e Sosuke rappresentano dunque l'incontro tra due mondi, quello degli umani e quello naturale più arcano, destinati a evolversi per cammini paralleli salvo a volte avvicinarsi l'un l'altro. In un certo senso questa si può considerare come una metafora del rapporto tra l'uomo e l'ambiente, tema ecologista tanto caro agli autori dello Studio Ghibli - e al maestro Miyazaki in particolare. Questa volta spetta alla Natura, attraverso l'inconsapevole egoismo infantile della piccola Ponyo, il ruolo di mettere a rischio l'equilibrio dei due mondi, ma forse questo è in realtà simbolo della poca lungimiranza dell'uomo rispetto allo sfruttamento eccessivo dell'ambiente.
Alla fine, comunque, Ponyo è una fantasiosa fiaba destinata ai bambini. Per questa ragione potremo giustificare il suo sviluppo abbastanza lineare senza che si crei un intreccio molto complicato o che si vada a scavare a fondo svelando o indagando su ogni spunto che possa fornire la storia. Infatti è un po' un peccato non veder descritto in modo più dettagliato il mondo sottomarino o svelato qualche dettaglio in più del progetto messo in atto dal padre di Ponyo.
Personaggi interessanti comunque non mancano. Personalmente ho gradito molto quello di Risa, la madre di Sosuke, una tipa tento energica quanto impegnata e responsabile nel suo ruolo di genitrice.
Molto buono è il doppiaggio italiano, mentre sull'adattamento devo appuntare il mantenimento di qualche purismo (come i suffissi ai nomi) che pare costituire qualche difficoltà verso un pubblico non molto avvezzo a tali peculiarità del giapponese.
Pur meno appassionante di altri lavori dello Studio Ghibli, Ponyo sulla Scogliera è stato comunque un film gradevole, visivamente bello da vedere, sicuramente adatto a un pubblico di ogni età che potrà godersi una fiaba educativa e piena di fantasia.
Brunilde è una pesciolina rossa che un giorno, quasi per caso, si ritrova agonizzante in una spiaggia all'aria aperta. Sarà salvata dal piccolo Sosuke, che affezionatosi a lei se lo terrà ribattezzandola Ponyo. I due stringeranno subito amicizia al punto che Ponyo, recuperata dal padre, lo stregone marino Fujimoto, deciderà di andare contro la sua volontà ricongiungendosi, sotto forma umana, al suo amico...
Miyazaki è un grande regista, anche per i detrattori sarebbe ridicolo negarlo: non in molti saprebbero dirigere un film lungo e creativo come Ponyo a 68 anni suonati. Reca purtroppo in sé anche qui, nel suo ultimo film ufficiale da regista, quel terribile difetto che non sono mai riuscito a digerire: la mancanza di misura.
Ponyo è una favola dai toni molto infantili e irreali, rivolto a quel pubblico di bambini che un Miyazaki vecchio e stanco vede ormai come punto di riferimento prediletto, emozionandolo con personaggi carinissimi, colorazioni così accese da abbagliare e una cura grafica magniloquente: insieme a Ghibli esprime come sempre il meglio delle potenzialità dell'animazione, strabiliando lo sguardo con fondali pittorici da cartolina, con animazioni incredibili e con favolose invenzioni visive. Come spesso accade, però, il regista non ha freni inibitori, continuando a bersagliare gli spettatori con preziosismi grafici al punto da sfiancarli già a metà film.
Se il sense of wonder cattura grandi e piccini fin dai primi minuti, emozionandoli in una rilettura gioiosa della Sirenetta di Andersen improntata in delizie visive e umani personaggi, basici nelle caratterizzazioni, ma non per questo indifferenti grazie a dialoghi mirati che ne enfatizzano l'umanità - penso a quelli più commoventi che paradossalmente appaiono di meno: le vecchiette dell'ospizio dove lavora la madre di Sosuke, e il padre di Ponyo, che vuole solo salvarla dalla crudeltà degli esseri umani-, parte centrale della storia è così lunga e tirata da portare presto al tedio. Non mancano né umorismo né momenti cinematograficamente ispirati (il dialogo via linguaggio morse tra Sosuke e il padre, la maestosa scena di Ponyo che cavalca onde-pesce...), ma quando buona parte del film rappresenta solo l'introduzione al nocciolo della trama - Ponyo si trasforma in essere umano e inizia a vivere con Sosuke -, allora il troppo stroppia e tutti i mille preziosismi animati li si avverte come fumo negli occhi per allungare il film.
Il finale torna a splendere e (parzialmente) a commuovere, ma la parte centrale è insalvabile: ad accompagnare la suggestiva navigazione di Ponyo e Sosuke sopra la città sommersa (da lasciare a bocca aperta sono le riprese subacquee) sono purtroppo contemplati dialoghi tremendamente infantili e, se non bastasse, anche filler ad allungare il minutaggio come un chewing gum tirato allo spasmo, come il dialogo tra i due e la donna che deve allattare il bambino. Si tratta di un difetto che da sempre è un punto fisso del regista - pensiamo a Princess Mononoke e all'interminabile trasformazione finale della foresta - e che anche in questo caso ridimensiona notevolmente la potenza di un soggetto tutto sommato ottimo a prescindere dal target. Si apprezza, quindi, il solito messaggio che i bambini sono il futuro del mondo in quanto gli unici puri e spontanei anche nel legare amicizia con coetanei "diversi", ma si maledice il regista per il suo tipico vizio di voler stupire a tutti i costi con effetti speciali, una mentalità che, mi perdonino i suoi fan, la sento molto più occidentale che giapponese.
"Ponyo sulla Scogliera" rimane perciò alla fine un film molto gradevole, in alcuni frangenti anche delizioso, ma che non sa mai quando smettere con i manierismi di regia. Considerata la creatività e sopratutto l'età di Miyazaki, bisogna ammetterlo, rimane decisamente un buon film, ma poteva venire fuori molto meglio con tipo 40 minuti in meno. Plauso comunque a doppiaggio e adattamento italiani, davvero di ottimo livello.
Miyazaki è un grande regista, anche per i detrattori sarebbe ridicolo negarlo: non in molti saprebbero dirigere un film lungo e creativo come Ponyo a 68 anni suonati. Reca purtroppo in sé anche qui, nel suo ultimo film ufficiale da regista, quel terribile difetto che non sono mai riuscito a digerire: la mancanza di misura.
Ponyo è una favola dai toni molto infantili e irreali, rivolto a quel pubblico di bambini che un Miyazaki vecchio e stanco vede ormai come punto di riferimento prediletto, emozionandolo con personaggi carinissimi, colorazioni così accese da abbagliare e una cura grafica magniloquente: insieme a Ghibli esprime come sempre il meglio delle potenzialità dell'animazione, strabiliando lo sguardo con fondali pittorici da cartolina, con animazioni incredibili e con favolose invenzioni visive. Come spesso accade, però, il regista non ha freni inibitori, continuando a bersagliare gli spettatori con preziosismi grafici al punto da sfiancarli già a metà film.
Se il sense of wonder cattura grandi e piccini fin dai primi minuti, emozionandoli in una rilettura gioiosa della Sirenetta di Andersen improntata in delizie visive e umani personaggi, basici nelle caratterizzazioni, ma non per questo indifferenti grazie a dialoghi mirati che ne enfatizzano l'umanità - penso a quelli più commoventi che paradossalmente appaiono di meno: le vecchiette dell'ospizio dove lavora la madre di Sosuke, e il padre di Ponyo, che vuole solo salvarla dalla crudeltà degli esseri umani-, parte centrale della storia è così lunga e tirata da portare presto al tedio. Non mancano né umorismo né momenti cinematograficamente ispirati (il dialogo via linguaggio morse tra Sosuke e il padre, la maestosa scena di Ponyo che cavalca onde-pesce...), ma quando buona parte del film rappresenta solo l'introduzione al nocciolo della trama - Ponyo si trasforma in essere umano e inizia a vivere con Sosuke -, allora il troppo stroppia e tutti i mille preziosismi animati li si avverte come fumo negli occhi per allungare il film.
Il finale torna a splendere e (parzialmente) a commuovere, ma la parte centrale è insalvabile: ad accompagnare la suggestiva navigazione di Ponyo e Sosuke sopra la città sommersa (da lasciare a bocca aperta sono le riprese subacquee) sono purtroppo contemplati dialoghi tremendamente infantili e, se non bastasse, anche filler ad allungare il minutaggio come un chewing gum tirato allo spasmo, come il dialogo tra i due e la donna che deve allattare il bambino. Si tratta di un difetto che da sempre è un punto fisso del regista - pensiamo a Princess Mononoke e all'interminabile trasformazione finale della foresta - e che anche in questo caso ridimensiona notevolmente la potenza di un soggetto tutto sommato ottimo a prescindere dal target. Si apprezza, quindi, il solito messaggio che i bambini sono il futuro del mondo in quanto gli unici puri e spontanei anche nel legare amicizia con coetanei "diversi", ma si maledice il regista per il suo tipico vizio di voler stupire a tutti i costi con effetti speciali, una mentalità che, mi perdonino i suoi fan, la sento molto più occidentale che giapponese.
"Ponyo sulla Scogliera" rimane perciò alla fine un film molto gradevole, in alcuni frangenti anche delizioso, ma che non sa mai quando smettere con i manierismi di regia. Considerata la creatività e sopratutto l'età di Miyazaki, bisogna ammetterlo, rimane decisamente un buon film, ma poteva venire fuori molto meglio con tipo 40 minuti in meno. Plauso comunque a doppiaggio e adattamento italiani, davvero di ottimo livello.
Già da un po' avevo deciso di guardare Ponyo, ma mi convinsi veramente solo quando pubblicarono nella rubrica degli "Anime (s)consigliati" ben tre opere del noto Miyazaki. Avevo già visto "La città Incantata" e "Il mio vicino Totoro", così andai a leggermi qualche recensione. Non mancavano i 9 e i 10, ma, con mia sorpresa, anche i 5 e i 6. All'inizio mi parve strano, ora tuttavia mi ritrovo nelle stesse condizioni di chi ha avuto una mezza delusione. Benché non fossi partita con grandi aspettative, Ponyo è comunque riuscito a sorprendermi - in senso non troppo positivo. A quanto posso capire, dati i film che ho visto e gli altri di cui ho sentito molto parlare, Miyazaki ama dare alle sue protagoniste un'età non troppo avanzata; ma qui si esagera. Trovo ridicolo che i protagonisti abbiano cinque anni; se proprio dobbiamo scegliere una delle due versioni - sotto quest'aspetto- meglio quella "disneyana", almeno lì la protagonista ne ha 16.
Ma andiamo con ordine: il film parte molto bene, devo dire, ha una storia che incuriosisce, anche solo per tutta la magia presente nel mondo sottomarino di Ponyo. Credo che il culmine, le scene migliori del film, si raggiunga quando Sosuke e Risa trovano Ponyo in mezzo alla tempesta. Poi da lì più niente. Risa si allontana per andare alla casa di riposo e non torna più, ma perché preoccuparsi, tanto Ponyo è magica e risolve tutto. Per fortuna si è almeno avuto il buonsenso di mettere un limite ai suoi poteri (deve dormire, o non riesce a mantenere gli incantesimi, quindi la forma umana).
Credo però che il fondo, in assoluto, si tocchi nel finale. Ma che scherziamo?! Neanche Cenerentola e compari finiscono così male - male nel senso di "brutto" - e mi sto riferendo alle versioni della Disney, nota, se non sbaglio, per i precipitosi "happy ending".
A favore del film c'è da dire che si riconosce, sempre e comunque, la mano di Miyazaki e dello studio Ghibli. Non siamo certo ai livelli de "La città Incantata", ma l'animazione è comunque molto buona, soprattutto i paesaggi, sia marini sia terrestri. I personaggi sono molto semplici, sia come grafica - fatta eccezione per i genitori di Ponyo, forse quelli più definiti a livello di disegno - sia come caratterizzazione.
Come dicevo, è perfettamente inutile attribuire ai protagonisti un'età così bassa, perché a soli cinque anni non ci si può rendere conto di cosa sia una storia d'amore e via dicendo. In più si definisce Fujimoto come il "cattivo" (virgolette perché non c'è la presenza di un vero e proprio cattivo), quando invece si dovrebbe far capire un po' di più che lo fa solo perché vuole bene a Ponyo, e non vuole che lei soffra o che le accada qualcosa. Un ragazzo grande ci può arrivare anche da solo, ma un bambino piccolo, cui il film è rivolto, non credo proprio.
Un'altra cosa che mi ha un po' deluso è l'audio: sì, sono belle le musiche che accompagnano il film, ma se paragonate a quelle dei due film sopracitati (La città e Totoro), sembrano addirittura insignificanti. In più, tornando alla storia, non viene neanche precisato il motivo per cui Ponyo decida di andare in superficie. Alla fine del film mi sono chiesta "Ok, ha incontrato Sosuke, ma perché è voluta uscire dal suo mondo? Cosa l'ha spinta fuori dall'acqua?" Mistero, difatti l'incontro tra i due è frutto del puro caso.
Insomma, vi è una prima parte molto bella, ma a circa un'ora dall'inizio comincia il vero dramma, anche se le "piaghe" - storia un po' banale, personaggi banali pure loro, musiche niente di che e scene completamente inutili - si notano un po' ovunque. Il voto è 7, per le belle scenografie e per l'idea di base della rivisitazione della "Sirenetta" e poi perché comunque Ponyo è un film che non mi è dispiaciuto. In realtà il voto sarebbe più un 7,5, ma sinceramente non me la sento di arrotondare a otto. "Ponyo sulla Scogliera" è ottima come favola per bambini, ai più grandi la consiglio solo in extremis, se proprio non c'è nessun altro film da guardare.
Ma andiamo con ordine: il film parte molto bene, devo dire, ha una storia che incuriosisce, anche solo per tutta la magia presente nel mondo sottomarino di Ponyo. Credo che il culmine, le scene migliori del film, si raggiunga quando Sosuke e Risa trovano Ponyo in mezzo alla tempesta. Poi da lì più niente. Risa si allontana per andare alla casa di riposo e non torna più, ma perché preoccuparsi, tanto Ponyo è magica e risolve tutto. Per fortuna si è almeno avuto il buonsenso di mettere un limite ai suoi poteri (deve dormire, o non riesce a mantenere gli incantesimi, quindi la forma umana).
Credo però che il fondo, in assoluto, si tocchi nel finale. Ma che scherziamo?! Neanche Cenerentola e compari finiscono così male - male nel senso di "brutto" - e mi sto riferendo alle versioni della Disney, nota, se non sbaglio, per i precipitosi "happy ending".
A favore del film c'è da dire che si riconosce, sempre e comunque, la mano di Miyazaki e dello studio Ghibli. Non siamo certo ai livelli de "La città Incantata", ma l'animazione è comunque molto buona, soprattutto i paesaggi, sia marini sia terrestri. I personaggi sono molto semplici, sia come grafica - fatta eccezione per i genitori di Ponyo, forse quelli più definiti a livello di disegno - sia come caratterizzazione.
Come dicevo, è perfettamente inutile attribuire ai protagonisti un'età così bassa, perché a soli cinque anni non ci si può rendere conto di cosa sia una storia d'amore e via dicendo. In più si definisce Fujimoto come il "cattivo" (virgolette perché non c'è la presenza di un vero e proprio cattivo), quando invece si dovrebbe far capire un po' di più che lo fa solo perché vuole bene a Ponyo, e non vuole che lei soffra o che le accada qualcosa. Un ragazzo grande ci può arrivare anche da solo, ma un bambino piccolo, cui il film è rivolto, non credo proprio.
Un'altra cosa che mi ha un po' deluso è l'audio: sì, sono belle le musiche che accompagnano il film, ma se paragonate a quelle dei due film sopracitati (La città e Totoro), sembrano addirittura insignificanti. In più, tornando alla storia, non viene neanche precisato il motivo per cui Ponyo decida di andare in superficie. Alla fine del film mi sono chiesta "Ok, ha incontrato Sosuke, ma perché è voluta uscire dal suo mondo? Cosa l'ha spinta fuori dall'acqua?" Mistero, difatti l'incontro tra i due è frutto del puro caso.
Insomma, vi è una prima parte molto bella, ma a circa un'ora dall'inizio comincia il vero dramma, anche se le "piaghe" - storia un po' banale, personaggi banali pure loro, musiche niente di che e scene completamente inutili - si notano un po' ovunque. Il voto è 7, per le belle scenografie e per l'idea di base della rivisitazione della "Sirenetta" e poi perché comunque Ponyo è un film che non mi è dispiaciuto. In realtà il voto sarebbe più un 7,5, ma sinceramente non me la sento di arrotondare a otto. "Ponyo sulla Scogliera" è ottima come favola per bambini, ai più grandi la consiglio solo in extremis, se proprio non c'è nessun altro film da guardare.
"Ponyo sulla scogliera", da qualsiasi parte lo si guardi, porta inconfondibilmente il marchio di Miyazaki: amore per la natura, per l'infanzia e per l'amicizia, condito con quel pizzico di critica alla società.
La storia è piuttosto semplice, ricorda vagamente "La Sirenetta" con Ponyo che, per stare assieme a Sosuke, vuole diventare una bambina.
Il film è una commedia dai toni piuttosto leggeri che piacerà ai bambini per i personaggi e per i disegni, ma che non mancherà di far notare ai più grandi quanti errori la nostra razza abbia compiuto nei riguardi del nostro pianeta e delle altre creature.
In generale però il livello del film non fa gridare al miracolo, Miyazaki e lo studio Ghibli ci hanno abituati a ben altro; "Il mio vicino Totoro", pur mantenendo toni leggeri e allegri, riusciva a essere molto più coinvolgente e appassionante.
I personaggi non sono niente di particolare, si salva solo Fujimoto, una sorta di cattivo ben diverso dallo stereotipo del malvagio di turno; anzi, chiamarlo cattivo è di per sé un errore, in quanto lui vuole solo difendere il mare, i cattivi sono gli umani in generale.
Questa è la principale riflessione che porta questo film, una riflessione che anche i più piccoli dovrebbero essere in grado di recepire, il che non è decisamente male.
I disegni e le animazioni fanno un po' rimpiangere film molto più vecchi: "La principessa Mononke", datato 1997, è a un livello di molto superiore a Ponyo, così come "Il castello errante di Howl", per citarne un altro. La ricerca della perfezione lascia il posto a dei paesaggi che, seppur bellissimi, ricalcano uno stile più "cartoonesco" dei precedenti lavori, che quasi sembravano dei dipinti o delle fotografie.
La colonna sonora, molto bella, è anch'essa sottotono se paragonata ad altri lavori di Joe Hisaishi, la parte migliore è sicuramente quella iniziale, che vagamente ricordava anche l'introduzione de "Il mio vicino Totoro".
In conclusione, "Ponyo sulla Scogliera" è un buon film, se non fosse stato fatto dal duo Ghibli/Miyazaki potremmo accontentarci e gridare al capolavoro, ma da un'accoppiata del genere ci si deve, giustamente, aspettare di più.
Bello per i più piccoli, un po' meno per i più grandicelli.
La storia è piuttosto semplice, ricorda vagamente "La Sirenetta" con Ponyo che, per stare assieme a Sosuke, vuole diventare una bambina.
Il film è una commedia dai toni piuttosto leggeri che piacerà ai bambini per i personaggi e per i disegni, ma che non mancherà di far notare ai più grandi quanti errori la nostra razza abbia compiuto nei riguardi del nostro pianeta e delle altre creature.
In generale però il livello del film non fa gridare al miracolo, Miyazaki e lo studio Ghibli ci hanno abituati a ben altro; "Il mio vicino Totoro", pur mantenendo toni leggeri e allegri, riusciva a essere molto più coinvolgente e appassionante.
I personaggi non sono niente di particolare, si salva solo Fujimoto, una sorta di cattivo ben diverso dallo stereotipo del malvagio di turno; anzi, chiamarlo cattivo è di per sé un errore, in quanto lui vuole solo difendere il mare, i cattivi sono gli umani in generale.
Questa è la principale riflessione che porta questo film, una riflessione che anche i più piccoli dovrebbero essere in grado di recepire, il che non è decisamente male.
I disegni e le animazioni fanno un po' rimpiangere film molto più vecchi: "La principessa Mononke", datato 1997, è a un livello di molto superiore a Ponyo, così come "Il castello errante di Howl", per citarne un altro. La ricerca della perfezione lascia il posto a dei paesaggi che, seppur bellissimi, ricalcano uno stile più "cartoonesco" dei precedenti lavori, che quasi sembravano dei dipinti o delle fotografie.
La colonna sonora, molto bella, è anch'essa sottotono se paragonata ad altri lavori di Joe Hisaishi, la parte migliore è sicuramente quella iniziale, che vagamente ricordava anche l'introduzione de "Il mio vicino Totoro".
In conclusione, "Ponyo sulla Scogliera" è un buon film, se non fosse stato fatto dal duo Ghibli/Miyazaki potremmo accontentarci e gridare al capolavoro, ma da un'accoppiata del genere ci si deve, giustamente, aspettare di più.
Bello per i più piccoli, un po' meno per i più grandicelli.
Poesia disegnata a mano
Scritto e diretto da Hayao Miyazaki, "Ponyo sulla scogliera" è un lungometraggio del 2008 prodotto dallo Studio Ghibli. Narra della piccola creatura marina Brunilde che abbandona il suo mondo per risalire dalle profondità degli abissi e, cavalcando una medusa, avviarsi alla scoperta del mondo umano. Quando incontra Sosuke, un bambino che vive in una casa a picco sul mare, nascerà un legame sincero e profondo, che sfiderà le leggi della natura e cambierà la loro esistenza.
La trama semplice e lineare rielabora in chiave moderna e originale "La sirenetta" di H.C. Andersen con la personalissima impronta di Miyazaki, che torna alle atmosfere intimiste di Totoro, esaltando il valore della famiglia, dell'altruismo e dell'amore per la natura. Scevro da pesantezze retoriche o intenti pedagogici, il film evoca una purezza espressa sia nell'essenzialità della realizzazione artistica, sia nella descrizione dei personaggi, che si muovono con grazia e leggerezza nel loro ambiente incantato.
I disegni si spingono verso una raffinata ricerca formale, raggiungendo risultati eccelsi nella stilizzazione, nell'uso del colore e nelle animazioni. Messi da parte i freddi artifici della CGI, Ponyo è il trionfo dell'artigianalità e della manualità. Il regista si affida alle matite delle maestranze Ghibli e a tanta fantasia per volare alto, verso vette inusitate di poesia.
Il tratto pittorico trasmette un calore e una vibrazione emozionanti, giustificando una scelta stilistica coraggiosamente "conservatrice". Forte di un piccolo esercito di più di settanta disegnatori per centosettantamila tavole utilizzate, il maestro di Tokyo non esita a scendere in campo in prima linea realizzando personalmente i disegni del mare, i cui flutti in tempesta recitano un ruolo da protagonista sprigionando un potere ipnotico e ammaliante.
Al di là di riflessioni e assunti ecologisti sottintesi, "Ponyo sulla scogliera" è un film magicamente infantile in cui Miyazaki riesce a fondere la propria identità culturale con un classico della cultura occidentale in un'alchimia che lo rende fresco, spontaneo e comprensibile a tutte le età e a tutte le latitudini.
Scritto e diretto da Hayao Miyazaki, "Ponyo sulla scogliera" è un lungometraggio del 2008 prodotto dallo Studio Ghibli. Narra della piccola creatura marina Brunilde che abbandona il suo mondo per risalire dalle profondità degli abissi e, cavalcando una medusa, avviarsi alla scoperta del mondo umano. Quando incontra Sosuke, un bambino che vive in una casa a picco sul mare, nascerà un legame sincero e profondo, che sfiderà le leggi della natura e cambierà la loro esistenza.
La trama semplice e lineare rielabora in chiave moderna e originale "La sirenetta" di H.C. Andersen con la personalissima impronta di Miyazaki, che torna alle atmosfere intimiste di Totoro, esaltando il valore della famiglia, dell'altruismo e dell'amore per la natura. Scevro da pesantezze retoriche o intenti pedagogici, il film evoca una purezza espressa sia nell'essenzialità della realizzazione artistica, sia nella descrizione dei personaggi, che si muovono con grazia e leggerezza nel loro ambiente incantato.
I disegni si spingono verso una raffinata ricerca formale, raggiungendo risultati eccelsi nella stilizzazione, nell'uso del colore e nelle animazioni. Messi da parte i freddi artifici della CGI, Ponyo è il trionfo dell'artigianalità e della manualità. Il regista si affida alle matite delle maestranze Ghibli e a tanta fantasia per volare alto, verso vette inusitate di poesia.
Il tratto pittorico trasmette un calore e una vibrazione emozionanti, giustificando una scelta stilistica coraggiosamente "conservatrice". Forte di un piccolo esercito di più di settanta disegnatori per centosettantamila tavole utilizzate, il maestro di Tokyo non esita a scendere in campo in prima linea realizzando personalmente i disegni del mare, i cui flutti in tempesta recitano un ruolo da protagonista sprigionando un potere ipnotico e ammaliante.
Al di là di riflessioni e assunti ecologisti sottintesi, "Ponyo sulla scogliera" è un film magicamente infantile in cui Miyazaki riesce a fondere la propria identità culturale con un classico della cultura occidentale in un'alchimia che lo rende fresco, spontaneo e comprensibile a tutte le età e a tutte le latitudini.
Una pesciolina rossa molto curiosa si dirige verso la superficie e la costa; sfortunatamente finisce intrappolata in un barattolo vuoto, ma viene liberata da Sosuke, bambino molto amante del mare che era andato a giocare con la sua barchetta; nel liberarla il giovane si ferisce a un dito, ma dopo che la pesciolina gli lecca la ferita quella guarisce subito; Sosuke decide quindi di tenerla, e la chiama Ponyo. Il padre della pesciolina, Fujimoto, una specie di uomo-pesce, è molto preoccupato per la figlia, e dopo qualche tempo riesce a riprendersela usando la magia, ma ormai è troppo tardi, perché Ponyo si è innamorata di Sosuke e vuole diventare umana…
Inizia così una magica avventura che si gioca sul rapporto tra Sosuke e Ponyo, e sul grandissimo desiderio di quest’ultima di abbandonare il mondo marino per quello terrestre; ma del mondo degli umani non sa nulla, ogni cosa è una novità, ci sarà quindi un grande e continuo piacere della scoperta per lei.
Come in molte altre produzioni Ghibli c’è quindi il tema preponderante della crescita, del distacco dai genitori, dei pericoli di una realtà (qui addirittura un mondo) nuova.
I personaggi secondari sono ben riusciti: la madre di Sosuke, Risa, sempre disponibile ad aiutare suo figlio e Ponyo; Fujimoto, magico essere giustamente in pensiero per la figlia; le simpatiche vecchiette del paese che fanno da piacevole contorno.
Sul lato tecnico il film è ineccepibile, mantiene gli altissimi livelli delle altre produzioni Ghibli: il mare, che la fa da padrone per tutto il film, è reso dettagliatamente e magnificamente, si riesce proprio a percepirne l’incredibile magia, che lo riempie fino a straripare; non a caso la scena più bella di tutte è la primissima, dove si vede Fujimoto negli abissi che dà da mangiare a una miriade di bellissimi pesci e creature marine tra le più disparate, mentre Ponyo quatta quatta se ne va via insieme a tantissime meduse.
Fin qui sembrerebbe un capolavoro, e invece no, perché a differenza degli altri lungometraggi di Miyazaki, Ponyo sulla scogliera è diretto solamente ad un pubblico infantile: non ci sono grandi spunti di riflessione velati dietro a tanta magia, come per esempio in Totoro, in Kiki o ne La città incantata. È un buon film, questo è innegabile, ma non a livello dei precedenti, tutto qui.
Ne consiglio comunque la visione, perché la qualità con cui lo studio Ghibli riesce a impregnare i suoi prodotti è sempre altissima.
Inizia così una magica avventura che si gioca sul rapporto tra Sosuke e Ponyo, e sul grandissimo desiderio di quest’ultima di abbandonare il mondo marino per quello terrestre; ma del mondo degli umani non sa nulla, ogni cosa è una novità, ci sarà quindi un grande e continuo piacere della scoperta per lei.
Come in molte altre produzioni Ghibli c’è quindi il tema preponderante della crescita, del distacco dai genitori, dei pericoli di una realtà (qui addirittura un mondo) nuova.
I personaggi secondari sono ben riusciti: la madre di Sosuke, Risa, sempre disponibile ad aiutare suo figlio e Ponyo; Fujimoto, magico essere giustamente in pensiero per la figlia; le simpatiche vecchiette del paese che fanno da piacevole contorno.
Sul lato tecnico il film è ineccepibile, mantiene gli altissimi livelli delle altre produzioni Ghibli: il mare, che la fa da padrone per tutto il film, è reso dettagliatamente e magnificamente, si riesce proprio a percepirne l’incredibile magia, che lo riempie fino a straripare; non a caso la scena più bella di tutte è la primissima, dove si vede Fujimoto negli abissi che dà da mangiare a una miriade di bellissimi pesci e creature marine tra le più disparate, mentre Ponyo quatta quatta se ne va via insieme a tantissime meduse.
Fin qui sembrerebbe un capolavoro, e invece no, perché a differenza degli altri lungometraggi di Miyazaki, Ponyo sulla scogliera è diretto solamente ad un pubblico infantile: non ci sono grandi spunti di riflessione velati dietro a tanta magia, come per esempio in Totoro, in Kiki o ne La città incantata. È un buon film, questo è innegabile, ma non a livello dei precedenti, tutto qui.
Ne consiglio comunque la visione, perché la qualità con cui lo studio Ghibli riesce a impregnare i suoi prodotti è sempre altissima.
Che delusione. Me lo sono procurato in tutta fretta appena ho saputo della sua uscita in Italia, convinta di trovarmi di fronte ad una altro capolavoro firmato Studio Ghibli, e invece mi sono trovata di fronte ad un'insipida favoletta per bambini. Certo, l'impronta di Miyazaki si vede subito, ma in fondo Ponyo sulla Scogliera non è altro che una rivisitazione un po' fantasiosa della Sirenetta. Probabilmente se non avessi visto buona parte delle sue opere lo avrei trovato molto carino e gli avrei assegnato un come minimo un 7 o addirittura un 8; tuttavia, essendo abituata ad opere di ben altro livello, non ho potuto non restare parecchio contrariata.
La trama, come ho già detto, non è altro che una rivisitazione della Sirenetta, sicuramente molto dolce e piacevole da vedere, ma che non raggiunge certamente la profondità e la complessità a cui Miyazaki ci ha abituati. Questo non può non influire sulla realizzazione grafica che, per adeguarsi alla semplicità della trama, viene semplificata e privata quasi completamente di quegli elementi particolari - e talvolta inquietanti - presenti, ad esempio, nei precedenti - e decisamente meglio riusciti - La Città Incantata e Il Castello Errante di Howl, e che ne costituivano, a mio parere, uno dei punti di forza. Non si può comunque dire che la grafica non sia ben curata, sia nella realizzazione degli sfondi, molto gradevoli da vedere grazie alla prevalenza delle tonalità pastello, che dei singoli personaggi, nei quali è evidente il tratto tipico degli anime targati Studio Ghibli.
Per quanto riguarda i personaggi, a dispetto di due protagonisti decisamente poco simpatici (Ponyo in particolare, a cui, non bastando il fatto che fosse già di suo incredibilmente snervante, nel doppiaggio italiano è stata assegnata una vocetta così odiosa che peggio non si poteva fare), ho apprezzato molto le figure dei genitori: da una parte i genitori di Ponyo, esseri magici, "sovrumani" e in qualche modo inquietanti, dall'altra quelli di Sosuke, umani sotto ogni aspetto; due coppie così diverse, ma comunque due rappresentazioni della "fatica" dell'essere genitori, in particolare per quanto riguarda il padre di Ponyo, costretto ad accettare il desiderio della figlia di diventare umana per stare vicino a Sosuke, rinnegando la sua vera natura di creatura del mare. Proprio a Fujimoto viene dato, a mio parere, decisamente troppo poco spazio, relegato com'è al ruolo si semi-cattivo della storia che vuole ad ogni costo ostacolare la felicità della figlia, quando invece a me è sembrato il personaggio più interessante e meglio riuscito, nonché, a dirla tutta, il più (se non l'unico) simpatico.
Non mi esprimo sulla terrificante canzoncina alla fine: va bene che Miyazaki stesso abbia voluto che fosse tradotta in italiano, ma si sarebbe decisamente potuto evitare, dal momento che l'unico risultato a cui questa porta è di abbassare ulteriormente il livello dell'opera, senza contare la spaventosa somiglianza con quelle orribili sigle italiane che la Mediaset ci propina ogni santo giorno, che sono già un colpo al cuore abbastanza violento per qualsiasi appassionato di anime.
In conclusione, non posso dire che Ponyo sulla Scogliera sia un brutto anime, tuttavia non posso dargli più di 6.5, sebbene mi pianga il cuore ad assegnare un voto così basso ad un'opera di Miyazaki.
La trama, come ho già detto, non è altro che una rivisitazione della Sirenetta, sicuramente molto dolce e piacevole da vedere, ma che non raggiunge certamente la profondità e la complessità a cui Miyazaki ci ha abituati. Questo non può non influire sulla realizzazione grafica che, per adeguarsi alla semplicità della trama, viene semplificata e privata quasi completamente di quegli elementi particolari - e talvolta inquietanti - presenti, ad esempio, nei precedenti - e decisamente meglio riusciti - La Città Incantata e Il Castello Errante di Howl, e che ne costituivano, a mio parere, uno dei punti di forza. Non si può comunque dire che la grafica non sia ben curata, sia nella realizzazione degli sfondi, molto gradevoli da vedere grazie alla prevalenza delle tonalità pastello, che dei singoli personaggi, nei quali è evidente il tratto tipico degli anime targati Studio Ghibli.
Per quanto riguarda i personaggi, a dispetto di due protagonisti decisamente poco simpatici (Ponyo in particolare, a cui, non bastando il fatto che fosse già di suo incredibilmente snervante, nel doppiaggio italiano è stata assegnata una vocetta così odiosa che peggio non si poteva fare), ho apprezzato molto le figure dei genitori: da una parte i genitori di Ponyo, esseri magici, "sovrumani" e in qualche modo inquietanti, dall'altra quelli di Sosuke, umani sotto ogni aspetto; due coppie così diverse, ma comunque due rappresentazioni della "fatica" dell'essere genitori, in particolare per quanto riguarda il padre di Ponyo, costretto ad accettare il desiderio della figlia di diventare umana per stare vicino a Sosuke, rinnegando la sua vera natura di creatura del mare. Proprio a Fujimoto viene dato, a mio parere, decisamente troppo poco spazio, relegato com'è al ruolo si semi-cattivo della storia che vuole ad ogni costo ostacolare la felicità della figlia, quando invece a me è sembrato il personaggio più interessante e meglio riuscito, nonché, a dirla tutta, il più (se non l'unico) simpatico.
Non mi esprimo sulla terrificante canzoncina alla fine: va bene che Miyazaki stesso abbia voluto che fosse tradotta in italiano, ma si sarebbe decisamente potuto evitare, dal momento che l'unico risultato a cui questa porta è di abbassare ulteriormente il livello dell'opera, senza contare la spaventosa somiglianza con quelle orribili sigle italiane che la Mediaset ci propina ogni santo giorno, che sono già un colpo al cuore abbastanza violento per qualsiasi appassionato di anime.
In conclusione, non posso dire che Ponyo sulla Scogliera sia un brutto anime, tuttavia non posso dargli più di 6.5, sebbene mi pianga il cuore ad assegnare un voto così basso ad un'opera di Miyazaki.
Visivamente incantevole, costruito su disegni e impasti di colore di ineguagliabile bellezza, Ponyo sulla scogliera è il nuovo, coinvolgente e forse ultimo (ma lo dice dai tempi di Mononoke, quindi è lecito sperare il contrario) capolavoro del maestro dell’animazione Miyazaki. Totalmente costruito su disegni a mano (addirittura 180 mila, contro i 110 mila de La città incantata, che pur sembrava inarrivabile, da questo punto di vista), palesa già da questo dato il mezzo miracolo ottenuto dal cineasta nipponico: in un’epoca di computer graphic, dove quasi più nulla è lasciato al rischio della possibile staticità, affidarsi al solo disegno manuale è un atto che vive sul confine tra il coraggio e la follia.
Non esistono i cattivi in questa fiaba miyazakiana, ed anche le motivazioni del sovrano dei mari, immaginate in un primo momento come ingiuste o restrittive della libertà della figlia, hanno la loro ragion d’essere. Fujimoto ha scelto deliberatamente di estraniarsi da una umanità che ha vilipeso il mare i suoi abitanti, attraverso noncuranza e inquinamento, modificando la sua natura per vivere in un mondo ritenuto puro, tanto da proteggersi per sempre nelle sue profondità. Costretto a riemergere dall’impeto rivoluzionario di Ponyo, si adopererà in ogni modo perché la purezza della natura della pesciolina non venga contaminata da quella umana. Si ricrederà grazie a Granmammare e nel conoscere Sosuke, che nell’accogliere Ponyo nella sua vita darà compimento totale alla metamorfosi della pesciolina rossa.
Ancora una volta, come nei precedenti Porco Rosso, La città incantata e Il castello errante di Howl, Miyazaki ci parla di metamorfosi, sempre utili a invitare al confronto con l’altro da sé o con il proprio sé inconscio che preme per emergere. In questo caso la metamorfosi non è una prigione, come accadde ad Haku, Sophie e Porco Rosso, ma è l’approdo alla natura fortemente inseguita e desiderata. Già questo dato ci può far capire la volontà di Miyazaki di misurarsi su tematiche meno angoscianti, tali da restituire un finale più gioioso e meno – anzi per nulla – aperto a dubbi e malinconie. Ad ogni modo alcuni passaggi sono dolcemente commoventi e, nonostante il palese target della fiaba, cosi sinceramente fanciulli da non imboccare mai la strada della banalità o della superficialità. Certo è che a favorire l’intensità – non era semplice costruire 100 minuti basati sull’amicizia tra un pesce rosso e un bambino senza incorrere in stucchevolezze di sorta – di una pellicola che si tiene sempre, sorprendentemente sulla scia di una persistente leggerezza d’incanto è la potenza e l’evocazione che restituiscono le immagini, a partire dal bellissimo incipit, in cui la fauna marina prende vita in un tripudio di colori che affascina e frastorna, sull’intensa musica di Hisaishi.
Un film sincero e genuino, che richiama nuovamente la fanciullezza al suo ruolo di protagonista incondizionata e incondizionabile, incontaminata quanto più è vicina alle sue dinamiche più pure e cristalline, a quella spontaneità e capacità di accoglienza, a quell’empatia e quella reale tolleranza spesso perduta chissà dove nella memoria degli adulti. Senza dimenticare mai che l’Apocalisse è possibile, nel nostro mondo controverso e illusorio, scongiurabile solo e sempre attraverso uno spontaneo atto d’amore, come quello che compie Sosuke nei confronti di Ponyo. Forse congedandosi per davvero dalle grandi opere di celluloide, Miyazaki ci lascia il suo estremo atto d’amore per tutti gli esseri e gli elementi del creato. Nella sua limpida utopia può ancora essere raggiunta l’armonia tra l’uomo e l’ecosistema che lo ospita, perché le rivoluzioni tendono sempre a innescare nuovi equilibri. Anche quelle compiute da una pesciolina rossa e un bambino, in apparenza solo granelli di polvere del nostro complicato universo.
Non esistono i cattivi in questa fiaba miyazakiana, ed anche le motivazioni del sovrano dei mari, immaginate in un primo momento come ingiuste o restrittive della libertà della figlia, hanno la loro ragion d’essere. Fujimoto ha scelto deliberatamente di estraniarsi da una umanità che ha vilipeso il mare i suoi abitanti, attraverso noncuranza e inquinamento, modificando la sua natura per vivere in un mondo ritenuto puro, tanto da proteggersi per sempre nelle sue profondità. Costretto a riemergere dall’impeto rivoluzionario di Ponyo, si adopererà in ogni modo perché la purezza della natura della pesciolina non venga contaminata da quella umana. Si ricrederà grazie a Granmammare e nel conoscere Sosuke, che nell’accogliere Ponyo nella sua vita darà compimento totale alla metamorfosi della pesciolina rossa.
Ancora una volta, come nei precedenti Porco Rosso, La città incantata e Il castello errante di Howl, Miyazaki ci parla di metamorfosi, sempre utili a invitare al confronto con l’altro da sé o con il proprio sé inconscio che preme per emergere. In questo caso la metamorfosi non è una prigione, come accadde ad Haku, Sophie e Porco Rosso, ma è l’approdo alla natura fortemente inseguita e desiderata. Già questo dato ci può far capire la volontà di Miyazaki di misurarsi su tematiche meno angoscianti, tali da restituire un finale più gioioso e meno – anzi per nulla – aperto a dubbi e malinconie. Ad ogni modo alcuni passaggi sono dolcemente commoventi e, nonostante il palese target della fiaba, cosi sinceramente fanciulli da non imboccare mai la strada della banalità o della superficialità. Certo è che a favorire l’intensità – non era semplice costruire 100 minuti basati sull’amicizia tra un pesce rosso e un bambino senza incorrere in stucchevolezze di sorta – di una pellicola che si tiene sempre, sorprendentemente sulla scia di una persistente leggerezza d’incanto è la potenza e l’evocazione che restituiscono le immagini, a partire dal bellissimo incipit, in cui la fauna marina prende vita in un tripudio di colori che affascina e frastorna, sull’intensa musica di Hisaishi.
Un film sincero e genuino, che richiama nuovamente la fanciullezza al suo ruolo di protagonista incondizionata e incondizionabile, incontaminata quanto più è vicina alle sue dinamiche più pure e cristalline, a quella spontaneità e capacità di accoglienza, a quell’empatia e quella reale tolleranza spesso perduta chissà dove nella memoria degli adulti. Senza dimenticare mai che l’Apocalisse è possibile, nel nostro mondo controverso e illusorio, scongiurabile solo e sempre attraverso uno spontaneo atto d’amore, come quello che compie Sosuke nei confronti di Ponyo. Forse congedandosi per davvero dalle grandi opere di celluloide, Miyazaki ci lascia il suo estremo atto d’amore per tutti gli esseri e gli elementi del creato. Nella sua limpida utopia può ancora essere raggiunta l’armonia tra l’uomo e l’ecosistema che lo ospita, perché le rivoluzioni tendono sempre a innescare nuovi equilibri. Anche quelle compiute da una pesciolina rossa e un bambino, in apparenza solo granelli di polvere del nostro complicato universo.
Ponyo è una vivace pesciolina che vive assieme ai suoi numerosi fratelli nella sua casa subacquea; un giorno decide di scappare per esplorare la superficie terrestre, ma malauguratamente incappa in una barca che raccoglie i rifiuti dal fondale marino, rimanendo intrappolata in un barattolo di vetro. Sosuke, un bambino di cinque anni, la salva e la porta a casa sua, dove se ne prende cura sfamandola e giocando con lei. I due stringono un legame sempre più forte ma questo va contro la volontà dello stregone marino Fujimoto, il padre di Ponyo, che è ben conscio degli scompensi ambientali che potrebbe causare la trasferta della pesciolina sulla terraferma. Ma intanto, in Ponyo è nato il desiderio di diventare un essere umano proprio come Sosuke...
Innanzitutto va fatta una premessa: Ponyo sulla Scogliera è un film di Hayao Miyazaki ma diverso da quello che può aspettarsi il pubblico italiano generalista. Infatti il regista giapponese ha conosciuto il successo nel nostro Paese perlopiù nell'ultimo decennio, grazie a tre film che hanno raggiunto la distribuzione cinematografica ("Princess Mononoke", "La Città Incantata", "Il Castello Errante di Howl") caratterizzati da toni maturi, elementi epici e una storia complessa. L'ultima opera dell'autore di punta dello Studio Ghibli invece è un salto indietro nel tempo, un ritorno alle sue storie più semplici di venti anni fa, come "Il mio vicino Totoro" e "Kiki Consegne a Domicilio". Il film è una vera e propria favola per l'infanzia, che però riesce a toccare anche l'animo degli spettatori adulti: c'è una forte presenza di scene immaginifiche e molto emozionanti, al punto che dispiace di non avere più cinque anni per potersi godere il film nell'età in cui questo sense of wonder può essere percepito a pieno. Tutti i personaggi sono ben caratterizzati e simpatici, in particolar modo Ponyo e Fujimoto, che possiamo annoverare tra i migliori mai creati da Miyazaki, la cui recitazione è affascinante e divertente. La storia, molto avvincente, è semplice e lineare, senza alcuna traccia di quella confusione o quei passaggi poco chiari che affliggevano gli ultimi lavori del regista giapponese. Le musiche di Joe Hisashi sono come sempre da sogno e forse qui siamo al cospetto della sua colonna sonora migliore di sempre: ottime tutte le melodie d'atmosfera, così come le diverse variazioni del "Ponyo Theme" che si sentono nel corso del film.
L'unico difetto che si potrebbe riscontrare nel film risiede nelle animazioni, straordinarie com'è tradizione in tutti i prodotti Ghibli, ma che in alcune scene presenti nella prima parte (poche, a dire la verità) subiscono un visibile crollo qualitatitvo; in particolare le onde del mare, che Miyazaki ha voluto disegnare personalmente, fotogramma per fotogramma, considerandole un elemento essenziale per la storia, in diverse sequenze sono realizzate piuttosto grossolanamente, forse proprio perché il regista ha voluto sobbarcarsi da solo un lavoro fin troppo imponente.
L'adattamento italiano del film è stato realizzato con estrema cura.
Il punto essenziale di questo ottimo lavoro è il doppiaggio: molti personaggi principali sono bambini o anziani e, mentre negli USA saranno doppiati da idoli dei teenager, in Italia proprio come nel film originale le voci sono di doppiatori della stessa età della propria controparte animata. Questo accorgimento fornisce un realismo veramente speciale all'opera: quando ad esempio entriamo nell'asilo di Sosuke, anche se per poche scene, si ha veramente l'impressione di essere circondati da bambini, effetto che non ci sarebbe stato optando per doppiatori professionisti che simulavano voci infantili, com'è consuetudine in molti film.
La versione italiana può godere anche della canzone finale tradotta nel nostro idioma per volontà dello stesso compositore giapponese che ha espresso il suo apprezzamento per la musicalità della nostra lingua. Il risultato è eccellente, con un testo fluido e orecchiabile che risuonerà nelle orecchie di chi lo sente per molto tempo, ancor più della canzone tormentone di Totoro.
Innanzitutto va fatta una premessa: Ponyo sulla Scogliera è un film di Hayao Miyazaki ma diverso da quello che può aspettarsi il pubblico italiano generalista. Infatti il regista giapponese ha conosciuto il successo nel nostro Paese perlopiù nell'ultimo decennio, grazie a tre film che hanno raggiunto la distribuzione cinematografica ("Princess Mononoke", "La Città Incantata", "Il Castello Errante di Howl") caratterizzati da toni maturi, elementi epici e una storia complessa. L'ultima opera dell'autore di punta dello Studio Ghibli invece è un salto indietro nel tempo, un ritorno alle sue storie più semplici di venti anni fa, come "Il mio vicino Totoro" e "Kiki Consegne a Domicilio". Il film è una vera e propria favola per l'infanzia, che però riesce a toccare anche l'animo degli spettatori adulti: c'è una forte presenza di scene immaginifiche e molto emozionanti, al punto che dispiace di non avere più cinque anni per potersi godere il film nell'età in cui questo sense of wonder può essere percepito a pieno. Tutti i personaggi sono ben caratterizzati e simpatici, in particolar modo Ponyo e Fujimoto, che possiamo annoverare tra i migliori mai creati da Miyazaki, la cui recitazione è affascinante e divertente. La storia, molto avvincente, è semplice e lineare, senza alcuna traccia di quella confusione o quei passaggi poco chiari che affliggevano gli ultimi lavori del regista giapponese. Le musiche di Joe Hisashi sono come sempre da sogno e forse qui siamo al cospetto della sua colonna sonora migliore di sempre: ottime tutte le melodie d'atmosfera, così come le diverse variazioni del "Ponyo Theme" che si sentono nel corso del film.
L'unico difetto che si potrebbe riscontrare nel film risiede nelle animazioni, straordinarie com'è tradizione in tutti i prodotti Ghibli, ma che in alcune scene presenti nella prima parte (poche, a dire la verità) subiscono un visibile crollo qualitatitvo; in particolare le onde del mare, che Miyazaki ha voluto disegnare personalmente, fotogramma per fotogramma, considerandole un elemento essenziale per la storia, in diverse sequenze sono realizzate piuttosto grossolanamente, forse proprio perché il regista ha voluto sobbarcarsi da solo un lavoro fin troppo imponente.
L'adattamento italiano del film è stato realizzato con estrema cura.
Il punto essenziale di questo ottimo lavoro è il doppiaggio: molti personaggi principali sono bambini o anziani e, mentre negli USA saranno doppiati da idoli dei teenager, in Italia proprio come nel film originale le voci sono di doppiatori della stessa età della propria controparte animata. Questo accorgimento fornisce un realismo veramente speciale all'opera: quando ad esempio entriamo nell'asilo di Sosuke, anche se per poche scene, si ha veramente l'impressione di essere circondati da bambini, effetto che non ci sarebbe stato optando per doppiatori professionisti che simulavano voci infantili, com'è consuetudine in molti film.
La versione italiana può godere anche della canzone finale tradotta nel nostro idioma per volontà dello stesso compositore giapponese che ha espresso il suo apprezzamento per la musicalità della nostra lingua. Il risultato è eccellente, con un testo fluido e orecchiabile che risuonerà nelle orecchie di chi lo sente per molto tempo, ancor più della canzone tormentone di Totoro.
Impossibile descrivere quanta tenerezza ci sia in questo film meraviglioso. Una storia tanto dolce quanto semplice, adatta a chi non ha mai smesso di sognare e di essere un po' bambino.
La storia narra le vicende della piccola Ponyo, un pesciolino dalla testa umana che un giorno s'imbatte in un bambino, Sosuke, e da quel momento decide di rimanere accanto a lui. Leccando una goccia del sangue di Sosuke, il pesciolino si trasformerà in essere umano. Sarà comunque, un umano particolare, perché Ponyo possiede dei poteri magici che le consentono di fare svariate cose. Trasformandosi in umano però, ha allo stesso tempo aperto uno squarcio tra terra e mare. Per ristabilire l'equilibrio del sistema, Sosuke dovrà decidere se accettare Ponyo, pur sapendo che in origine era un pesce. Facendo questo, Ponyo potrà diventare una bambina a tutti gli effetti.
Ponyo sulla scogliera è uno di quei film che ti fa tornare bambino. L'allegria e la spensieratezza dei due piccoli amici, rasserenano l'animo e ti accompagnano per mano per tutta la durata del film. E' una favola fantastica, piena di buoni sentimenti che si fa apprezzare non solo dal pubblico dei minori. I disegni sono semplicemente spettacolari e i paesaggi mozzafiato come sempre accade nei film di Miyazaki.
Quest'opera è la dimostrazione che si può creare qualcosa di veramente bello anche senza elementi troppo complicati, ma facendo della semplicità la propria arma vincente. Voto 9, assolutamente.
La storia narra le vicende della piccola Ponyo, un pesciolino dalla testa umana che un giorno s'imbatte in un bambino, Sosuke, e da quel momento decide di rimanere accanto a lui. Leccando una goccia del sangue di Sosuke, il pesciolino si trasformerà in essere umano. Sarà comunque, un umano particolare, perché Ponyo possiede dei poteri magici che le consentono di fare svariate cose. Trasformandosi in umano però, ha allo stesso tempo aperto uno squarcio tra terra e mare. Per ristabilire l'equilibrio del sistema, Sosuke dovrà decidere se accettare Ponyo, pur sapendo che in origine era un pesce. Facendo questo, Ponyo potrà diventare una bambina a tutti gli effetti.
Ponyo sulla scogliera è uno di quei film che ti fa tornare bambino. L'allegria e la spensieratezza dei due piccoli amici, rasserenano l'animo e ti accompagnano per mano per tutta la durata del film. E' una favola fantastica, piena di buoni sentimenti che si fa apprezzare non solo dal pubblico dei minori. I disegni sono semplicemente spettacolari e i paesaggi mozzafiato come sempre accade nei film di Miyazaki.
Quest'opera è la dimostrazione che si può creare qualcosa di veramente bello anche senza elementi troppo complicati, ma facendo della semplicità la propria arma vincente. Voto 9, assolutamente.
Mi sono avvicinato a quest'opera di Miyazaki con un po' di dubbi dati dai passati film che ho visto del regista e di cui non sempre sono rimasto soddisfatto.
Appena comincia l'impressione è molto buona: tecnicamente siamo di fronte ad un gran lavoro.
Scene molto colorate, rilassanti, a tratti sembrano quasi dei quadri.
Anche i tagli della regia non sono affatto male e danno un'impressione di "vita piena".
I nei saltano fuori quando si va al cuore dell'opera.
Un film banalissimo, dalle tematiche infantili e poco ricercate.
Che fosse un film per bambini lo ha detto lo stesso Miyazaki, però anche Totoro lo era pur essendo sicuramente più apprezzabile da un pubblico adulto.
Alcune cose succedono giusto così, senza senso, tipo le nonnine che ricominciano a camminare, per il solo scopo di far succedere cose belle e fantastiche attorno ai protagonisti.
Non hanno né una causa (lo spettatore lo vede all'improvviso e ne deve prendere atto), né un effetto sulla trama.
Sembra che nel mondo incantato di Miyazaki debbano succedere sempre e solo cose fuori dall'ordinario ed esserci creature strane dappertutto.
Sembra un eccesso di fantasia forzato.
Come doppiaggio siamo a buoni livelli, per quanto non abbia apprezzato particolarmente la voce scelta per Ponyo.
Buone invece le scelte per Sosuke, Lisa (o Risa) e Fujimoto (il personaggio più interessante del film, ma che, secondo me, non viene adeguatamente valorizzato).
Non me ne vogliano i fan(atici) di Miyazaki, che vedono in ogni sua creazione l'ennesimo stato dell'arte, ma stavolta non ci siamo proprio.
Il 6 lo prende per l'ottima realizzazione tecnica e perché, se lo spettatore è un bambino, lo apprezzerà sicuramente moltissimo.
Per il resto della ciurma un film su cui sorvolare senza timore.
Sono contento di non esserlo andato a vedere al cinema in mezzo a millemila marmocchi urlanti.
Appena comincia l'impressione è molto buona: tecnicamente siamo di fronte ad un gran lavoro.
Scene molto colorate, rilassanti, a tratti sembrano quasi dei quadri.
Anche i tagli della regia non sono affatto male e danno un'impressione di "vita piena".
I nei saltano fuori quando si va al cuore dell'opera.
Un film banalissimo, dalle tematiche infantili e poco ricercate.
Che fosse un film per bambini lo ha detto lo stesso Miyazaki, però anche Totoro lo era pur essendo sicuramente più apprezzabile da un pubblico adulto.
Alcune cose succedono giusto così, senza senso, tipo le nonnine che ricominciano a camminare, per il solo scopo di far succedere cose belle e fantastiche attorno ai protagonisti.
Non hanno né una causa (lo spettatore lo vede all'improvviso e ne deve prendere atto), né un effetto sulla trama.
Sembra che nel mondo incantato di Miyazaki debbano succedere sempre e solo cose fuori dall'ordinario ed esserci creature strane dappertutto.
Sembra un eccesso di fantasia forzato.
Come doppiaggio siamo a buoni livelli, per quanto non abbia apprezzato particolarmente la voce scelta per Ponyo.
Buone invece le scelte per Sosuke, Lisa (o Risa) e Fujimoto (il personaggio più interessante del film, ma che, secondo me, non viene adeguatamente valorizzato).
Non me ne vogliano i fan(atici) di Miyazaki, che vedono in ogni sua creazione l'ennesimo stato dell'arte, ma stavolta non ci siamo proprio.
Il 6 lo prende per l'ottima realizzazione tecnica e perché, se lo spettatore è un bambino, lo apprezzerà sicuramente moltissimo.
Per il resto della ciurma un film su cui sorvolare senza timore.
Sono contento di non esserlo andato a vedere al cinema in mezzo a millemila marmocchi urlanti.
Il maestro Miyazaki ci presenta con Ponyo un altro capolavoro. Un tripudio di fantasia e di colori, ultimo traguardo (per ora!) della sua evoluzione stilistica e narrativa. E’ un film dedicato ai bambini più piccoli e questa volta davvero gli adulti fanno fatica a immedesimarsi nel mondo esuberante e fiabesco di Ponyo. Infatti, in un modo che si era già manifestato nei suoi ultimi film, Miyazaki rende la trama della storia sempre più rarefatta. Qualsiasi elemento razionale, qualsiasi filo conduttore passano in secondo piano rispetto a quello che sembra essere il suo intento principale: trasmettere emozioni. La trama allora appare quasi una scusa per fargli mettere in campo altro: le SENSAZIONI destinate a colpire direttamente il cuore.
Miyazaki ha voluto, in maniera del tutto anacronistica, che il suo film fosse disegnato interamente a mano. E lo spettatore può sentire così il calore dei disegni, meravigliosamente comunicativi. CALORE. Il tratto di una mano che ha disegnato, i colori pastello ci proiettano in un mondo delicato e poetico. Il disegno d'animazione tradizionale funge qui da specchio, che deforma il mondo dandogli nuove forme e prospettive. Non vuole riprodurre la realtà per darci una sensazione maggiore di immedesimazione, ma vuole interpretarla adattandola alle esigenze del messaggio che trasmette. Anche i titoli di coda così pensati rispecchiano impagabilmente quelle tante mani che vi si sono dedicate.
Il disegno in Ponyo è poesia ed è l'unico tratto possibile per una storia di poesia, dai contorni sfumati ma dal senso che colpisce con forza. E' come se la trama fosse stretta al disegno e il disegno alla trama. Sono trama e ordito, appunto, intrecciati e tessuti assieme in una S O S P E N S I O N E. E' come un'apnea di colori, di linee morbide. Di più, di più.
La vista, appagata. Ma c'è l'udito. Se drizzi le orecchie (cit.) Ponyo è un film di suoni: quelli ovattati sott'acqua, quelli delle sorelline quando nuotano, quando boccheggiano per rompere la bolla, i segnali scambiati con i naviganti, le boccette di Fujimoto, le onde da lui mosse (borbottii inquietanti!), l'acqua che esce dal rubinetto, persino la luce si accende col rumore del generatore di corrente, il borbottio della barchetta alimentata con la candela e, dulcis in fundo, il suono del secchiello trascinato nel tunnel! I suoni così elementari, così semplici, ingenui quasi, e così importanti per i bambini, per riconoscere, per capire, per imitarli. E' un film di rumori importanti.
E sull'udito le voci sono fondamentali: sono tutto. Sono i toni delle voci più ancora che le parole pronunciate che reggono come pilastri tutta la storia. I toni: i toni decisi di Risa, quelli rassicuranti di Sosuke, quelli eccitati di Ponyo, quelli suadenti di GranMammare, quelli dolci della signora col neonato, quelli giocosi delle vecchine comprensive, quelli secchi della vecchietta bisbetica, quelli ansiosi e costernati di Fujimoto. IL PIANTO DEL NEONATO. In nessun altro film ho trovato che il tono di voce, prima ancora che le parole pronunciate, fosse così importante. E' stupefacente. Non so come sia l'originale, ma l'adattamento è magistrale. E se non fosse stato tale avremmo perso la metà della magia del film. Perché le traduzioni mal fatte si possono recuperare e la trama aggiustare... Ma il suono di una voce non c'è modo di spiegarlo, recuperarlo, ritrovarlo e riviverlo.
Infine, c'è il movimento. In questo caso corrisponde un po' al tatto. Qui c'è la tradizione Ghibliana con la sua accortezza impareggiabile: per le espressioni, per gli occhi brillanti, per i piccoli gesti naturali e semplici che non ci si aspetterebbe di trovare in una trasposizione animata, perché di per sé sono "inutili", non contribuiscono alla storia, eppure ci rendono i personaggi così umani, così veri, così vicini... I bambini così bambini, gli adulti così adulti, Risa così Risa ;) E la GranMammare così dea! Così tanto che si possono toccare, appunto, che è come se fossero davanti a noi, reali e veritieri pur appartenendo al loro mondo sconclusionato di fantasia.
Se un adulto vuole godersi questo film, deve dimenticare di essere adulto. Non deve cercare lo scopo o la coerenza della trama, non deve collocare i personaggi in certi ruoli, non deve aspettarsi una morale. Deve sedersi ed essere bambino: guardare, ascoltare, toccare. Immaginare i sapori, accompagnare i rumori, godere dei colori. Sorridere, divertirsi e preoccuparsi per ogni frammento di pellicola, senza cercare un insieme coerente che non riuscirà a trovare. Allora, se sarà disposto a fare questo, Ponyo lo incanterà con la sua magia fiabesca e gli farà trascorrere dei minuti ricchi d’emozione.
Miyazaki ha voluto, in maniera del tutto anacronistica, che il suo film fosse disegnato interamente a mano. E lo spettatore può sentire così il calore dei disegni, meravigliosamente comunicativi. CALORE. Il tratto di una mano che ha disegnato, i colori pastello ci proiettano in un mondo delicato e poetico. Il disegno d'animazione tradizionale funge qui da specchio, che deforma il mondo dandogli nuove forme e prospettive. Non vuole riprodurre la realtà per darci una sensazione maggiore di immedesimazione, ma vuole interpretarla adattandola alle esigenze del messaggio che trasmette. Anche i titoli di coda così pensati rispecchiano impagabilmente quelle tante mani che vi si sono dedicate.
Il disegno in Ponyo è poesia ed è l'unico tratto possibile per una storia di poesia, dai contorni sfumati ma dal senso che colpisce con forza. E' come se la trama fosse stretta al disegno e il disegno alla trama. Sono trama e ordito, appunto, intrecciati e tessuti assieme in una S O S P E N S I O N E. E' come un'apnea di colori, di linee morbide. Di più, di più.
La vista, appagata. Ma c'è l'udito. Se drizzi le orecchie (cit.) Ponyo è un film di suoni: quelli ovattati sott'acqua, quelli delle sorelline quando nuotano, quando boccheggiano per rompere la bolla, i segnali scambiati con i naviganti, le boccette di Fujimoto, le onde da lui mosse (borbottii inquietanti!), l'acqua che esce dal rubinetto, persino la luce si accende col rumore del generatore di corrente, il borbottio della barchetta alimentata con la candela e, dulcis in fundo, il suono del secchiello trascinato nel tunnel! I suoni così elementari, così semplici, ingenui quasi, e così importanti per i bambini, per riconoscere, per capire, per imitarli. E' un film di rumori importanti.
E sull'udito le voci sono fondamentali: sono tutto. Sono i toni delle voci più ancora che le parole pronunciate che reggono come pilastri tutta la storia. I toni: i toni decisi di Risa, quelli rassicuranti di Sosuke, quelli eccitati di Ponyo, quelli suadenti di GranMammare, quelli dolci della signora col neonato, quelli giocosi delle vecchine comprensive, quelli secchi della vecchietta bisbetica, quelli ansiosi e costernati di Fujimoto. IL PIANTO DEL NEONATO. In nessun altro film ho trovato che il tono di voce, prima ancora che le parole pronunciate, fosse così importante. E' stupefacente. Non so come sia l'originale, ma l'adattamento è magistrale. E se non fosse stato tale avremmo perso la metà della magia del film. Perché le traduzioni mal fatte si possono recuperare e la trama aggiustare... Ma il suono di una voce non c'è modo di spiegarlo, recuperarlo, ritrovarlo e riviverlo.
Infine, c'è il movimento. In questo caso corrisponde un po' al tatto. Qui c'è la tradizione Ghibliana con la sua accortezza impareggiabile: per le espressioni, per gli occhi brillanti, per i piccoli gesti naturali e semplici che non ci si aspetterebbe di trovare in una trasposizione animata, perché di per sé sono "inutili", non contribuiscono alla storia, eppure ci rendono i personaggi così umani, così veri, così vicini... I bambini così bambini, gli adulti così adulti, Risa così Risa ;) E la GranMammare così dea! Così tanto che si possono toccare, appunto, che è come se fossero davanti a noi, reali e veritieri pur appartenendo al loro mondo sconclusionato di fantasia.
Se un adulto vuole godersi questo film, deve dimenticare di essere adulto. Non deve cercare lo scopo o la coerenza della trama, non deve collocare i personaggi in certi ruoli, non deve aspettarsi una morale. Deve sedersi ed essere bambino: guardare, ascoltare, toccare. Immaginare i sapori, accompagnare i rumori, godere dei colori. Sorridere, divertirsi e preoccuparsi per ogni frammento di pellicola, senza cercare un insieme coerente che non riuscirà a trovare. Allora, se sarà disposto a fare questo, Ponyo lo incanterà con la sua magia fiabesca e gli farà trascorrere dei minuti ricchi d’emozione.
Questo anime di Miyazaki parla di una pesciolina rossa che si innamora di un bimbo di 5 anni e, tramite la magia, riesce a diventare bambina. La storia è molto dolce in pieno stile disintossicante di Miyazaki. Bellissimi i colori, belle le animazioni e il design dei personaggi. La storia però è un po' troppo confusa. Non è chiaro il ruolo di diversi personaggi nè parte della storia in sé. In totale resta un buon anime, pittoresco. Ma inferiore ai suoi precedenti prodotti. L'ascesa della qualità di Miyazaki ha raggiunto il picco con HOWL, ma ora subisce una discesa. Speriamo la tendenza torni presto verso l'alto. Resta comunque un buon prodotto consigliato a tutta la famiglia.
Delicata favola firmata Miyazaki, che con la sua infantile spensieratezza sembra voler rinnovare il miracolo di "Tonari no Totoro".
La storia ha luogo nei pressi di una scogliera sul mare. In una casa costruita in cima alla scogliera vive Sosuke, un bambino che frequenta ancora la scuola materna. Un giorno, giocando sulla riva, trova uno strano pesce rosso che ribattezza Ponyo. In realtà Ponyo è una creatura per metà umana e per metà marina che conosce la magia, fuggita dallo strano laboratorio sottomarino di un individuo che per molti versi pare uno stregone.
La trama sembra proprio quella di una fiaba, e della fiaba ha anche il carattere. Ma fin da subito si sente la presenza del Maestro Miyazaki, che anche nei passaggi più innocui inserisce spunti di quelle tematiche che da sempre caratterizzano i suoi lavori. In questo caso il tema principale è il rapporto uomo-natura, inteso come denuncia dell'inquinamento e del mancato rispetto dell'uomo nei confronti del mare. Ponyo infatti viene trovata da Sosuke priva di sensi, incastrata in un barattolo di vetro, dopo essersi imbattuta in un peschereccio con reti a strascico che solleva dal fondo marino spazzatura di ogni tipo. Ma un'altra tematica, presente anche ne "Il Castello Errante di Howl", è il sopraggiungere della vecchiaia. Tematica che il film affronta tramite la descrizione delle varie personalità degli anziani ricoverati nella casa di riposo accanto all'asilo di Sosuke.
La storia, pur deliziosa, per certi versi pecca di facile buonismo, come dimostrato da un "happy ending" forse troppo "happy" e generalizzato, che sicuramente chiude in maniera adeguata quella che è soprattutto una favola, ma che stronca sul nascere qualsiasi riflessione possibile al termine della visione.
Tecnicamente il film è leggermente diverso dai precedenti di Miyazaki. Alla consueta grande regia e alle splendide animazioni qui vengono affiancate scelte peculiari volte ad allargare il target dell'opera: assenza quasi completa di ombreggiature; preferenza per campiture piatte, dai colori molto brillanti e con contrasti vivissimi; fondali semplici, ma accesi e dai toni molto saturi; infine un certo gusto per l'iperbole e l'esagerazione grafica (come nella meravigliosa scena della tempesta). Tutti questi elementi rendono il film sicuramente molto gratificante per gli spettatori più piccini, e possono essere apprezzati anche da chi piccino non lo è più da un bel po' di tempo. Ma incrinano quella poesia che in altre opere il Maestro era riuscito a creare grazie alla sobrietà e all'eleganza visiva, pur proponendo una più che valida alternativa.
Dal punto di vista sonoro l'opera è decisamente riuscita. Oltre agli splendidi brani di sottofondo sono da segnalare gli effetti audio, specie quelli riferiti alle scene marine. E la sigla finale, come già accaduto per "Totoro", entra nelle orecchie con facilità irrisoria per non uscirne più.
Per concludere: l'opera, come tutte quelle di Miyazaki, merita più di una visione. Forse alcuni fan ne rimarranno delusi, ma io credo comunque che si tratti di un lavoro stupendo.
Consigliato a chi sa sognare con la semplicità di un bambino.
La storia ha luogo nei pressi di una scogliera sul mare. In una casa costruita in cima alla scogliera vive Sosuke, un bambino che frequenta ancora la scuola materna. Un giorno, giocando sulla riva, trova uno strano pesce rosso che ribattezza Ponyo. In realtà Ponyo è una creatura per metà umana e per metà marina che conosce la magia, fuggita dallo strano laboratorio sottomarino di un individuo che per molti versi pare uno stregone.
La trama sembra proprio quella di una fiaba, e della fiaba ha anche il carattere. Ma fin da subito si sente la presenza del Maestro Miyazaki, che anche nei passaggi più innocui inserisce spunti di quelle tematiche che da sempre caratterizzano i suoi lavori. In questo caso il tema principale è il rapporto uomo-natura, inteso come denuncia dell'inquinamento e del mancato rispetto dell'uomo nei confronti del mare. Ponyo infatti viene trovata da Sosuke priva di sensi, incastrata in un barattolo di vetro, dopo essersi imbattuta in un peschereccio con reti a strascico che solleva dal fondo marino spazzatura di ogni tipo. Ma un'altra tematica, presente anche ne "Il Castello Errante di Howl", è il sopraggiungere della vecchiaia. Tematica che il film affronta tramite la descrizione delle varie personalità degli anziani ricoverati nella casa di riposo accanto all'asilo di Sosuke.
La storia, pur deliziosa, per certi versi pecca di facile buonismo, come dimostrato da un "happy ending" forse troppo "happy" e generalizzato, che sicuramente chiude in maniera adeguata quella che è soprattutto una favola, ma che stronca sul nascere qualsiasi riflessione possibile al termine della visione.
Tecnicamente il film è leggermente diverso dai precedenti di Miyazaki. Alla consueta grande regia e alle splendide animazioni qui vengono affiancate scelte peculiari volte ad allargare il target dell'opera: assenza quasi completa di ombreggiature; preferenza per campiture piatte, dai colori molto brillanti e con contrasti vivissimi; fondali semplici, ma accesi e dai toni molto saturi; infine un certo gusto per l'iperbole e l'esagerazione grafica (come nella meravigliosa scena della tempesta). Tutti questi elementi rendono il film sicuramente molto gratificante per gli spettatori più piccini, e possono essere apprezzati anche da chi piccino non lo è più da un bel po' di tempo. Ma incrinano quella poesia che in altre opere il Maestro era riuscito a creare grazie alla sobrietà e all'eleganza visiva, pur proponendo una più che valida alternativa.
Dal punto di vista sonoro l'opera è decisamente riuscita. Oltre agli splendidi brani di sottofondo sono da segnalare gli effetti audio, specie quelli riferiti alle scene marine. E la sigla finale, come già accaduto per "Totoro", entra nelle orecchie con facilità irrisoria per non uscirne più.
Per concludere: l'opera, come tutte quelle di Miyazaki, merita più di una visione. Forse alcuni fan ne rimarranno delusi, ma io credo comunque che si tratti di un lavoro stupendo.
Consigliato a chi sa sognare con la semplicità di un bambino.
Ciò che colpisce in questo cartone è l'intento dell'autore di raccontare in una maniera fiabesca insolita il modo in cui la natura dovrebbe essere trattata dall'uomo.
Ovvero il messaggio dell'autore è quello di evitare che la barbarie dell'uomo possa prendere il sopravvento sul creato, e ciò di buono che ne è stato fatto fin dalle origini, in quanto alterare dovrebbe significare migliorare, non uccidere o deturpare.
E il significato di questo film è proprio inserito in questo contesto, nelle fattezze di un pesce che vuole conoscere il genere umano, ma una volta entratoci dentro scopre che non è sempre costituito da amori e amicizie, ma anche da nefandi propositi, che il più volte dei casi generano continue distruzioni, sia fisiche che morali.
Quest'opera vuole comunque sollevare la questione dell'ambiente, che comunque rimane una tematica morale, e l'obiettivo da parte di Miyazaki è proprio quello di far capire fin da piccini il significato della natura e della sua secolare esistenza, in cui dovrebbero essere lontani anni luce ogni obiettivo di supremazia umana nei suoi confronti, dove l'uomo dovrebbe essere d'aiuto, anziché carnefice.
Poi, l'altra genialità, l'amore di un bambino, che solitamente è libero, senza vincoli, senza malizie, senza che l'uomo abbia intaccato il benchè minimo innocente ideale e la sua sfrenata fantasia, elementi che nella crescita vengono completamente persi, che è un pò il processo di Ponyo quando perde la sua vecchia natura per acquisire quella umana, facendo un errore madornale, viste le scoperte che andrà a fare in seguito.
Infine il viaggio sulle ali della più innocente fantasia, per rendere il tutto digeribile, leggero, ma soprattutto impresso nelle menti dei ragazzini, come monito sicuro da difendere nelle generazioni future, confidando molto nella precocità di apprendimento dei bambini di oggi, leggendo quindi l'autore un senso di contemporaneità della trama anche nella realtà, quindi facilmente trasmissibile.
Quando si riesce ad entrare nel mondo dei bambini con le loro "leggi", è facile riuscire a far breccia, perchè ti fa sentire effettivamente uno di loro, non è avere sindrome di Peter Pan, ma un modo vantaggioso di rappresentare passo passo ogni giorno ai piccolini di oggi ciò che sarà il loro domani, senza catturarli con dei strani trucchetti, ma rivelando forse loro la più facile delle teorie, inserire quella vivacità e fantasia all'interno di una realtà che solitamente oltre ad essere spenta negli adulti, è soprattutto molto SORDA.
Da conservare come se fosse un tesoro questo cartone!
Ovvero il messaggio dell'autore è quello di evitare che la barbarie dell'uomo possa prendere il sopravvento sul creato, e ciò di buono che ne è stato fatto fin dalle origini, in quanto alterare dovrebbe significare migliorare, non uccidere o deturpare.
E il significato di questo film è proprio inserito in questo contesto, nelle fattezze di un pesce che vuole conoscere il genere umano, ma una volta entratoci dentro scopre che non è sempre costituito da amori e amicizie, ma anche da nefandi propositi, che il più volte dei casi generano continue distruzioni, sia fisiche che morali.
Quest'opera vuole comunque sollevare la questione dell'ambiente, che comunque rimane una tematica morale, e l'obiettivo da parte di Miyazaki è proprio quello di far capire fin da piccini il significato della natura e della sua secolare esistenza, in cui dovrebbero essere lontani anni luce ogni obiettivo di supremazia umana nei suoi confronti, dove l'uomo dovrebbe essere d'aiuto, anziché carnefice.
Poi, l'altra genialità, l'amore di un bambino, che solitamente è libero, senza vincoli, senza malizie, senza che l'uomo abbia intaccato il benchè minimo innocente ideale e la sua sfrenata fantasia, elementi che nella crescita vengono completamente persi, che è un pò il processo di Ponyo quando perde la sua vecchia natura per acquisire quella umana, facendo un errore madornale, viste le scoperte che andrà a fare in seguito.
Infine il viaggio sulle ali della più innocente fantasia, per rendere il tutto digeribile, leggero, ma soprattutto impresso nelle menti dei ragazzini, come monito sicuro da difendere nelle generazioni future, confidando molto nella precocità di apprendimento dei bambini di oggi, leggendo quindi l'autore un senso di contemporaneità della trama anche nella realtà, quindi facilmente trasmissibile.
Quando si riesce ad entrare nel mondo dei bambini con le loro "leggi", è facile riuscire a far breccia, perchè ti fa sentire effettivamente uno di loro, non è avere sindrome di Peter Pan, ma un modo vantaggioso di rappresentare passo passo ogni giorno ai piccolini di oggi ciò che sarà il loro domani, senza catturarli con dei strani trucchetti, ma rivelando forse loro la più facile delle teorie, inserire quella vivacità e fantasia all'interno di una realtà che solitamente oltre ad essere spenta negli adulti, è soprattutto molto SORDA.
Da conservare come se fosse un tesoro questo cartone!
Spettacolare nel senso stretto del termine, perché riempie gli occhi di una bellezza artistica estrema, pura ed artigianale. E commovente, perché risveglia il bambino che è in ognuno di noi e ci fa tornare alla mente emozioni genuine, come quelle dell'amore infantile.
Ponyo sulla scogliera è un film d'animazione da vedere e da far vedere, ai bambini ma non solo. Distante anni luce dagli artifici della grafica computerizzata dei "cartoni" americani degli ultimi anni, l'ultima opera d'arte del maestro Hayao Miyazaki racconta una favola semplice, lontana dagli schemi pseudo-pedagogici occidentali schiacciati sulla dicotomia "buoni vs cattivi": una favola in cui la morale c'è ma non si vede e soprattutto non viene imposta sfacciatamente come accade nei lavori recenti e non della Disney.
I 170 mila disegni dipinti a mano che compongono il lungometraggio rendono l'idea del lavoro artigianale straordinario che c'è dietro un'opera del genere che cattura la fantasia dello spettatore di qualsiasi età e lo affascina con un turbinio di colori forti che fanno da splendida cornice alla storia della pesciolina Ponyo, innamoratasi di un amore magico del piccolo Sosuke, un bambino di 5 anni che vive in una casetta sul mare, protagonista indiscusso dell'intero film.
Che rabbia la programmazione esclusivamente in orari pomeridiani di questo capolavoro! Resta ancora in piedi il banale pregiudizio tutto italiano che i "cartoni" siano roba per bambini e basta. Che peccato davvero, perché un film così meriterebbe di essere visto da tutti.
Ponyo sulla scogliera è un film d'animazione da vedere e da far vedere, ai bambini ma non solo. Distante anni luce dagli artifici della grafica computerizzata dei "cartoni" americani degli ultimi anni, l'ultima opera d'arte del maestro Hayao Miyazaki racconta una favola semplice, lontana dagli schemi pseudo-pedagogici occidentali schiacciati sulla dicotomia "buoni vs cattivi": una favola in cui la morale c'è ma non si vede e soprattutto non viene imposta sfacciatamente come accade nei lavori recenti e non della Disney.
I 170 mila disegni dipinti a mano che compongono il lungometraggio rendono l'idea del lavoro artigianale straordinario che c'è dietro un'opera del genere che cattura la fantasia dello spettatore di qualsiasi età e lo affascina con un turbinio di colori forti che fanno da splendida cornice alla storia della pesciolina Ponyo, innamoratasi di un amore magico del piccolo Sosuke, un bambino di 5 anni che vive in una casetta sul mare, protagonista indiscusso dell'intero film.
Che rabbia la programmazione esclusivamente in orari pomeridiani di questo capolavoro! Resta ancora in piedi il banale pregiudizio tutto italiano che i "cartoni" siano roba per bambini e basta. Che peccato davvero, perché un film così meriterebbe di essere visto da tutti.
Questo è un film di animazione che sicuramente fa leva più sull'attenzione dei più piccoli ma che sa catturare anche i più grandi. Quelli che sanno ancora sognare!!! Il risultato è senza dubbio inferiore rispetto ad altre opere ma è solo per una scelta di raccontare una favola per piccoli che nello stesso tempo non escluda i più grandi. La trama nonostante la sua semplicità è molto ricca di poesia tenera e commovente. Molto bello!
Mi dispiace, ma il chiamarsi Hayao Miyazaki non basta a dare ad un film l'aggettivo di capolavoro. Del resto il regista l'aveva anticipato quando disse che si trattava di un opera per bambini: che lui ha voluto realizzare dopo che molti dei suoi collaboratori sono diventati papà, facendolo intenerire; essendo lui, si sà, un uomo molto sensibile.
Ed infatti questo è Ponyo: una storia per bambini.
"Ponyo sulla scogliera" però è molto diverso dal "Mio vicino Totoro", il quale può esser apprezzato anche con gli occhi di un adulto. E' un avventura nella quale è difficile entrarci se non si è molto infantili; si può dire che, per certi verso, l'ho trovato emozionante quasi quanto la Pimpa.
Il fatto poi che manchino dei veri e propri antagonisti è una cosa già vista nelle opere del maestro giapponese, che tuttavia è riuscito sempre ad emozionare per le tematiche narrate e la sua fantasia. Ma qui ha esagerato.
Credo che fra gli sbagli più grossi vi siano la presenza di protagonisti bambini (uno vero ed una pesciolina tramutata in bambina) troppo giovani per emozionarcisi della loro storia d'amore, e la presenza di troppe scene stupide ed evitabili.
L'unico giudizio positivo lo meritano l'animazione e le ambientazioni, come sempre straordinarie.
Guardatelo solo se siete grandi appassionati di Miyazaki e vi piacciono le storie per bambini, anche se un po' stupide.
Ed infatti questo è Ponyo: una storia per bambini.
"Ponyo sulla scogliera" però è molto diverso dal "Mio vicino Totoro", il quale può esser apprezzato anche con gli occhi di un adulto. E' un avventura nella quale è difficile entrarci se non si è molto infantili; si può dire che, per certi verso, l'ho trovato emozionante quasi quanto la Pimpa.
Il fatto poi che manchino dei veri e propri antagonisti è una cosa già vista nelle opere del maestro giapponese, che tuttavia è riuscito sempre ad emozionare per le tematiche narrate e la sua fantasia. Ma qui ha esagerato.
Credo che fra gli sbagli più grossi vi siano la presenza di protagonisti bambini (uno vero ed una pesciolina tramutata in bambina) troppo giovani per emozionarcisi della loro storia d'amore, e la presenza di troppe scene stupide ed evitabili.
L'unico giudizio positivo lo meritano l'animazione e le ambientazioni, come sempre straordinarie.
Guardatelo solo se siete grandi appassionati di Miyazaki e vi piacciono le storie per bambini, anche se un po' stupide.
Quanto mi trovo d'accordo con Cartaman666, vedo che in mezzo a tutti questo 9 e 10 noi usciamo fuori dal coro...
Introduzione
Se già con il castello errante di howl ero rimasto un pò con la faccia punto interrogativo, con questa ennesima opera dello studio Ghibli (Miyazaki) sono rimasto decisamente atterrito. In sostanza l'anime non è nient'altro che una fiaba, stile sirenetta della Walt Disney, che seppur carino e tecnicamente buono, è semplice ed è adatto ai bambini dell'età dei nostri protagonisti, ovvero di 5 anni!
Trama
Ponyo, nome che le viene affidato da sosuke quando la troverà sulla spiaggia, non è nient'altro che un pesce con la faccia, molto curiosa trova il modo di scappare dal mondo marino per andare verso la costa, qui incontrerà Sosuke che si prenderà cura di lei dandole il nome di Ponyo.
Lei però non è destinata a quelle vita pertanto andranno a riprenderla per evitare un disastro sul dalle ripercussioni simili ad uno tsunami (qualcuno ha detto sirenetta???).
Da quì in poi i nostri eroi dovranno superare numerose difficoltà e vicissitudini di certo non semplici, Ponyo vuole diventare un essere umano e Sosuke è continuamente in pensiero per lei... ecc ecc
La trama è molto semplice, i disegni sono tondeggianti in stile per bambini, non ci vedo nulla di eccelso, la colonna sonora adatta alla storia per bambini, le animazioni nulla di che, insomma cosa ha fatto allora di questo titolo un capolavoro?
Come nel caso del castello di howl non è ho idea, ma di certo PER ME i capolavori non sono questi, neanche per i bambini secondo me è un capolavoro, un ottimo lavoro si ma non un capolavoro.
La sceneggiatura è scontatissima, anche per un bambino che ha visto altri titoli, come la sirenetta giusto per rimanere in tema, non so proprio come si definisca capolavoro, ma forse come spesso penso è colpa mia che non capisco o pretendo troppo"
Poi non ho letto nulla in giro riguardo il comportamento della mamma di sosuke, un madre che giuda in quel modo con suo figlio a bordo non credo sia un bell'esempio, oltre che tanti altri esempi di quello che una madre NON dovrebbe fare, oltre al fatto che un adulto alcuni interrogativi se li porrebbe, ovvero, come mai nessuno si stupisce che il pesce ha la faccia umana? (visto che gli altri pesci hanno la faccia da pesce) E chi più ne ha più ne metta.
Insomma un titolo che vi consiglio di guardare in compagnia dei vostri bimbi senza troppe pretese nei vostri confronti, ma vederlo in maniera spensierata con i bimbi.
Introduzione
Se già con il castello errante di howl ero rimasto un pò con la faccia punto interrogativo, con questa ennesima opera dello studio Ghibli (Miyazaki) sono rimasto decisamente atterrito. In sostanza l'anime non è nient'altro che una fiaba, stile sirenetta della Walt Disney, che seppur carino e tecnicamente buono, è semplice ed è adatto ai bambini dell'età dei nostri protagonisti, ovvero di 5 anni!
Trama
Ponyo, nome che le viene affidato da sosuke quando la troverà sulla spiaggia, non è nient'altro che un pesce con la faccia, molto curiosa trova il modo di scappare dal mondo marino per andare verso la costa, qui incontrerà Sosuke che si prenderà cura di lei dandole il nome di Ponyo.
Lei però non è destinata a quelle vita pertanto andranno a riprenderla per evitare un disastro sul dalle ripercussioni simili ad uno tsunami (qualcuno ha detto sirenetta???).
Da quì in poi i nostri eroi dovranno superare numerose difficoltà e vicissitudini di certo non semplici, Ponyo vuole diventare un essere umano e Sosuke è continuamente in pensiero per lei... ecc ecc
La trama è molto semplice, i disegni sono tondeggianti in stile per bambini, non ci vedo nulla di eccelso, la colonna sonora adatta alla storia per bambini, le animazioni nulla di che, insomma cosa ha fatto allora di questo titolo un capolavoro?
Come nel caso del castello di howl non è ho idea, ma di certo PER ME i capolavori non sono questi, neanche per i bambini secondo me è un capolavoro, un ottimo lavoro si ma non un capolavoro.
La sceneggiatura è scontatissima, anche per un bambino che ha visto altri titoli, come la sirenetta giusto per rimanere in tema, non so proprio come si definisca capolavoro, ma forse come spesso penso è colpa mia che non capisco o pretendo troppo"
Poi non ho letto nulla in giro riguardo il comportamento della mamma di sosuke, un madre che giuda in quel modo con suo figlio a bordo non credo sia un bell'esempio, oltre che tanti altri esempi di quello che una madre NON dovrebbe fare, oltre al fatto che un adulto alcuni interrogativi se li porrebbe, ovvero, come mai nessuno si stupisce che il pesce ha la faccia umana? (visto che gli altri pesci hanno la faccia da pesce) E chi più ne ha più ne metta.
Insomma un titolo che vi consiglio di guardare in compagnia dei vostri bimbi senza troppe pretese nei vostri confronti, ma vederlo in maniera spensierata con i bimbi.
Se con Howl avevo notato qualche battuta a vuoto, con Ponyo lo scadimento e' completo. Cosa succede ad un regista che ritenevo uno dei migliori del mondo? E' un film tecnicamente spettacolare, i disegni sono fantastici, c'è solo un problema; dov'è la storia? Praticamente non esiste, va bene che al regista piacciono le storie semplici, ma questa lo e' fin troppo. E' un ottimo film per i bambini, e niente più di questo, molto vicino ad essere definito davvero disneyano, (questo ovviamente non e' complimento). Non so se si sia voluto commercializzare o cos'altro, ma è certo che la vena creativa del maestro in questo film si è spenta. Rimangono a salvare il film dal piattume, il personaggio della madre di Sosuke, forse l'unico motivo per vedere il film oltre a qualche gag di Ponyo, troppo poco per salvare questo film da un'aurea mediocrità. Spero che ritorni a fare film che non siano solo per bambini, ce lo auguriamo tutti.
Probabilmente questa recensione sarà molto di parte, perché io, a prescindere, amo Miyazaki; tuttavia, a questo film non posso dare un 10 pieno solo perché non è riuscito a stregarmi e a lasciarmi incantata come invece hanno fatto i due precedenti (Il castello errante di Howl e La città incantata); forse 9 è anche poco, però: se esistesse, gli darei un 9.30.
C'è chi ha paragonato Ponyo alla Sirenetta, chi a Nemo. Beh, io ci vedo un po' tutti e due, senza però poter dire che si avvicini troppo ad entrambe.
Ponyo è una favola. Come le altre due da me citate, del resto. Ed una favola per bambini, dice lo stesso Miyazaki, anzi, è più facile che la capiscano loro che gli adulti. E lo credo bene. Ci sono pezzi che anche io, grande e vaccinata, non sono riuscita a capire del tutto, come per esempio il ruolo reale dei due genitori nella storia e perché si siano separati. O forse, non trovo risposte proprio perché ne cerco troppe. Un po' come quando ho visto la città allagata e, con la mia mente di adulta, ho pensato subito "Oddio, ma che è successo?". Probabilmente, se mi accadesse veramente una cosa del genere, urlerei terrorizzata e cercherei una spiegazione. Ponyo, la piccola protagonista, un pesce diventato umano per stare con il suo amichetto Sosuke, e il suo piccolo amico, invece, non si fanno problemi. Insieme partono alla ricerca della mamma del ragazzino, che non è tornata a casa dopo la tempesta.
Il viaggio che compiono i due è un po' il classico viaggio di iniziazione, presente in molti manga e caro in fondo a Miyazaki che però, francamente, ai due bambini non credo sia servito più di tanto: Sosuke ha sempre accettato quella strana bambina e tutte le stranezze che la circondano.
Anche il messaggio che traspare dall'opera - il problema dell'inquinamento, l'accettazione del diverso (di cui si preoccupa tanto il padre di Ponyo) -appare chiaro, come solo in un'opera per bambini può essere. Eppure, nonostante questa trasparenza non risulta affatto noioso e ripetitiva. Ponyo è una favola che si lascia guardare per quello che è, che ti fa pensare, ma senza drammoni esistenziali. E che ti fa tornare bambino, almeno per un po' - o almeno, ti fa capire che, tornare ad esserlo, ogni tanto, non è così male.
I disegni, poi, non c'è neanche bisogno di commentarli: ogni volta che vedo un'opera del maestro, il mio cervello si rifiuta di credere che si tratti di opere fatte a mano, senza l'ausilio della tecnologia; la quantità di pesci rappresentata è talmente grande, che ho chiesto aiuto a mia sorella, che li studia; la perfezione con cui rappresenta ogni particolare mi commuove ogni volta.
Le musiche, dolci, leggere, quasi infantili e fiabesche sono a dir poco azzeccate. E, per una volta, menzione d'onore anche alla versione italiana della canzone finale, sia per il testo che per la voce della protagonista, a dir poco perfetta.
C'è chi ha paragonato Ponyo alla Sirenetta, chi a Nemo. Beh, io ci vedo un po' tutti e due, senza però poter dire che si avvicini troppo ad entrambe.
Ponyo è una favola. Come le altre due da me citate, del resto. Ed una favola per bambini, dice lo stesso Miyazaki, anzi, è più facile che la capiscano loro che gli adulti. E lo credo bene. Ci sono pezzi che anche io, grande e vaccinata, non sono riuscita a capire del tutto, come per esempio il ruolo reale dei due genitori nella storia e perché si siano separati. O forse, non trovo risposte proprio perché ne cerco troppe. Un po' come quando ho visto la città allagata e, con la mia mente di adulta, ho pensato subito "Oddio, ma che è successo?". Probabilmente, se mi accadesse veramente una cosa del genere, urlerei terrorizzata e cercherei una spiegazione. Ponyo, la piccola protagonista, un pesce diventato umano per stare con il suo amichetto Sosuke, e il suo piccolo amico, invece, non si fanno problemi. Insieme partono alla ricerca della mamma del ragazzino, che non è tornata a casa dopo la tempesta.
Il viaggio che compiono i due è un po' il classico viaggio di iniziazione, presente in molti manga e caro in fondo a Miyazaki che però, francamente, ai due bambini non credo sia servito più di tanto: Sosuke ha sempre accettato quella strana bambina e tutte le stranezze che la circondano.
Anche il messaggio che traspare dall'opera - il problema dell'inquinamento, l'accettazione del diverso (di cui si preoccupa tanto il padre di Ponyo) -appare chiaro, come solo in un'opera per bambini può essere. Eppure, nonostante questa trasparenza non risulta affatto noioso e ripetitiva. Ponyo è una favola che si lascia guardare per quello che è, che ti fa pensare, ma senza drammoni esistenziali. E che ti fa tornare bambino, almeno per un po' - o almeno, ti fa capire che, tornare ad esserlo, ogni tanto, non è così male.
I disegni, poi, non c'è neanche bisogno di commentarli: ogni volta che vedo un'opera del maestro, il mio cervello si rifiuta di credere che si tratti di opere fatte a mano, senza l'ausilio della tecnologia; la quantità di pesci rappresentata è talmente grande, che ho chiesto aiuto a mia sorella, che li studia; la perfezione con cui rappresenta ogni particolare mi commuove ogni volta.
Le musiche, dolci, leggere, quasi infantili e fiabesche sono a dir poco azzeccate. E, per una volta, menzione d'onore anche alla versione italiana della canzone finale, sia per il testo che per la voce della protagonista, a dir poco perfetta.
Sono andato a vedere con un'amica Ponyo Sulla Scogliera, l'ultimo capolavoro del regista premio Oscar Hayao Miyazaki.
Rispetto ai precedenti lavori del maestro Ponyo risulta un film semplice, come ammette lo stesso regista in un intervista su Repubblica. Ma ciò non guasta la visione anche ad un pubblico un po' più grande.
Personalmente lo trovato delizioso e tecnicamente superlativo; andando contro corrente il regista nipponico “sospende” la computer graphic e restituisce la complessità salata del mare con la matita e settanta artisti che hanno disegnato a mano centosettantamila disegni.
Insomma è un film da vedere per chiunque ami l'animazione giapponese, perché Miyazaki fa sognare e ti trascina in un mondo fantastico e per quei cento minuti ritorni ad essere un bambino spensierato.
Se avete la possibilità andatelo a vedere, e non ascoltate la gente che vi dirà che essendo un "cartone animato" è destinato solo per i bambini, Perché non esistono film solo per bambini, specie quelli nipponici...
Rispetto ai precedenti lavori del maestro Ponyo risulta un film semplice, come ammette lo stesso regista in un intervista su Repubblica. Ma ciò non guasta la visione anche ad un pubblico un po' più grande.
Personalmente lo trovato delizioso e tecnicamente superlativo; andando contro corrente il regista nipponico “sospende” la computer graphic e restituisce la complessità salata del mare con la matita e settanta artisti che hanno disegnato a mano centosettantamila disegni.
Insomma è un film da vedere per chiunque ami l'animazione giapponese, perché Miyazaki fa sognare e ti trascina in un mondo fantastico e per quei cento minuti ritorni ad essere un bambino spensierato.
Se avete la possibilità andatelo a vedere, e non ascoltate la gente che vi dirà che essendo un "cartone animato" è destinato solo per i bambini, Perché non esistono film solo per bambini, specie quelli nipponici...
Miyazaki torna ad incantarci con un’opera di grandissimo valore: Ponyo sulla scogliera. Essendo un lavoro del grande maestro Hayao i disegni sono semplicemente spettacolari. I fondali marini vengono rappresentati con estrema cura dei particolari, e il risultato finale è un mischiarsi di colori e immagini che da soli valgono tutto il prezzo del biglietto. È bello vedere come ancora oggi, nel mondo dove ormai la tecnologia ha preso il sopravvento e col computer puoi fare tutto, dei disegni disegnati a mano, riescano a far capire come l’opera di maggior valore è quella che richiede più tempo, e che sempre e comunque la tecnologia (per quanto utile) non potrà superare la bellezza di tali disegni che ti si stampano nella mente e, soprattutto, nel cuore. Il film inizia proprio così, con una visione del mare semplicemente spettacolare. Le tantissime specie di pesci rappresentate (durante tutta la durata del film) sono tra le più diverse e colorate. La pesciolina Ponyo, circondata dalle piccole sorelline che come lei hanno la testa da bambine e il corpo da pesce, si distingue subito tra tutte per la sua semplicità (che rappresenta il suo carattere). La trama non ha grandi pretese, e soprattutto, è rivolta a tutti (coloro che abbiano voglia, e siano ancora capaci, di sognare); infatti Miyazaki con quest’opera decide di utilizzare una storia che parla di un’amicizia magica, tra un bambino di nome Sosuke, e la tenerissima Ponyo. Subito si nota di fondo la critica verso l’inquinamento dei mari, infatti Ponyo finisce con la testa incastrata in un barattolo per colpa della sporcizia accumulatasi nel fondale, per poi raggiungere la riva, dove verrà trovata da Sosuke. Sosuke fa subito amicizia con Ponyo, la quale, grazie a una gocciolina del sangue del bambino, riuscirà a prendere forma umana e raggiungere il bambino che ha promesso di proteggerla. Il film riesce anche a far ridere, infatti le scene comiche non mancheranno, in particolare quando Ponyo è una bambina, e non abituata ad esserlo, compirà strane azioni. Ponyo usa la magia per aiutare e soddisfare le richieste di Sosuke, ma per colpa di essa, Ponyo rischia di distruggere il mondo. A tentare di impedire che ciò accada ci sono prima Fujimoto, il padre di Ponyo, poi anche Granmammare, la madre. Il primo resta un personaggio importante, ma a cui secondo me viene dedicato troppo poco spazio, infatti il suo passato non viene svelato, e ha comportamenti strani e ostili verso gli umani che non vengono totalmente spiegati; si può dire che Fujimoto resti un mistero da svelare per tutto il film, e che anche alla fine del film ancora alcune domande su di lui non trovino risposta. Granmammare, invece, rappresenta la dea del mare, creatrice di tutte le forme di vita marine, e quindi un ideale di mamma, che comprende i desideri di Ponyo, e cerca di trovare una soluzione, in modo che lei possa essere felice. Questo dimostra la sua bontà verso lei e tutte le forme di vita, che, seppure abbia un ruolo secondario, la contraddistinguerà. Anche Risa, mamma di Sosuke, è un personaggio femminile di rilievo, ed è uno dei personaggi più energetici, carichi di gioia e simpatici del film. Le musiche che accompagnano moltissime scene del film sono bellissime e perfette per ogni situazione. Inoltre il doppiaggio e la traduzione sono lodevoli, le voci sono adatte ai vari personaggi e simili alle originali e pure la canzone di chiusura è stata arrangiata stupendamente, mantenendo il significato.
Per concludere, posso dire che Ponyo sulla scogliera sia, come tutte le produzioni di Miyazaki, un film eccezionale, che riesce attirare a se tutte le persone, di qualsiasi età: adulti e bambini, raccontando di una storia magica che saprà far sognare tutti quelli che insieme a Sosuke e Ponyo, credono ancora nel valore dell’amicizia.
Per concludere, posso dire che Ponyo sulla scogliera sia, come tutte le produzioni di Miyazaki, un film eccezionale, che riesce attirare a se tutte le persone, di qualsiasi età: adulti e bambini, raccontando di una storia magica che saprà far sognare tutti quelli che insieme a Sosuke e Ponyo, credono ancora nel valore dell’amicizia.
Ogni volta che uno dei tuoi miti, che si tratti di musica, cinema, pittura o animazione, decide di scendere nuovamente in campo bisogna prodursi in uno sforzo non indifferente per cercare di non giudicare il nuovo lavoro sotto la lente di inevitabile benevolenza frutto del passato.
Allo stesso tempo sappiamo quanto sia difficoltoso e raro riuscire a ripetersi e a mantenere certi livelli di eccellenza precedentemente raggiunti.
Detto questo cercherò di essere il più obiettivo possibile nell’analisi dell’ultima creazione del Maestro Miyazaki , Ponyo.
Innanzi tutto è un piacere constatare come l’adattamento italiano sia finalmente a livelli consoni al livello di eccellenza del film. In più di un’occasione traspare l’attenzione e la competenza con la quale è stata realizzata. Ad esempio per chi avesse anche solo un’infarinatura di giapponese non potrebbe non notare alcune chicche a riguardo come la pronuncia di Sosuke, Sòske, o la presenza del suffisso –chan, che implica maggiore affetto tra due persone rispetto a –san.
Altra nota di merito per il doppiaggio italiano che mantiene standard qualitativi molto buoni, anche grazie alla partecipazione di elementi quali Massimo Corvo (il padre di Ponyo), voce, ad esempio, di Gendo Hikari in Evangelion.
Entrando nel merito del giudizio del film bisogna premettere che esso,come più volte dichiarato da Miyazaki, è nato e cresciuto con la finalità di riuscire a creare una storia che potesse essere compresa in toto anche, e soprattutto, da un bambino di 5 anni, la stessa età cioè dei protagonisti: Sosuke e, ovviamente, la nostra Ponyo.
Per questo motivo il film presenta una trama molto semplice e lineare. Sostanzialmente Ponyo è la storia di una ragazzina/pesce, una sorta di rivisitazione della sirenetta di Andersen, che dopo essere entrata in contatto in maniera fortuita con Sosuke, un bambino che abita in una casa su una scogliera con la madre Risa, decide di volere diventare una ragazzina a tutti gli effetti.
Grazie a dei suoi poteri innati Ponyo riesce a trasformarsi e a raggiungere Sosuke sulla terraferma, dove viene accolta con amore e gentilezza.
Nonostante le inevitabili vicissitudini che si succedono, il film non punta la propria attenzione sull’azione pura, bensì pone in primo piano le relazioni tra i protagonisti e i loro sentimenti reciproci che vengono descritti in maniera esemplare nonostante la semplicità inevitabile dei dialoghi.
La caratteristica principale di Ponyo è appunto quella di trattare temi profondi con assoluta semplicità,intento nel quale, come è ben noto, solo i grandi Maestri possono riuscire.
Quella che infatti potrebbe essere facilmente confusa come un’involuzione nel modo di trattare temi classici della poetica di Miyazaki, come il tema ambientale ad esempio, deve essere al contrario vista come la volontà di far giungere certi messaggi oltre che a tutti noi, soprattutto ad un bambino, e cioè a colui che scriverà il suo ed il nostro futuro.
Ponyo sembra trarre molti, se non tutti, gli elementi e le esperienze delle precedenti creazioni di Miyazaki per distillarne, alla stessa stregua delle pozioni magiche presenti nel film, poche gocce concentrate di saggezza, che solo l’infinita onestà intellettuale e l’innata coerenza che da sempre caratterizzano i lavori del Maestro possono dare.
I parallelismi e gli spunti che si possono notare infatti con i precedenti film non sono pochi. Ad esempio del lontano Conan si ritrova lo stesso amore innocente tra due bambini. Da Nausicaa arrivano gli echi del monito sullo sfruttamento indiscriminato della natura e la figura della Madre del Mare (Gran Mammare) richiama in maniera esplicita il Dio della Foresta della principessa Mononoke.
Ma come detto precedentemente Ponyo riesce a farci percepire quelli stessi temi con pochi accenni, con una semplice frase o semplicemente tramite il solo disegno.
E proprio il disegno rappresenta uno dei punti di forza di questo film: dopo le mirabolanti e scintillanti realizzazioni grafiche de “La città Incantata” e de “Il Castello errante di Howl”, delle vere e proprie “prove di forza” in tal senso ottenute anche grazie all’implementazione digitale, seppur ottimamente mascherate, il Dottor Hayao decide di tornare al “manuale”, realizzando un’opera in totale controtendenza, in barba a tutte le produzioni Pixar-mode del momento tese oramai a stupire a livello grafico lasciando sempre più alla banalità le sceneggiature e i dialoghi. (Sono lontani i tempi in cui Toy Story 2 veniva candidato all’oscar come migliore sceneggiatura).
Ciò che colpisce l’occhio dello spettatore fin dalle prime scene sottomarine dense di centinaia di meduse danzanti è il tratto molto più fumettistico e impreciso, quasi appunto a volersi immedesimare nel mondo infantile dei personaggi.
Sfondi indeterminati, quasi schizzati alle volte, fanno da cornice a personaggi sempre e comunque splendidamente realizzati oltre che animati in modo magistrale, come da abitudine dello Studio Ghibli.
Rimarrà per sempre indimenticabile il mare di Ponyo: un mare vivo, tanto da avere gli occhi, con le onde più blu, grosse e avvolgenti che la storia delle animazioni ricordi.
Miyazaki riesce tra l’altro a sviluppare un tema a lui da sempre congeniale, quello del volo, anche in un ambiente totalmente marino riuscendo a muovere le sue fantasiose macchine subacquee, le barche e le creature marine come se stessero “volando” dimostrando per l’ennesima volta la sua proverbiale padronanza nel rendere l’effetto della leggiadria.
In Ponyo però la natura non viene rappresentata solo in maniera idealizzata e bucolica ma, come nelle scene dello tsunami e della tempesta, si racconta anche il suo lato più violento e temibile, di fronte al quale l’uomo è impotente e inerme.
Il messaggio del rispetto della natura e della sua cura da parte dell’uomo potrà forse sembrare datato e scontato, un messaggio di cui non sappiamo che fare chiusi nei nostri uffici supertecnologici, nelle nostre auto con sempre più palloni gonfiabili per sopravvivere agli scontri frontali, nelle nostre case alveari ermeticamente chiuse all’altro, all’estraneo.
Ed invece la semplicità di quel messaggio è disarmante nella sua inconfutabile verità, nel suo invito a tornare a “toccare” la natura, a sentirla nostra, oltre che dei nostri figli.
Ponyo è la riscoperta delle piccole cose e della loro fondamentale importanza del vivere serenamente: è la dolcezza di un bicchiere di tè col miele, è il sapore del prosciutto nel panino, è assaporare l’attesa prima di un ramen bollente, è la bellezza di poter correre e sentire il vento sul viso.
L’ultima creazione di Hayao Miyazaki è una fiaba per bambini, ma una fiaba anche e soprattutto per il mondo dei “grandi” spesso troppo frenetico e stressato per accorgersi di quanto possa essere meraviglioso.
Allo stesso tempo sappiamo quanto sia difficoltoso e raro riuscire a ripetersi e a mantenere certi livelli di eccellenza precedentemente raggiunti.
Detto questo cercherò di essere il più obiettivo possibile nell’analisi dell’ultima creazione del Maestro Miyazaki , Ponyo.
Innanzi tutto è un piacere constatare come l’adattamento italiano sia finalmente a livelli consoni al livello di eccellenza del film. In più di un’occasione traspare l’attenzione e la competenza con la quale è stata realizzata. Ad esempio per chi avesse anche solo un’infarinatura di giapponese non potrebbe non notare alcune chicche a riguardo come la pronuncia di Sosuke, Sòske, o la presenza del suffisso –chan, che implica maggiore affetto tra due persone rispetto a –san.
Altra nota di merito per il doppiaggio italiano che mantiene standard qualitativi molto buoni, anche grazie alla partecipazione di elementi quali Massimo Corvo (il padre di Ponyo), voce, ad esempio, di Gendo Hikari in Evangelion.
Entrando nel merito del giudizio del film bisogna premettere che esso,come più volte dichiarato da Miyazaki, è nato e cresciuto con la finalità di riuscire a creare una storia che potesse essere compresa in toto anche, e soprattutto, da un bambino di 5 anni, la stessa età cioè dei protagonisti: Sosuke e, ovviamente, la nostra Ponyo.
Per questo motivo il film presenta una trama molto semplice e lineare. Sostanzialmente Ponyo è la storia di una ragazzina/pesce, una sorta di rivisitazione della sirenetta di Andersen, che dopo essere entrata in contatto in maniera fortuita con Sosuke, un bambino che abita in una casa su una scogliera con la madre Risa, decide di volere diventare una ragazzina a tutti gli effetti.
Grazie a dei suoi poteri innati Ponyo riesce a trasformarsi e a raggiungere Sosuke sulla terraferma, dove viene accolta con amore e gentilezza.
Nonostante le inevitabili vicissitudini che si succedono, il film non punta la propria attenzione sull’azione pura, bensì pone in primo piano le relazioni tra i protagonisti e i loro sentimenti reciproci che vengono descritti in maniera esemplare nonostante la semplicità inevitabile dei dialoghi.
La caratteristica principale di Ponyo è appunto quella di trattare temi profondi con assoluta semplicità,intento nel quale, come è ben noto, solo i grandi Maestri possono riuscire.
Quella che infatti potrebbe essere facilmente confusa come un’involuzione nel modo di trattare temi classici della poetica di Miyazaki, come il tema ambientale ad esempio, deve essere al contrario vista come la volontà di far giungere certi messaggi oltre che a tutti noi, soprattutto ad un bambino, e cioè a colui che scriverà il suo ed il nostro futuro.
Ponyo sembra trarre molti, se non tutti, gli elementi e le esperienze delle precedenti creazioni di Miyazaki per distillarne, alla stessa stregua delle pozioni magiche presenti nel film, poche gocce concentrate di saggezza, che solo l’infinita onestà intellettuale e l’innata coerenza che da sempre caratterizzano i lavori del Maestro possono dare.
I parallelismi e gli spunti che si possono notare infatti con i precedenti film non sono pochi. Ad esempio del lontano Conan si ritrova lo stesso amore innocente tra due bambini. Da Nausicaa arrivano gli echi del monito sullo sfruttamento indiscriminato della natura e la figura della Madre del Mare (Gran Mammare) richiama in maniera esplicita il Dio della Foresta della principessa Mononoke.
Ma come detto precedentemente Ponyo riesce a farci percepire quelli stessi temi con pochi accenni, con una semplice frase o semplicemente tramite il solo disegno.
E proprio il disegno rappresenta uno dei punti di forza di questo film: dopo le mirabolanti e scintillanti realizzazioni grafiche de “La città Incantata” e de “Il Castello errante di Howl”, delle vere e proprie “prove di forza” in tal senso ottenute anche grazie all’implementazione digitale, seppur ottimamente mascherate, il Dottor Hayao decide di tornare al “manuale”, realizzando un’opera in totale controtendenza, in barba a tutte le produzioni Pixar-mode del momento tese oramai a stupire a livello grafico lasciando sempre più alla banalità le sceneggiature e i dialoghi. (Sono lontani i tempi in cui Toy Story 2 veniva candidato all’oscar come migliore sceneggiatura).
Ciò che colpisce l’occhio dello spettatore fin dalle prime scene sottomarine dense di centinaia di meduse danzanti è il tratto molto più fumettistico e impreciso, quasi appunto a volersi immedesimare nel mondo infantile dei personaggi.
Sfondi indeterminati, quasi schizzati alle volte, fanno da cornice a personaggi sempre e comunque splendidamente realizzati oltre che animati in modo magistrale, come da abitudine dello Studio Ghibli.
Rimarrà per sempre indimenticabile il mare di Ponyo: un mare vivo, tanto da avere gli occhi, con le onde più blu, grosse e avvolgenti che la storia delle animazioni ricordi.
Miyazaki riesce tra l’altro a sviluppare un tema a lui da sempre congeniale, quello del volo, anche in un ambiente totalmente marino riuscendo a muovere le sue fantasiose macchine subacquee, le barche e le creature marine come se stessero “volando” dimostrando per l’ennesima volta la sua proverbiale padronanza nel rendere l’effetto della leggiadria.
In Ponyo però la natura non viene rappresentata solo in maniera idealizzata e bucolica ma, come nelle scene dello tsunami e della tempesta, si racconta anche il suo lato più violento e temibile, di fronte al quale l’uomo è impotente e inerme.
Il messaggio del rispetto della natura e della sua cura da parte dell’uomo potrà forse sembrare datato e scontato, un messaggio di cui non sappiamo che fare chiusi nei nostri uffici supertecnologici, nelle nostre auto con sempre più palloni gonfiabili per sopravvivere agli scontri frontali, nelle nostre case alveari ermeticamente chiuse all’altro, all’estraneo.
Ed invece la semplicità di quel messaggio è disarmante nella sua inconfutabile verità, nel suo invito a tornare a “toccare” la natura, a sentirla nostra, oltre che dei nostri figli.
Ponyo è la riscoperta delle piccole cose e della loro fondamentale importanza del vivere serenamente: è la dolcezza di un bicchiere di tè col miele, è il sapore del prosciutto nel panino, è assaporare l’attesa prima di un ramen bollente, è la bellezza di poter correre e sentire il vento sul viso.
L’ultima creazione di Hayao Miyazaki è una fiaba per bambini, ma una fiaba anche e soprattutto per il mondo dei “grandi” spesso troppo frenetico e stressato per accorgersi di quanto possa essere meraviglioso.
Poesia, emozioni, magia con in sottofondo il rumore del Mare.
Miyazaki sembra superarsi ogni volta, anche quando ti attendi qualcosa che non appartiene alla tua età...
Ponyo sulla Scogliera é un viaggio magnifico nel mondo interiore di un uomo che per tutta la sua vita ha sempre saputo raccontare storie incantate per tutte le generazioni.
Sin dal magistrale incipit che ci porta in fondo a un mare pieno di pesci dai mille colori e di ogni forma e razza, si presagisce che questa è un'opera preziosa.
Come bimbi ci riscopriamo a osservare lo strambo padre di Ponyo intento a dare vita a creature differenti, un po' come Miyazaki stesso con la sua arte.
Rapiti osserviamo la scena senza capire bene cosa stia succedendo e la cosa si ripeterà per tutta la durata della pellicola.
E a un tratto eccola spuntare: Ponyo la pesciolina morbida e sofficiosa.
Come non rimanere estasiati da tale visione?
Come non sperare che riesca a fuggire dalla nave dove è tenuta reclusa e come non parteggiare per lei quando rischia di essere prima pescata da una rete gigante per poi rimanere incastrata in un barattolo di vetro?
Ponyo è un film innanzitutto emozionante.
Ti rapisce letteralmente e ti strega con la sua poesia.
Sono tante le scene che ritornano alla mente dopo che la visione è terminata, tante ci scopriremo a rivedere con gioia e trepidazione una seconda ed una terza ed infinite volte.
E' difficile esprimere quello che ci comunica il cuore, ma ci accorgiamo quando questo ci parla.
A me è successo con questo film.
La colonna sonora di Hisaishi sottolinea ogni istante di quest'opera con sapienza, come a regalare quel sussulto in più a un animo già rapito.
L'animazione vive di colori vivi e tenui, quasi di dipinti in movimento che vanno dalle tinte giallo soavi della casa sulla scogliera all'impeto furente del blu scuro e nero dello tsunami e della tempesta da cui fuoriesce la gioiosa protagonista.
In Ponyo si percepisce un'invisibile mano che sa donare tranquillità anche nei momenti più concitati, una mano che trasporta personaggi e pubblico tra insidie e paure a volte infondate, figlie del terrore del diverso, del nuovo.
Questa si concretizza nella madre di Sosuke, quando arriva la tempesta che dilaga con pioggia e vento spaventosi; si trasforma nella mamma di Ponyo quando la situazione sembra ormai disperata e il mondo è stato sommerso; diviene corale quando dopo il tripudio di onde torna la calma e la gente si unisce gioiosamente per far fronte insieme alla mareggiata.
Miyazaki vuole dirci che nonostante i problemi e le insidie saranno molti nelle nostre vite, se affrontati con il giusto spirito tutto si risolverà nel migliore dei modi.
L'amicizia e l'amore sono i cardini di quest'opera come dell'esistenza di tutti noi.
Il film infatti è sicuramente stato scritto per un pubblico di giovanissimi, ma è possibile leggerlo a più livelli, profondi come il mare stesso.
Può essere semplice favola avventurosa o trasformarsi in una molteplicità di spunti relativamente alle situazioni, alle persone e al mondo tutto giapponese da cui deriva.
Fortunatamente infatti, l'adattamento italiano non ha occultato, come spesso succede, termini ed espressioni provenienti dal sol levante.
Sentire in un film al cinema il suffisso chan o udire qualcuno menzionare la favola di Urashima Taro è semplicemente splendido.
Mette in contatto la nostra cultura con quella di un popolo distante migliaia di miglia da noi.
Permette a neofiti e genitori di bambini curiosi di documentarsi (anche solo su internet) per rispondere a domande di cui non conoscono la risposta.
Ponyo serve a stimolare la curiosità per una cultura differente e millenaria ed in questo penso che risieda il valore di un doppiaggio e di un adattamento finalmente consoni ad un'opera di questa portata.
Miyazaki sembra superarsi ogni volta, anche quando ti attendi qualcosa che non appartiene alla tua età...
Ponyo sulla Scogliera é un viaggio magnifico nel mondo interiore di un uomo che per tutta la sua vita ha sempre saputo raccontare storie incantate per tutte le generazioni.
Sin dal magistrale incipit che ci porta in fondo a un mare pieno di pesci dai mille colori e di ogni forma e razza, si presagisce che questa è un'opera preziosa.
Come bimbi ci riscopriamo a osservare lo strambo padre di Ponyo intento a dare vita a creature differenti, un po' come Miyazaki stesso con la sua arte.
Rapiti osserviamo la scena senza capire bene cosa stia succedendo e la cosa si ripeterà per tutta la durata della pellicola.
E a un tratto eccola spuntare: Ponyo la pesciolina morbida e sofficiosa.
Come non rimanere estasiati da tale visione?
Come non sperare che riesca a fuggire dalla nave dove è tenuta reclusa e come non parteggiare per lei quando rischia di essere prima pescata da una rete gigante per poi rimanere incastrata in un barattolo di vetro?
Ponyo è un film innanzitutto emozionante.
Ti rapisce letteralmente e ti strega con la sua poesia.
Sono tante le scene che ritornano alla mente dopo che la visione è terminata, tante ci scopriremo a rivedere con gioia e trepidazione una seconda ed una terza ed infinite volte.
E' difficile esprimere quello che ci comunica il cuore, ma ci accorgiamo quando questo ci parla.
A me è successo con questo film.
La colonna sonora di Hisaishi sottolinea ogni istante di quest'opera con sapienza, come a regalare quel sussulto in più a un animo già rapito.
L'animazione vive di colori vivi e tenui, quasi di dipinti in movimento che vanno dalle tinte giallo soavi della casa sulla scogliera all'impeto furente del blu scuro e nero dello tsunami e della tempesta da cui fuoriesce la gioiosa protagonista.
In Ponyo si percepisce un'invisibile mano che sa donare tranquillità anche nei momenti più concitati, una mano che trasporta personaggi e pubblico tra insidie e paure a volte infondate, figlie del terrore del diverso, del nuovo.
Questa si concretizza nella madre di Sosuke, quando arriva la tempesta che dilaga con pioggia e vento spaventosi; si trasforma nella mamma di Ponyo quando la situazione sembra ormai disperata e il mondo è stato sommerso; diviene corale quando dopo il tripudio di onde torna la calma e la gente si unisce gioiosamente per far fronte insieme alla mareggiata.
Miyazaki vuole dirci che nonostante i problemi e le insidie saranno molti nelle nostre vite, se affrontati con il giusto spirito tutto si risolverà nel migliore dei modi.
L'amicizia e l'amore sono i cardini di quest'opera come dell'esistenza di tutti noi.
Il film infatti è sicuramente stato scritto per un pubblico di giovanissimi, ma è possibile leggerlo a più livelli, profondi come il mare stesso.
Può essere semplice favola avventurosa o trasformarsi in una molteplicità di spunti relativamente alle situazioni, alle persone e al mondo tutto giapponese da cui deriva.
Fortunatamente infatti, l'adattamento italiano non ha occultato, come spesso succede, termini ed espressioni provenienti dal sol levante.
Sentire in un film al cinema il suffisso chan o udire qualcuno menzionare la favola di Urashima Taro è semplicemente splendido.
Mette in contatto la nostra cultura con quella di un popolo distante migliaia di miglia da noi.
Permette a neofiti e genitori di bambini curiosi di documentarsi (anche solo su internet) per rispondere a domande di cui non conoscono la risposta.
Ponyo serve a stimolare la curiosità per una cultura differente e millenaria ed in questo penso che risieda il valore di un doppiaggio e di un adattamento finalmente consoni ad un'opera di questa portata.
Ponyo sulla scogliera è l'ennesimo capolavoro con cui Miyazaki è riuscito nuovamente a superarsi.
L'aspetto tecnico del film è di altissimo livello.
L'animazione è eccezionale.
Disegnato a mano, colorato con tonalità pastello e ad acquerello, il film avvolge lo spettatore in atmosfere calde e tenui, trasportandolo in un immaginario da favola.
Il mare è il protagonista indiscusso, la sua forza i suoi colori, la sua bellezza e la sua natura indomabile, vengono descritti con accurata sensibilità.
Non solo i suoi abitanti, ma grazie ad immagini come le onde che prendono forma vivente, comprendiamo che il mare possiede un'anima, questo il messaggio di uno dei più grandi animatori del sol levante. Un'anima pacifica ma piena di vigore, in grado non di distruggere, ma di far sognare. Non a caso, quando il mondo marino invade quello terrestre, da parte del protagonista bambino, Sosuke, non c'è alcun timore, nuotare tra pesci preistorici, sembra la cosa più naturale del mondo. Miyazaki tende sempre a mostrare la natura pacifica, al contrario vede l'uomo che propende alla distruzione. Una nota ambientalista sempre presente, il tema è ormai caro al regista, ma ciò che prepotentemente viene fuori da questo splendido film, è la tenerezza, i sentimenti puri ed incondizionati dei bambini, capaci, di capire da soli, quali cose siano realmente fondamentali.
I bambini non si soffermano all'apparenza, piuttosto vivono le sensazioni che ognuno riesce a trasmettere all'altro.
Ponyo è una pesciolina che sogna di vivere sulla terraferma. Scappa dalle "grinfie" di un padre oppressivo, riuscendo a raggiungere la tanto sospirata terra.
Scoprendo il mondo degli umani, grazie al suo incontro con il dolce Sosuke, pian piano si innamora di entrambi. Un amore genuino, allegro.
Senza alcun timore verso l'ignoto, la protagonista vive questa esperienza con tutta la curiosità e l'impazienza di cui sono capaci i bambini. Attraverso i suoi occhi, Miyazaki ci mostra i valori che arricchiscono realmente la vita degli individui, ci dice che per essere felici bisogna vivere la semplicità dei sentimenti più genuini. Certo potrebbe sembrare una banalità, ma la pace che si prova vedendo questo film lo smentisce. La tenerezza che infonde nel cuore, emoziona lo spettatore e lo trascina con forza nel mondo che tutti, infondo al proprio animo, sognano.
I personaggi, soprattutto quelli della terraferma, sono molto realistici, non a caso sembrerebbe che il regista si sia ispirato alla sua famiglia nel descriverli. Il padre di Sosuke, Capitano di un'imbarcazione, è sempre assente perchè immerso nel suo lavoro (Miyazaki e lo studio Ghibli) scatenando piccole liti con la moglie che invece, sempre presente, lo attende a casa preparando una cena che non mangerà (la moglie del regista si è infatti sempre lamentata dello stacanovismo di Miyazaki). Il marinaio, anche da lontano riesce comunque a dimostrare il suo affetto, attraverso il suo lavoro, alla famiglia (Non vi ricorda qualcosa?). Il bambino è ispirato al figlio del regista, quando aveva 5 anni. Un'anziana e burbera signora invece, sembrerebbe essere un omaggio alla madre di Miyazaki.
Le figure femminili mettono in luce la potenza della maternità, da cui attingono grande energia e forza d'animo, ma anche la sensibilità per comprendere i propri figli, appoggiandoli e sostenendoli nella scoperta della vita.
L'arrivo di Ponyo scatenerà eventi pericolosi per l'incolumità della terra, il compito di salvarla allora spetterà al giovane Sosuke. Il piccolo protagonista maschile ci dimostrerà che non bisogna temere il diverso, e che le persone vanno accettate per ciò che sono, senza badare alle differenze.
La colonna sonora è assolutamente meravigliosa, una vera perla! Il maestro Joe Hisaishi, riesce a scandire i temi del film con un forte impatto, accompagnandolo nel viaggio attraverso le profondità del mare e le stradine della cittadina. Bravissimo!
Un plauso alle traduzioni ed all'adattamento, nonchè al doppiaggio. Cannarsi è riuscito a ricreare perfettamente, non solo le caratteristiche vocali dei personaggi, somigliantissime alle originali jappo, ma anche la filosofia e la cultura giapponese che risiede nel linguaggio, senza appesantire i dialoghi. In una eccellente fluidità, lo spettatore può godersi tutto il sapore della cultura nipponica, non solo attraverso le splendide immagini, ma anche grazie al mistero delle parole.
Il film è sicuramente rivolto maggiormente ai bambini, infatti i messaggi sono molto espliciti e leggibili. Miyazaki mette da parte lo stile filosofeggiante, sostituendolo del tutto con la poesia.
Come un pittore, il regista, attraverso la tavolozza dei colori, pennella, con grande intensità, una vasta gamma di emozioni e sentimenti, commuovendo, con tutta la forza della poesia, l'animo dello spettatore.
Magico, splendido!
Assolutamente imperdibile.
L'aspetto tecnico del film è di altissimo livello.
L'animazione è eccezionale.
Disegnato a mano, colorato con tonalità pastello e ad acquerello, il film avvolge lo spettatore in atmosfere calde e tenui, trasportandolo in un immaginario da favola.
Il mare è il protagonista indiscusso, la sua forza i suoi colori, la sua bellezza e la sua natura indomabile, vengono descritti con accurata sensibilità.
Non solo i suoi abitanti, ma grazie ad immagini come le onde che prendono forma vivente, comprendiamo che il mare possiede un'anima, questo il messaggio di uno dei più grandi animatori del sol levante. Un'anima pacifica ma piena di vigore, in grado non di distruggere, ma di far sognare. Non a caso, quando il mondo marino invade quello terrestre, da parte del protagonista bambino, Sosuke, non c'è alcun timore, nuotare tra pesci preistorici, sembra la cosa più naturale del mondo. Miyazaki tende sempre a mostrare la natura pacifica, al contrario vede l'uomo che propende alla distruzione. Una nota ambientalista sempre presente, il tema è ormai caro al regista, ma ciò che prepotentemente viene fuori da questo splendido film, è la tenerezza, i sentimenti puri ed incondizionati dei bambini, capaci, di capire da soli, quali cose siano realmente fondamentali.
I bambini non si soffermano all'apparenza, piuttosto vivono le sensazioni che ognuno riesce a trasmettere all'altro.
Ponyo è una pesciolina che sogna di vivere sulla terraferma. Scappa dalle "grinfie" di un padre oppressivo, riuscendo a raggiungere la tanto sospirata terra.
Scoprendo il mondo degli umani, grazie al suo incontro con il dolce Sosuke, pian piano si innamora di entrambi. Un amore genuino, allegro.
Senza alcun timore verso l'ignoto, la protagonista vive questa esperienza con tutta la curiosità e l'impazienza di cui sono capaci i bambini. Attraverso i suoi occhi, Miyazaki ci mostra i valori che arricchiscono realmente la vita degli individui, ci dice che per essere felici bisogna vivere la semplicità dei sentimenti più genuini. Certo potrebbe sembrare una banalità, ma la pace che si prova vedendo questo film lo smentisce. La tenerezza che infonde nel cuore, emoziona lo spettatore e lo trascina con forza nel mondo che tutti, infondo al proprio animo, sognano.
I personaggi, soprattutto quelli della terraferma, sono molto realistici, non a caso sembrerebbe che il regista si sia ispirato alla sua famiglia nel descriverli. Il padre di Sosuke, Capitano di un'imbarcazione, è sempre assente perchè immerso nel suo lavoro (Miyazaki e lo studio Ghibli) scatenando piccole liti con la moglie che invece, sempre presente, lo attende a casa preparando una cena che non mangerà (la moglie del regista si è infatti sempre lamentata dello stacanovismo di Miyazaki). Il marinaio, anche da lontano riesce comunque a dimostrare il suo affetto, attraverso il suo lavoro, alla famiglia (Non vi ricorda qualcosa?). Il bambino è ispirato al figlio del regista, quando aveva 5 anni. Un'anziana e burbera signora invece, sembrerebbe essere un omaggio alla madre di Miyazaki.
Le figure femminili mettono in luce la potenza della maternità, da cui attingono grande energia e forza d'animo, ma anche la sensibilità per comprendere i propri figli, appoggiandoli e sostenendoli nella scoperta della vita.
L'arrivo di Ponyo scatenerà eventi pericolosi per l'incolumità della terra, il compito di salvarla allora spetterà al giovane Sosuke. Il piccolo protagonista maschile ci dimostrerà che non bisogna temere il diverso, e che le persone vanno accettate per ciò che sono, senza badare alle differenze.
La colonna sonora è assolutamente meravigliosa, una vera perla! Il maestro Joe Hisaishi, riesce a scandire i temi del film con un forte impatto, accompagnandolo nel viaggio attraverso le profondità del mare e le stradine della cittadina. Bravissimo!
Un plauso alle traduzioni ed all'adattamento, nonchè al doppiaggio. Cannarsi è riuscito a ricreare perfettamente, non solo le caratteristiche vocali dei personaggi, somigliantissime alle originali jappo, ma anche la filosofia e la cultura giapponese che risiede nel linguaggio, senza appesantire i dialoghi. In una eccellente fluidità, lo spettatore può godersi tutto il sapore della cultura nipponica, non solo attraverso le splendide immagini, ma anche grazie al mistero delle parole.
Il film è sicuramente rivolto maggiormente ai bambini, infatti i messaggi sono molto espliciti e leggibili. Miyazaki mette da parte lo stile filosofeggiante, sostituendolo del tutto con la poesia.
Come un pittore, il regista, attraverso la tavolozza dei colori, pennella, con grande intensità, una vasta gamma di emozioni e sentimenti, commuovendo, con tutta la forza della poesia, l'animo dello spettatore.
Magico, splendido!
Assolutamente imperdibile.
Come sempre, quando mi trovo davanti ad un film di Miyazaki non riesco più a staccarci gli occhi e il cuore di dosso: anche Ponyo Sulla Scogliera mi ha suscitato questa sensazione, e tornerei al cinema a rivederlo anche subito.
L'opinione mi è comunque stata confermata dai bambini che sedevano nelle poltrone accanto alle mie... da quando è iniziato il film, nessuno di loro ha più aperto bocca fino alla fine (se non per chiedere "papà, cos'è uno tsunami?". Propongo di far visionare Ponyo alle scuole elementari per trarne spunti didattici, non mancano di sicuro!), completamente rapito dal film.
La trama è una rivisitazione Miyazakiana della fiaba della Sirenetta di Andersen... una storia semplice ma non banale (e più strutturata di Totoro) che riesce senza dubbio ad accontentare grandi e piccini: ci sono diversi spunti che vengono abbozzati velocemente, senza tanto spazio per approfondimenti (ad esempio quello dell'inquinamento dei mari), ma ritengo che non sia tanto una pecca di Miyazaki quanto una sua precisa scelta. Il fatto che suddette scene siano appena delineate non esclude che risultino comunque di grande effetto, e infatti mi hanno colpita profondamente e danno la possibilità di rifletterci in seguito, evitando di distogliere lo sguardo dal film e dalla trama principale.
L'inizio del film, con uno sguardo dettagliato alle profondità marine, lascia senza fiato; quando poi la storia prosegue, non c'è stato un attimo in cui mi sia chiesta "a che punto siamo del film", perché non mi interessava... la storia avrebbe potuto dipanarsi per ore, al posto dei 100 minuti, e comunque non me ne sarei accorta perché totalmente presa dalla visione. Ogni scena riempie di stupore per la tenerezza e la semplicità con cui viene raccontato l'amore... quello puro e incondizionato dei bambini, quello sfacciato e talvolta "incasinato" degli adulti, e infine quello un po' burbero, ma affettuoso, degli anziani.
I disegni sono un passo indietro rispetto alle ultime opere di Miyazaki, ma anche questo non fa che aggiungere un tono delicato e più fiabesco alla storia... i fondali disegnati a mano sono di una bellezza strepitosa, adorabili °_°!
I personaggi sono tutti ben fatti... partendo da Fujimoto e da Gran Mammare, stupendi pur nel loro ruolo piuttosto marginale; è un po' un peccato perché il non-detto affascina ed incuriosisce, e sarebbe stato bello saperne di più su entrambi ma, di nuovo, ciò non avrebbe che contribuito ad allontanare il focus della storia da Ponyo e da Sosuke, quindi si tratta di una scelta ragionevole, a ben vedere. E poi Ponyo e Sosuke: la prima è semplicemente adorabile... una pesciolina umana che ama la vita, che vuol vedere il mondo, a cui si illuminano gli occhi per ogni nuova cosa che Sosuke le insegna e le fa scoprire... le scene a casa di Sosuke sono tra quelle che in assoluto ho preferito, perché mostrano una quotidianità (il tè, il ramen, il pisolino) apparentemente banale, ma sbalorditiva, agli occhi di Ponyo, e agli occhi dello spettatore che si immedesima immediatamente nella situazione ^_^!
Ponyo è stupenda in tutte le versioni, da pesce a umana, a "gallina" (come è stata ribattezzata dal bambino che era seduto di fianco a me :p), è davvero il cuore del film; e Sosuke, con i suoi maturi 5 anni, si nota come il bambino che compie un gesto impulsivo, quello di salvare un pesce, e che poi mette tutto sé stesso per mantenere fede alla parola data, e ricevuta (è decisamente un esempio da cui i bambini di oggi dovrebbero imparare °_°).
Sono poi rimasta esterrefatta dall'adattamento, che ritengo in assoluto il migliore di tutti i film di Miyazaki finora realizzato! la perfetta caratterizzazione di tutte le voci, la corretta pronuncia di tutti i nomi ("Sòske" in testa), e infine il suffisso "-chan" che, da profonda amante della lingua giapponese mi ha letteralmente sciolto in due quando l'ho sentito ^_^! ritengo in particolare quest'ultimo molto significativo: è un termine che gli appassionati del Giappone (come me) vedono come chiaro segnale dell'amore profondo per l'adattamento che sia il più fedele possibile. Inoltre per l'uso che ne viene fatto penso che anche coloro che non conoscano questo vezzeggiativo riescano comunque a comprendere che si tratta di un termine affettuoso, e che non svilisce nè rende meno ben fatta la contestualizzazione.
Mi ha lasciato un po' perplessa solo il fatto che Sosuke non chiami Risa 'mamma', ma dopo un po' mi sono convinta che anche questo sia un segnale della vicinanza all'originale giapponese, e credo che nessuno possa dire di non aver capito il film soltanto per questo particolare (anche perché poi ad un certo punto appare lampante che Sosuke è il figlio).
Infine, un'ulteriore nota su cui voglio soffermarmi è l'uso della terza persona da parte di Ponyo: in Giappone è una pratica comune quella di parlare riferendosi a sè stessi in terza persona, soprattutto da parte di bambini e ragazzine adolescenti. Nel mantenere questa caratteristica l'adattamento italiano ha fatto, a mio avviso, un balzo di qualità spaventoso rispetto a lavori precedenti: perché Ponyo risulta davvero bambina, molto più di Sosuke, grazie a questo 'espediente', espediente che come ho già detto presumo (non ho visto l'originale giapponese di Ponyo, quindi non posso confermare questa mia ipotesi) che derivi dal corrispettivo giapponese . Come non ricordare il "A Ponyo piace il prosciutto" e "A Ponyo piace Sosuke"? appunto, è impossibile . E teniamo a mente soprattutto che Ponyo è ambientato in Giappone, da cui ne consegue che tali scelte non sono, come possono pensare alcuni, dettate dalla mancanza di contestualizzazione, ma dall'esatto contrario... come si vede il ramen, si sente pure la giapponesità nel linguaggio, e ci mancherebbe altro! è il toglierla che renderebbe il film meno calato nella realtà!
Le musiche sono splendide come ci si aspetterebbe dal genio di Joe Hisaishi (come avremmo fatto se non avesse scritto lui le colonne sonore dei film di Miyazaki °_°?), che ancora una volta conferma di aver centrato perfettamente i temi del film...su tutte spicca, per forza di cose, la canzone finale di Ponyo. E' stata tradotta in italiano in maniera eccellente, dal momento che è genuinamente accattivante proprio come la controparte originale giapponese :D
In sintesi: Ponyo non offre una visione impegnativa come 'La Città Incantata' 'Principessa Mononoke' o 'Il castello errante di Howl', ma non per questo va sminuito. Dal punto di vista tecnico me ne intendo poco, ma da quello emotivo so cosa ho visto e quindi...Andate a vederlo col cuore in pace, sapendo che Miyazaki è stato capace ancora una volta di creare un ottimo lavoro, ancora diverso dai precedenti, ma altrettanto bello. Miyazaki vi saprà stupire anche questa volta, in qualche modo, fidatevi ;)
Voto 10 per l'amore con cui è stato curato il film, sia nella versione originale sia per l'adattamento italiano, e per le sensazioni che ho ricevuto: mi portano a pensare che se davvero tutti gli abitanti della Terra potessero andare a vedere questo film per poi uscire dal cinema con il cuore entusiasta e felice che ha Ponyo, questo mondo sarebbe sicuramente più sereno.
L'opinione mi è comunque stata confermata dai bambini che sedevano nelle poltrone accanto alle mie... da quando è iniziato il film, nessuno di loro ha più aperto bocca fino alla fine (se non per chiedere "papà, cos'è uno tsunami?". Propongo di far visionare Ponyo alle scuole elementari per trarne spunti didattici, non mancano di sicuro!), completamente rapito dal film.
La trama è una rivisitazione Miyazakiana della fiaba della Sirenetta di Andersen... una storia semplice ma non banale (e più strutturata di Totoro) che riesce senza dubbio ad accontentare grandi e piccini: ci sono diversi spunti che vengono abbozzati velocemente, senza tanto spazio per approfondimenti (ad esempio quello dell'inquinamento dei mari), ma ritengo che non sia tanto una pecca di Miyazaki quanto una sua precisa scelta. Il fatto che suddette scene siano appena delineate non esclude che risultino comunque di grande effetto, e infatti mi hanno colpita profondamente e danno la possibilità di rifletterci in seguito, evitando di distogliere lo sguardo dal film e dalla trama principale.
L'inizio del film, con uno sguardo dettagliato alle profondità marine, lascia senza fiato; quando poi la storia prosegue, non c'è stato un attimo in cui mi sia chiesta "a che punto siamo del film", perché non mi interessava... la storia avrebbe potuto dipanarsi per ore, al posto dei 100 minuti, e comunque non me ne sarei accorta perché totalmente presa dalla visione. Ogni scena riempie di stupore per la tenerezza e la semplicità con cui viene raccontato l'amore... quello puro e incondizionato dei bambini, quello sfacciato e talvolta "incasinato" degli adulti, e infine quello un po' burbero, ma affettuoso, degli anziani.
I disegni sono un passo indietro rispetto alle ultime opere di Miyazaki, ma anche questo non fa che aggiungere un tono delicato e più fiabesco alla storia... i fondali disegnati a mano sono di una bellezza strepitosa, adorabili °_°!
I personaggi sono tutti ben fatti... partendo da Fujimoto e da Gran Mammare, stupendi pur nel loro ruolo piuttosto marginale; è un po' un peccato perché il non-detto affascina ed incuriosisce, e sarebbe stato bello saperne di più su entrambi ma, di nuovo, ciò non avrebbe che contribuito ad allontanare il focus della storia da Ponyo e da Sosuke, quindi si tratta di una scelta ragionevole, a ben vedere. E poi Ponyo e Sosuke: la prima è semplicemente adorabile... una pesciolina umana che ama la vita, che vuol vedere il mondo, a cui si illuminano gli occhi per ogni nuova cosa che Sosuke le insegna e le fa scoprire... le scene a casa di Sosuke sono tra quelle che in assoluto ho preferito, perché mostrano una quotidianità (il tè, il ramen, il pisolino) apparentemente banale, ma sbalorditiva, agli occhi di Ponyo, e agli occhi dello spettatore che si immedesima immediatamente nella situazione ^_^!
Ponyo è stupenda in tutte le versioni, da pesce a umana, a "gallina" (come è stata ribattezzata dal bambino che era seduto di fianco a me :p), è davvero il cuore del film; e Sosuke, con i suoi maturi 5 anni, si nota come il bambino che compie un gesto impulsivo, quello di salvare un pesce, e che poi mette tutto sé stesso per mantenere fede alla parola data, e ricevuta (è decisamente un esempio da cui i bambini di oggi dovrebbero imparare °_°).
Sono poi rimasta esterrefatta dall'adattamento, che ritengo in assoluto il migliore di tutti i film di Miyazaki finora realizzato! la perfetta caratterizzazione di tutte le voci, la corretta pronuncia di tutti i nomi ("Sòske" in testa), e infine il suffisso "-chan" che, da profonda amante della lingua giapponese mi ha letteralmente sciolto in due quando l'ho sentito ^_^! ritengo in particolare quest'ultimo molto significativo: è un termine che gli appassionati del Giappone (come me) vedono come chiaro segnale dell'amore profondo per l'adattamento che sia il più fedele possibile. Inoltre per l'uso che ne viene fatto penso che anche coloro che non conoscano questo vezzeggiativo riescano comunque a comprendere che si tratta di un termine affettuoso, e che non svilisce nè rende meno ben fatta la contestualizzazione.
Mi ha lasciato un po' perplessa solo il fatto che Sosuke non chiami Risa 'mamma', ma dopo un po' mi sono convinta che anche questo sia un segnale della vicinanza all'originale giapponese, e credo che nessuno possa dire di non aver capito il film soltanto per questo particolare (anche perché poi ad un certo punto appare lampante che Sosuke è il figlio).
Infine, un'ulteriore nota su cui voglio soffermarmi è l'uso della terza persona da parte di Ponyo: in Giappone è una pratica comune quella di parlare riferendosi a sè stessi in terza persona, soprattutto da parte di bambini e ragazzine adolescenti. Nel mantenere questa caratteristica l'adattamento italiano ha fatto, a mio avviso, un balzo di qualità spaventoso rispetto a lavori precedenti: perché Ponyo risulta davvero bambina, molto più di Sosuke, grazie a questo 'espediente', espediente che come ho già detto presumo (non ho visto l'originale giapponese di Ponyo, quindi non posso confermare questa mia ipotesi) che derivi dal corrispettivo giapponese . Come non ricordare il "A Ponyo piace il prosciutto" e "A Ponyo piace Sosuke"? appunto, è impossibile . E teniamo a mente soprattutto che Ponyo è ambientato in Giappone, da cui ne consegue che tali scelte non sono, come possono pensare alcuni, dettate dalla mancanza di contestualizzazione, ma dall'esatto contrario... come si vede il ramen, si sente pure la giapponesità nel linguaggio, e ci mancherebbe altro! è il toglierla che renderebbe il film meno calato nella realtà!
Le musiche sono splendide come ci si aspetterebbe dal genio di Joe Hisaishi (come avremmo fatto se non avesse scritto lui le colonne sonore dei film di Miyazaki °_°?), che ancora una volta conferma di aver centrato perfettamente i temi del film...su tutte spicca, per forza di cose, la canzone finale di Ponyo. E' stata tradotta in italiano in maniera eccellente, dal momento che è genuinamente accattivante proprio come la controparte originale giapponese :D
In sintesi: Ponyo non offre una visione impegnativa come 'La Città Incantata' 'Principessa Mononoke' o 'Il castello errante di Howl', ma non per questo va sminuito. Dal punto di vista tecnico me ne intendo poco, ma da quello emotivo so cosa ho visto e quindi...Andate a vederlo col cuore in pace, sapendo che Miyazaki è stato capace ancora una volta di creare un ottimo lavoro, ancora diverso dai precedenti, ma altrettanto bello. Miyazaki vi saprà stupire anche questa volta, in qualche modo, fidatevi ;)
Voto 10 per l'amore con cui è stato curato il film, sia nella versione originale sia per l'adattamento italiano, e per le sensazioni che ho ricevuto: mi portano a pensare che se davvero tutti gli abitanti della Terra potessero andare a vedere questo film per poi uscire dal cinema con il cuore entusiasta e felice che ha Ponyo, questo mondo sarebbe sicuramente più sereno.
Un caleidoscopio di colori e magia, ecco cos'è Ponyo sulla Scogliera. Ponyo, un piccolo e tenero pesciolino rosso con il viso da bambina, fugge dalle profondità marine e dall'oppressione del mago Fujimoto, suo padre, per giungere in superficie. Qui incontrerà Sosuke, un bambino di 5 anni dal quale nascerà un profondissimo legame di amicizia e amore...
Questa ennesima fatica del maestro Miyazaki si presenta già nei primi momenti iniziali come un’opera totalmente dedicata al mondo dell'infanzia, alla sua semplicità, alla sua innocenza, alla sua purezza. Tutto del film è visto attraverso gli occhi attenti di un bambino, sensibili a tutte le piccolezze di cui gli adulti ormai non si accorgono nemmeno; il cosiddetto "fanciullino" pascoliano è il vero narratore della vicenda. Anche i sentimenti dei due bambini protagonisti (Sosuke e la piccola Ponyo trasformata) sono semplici e indifferenti a tutto l'odio che caratterizza il mondo umano, odio che si ripercuote sulla natura, devastata dalla testardaggine e stupidità degli uomini (si noti l’inquinamento dei fondali). L'alluvione causata da Ponyo infatti non è nient'altro che un’ondata di rinnovamento nel paesaggio eccessivamente antropizzato dall'uomo, risposta secca e brutale di una natura che da sempre ci attornia e ci nutre, nonostante la nostra scarsa riconoscenza. La scelta di Sosuke di accettare e amare Ponyo (emblema dell'identità naturale) per quella che è e per ciò che rappresenta, non è nient'altro che il coraggioso testamento dell'autore Miyazaki, un messaggio di speranza per una pacifica convivenza fra uomo e natura.
Ruolo fondamentale nella storia infatti è rivestito proprio da questo rapporto: i colori pastellosi e vivamente accesi contribuiscono alla rappresentazione in tutto e per tutto della natura che ci circonda per come ci appare realmente, visione disincantata e estatica di un mondo ricreato in ogni sua minima forma, dai giochi di luce sull’acqua ai tenui raggi solari che trapelano dalle fronde degli alberi. Anche la musica è volta a coinvolgere lo spettatore e a investirlo totalmente facendolo immergere nella stessa ambientazione che circonda i personaggi, e nessun altro compositore se non Joe Hisaishi sarebbe stato capace di fare altrettanto dopo averci già emozionato in tutte le altre opere del maestro.
Unica pecca forse di tutto il film è l’estrema semplicità della trama, giustificabile però con l’intento di Miyazaki di ritornare a produrre un film dedicato ai bambini, sia ai bambini di oggi ma anche ai bambini di ieri che, proprio grazie alla semplice impalcatura dell’intreccio narrativo, possono ritornare a riflettere, a commuoversi e a sognare.
Non aggiungo nient’altro se non il consiglio caldissimo di visionare il film e farsi catturare dalla tenerezza di Ponyo, dalla risolutezza di Sosuke e dalle splendide atmosfere magicamente caratterizzate dal maestro.
Questa ennesima fatica del maestro Miyazaki si presenta già nei primi momenti iniziali come un’opera totalmente dedicata al mondo dell'infanzia, alla sua semplicità, alla sua innocenza, alla sua purezza. Tutto del film è visto attraverso gli occhi attenti di un bambino, sensibili a tutte le piccolezze di cui gli adulti ormai non si accorgono nemmeno; il cosiddetto "fanciullino" pascoliano è il vero narratore della vicenda. Anche i sentimenti dei due bambini protagonisti (Sosuke e la piccola Ponyo trasformata) sono semplici e indifferenti a tutto l'odio che caratterizza il mondo umano, odio che si ripercuote sulla natura, devastata dalla testardaggine e stupidità degli uomini (si noti l’inquinamento dei fondali). L'alluvione causata da Ponyo infatti non è nient'altro che un’ondata di rinnovamento nel paesaggio eccessivamente antropizzato dall'uomo, risposta secca e brutale di una natura che da sempre ci attornia e ci nutre, nonostante la nostra scarsa riconoscenza. La scelta di Sosuke di accettare e amare Ponyo (emblema dell'identità naturale) per quella che è e per ciò che rappresenta, non è nient'altro che il coraggioso testamento dell'autore Miyazaki, un messaggio di speranza per una pacifica convivenza fra uomo e natura.
Ruolo fondamentale nella storia infatti è rivestito proprio da questo rapporto: i colori pastellosi e vivamente accesi contribuiscono alla rappresentazione in tutto e per tutto della natura che ci circonda per come ci appare realmente, visione disincantata e estatica di un mondo ricreato in ogni sua minima forma, dai giochi di luce sull’acqua ai tenui raggi solari che trapelano dalle fronde degli alberi. Anche la musica è volta a coinvolgere lo spettatore e a investirlo totalmente facendolo immergere nella stessa ambientazione che circonda i personaggi, e nessun altro compositore se non Joe Hisaishi sarebbe stato capace di fare altrettanto dopo averci già emozionato in tutte le altre opere del maestro.
Unica pecca forse di tutto il film è l’estrema semplicità della trama, giustificabile però con l’intento di Miyazaki di ritornare a produrre un film dedicato ai bambini, sia ai bambini di oggi ma anche ai bambini di ieri che, proprio grazie alla semplice impalcatura dell’intreccio narrativo, possono ritornare a riflettere, a commuoversi e a sognare.
Non aggiungo nient’altro se non il consiglio caldissimo di visionare il film e farsi catturare dalla tenerezza di Ponyo, dalla risolutezza di Sosuke e dalle splendide atmosfere magicamente caratterizzate dal maestro.
Sosuke è un bambino di 5 anni, un giorno giocando in riva al mare vede un buffo pesciolino che è rimasto intrappolato in un barattolo di vetro. Aiutandosi con un sasso rompe il vasetto e libera il pesce, ma nel farlo si taglia lievemente ad un dito. Il bimbo corre a casa temendo che la creaturina sia morta. Mentre cambia l'acqua del secchiello in cui lo ha trasportato, il pesce si riprende e gli lecca la ferita che sparisce all'istante. Sosuke è contentissimo che sia vivo inizia a giocarci e lo chiama Ponyo e i due diventano immediatamente amici inseparabili. Ma nel destino è scritto che dovrà dividersene e oscuri presagi aleggiano già sulla loro amicizia. Sosuke va all'asilo ed è costretto a lasciare Ponyo nascosto fuori in un cespuglio nel suo secchiello...
Sulla storia non dirò altro perchè vederla dipanarsi sotto i vostri occhi è un piacere di cui non voglio privarvi.
Oltre ad un connubio audio visivo di prima categoria:che sfoggia una colonna sonora in musica classica, con brani che esaltano la situazione tra cui due dei quali richiamano la cavalcata delle valchirie e il tema de "lo squalo".
Oltre all'animazione classica dello studio Ghibli ci sono scene a dir poco brulicanti per numero di creature coinvolte ma senza neanche l'ombra di computer grafica, dai colori caldi e vivi ma mai accecanti. Oltre a tutto questo siamo di fronte a un Anime con un cuore.
I bambini sono ben caratterizzati e le emozioni che provano traspaiono limpide sullo schermo, cosi come il modo vivace e spontaneo sia nei gesti quotidiani che nel giocare o nell'esprimere affetto, meraviglia, gioia, paura, tristezza,curiosità; sono rappresentatati talmente, bene da renderli veramente vivi. E lo stesso vale per come Sosuke si rapporta con gli anziani trattati con premuroso rispetto ma non distacco, anche se una in particolare è un po' scontrosa... in fondo si sa che sono tutti un po bambini.
Miyazaki non perde occasione per esaltare il tema probabilmente a lui più caro: il rispetto della natura. Ogni qualvolta che mostra il mare umano ne sottolinea l'inquinamento, i fondali vengono scorticati senza pietà da reti di pesca a strascico e sono zeppi di immondizia, quando Sosuke si trova su uno scoglio a ridosso di dove passa una strada per auto, non mancano lattine e cartacce, e a rendere la scena, volutamente più angusta ci sono dozzine di piccoli crostacei simili a trilobiti che scappano via sciamando. Al contrario ogni ripresa che contiene aree verdi è gradevole e luminosa, e anche se nel contesto non dovrebbe esserlo, vedere le terre rimaste sommerse, da un senso di completamento alla scena nonché di magica e naturale bellezza.
La natura viene dipinta sempre da amica e mai ostile. Il messaggio veicolato è di comunione e rispetto, ne sono un esempio le imbarcazioni di soccorso dei volontari che sono rigorosamente a remi. Il doppiaggio italiano è ottimo sia per recitazione che per scelta delle voci e l'anime non sembra essere stato neanche adattato, i vecchietti chiameranno il bimbo usando il suffisso "chan" e tutti i nomi sono rimasti originali. Ma dato che è una storia ambientata in Giappone questo non ne appesantisce affatto la visione. Vedendolo, se come me, siete fan di Miyazaki, troverete somiglianze con molti dei suoi lavori: il tunnel della Città Incantata, le creature magiche del Castello Errante di Howl l'animazione plastica di Conan e anche scene di guida degne del Castello di Cagliostro
Un altro capolavoro del maestro reso degnamente anche nei nostri cinema, una storia magica e affascinante che vi farà anche ridere, che sa parlare direttamente a tutti i bambini e anche a chi ne conserva ancora il cuore.
Sulla storia non dirò altro perchè vederla dipanarsi sotto i vostri occhi è un piacere di cui non voglio privarvi.
Oltre ad un connubio audio visivo di prima categoria:che sfoggia una colonna sonora in musica classica, con brani che esaltano la situazione tra cui due dei quali richiamano la cavalcata delle valchirie e il tema de "lo squalo".
Oltre all'animazione classica dello studio Ghibli ci sono scene a dir poco brulicanti per numero di creature coinvolte ma senza neanche l'ombra di computer grafica, dai colori caldi e vivi ma mai accecanti. Oltre a tutto questo siamo di fronte a un Anime con un cuore.
I bambini sono ben caratterizzati e le emozioni che provano traspaiono limpide sullo schermo, cosi come il modo vivace e spontaneo sia nei gesti quotidiani che nel giocare o nell'esprimere affetto, meraviglia, gioia, paura, tristezza,curiosità; sono rappresentatati talmente, bene da renderli veramente vivi. E lo stesso vale per come Sosuke si rapporta con gli anziani trattati con premuroso rispetto ma non distacco, anche se una in particolare è un po' scontrosa... in fondo si sa che sono tutti un po bambini.
Miyazaki non perde occasione per esaltare il tema probabilmente a lui più caro: il rispetto della natura. Ogni qualvolta che mostra il mare umano ne sottolinea l'inquinamento, i fondali vengono scorticati senza pietà da reti di pesca a strascico e sono zeppi di immondizia, quando Sosuke si trova su uno scoglio a ridosso di dove passa una strada per auto, non mancano lattine e cartacce, e a rendere la scena, volutamente più angusta ci sono dozzine di piccoli crostacei simili a trilobiti che scappano via sciamando. Al contrario ogni ripresa che contiene aree verdi è gradevole e luminosa, e anche se nel contesto non dovrebbe esserlo, vedere le terre rimaste sommerse, da un senso di completamento alla scena nonché di magica e naturale bellezza.
La natura viene dipinta sempre da amica e mai ostile. Il messaggio veicolato è di comunione e rispetto, ne sono un esempio le imbarcazioni di soccorso dei volontari che sono rigorosamente a remi. Il doppiaggio italiano è ottimo sia per recitazione che per scelta delle voci e l'anime non sembra essere stato neanche adattato, i vecchietti chiameranno il bimbo usando il suffisso "chan" e tutti i nomi sono rimasti originali. Ma dato che è una storia ambientata in Giappone questo non ne appesantisce affatto la visione. Vedendolo, se come me, siete fan di Miyazaki, troverete somiglianze con molti dei suoi lavori: il tunnel della Città Incantata, le creature magiche del Castello Errante di Howl l'animazione plastica di Conan e anche scene di guida degne del Castello di Cagliostro
Un altro capolavoro del maestro reso degnamente anche nei nostri cinema, una storia magica e affascinante che vi farà anche ridere, che sa parlare direttamente a tutti i bambini e anche a chi ne conserva ancora il cuore.
Sono andato a vedere “Ponyo sulla scogliera” con il preconcetto che avrei visto un capolavoro, da bravo appassionato di film del maestro Hayao Miyazaki e dello studio Ghibli in generale. Forse non è una buona politica per chi scrive una recensione sul film, avere già le idee chiare su cosa vedrà, prima ancora di entrare al cinema, ma questa fiducia che ho dato a Ponyo, infatti non è stata tradita.
Erano le 15.00 del pomeriggio del, ed io e due miei amici anch’essi appassionati del cinema di Miyazaki, andiamo al primo (e unico) spettacolo, proiettato in uno dei pochi cinema di Roma che lo danno in programmazione una sola volta al giorno. Ci aspettavamo una folla gremita, e avevamo paura addirittura di non trovare posto, visto che dato il basso numero di proiezioni, credevamo che alla Prima affluissero un buon numero di fan del Sensei. Invece no. La sala era semi-vuota,tranne che per noi e un'altra decina di persone, di cui due ragazzi davanti a noi che erano appassionati di animazione, e gli altri erano genitori dall’aria annoiata con i propri bambini piccoli (d’altronde c’è da aspettarselo da un film per bambini!).
Finisce la pubblicità, finiscono i trailers, e compare il logo dello studio Ghibli. Io e il mio amico seduto accanto a me ci lasciamo andare in un applauso silenzioso. Inizia una emozionante sinfonia di immagini e musica, che come è già stato scritto in un'altra recensione, può ricordare “Fantasia”. Lo stile di disegno e animazione non può essere confuso: è la pulizia dell’immagine e del movimento che forse, per quanto riguarda l’animazione tradizionale, oggigiorno solo Miyazaki riesce a regalare. Fin dai primi minuti si simpatizza con la pesciolina Ponyo, che in tutto il film non riesce mai a rendersi tediosa, nonostante i suoi modi infantili.
Iniziano i titoli di testa, unica parte del film che secondo me si allontana con lo stile del resto della pellicola a causa dei tratti che vogliono ricordare il disegno di un bambino, ma questa è una scelta stilistica e io non sono nessuno per dire a Miyazaki che sarebbe stato meglio farlo diversamente. Buona idea quella di modificare i titoli di testa della pellicola italiana in modo da far comparire i nomi dei nostri doppiatori,tra l’altro con lo stesso stile di scrittura dell’originale giapponese, invece dei doppiatori originali nipponici: accorgimento che non tutti fanno, oppure se lo fanno, è con dei volgari cartelli appiccicati sopra il nome giapponese sfocato. Compare il nome di Hayao Miyazaki; altro applauso silenzioso.
Comincia la trama vera e propria del film: Ponyo, dirigendosi verso la superficie del mare spinta dalla curiosità, rimane sbadatamente incastrata dentro un barattolo (ritorna il Miyazaki-Ambientalista di Nausicaa, La principessa Mononoke e altri film), ma viene salvata da Sosuke: un bambino che va all’asilo, e che vive con la madre Risa. Ponyo si “innamora” di Sosuke, nel senso usato da due fidanzatini all’asilo, e per questo decide di diventare una bambina come lui. Il suo allontanarsi dal mare, in quanto essa creatura magica, comporterebbe una catastrofe di grandi proporzioni; per questo Fujimoto, uno stregone protettore delle profondità marine, nonché padre di Ponyo, cerca di riportarla sott’acqua.
Non svelo il resto della trama del film perché in quanto molto essenziale e prevedibile, come in Totoro, che punta ad essere capita anche da un bambino piccolo, non è l’aspetto cruciale del film, come lo è invece la caratterizzazione dei personaggi o ancora di più lo stile pastelloso del disegno, attraverso il quale Miyazaki vuole evocare un senso di felicità per i più piccini e un ritorno all’infanzia per i più grandi. È per questo che si discosta definitivamente, tra l’altro dichiarando che non avrà più intenzione di usarla, dall’uso della Computer Grafica: in quanto essa mette in risalto una superflua artificiosità dell’immagine, prediligendo invece la totale animazione tradizionale fatta di fondali e rodovetri.
Pur non conoscendo come siano le voci giapponesi, l’adattamento italiano, lo giudico buono, infatti le voci sono a mio parere azzeccatissime così come l'intonazione del parlato, ma ci sono alcune cose che mi hanno stonato: sicuramente la traduzione è perfetta, ma si poteva contestualizzarla un pochino di più a quella che è la mente di un bambino italiano. Solitamente non si chiama la propria madre per nome, infatti all’inizio dato che Sosuke la chiama sempre “Risa” sono stato con il dubbio se ella fosse stata in effetti sua madre oppure fosse solo una sua tata. Anche se gli otaku probabilmente apprezzano la cosa, si sarebbe potuto evitare di tenere i suffissi "chan" e "kun" del giapponese, dato che uno spettatore non preparato potrebbe chiedersi cosa significhino. A circa metà film poi c’è una frase che dice Sosuke a Ponyo per spiegarle “La combustione del Propano”. Mi chiedo se un bambino di 5 anni possa conoscere queste parole!
Alla fine del film siamo usciti pienamente soddisfatti dal cinema e personalmente me lo sono andato a rivedere una seconda volta (anche se per accompagnare un’altra compagnia che mi aveva invitato). Avrei potuto farne a meno, ma non me la sono sentita di rifiutare e mi sono goduto “Ponyo sulla scogliera” con molto piacere una seconda volta.
Al film io gli darei un bel 10, totalmente meritato a mio parere, ma purtroppo in Italia non si è diffuso questo tipo di cultura, e le occasioni per una persona media di poter vedere questo film sono pochissime, dato l’esiguo numero di cinema e di spettacoli in cui viene proiettato. E pare non si faccia niente per migliorare. O sono i soldi che non ci sono, oppure (e da questo punto di vista è un bene) lo studio Ghibli e Miyazaki in particolare, produce film di nicchia, che a parte i bambini, solo degli intenditori possono apprezzare appieno.
Un plauso dunque al grande Hayao Miyazaki e a tutti coloro che hanno lavorato al film, che hanno contribuito a un altra piccola perla del cinema d'animazione, che penso abbia ancora molto da dare. Complimenti anche alla Lucky Red per il lavoro svolto, con l'augurio che in futuro possano investire un po di più su questo genere, al fine di farlo conoscere a un più ampio pubblico.
Attendo con ansia l'uscita nei cinema italiani di "Totoro"!
Erano le 15.00 del pomeriggio del, ed io e due miei amici anch’essi appassionati del cinema di Miyazaki, andiamo al primo (e unico) spettacolo, proiettato in uno dei pochi cinema di Roma che lo danno in programmazione una sola volta al giorno. Ci aspettavamo una folla gremita, e avevamo paura addirittura di non trovare posto, visto che dato il basso numero di proiezioni, credevamo che alla Prima affluissero un buon numero di fan del Sensei. Invece no. La sala era semi-vuota,tranne che per noi e un'altra decina di persone, di cui due ragazzi davanti a noi che erano appassionati di animazione, e gli altri erano genitori dall’aria annoiata con i propri bambini piccoli (d’altronde c’è da aspettarselo da un film per bambini!).
Finisce la pubblicità, finiscono i trailers, e compare il logo dello studio Ghibli. Io e il mio amico seduto accanto a me ci lasciamo andare in un applauso silenzioso. Inizia una emozionante sinfonia di immagini e musica, che come è già stato scritto in un'altra recensione, può ricordare “Fantasia”. Lo stile di disegno e animazione non può essere confuso: è la pulizia dell’immagine e del movimento che forse, per quanto riguarda l’animazione tradizionale, oggigiorno solo Miyazaki riesce a regalare. Fin dai primi minuti si simpatizza con la pesciolina Ponyo, che in tutto il film non riesce mai a rendersi tediosa, nonostante i suoi modi infantili.
Iniziano i titoli di testa, unica parte del film che secondo me si allontana con lo stile del resto della pellicola a causa dei tratti che vogliono ricordare il disegno di un bambino, ma questa è una scelta stilistica e io non sono nessuno per dire a Miyazaki che sarebbe stato meglio farlo diversamente. Buona idea quella di modificare i titoli di testa della pellicola italiana in modo da far comparire i nomi dei nostri doppiatori,tra l’altro con lo stesso stile di scrittura dell’originale giapponese, invece dei doppiatori originali nipponici: accorgimento che non tutti fanno, oppure se lo fanno, è con dei volgari cartelli appiccicati sopra il nome giapponese sfocato. Compare il nome di Hayao Miyazaki; altro applauso silenzioso.
Comincia la trama vera e propria del film: Ponyo, dirigendosi verso la superficie del mare spinta dalla curiosità, rimane sbadatamente incastrata dentro un barattolo (ritorna il Miyazaki-Ambientalista di Nausicaa, La principessa Mononoke e altri film), ma viene salvata da Sosuke: un bambino che va all’asilo, e che vive con la madre Risa. Ponyo si “innamora” di Sosuke, nel senso usato da due fidanzatini all’asilo, e per questo decide di diventare una bambina come lui. Il suo allontanarsi dal mare, in quanto essa creatura magica, comporterebbe una catastrofe di grandi proporzioni; per questo Fujimoto, uno stregone protettore delle profondità marine, nonché padre di Ponyo, cerca di riportarla sott’acqua.
Non svelo il resto della trama del film perché in quanto molto essenziale e prevedibile, come in Totoro, che punta ad essere capita anche da un bambino piccolo, non è l’aspetto cruciale del film, come lo è invece la caratterizzazione dei personaggi o ancora di più lo stile pastelloso del disegno, attraverso il quale Miyazaki vuole evocare un senso di felicità per i più piccini e un ritorno all’infanzia per i più grandi. È per questo che si discosta definitivamente, tra l’altro dichiarando che non avrà più intenzione di usarla, dall’uso della Computer Grafica: in quanto essa mette in risalto una superflua artificiosità dell’immagine, prediligendo invece la totale animazione tradizionale fatta di fondali e rodovetri.
Pur non conoscendo come siano le voci giapponesi, l’adattamento italiano, lo giudico buono, infatti le voci sono a mio parere azzeccatissime così come l'intonazione del parlato, ma ci sono alcune cose che mi hanno stonato: sicuramente la traduzione è perfetta, ma si poteva contestualizzarla un pochino di più a quella che è la mente di un bambino italiano. Solitamente non si chiama la propria madre per nome, infatti all’inizio dato che Sosuke la chiama sempre “Risa” sono stato con il dubbio se ella fosse stata in effetti sua madre oppure fosse solo una sua tata. Anche se gli otaku probabilmente apprezzano la cosa, si sarebbe potuto evitare di tenere i suffissi "chan" e "kun" del giapponese, dato che uno spettatore non preparato potrebbe chiedersi cosa significhino. A circa metà film poi c’è una frase che dice Sosuke a Ponyo per spiegarle “La combustione del Propano”. Mi chiedo se un bambino di 5 anni possa conoscere queste parole!
Alla fine del film siamo usciti pienamente soddisfatti dal cinema e personalmente me lo sono andato a rivedere una seconda volta (anche se per accompagnare un’altra compagnia che mi aveva invitato). Avrei potuto farne a meno, ma non me la sono sentita di rifiutare e mi sono goduto “Ponyo sulla scogliera” con molto piacere una seconda volta.
Al film io gli darei un bel 10, totalmente meritato a mio parere, ma purtroppo in Italia non si è diffuso questo tipo di cultura, e le occasioni per una persona media di poter vedere questo film sono pochissime, dato l’esiguo numero di cinema e di spettacoli in cui viene proiettato. E pare non si faccia niente per migliorare. O sono i soldi che non ci sono, oppure (e da questo punto di vista è un bene) lo studio Ghibli e Miyazaki in particolare, produce film di nicchia, che a parte i bambini, solo degli intenditori possono apprezzare appieno.
Un plauso dunque al grande Hayao Miyazaki e a tutti coloro che hanno lavorato al film, che hanno contribuito a un altra piccola perla del cinema d'animazione, che penso abbia ancora molto da dare. Complimenti anche alla Lucky Red per il lavoro svolto, con l'augurio che in futuro possano investire un po di più su questo genere, al fine di farlo conoscere a un più ampio pubblico.
Attendo con ansia l'uscita nei cinema italiani di "Totoro"!
Ormai non ci sono più aggettivi per descrivere i capolavori del maestro Miyazaki. Questa volta, dopo il grandissimo Castello errante di howl torna alle origini e tira fuori dal cilindro una magica fiaba dai toni caldi e tranquilli, dai colori morbidi e dalla trama sia per i più grandi che per i più piccini, fra pinocchio e la Sirenetta. Al di là della trama semplice e diretta, dove in un piccolo paesino in riva al mare un ragazzino di nome Sosuke fa la conoscenza con una pesciolina rossa e le da il nome di Ponyo, per poi scoprire che è fuggita di casa da dei genitori piuttosto singolari, Miyazaki mostra una sconfinata maturità e grande saggezza nel saper mostrare ai bambini ciò che desidera tramite una fiaba meravigliosa dai toni pacati, condita con un tocco di realismo e fine a sé stessa. Ponyo della scogliera diletta lo spettatore che vive 1 ora e 40 minuti di fantasia dolce e spensierata, di fronte ai soliti fantastici scenari che paiono piccoli quadri d'autore, e musiche quanto mai azzeccate. Ancora una volta grazie, maestro. :)
Mia figlia dice: "è stato molto bello", ma la frase non rende il suo sguardo estatico, perso nei colori pastello della terra e nelle linee ondulate del mare, che aveva ancora addosso mentre tornavamo a casa dal cinema. Personalmente, ho ritrovato la poesia e la delicatezza della Heidi della mia giovinezza, ed in più un messaggio importante trasmesso in modo surreale e fiabesco.. tutto giapponese. Più de "La città incantata" o "Il castello errante.." Ponyo ha sintetizzato storia e messaggio, emozioni e personaggi.
"Forza, adesso si vola!" è si adesso si vola proprio, con il cuore, con la fantasia e con gli occhi persi negli splendidi colori pastello dei paesaggi, in un mare vivo, furioso, spumeggiante, primitivo.
L'ultimo lavoro del Maestro ci tuffa in una favola piena di sentimento e di emozioni disegnate sullo schermo con delicatezza e dolcezza, ma allo stesso tempo con forza e ribellione, si la ribellione della natura, del mare, contro l'inciviltà dell'uomo, contro la sua noncuranza per ciò che non è l'uomo stesso. Solo la purezza di un cuore ancora non corrotto dalla civiltà e dai biechi desideri umani può salvare il mondo dal disastro e l'uomo da se stesso. Lo può salvare solo l'anima leggera e amorevole di Sosuke che ama Ponyo incondizionatamente e in modo limpido, sia essa un pesce sia essa una bambina perchè non conta per gli occhi di un bambino la forma di ciò che ama ma conta solo l'empatia che quel corpo emana, la sua vera natura, il suo vero essere celato dietro l'aspetto e le convenzioni, nella parte più intima della nostra coscienza. Ponyo sulla Scogliera è un viaggio, un cammino inizialmente calmo, solare, nelle dinamiche, nei colori, nella piccola e rassicurante cittadina, nella casa sulla collina che domina l'orizzonte ma che pian pian diventa più difficile, tumultuoso, anche le più elementari certezze crollano, anche l'irraggiungibile abitazione di Sosuke viene travolta dalla furia della natura e solo l'amicizia, la speranza nel futuro, il credere nelle persone, la fiducia assoluta possono salvare l'uomo. Magnifiche le musiche che sono sempre, come in tutti i film di Miyazaki, parte integrante del film, accompagnano e indirizzano i nostri stati d'animo dando suono e vibrazioni alle immagini che ci avvolgono.Penso che i film del Maestro non debbano essere solo visti ma anche ascoltati lasciandosi cullare dalle sempre splendide melodie. Vi invito quindi a vederlo e senza indugi a TUFFARVI nel suo magico mondo. kabutokoji
L'ultimo lavoro del Maestro ci tuffa in una favola piena di sentimento e di emozioni disegnate sullo schermo con delicatezza e dolcezza, ma allo stesso tempo con forza e ribellione, si la ribellione della natura, del mare, contro l'inciviltà dell'uomo, contro la sua noncuranza per ciò che non è l'uomo stesso. Solo la purezza di un cuore ancora non corrotto dalla civiltà e dai biechi desideri umani può salvare il mondo dal disastro e l'uomo da se stesso. Lo può salvare solo l'anima leggera e amorevole di Sosuke che ama Ponyo incondizionatamente e in modo limpido, sia essa un pesce sia essa una bambina perchè non conta per gli occhi di un bambino la forma di ciò che ama ma conta solo l'empatia che quel corpo emana, la sua vera natura, il suo vero essere celato dietro l'aspetto e le convenzioni, nella parte più intima della nostra coscienza. Ponyo sulla Scogliera è un viaggio, un cammino inizialmente calmo, solare, nelle dinamiche, nei colori, nella piccola e rassicurante cittadina, nella casa sulla collina che domina l'orizzonte ma che pian pian diventa più difficile, tumultuoso, anche le più elementari certezze crollano, anche l'irraggiungibile abitazione di Sosuke viene travolta dalla furia della natura e solo l'amicizia, la speranza nel futuro, il credere nelle persone, la fiducia assoluta possono salvare l'uomo. Magnifiche le musiche che sono sempre, come in tutti i film di Miyazaki, parte integrante del film, accompagnano e indirizzano i nostri stati d'animo dando suono e vibrazioni alle immagini che ci avvolgono.Penso che i film del Maestro non debbano essere solo visti ma anche ascoltati lasciandosi cullare dalle sempre splendide melodie. Vi invito quindi a vederlo e senza indugi a TUFFARVI nel suo magico mondo. kabutokoji
Cosa posso dire che non sia già stato detto? Ponyo è un film strepitoso! Pur conoscendo già il genio di Miyazaki, non sapevo cosa aspettarmi, poiché non ho voluto di proposito visionare trailer o anticipazioni della trama prima di vederlo al cinema, proprio perchè volevo mantenere in pieno lo stupore che i suoi film possono dare...
E Ponyo non ha assolutamente mancato di stupirmi! Credevo di trovarmi davanti ad un semplice film orientato ad un target di bambini, ma mi sono trovata pienamente catturata dalla storia sin dai primi momenti... ero sconvolta quando Sosuke viene "inseguito" dalle onde-pesci dopo aver raccolto Ponyo in barattolo, perchè quella raffigurazione marina era così... reale? Non realistica, ma reale.
Infatti, per quanto questo film possa essere pieno di elementi fantastici e fantasiosi, i sentimenti che narra non sono meno veri e concreti di quelli che effettivamente possiamo provare nella realtà. Lo consiglio a chi è appassionato di anime, film e cultura giapponese perchè rimarrà affascinato dall'ottimo adattamento italiano. Lo consiglio a chi "vuole sentirsi un po' bambino" (ed è scontato dire che lo consiglio a tutti i genitori con i loro bambini!) ma soprattutto, lo consiglio a tutto coloro che vogliono vedere un BEL film!!
E Ponyo non ha assolutamente mancato di stupirmi! Credevo di trovarmi davanti ad un semplice film orientato ad un target di bambini, ma mi sono trovata pienamente catturata dalla storia sin dai primi momenti... ero sconvolta quando Sosuke viene "inseguito" dalle onde-pesci dopo aver raccolto Ponyo in barattolo, perchè quella raffigurazione marina era così... reale? Non realistica, ma reale.
Infatti, per quanto questo film possa essere pieno di elementi fantastici e fantasiosi, i sentimenti che narra non sono meno veri e concreti di quelli che effettivamente possiamo provare nella realtà. Lo consiglio a chi è appassionato di anime, film e cultura giapponese perchè rimarrà affascinato dall'ottimo adattamento italiano. Lo consiglio a chi "vuole sentirsi un po' bambino" (ed è scontato dire che lo consiglio a tutti i genitori con i loro bambini!) ma soprattutto, lo consiglio a tutto coloro che vogliono vedere un BEL film!!
Un uomo dall’aspetto stravagante attraversa gli abissi marini a bordo di una strana imbarcazione: è il mago Fujimoto, che ha da tempo rinnegato la sua natura umana per dedicarsi interamente alla cura del mare; sua figlia, una buffa e curiosa pesciolina rossa dalla testa umana, si allontana seguendo un gruppo di meduse e finisce per rimanere incastrata all’interno di un barattolo di vetro.
Spinto dalla corrente, il contenitore giunge fino alla costa, ai piedi di una scogliera, sulla quale sorge una graziosa casa, dove vivono Sosuke, un bambino di cinque anni, e i suoi giovani genitori: Risa, che lavora presso il centro di accoglienza per anziane signore “Casa dei Girasoli”, e Koichi, capitano di una nave.
Il barattolo attira l’attenzione di Sosuke, che, senza esitazioni, lo rompe ferendosi a un dito; quando la piccola creatura marina gli lecca il sangue uscito dalla ferita, il bambino si rende conto che è viva: sorpreso ed emozionato, si affretta a metterla in un secchiello pieno d’acqua e la chiama Ponyo. I due provano subito una forte simpatia reciproca, ma la scomparsa della pesciolina non è passata inosservata: onde minacciose mandate da Fujimoto a riprendersi la figlia rapiscono Ponyo, gettando Sosuke nello sconforto per aver perso la sua amica. Ponyo si rifiuta di obbedire a suo padre, perché desidera diventare un essere umano e vivere insieme a Sosuke; il sangue del bambino leccato da Ponyo, unito alla determinazione della pesciolina, risveglia in lei un enorme potere magico, che le consente di assumere forma umana, ma allo stesso tempo provoca uno sconvolgimento nell’equilibrio del mondo.
Un tremendo tsunami si abbatte sulla cittadina dove vive Sosuke mettendo in pericolo i suoi abitanti; tuttavia, esiste ancora una possibilità di salvezza ed è rappresentata proprio dal bambino, chiamato a prendere un’importante decisione da Gran Mammare, divinità del mare e dolce madre di Ponyo.
Hayao Miyazaki ci racconta con la consueta sensibilità una delicata storia di amore e amicizia, alla quale fanno da sfondo splendidi paesaggi: l’operoso villaggio marittimo circondato dai boschi e soprattutto il mare, ora calmo e lucente, ora scuro e agitato, e le sue variopinte profondità, abitate da un’incredibile varietà di esseri viventi.
Le belle musiche di Joe Hisaishi coinvolgono fin dall’inizio lo spettatore, che si ritrova a seguire con partecipazione le vicende dei piccoli protagonisti; inoltre, il curatissimo adattamento italiano e la bravura dei doppiatori (in particolar modo, Massimo Corvo su Fujimoto esprime molto bene il carattere di un padre forse un po’ troppo severo, ma che ama profondamente la figlia) valorizzano ulteriormente il film, contribuendo a renderlo un’opera estremamente piacevole.
Spinto dalla corrente, il contenitore giunge fino alla costa, ai piedi di una scogliera, sulla quale sorge una graziosa casa, dove vivono Sosuke, un bambino di cinque anni, e i suoi giovani genitori: Risa, che lavora presso il centro di accoglienza per anziane signore “Casa dei Girasoli”, e Koichi, capitano di una nave.
Il barattolo attira l’attenzione di Sosuke, che, senza esitazioni, lo rompe ferendosi a un dito; quando la piccola creatura marina gli lecca il sangue uscito dalla ferita, il bambino si rende conto che è viva: sorpreso ed emozionato, si affretta a metterla in un secchiello pieno d’acqua e la chiama Ponyo. I due provano subito una forte simpatia reciproca, ma la scomparsa della pesciolina non è passata inosservata: onde minacciose mandate da Fujimoto a riprendersi la figlia rapiscono Ponyo, gettando Sosuke nello sconforto per aver perso la sua amica. Ponyo si rifiuta di obbedire a suo padre, perché desidera diventare un essere umano e vivere insieme a Sosuke; il sangue del bambino leccato da Ponyo, unito alla determinazione della pesciolina, risveglia in lei un enorme potere magico, che le consente di assumere forma umana, ma allo stesso tempo provoca uno sconvolgimento nell’equilibrio del mondo.
Un tremendo tsunami si abbatte sulla cittadina dove vive Sosuke mettendo in pericolo i suoi abitanti; tuttavia, esiste ancora una possibilità di salvezza ed è rappresentata proprio dal bambino, chiamato a prendere un’importante decisione da Gran Mammare, divinità del mare e dolce madre di Ponyo.
Hayao Miyazaki ci racconta con la consueta sensibilità una delicata storia di amore e amicizia, alla quale fanno da sfondo splendidi paesaggi: l’operoso villaggio marittimo circondato dai boschi e soprattutto il mare, ora calmo e lucente, ora scuro e agitato, e le sue variopinte profondità, abitate da un’incredibile varietà di esseri viventi.
Le belle musiche di Joe Hisaishi coinvolgono fin dall’inizio lo spettatore, che si ritrova a seguire con partecipazione le vicende dei piccoli protagonisti; inoltre, il curatissimo adattamento italiano e la bravura dei doppiatori (in particolar modo, Massimo Corvo su Fujimoto esprime molto bene il carattere di un padre forse un po’ troppo severo, ma che ama profondamente la figlia) valorizzano ulteriormente il film, contribuendo a renderlo un’opera estremamente piacevole.
<b>Attenzione contiene spoiler.</b>
Davvero un bel film, mi ha fatto tornare in mente alcuni dei vari film di Miyazaki come atmosfera e magia.
La storia parla di Ponyo, una piccola pesciolina rossa, figlia di un umano dai poteri magici ormai stabilizzato nell'oceano e una sirena/spirito del mare chiamata, Gran Mammare. La piccola riesce a sfuggire alle cure del padre finendo per avere contatti con gli umani, un bimbo di nome Sosuke di cui diventa ben presto amica. Il padre riesce però a trovarla e a riportarla indietro, ma la piccola Ponyo ha bevuto il sangue umano di Sosuke e vuole a tutti i costi diventare umana, quindi, mentre il padre è via, finisce per scappare usando la magia, ad entrare nel
suo laboratorio privato, causando un caos tale da creare un maremoto. Tutta la zona è nei guai per questo maremoto e Ponyo finisce per ritrovare Sosuke che riesce a riconoscerla! Dopo varie vicissitudini, Ponyo, con la benedizione del padre e della madre, abbandona i suoi poteri per diventare completamente umana.
Una moderna favola della sirenetta!
L'adattamento rispecchia pienamente lo spirito che Miyazaki e i suoi hanno voluto sollecitare nel pubblico, quell'aria di favola da bambini, che però fa piacere sentire e vedere anche ai grandi. La migliore interpretazione, credo vada proprio alla doppiatrice di Ponyo, che riesce a rispecchiare il ruolo di bambina cocciuta con la sua voce piena d'allegria e quasi radiosa ed allo stesso tempo molto semplice. In definitiva devo dire che la mia valutazione è buona. L'animazione è propriamente fatta alla vecchia scuola, Studio Ghibli inside, anche se non manca uno spruzzo di cellshading in qualche scena (principalmente per certe scene con la macchina)! ^O^
Certe cose dei precedenti film non m'avevano soddisfatto (earthsea e howl) ma devo ammettere che questa storia mi è davvero piaciuta! ^_^
Davvero un bel film, mi ha fatto tornare in mente alcuni dei vari film di Miyazaki come atmosfera e magia.
La storia parla di Ponyo, una piccola pesciolina rossa, figlia di un umano dai poteri magici ormai stabilizzato nell'oceano e una sirena/spirito del mare chiamata, Gran Mammare. La piccola riesce a sfuggire alle cure del padre finendo per avere contatti con gli umani, un bimbo di nome Sosuke di cui diventa ben presto amica. Il padre riesce però a trovarla e a riportarla indietro, ma la piccola Ponyo ha bevuto il sangue umano di Sosuke e vuole a tutti i costi diventare umana, quindi, mentre il padre è via, finisce per scappare usando la magia, ad entrare nel
suo laboratorio privato, causando un caos tale da creare un maremoto. Tutta la zona è nei guai per questo maremoto e Ponyo finisce per ritrovare Sosuke che riesce a riconoscerla! Dopo varie vicissitudini, Ponyo, con la benedizione del padre e della madre, abbandona i suoi poteri per diventare completamente umana.
Una moderna favola della sirenetta!
L'adattamento rispecchia pienamente lo spirito che Miyazaki e i suoi hanno voluto sollecitare nel pubblico, quell'aria di favola da bambini, che però fa piacere sentire e vedere anche ai grandi. La migliore interpretazione, credo vada proprio alla doppiatrice di Ponyo, che riesce a rispecchiare il ruolo di bambina cocciuta con la sua voce piena d'allegria e quasi radiosa ed allo stesso tempo molto semplice. In definitiva devo dire che la mia valutazione è buona. L'animazione è propriamente fatta alla vecchia scuola, Studio Ghibli inside, anche se non manca uno spruzzo di cellshading in qualche scena (principalmente per certe scene con la macchina)! ^O^
Certe cose dei precedenti film non m'avevano soddisfatto (earthsea e howl) ma devo ammettere che questa storia mi è davvero piaciuta! ^_^
Un’inconsueta pesciolina rossa dal volto umano lascia gli abissi, il padre ignaro e le piccole sorelline avventurandosi in direzione della superficie. Imbattutasi nei primi segni della vicinanza dell’uomo non tarda a mettersi nei guai, che assumono l’esatta forma di un barattolo di vetro. Immobile sul pelo dell’acqua, ormai prossima alla riva, viene raccolta da Sosuke, un bimbo di 5 anni sveglio e generoso.
E..
E spero di cuore vi riesca di farvi bastare questo brevissimo accenno alla trama, perché quel che mi preme esprimere nelle righe a seguire è tutt’altro.
«Inizia, inizia !
Che meraviglia..»
Pochi istanti, i primi.
Ad accogliermi quella che istintivamente identifico essere un’illustrazione. Quei pochi istanti di viaggio necessari, probabilmente, ad abituarsi alle profondità del mare da cui la storia trae inizio. La sensazione, iniziale ma che prende vigore fotogramma dopo fotogramma, è che in ogni sequenza vi siano due narrazioni: i personaggi, caratterizzati nella loro vitalità, speciale o quotidiana che sia, ci guidano lungo la sceneggiatura...
Laddove, silenziosamente, ogni fondale pulsante di colori tracciati visibilmente a matita ci racconta invece di quel mondo. Ed è un mondo che molto ha di fiabesco in ogni superficie, una realtà che pare non aver bisogno di spigoli, rigide ed esatte squadrature, angoli...
Bensì la morbidezza, la rotondità sembrano accompagnare ogni elemento contestuale. E così mi imbatto in una casetta, semplice e divertente, ingenua forse ma, sicuramente, desiderabile, che sembra ergersi gommosa e ben accolta dal limpido cielo che la sovrasta. Poi, un’automobile, piccola piccola, che si concede persino di balzare sulla strada tanto va di fretta. Ed il Mare, come un estesissimo lenzuolo pullulante di personcine che, al di sotto, ne provocano ogni onda agitandosi con la testa. E quante fantastiche striature colorate, ovunque ! La storia, sapete, mostra personaggi d’ogni età: bimbi, uomini e donne, anziane signore...
Ma fra una madre energicissima, vispa ed orgogliosa e vecchiette capricciose o candidamente allegre, è lecito pensare che sotto sotto siano un po’ tutti bambini nel cuore e che, magari, sia proprio quello il requisito necessario a meritarsi una realtà così..
Così.
Bella !
In effetti, dall’adattamento, mi sembra esser uno soltanto il personaggio che lascia emerger la propria consapevolezza, la propria esperienza, attraverso un parlare forbito e puntuale. Si tratta di quell’unico personaggio, fra tutti, che mi sentirei di identificare come unico vero adulto, specie per le apprensioni che lo accompagnano. Parlo di Fujimoto, il padre della nostra piccola pesciolina rossa. Assisto ad un rapporto madre-figlio dalle gradevolissime sfumature fraterne, un tepore familiare che arriva ad investirmi, letteralmente, quando mi vien mostrato che gran delizia possa essere un caldo bicchiere di the addolcito col miele.
Sosuke e Ponyo - che volutamente ho mancato di identificare, sinora, per quanto inutile possa essere stato come espediente - mi sorprendono, molto spesso, per la sincerità e verosimiglianza dei loro gesti infantili.
Mi è capitato di non leggere, qui e lì, determinati accenni alla colonna sonora. E non è così strano:
la musica sembra un ulteriore velo di colore steso da una mano assolutamente non diversa da quella che, probabilmente sognante, ha tracciato questo mondo. In particolare, però, vorrei segnalare il fatto che l’accompagnamento sonoro di una certa sequenza, dinamicissima e nel suo piccolo epica, mi sia parso d’ispirazione particolarmente “wagneriana”.
Sì, insomma, anche le orecchie trovano serenità. Non fraintendetemi, però, per favore. Non oso tracciarvi le intenzioni di quel grande artista che conosciamo, né mettervi nelle condizioni di poter giudicare anticipatamente l’opera in questione attraverso le mie parole. Né, poi, stilare una fantomatica classifica che la ponga a confronto con i suoi illustri predecessori. Questo è solo, e niente di più, il diario di un viaggio durato poco più di un’ora, che tanto mi ha lasciato stranito quando, dopo esser uscito dalla sala ancora oscurata, mi son imbattuto nelle prime rigide linee dell’ambiente esterno.
E i difetti ci sono.
Sicuramente.
Ma perché parlarne se non ne sento la necessità?
Tante parole, tutto sommato, per dir tutto e niente.
La miglior recensione l’ho ascoltata durante l’opera stessa quando un bambino, accanto al padre qualche fila più in basso di me, ha esclamato a viva voce: «Uao, papy !»
E..
E spero di cuore vi riesca di farvi bastare questo brevissimo accenno alla trama, perché quel che mi preme esprimere nelle righe a seguire è tutt’altro.
«Inizia, inizia !
Che meraviglia..»
Pochi istanti, i primi.
Ad accogliermi quella che istintivamente identifico essere un’illustrazione. Quei pochi istanti di viaggio necessari, probabilmente, ad abituarsi alle profondità del mare da cui la storia trae inizio. La sensazione, iniziale ma che prende vigore fotogramma dopo fotogramma, è che in ogni sequenza vi siano due narrazioni: i personaggi, caratterizzati nella loro vitalità, speciale o quotidiana che sia, ci guidano lungo la sceneggiatura...
Laddove, silenziosamente, ogni fondale pulsante di colori tracciati visibilmente a matita ci racconta invece di quel mondo. Ed è un mondo che molto ha di fiabesco in ogni superficie, una realtà che pare non aver bisogno di spigoli, rigide ed esatte squadrature, angoli...
Bensì la morbidezza, la rotondità sembrano accompagnare ogni elemento contestuale. E così mi imbatto in una casetta, semplice e divertente, ingenua forse ma, sicuramente, desiderabile, che sembra ergersi gommosa e ben accolta dal limpido cielo che la sovrasta. Poi, un’automobile, piccola piccola, che si concede persino di balzare sulla strada tanto va di fretta. Ed il Mare, come un estesissimo lenzuolo pullulante di personcine che, al di sotto, ne provocano ogni onda agitandosi con la testa. E quante fantastiche striature colorate, ovunque ! La storia, sapete, mostra personaggi d’ogni età: bimbi, uomini e donne, anziane signore...
Ma fra una madre energicissima, vispa ed orgogliosa e vecchiette capricciose o candidamente allegre, è lecito pensare che sotto sotto siano un po’ tutti bambini nel cuore e che, magari, sia proprio quello il requisito necessario a meritarsi una realtà così..
Così.
Bella !
In effetti, dall’adattamento, mi sembra esser uno soltanto il personaggio che lascia emerger la propria consapevolezza, la propria esperienza, attraverso un parlare forbito e puntuale. Si tratta di quell’unico personaggio, fra tutti, che mi sentirei di identificare come unico vero adulto, specie per le apprensioni che lo accompagnano. Parlo di Fujimoto, il padre della nostra piccola pesciolina rossa. Assisto ad un rapporto madre-figlio dalle gradevolissime sfumature fraterne, un tepore familiare che arriva ad investirmi, letteralmente, quando mi vien mostrato che gran delizia possa essere un caldo bicchiere di the addolcito col miele.
Sosuke e Ponyo - che volutamente ho mancato di identificare, sinora, per quanto inutile possa essere stato come espediente - mi sorprendono, molto spesso, per la sincerità e verosimiglianza dei loro gesti infantili.
Mi è capitato di non leggere, qui e lì, determinati accenni alla colonna sonora. E non è così strano:
la musica sembra un ulteriore velo di colore steso da una mano assolutamente non diversa da quella che, probabilmente sognante, ha tracciato questo mondo. In particolare, però, vorrei segnalare il fatto che l’accompagnamento sonoro di una certa sequenza, dinamicissima e nel suo piccolo epica, mi sia parso d’ispirazione particolarmente “wagneriana”.
Sì, insomma, anche le orecchie trovano serenità. Non fraintendetemi, però, per favore. Non oso tracciarvi le intenzioni di quel grande artista che conosciamo, né mettervi nelle condizioni di poter giudicare anticipatamente l’opera in questione attraverso le mie parole. Né, poi, stilare una fantomatica classifica che la ponga a confronto con i suoi illustri predecessori. Questo è solo, e niente di più, il diario di un viaggio durato poco più di un’ora, che tanto mi ha lasciato stranito quando, dopo esser uscito dalla sala ancora oscurata, mi son imbattuto nelle prime rigide linee dell’ambiente esterno.
E i difetti ci sono.
Sicuramente.
Ma perché parlarne se non ne sento la necessità?
Tante parole, tutto sommato, per dir tutto e niente.
La miglior recensione l’ho ascoltata durante l’opera stessa quando un bambino, accanto al padre qualche fila più in basso di me, ha esclamato a viva voce: «Uao, papy !»
Finalmente è arrivato in Italia il nuovo capolavoro firmato Hayao Miyazaki-Studio Ghibli:
Ponyo sulla scogliera, ovvero 崖の上のポニョ (Gake no Ue no Ponyo)
Assolutamente adorabile! Anche se leggermente più infantile rispetto alle ultime opere del Maestro, mantiene comunque un’atmosfera magicamente poetica nella sua semplicità, rappresentativa di tutte le sue produzioni. Durante i primi 10 minuti del film si può rimanere un po’ perplessi dalla grafica, molto infantile, appunto, specialmente durante la sigla di apertura. La stessa impressione si può avere vendendo i fondali estremamente “tinta pastello", ma anche se ci troviamo in piena generazione "computer grafica", a poco a poco questo nuovo stile “alla vecchia maniera”, che comunque andando avanti ritorna più simile al solito disegno “alla Miyazaki”, si fa molto gradevole. L’inizio ricorda vagamente “Fantasia”, con la scena corale di pesci, meduse e altre creature del mare che sembrano essere dirette mirabilmente dal primo personaggio che ci viene presentato, ovvero Fujimoto (peccato che non venga sviluppata molto la sua storia passata), molto credibile nelle vesti di immaginario ”direttore d’orchestra”, accompagnato da un’ottima colonna sonora classico-operistica; il tema della storia che segue è ispirato alla Sirenetta di Andersen, con chiari riferimenti a leggende giapponesi, tra le quali quelle sugli jinmengyo, ovvero i pesci con testa umana…
Il doppiaggio è di buona qualità, ottima la scelta di utilizzare dei bravissimi attori bambini per le voci dei protagonisti. Molto apprezzabile l'adattamento, rispettoso anche della pronuncia originaria dei nomi (”Soske” e non Sosuke, giustamente… a volte accompagnato dal corretto suffisso -chan che a parer mio aggiunge informazioni in più per gli esperti e non infastidisce chi non ne conosce la valenza), utili i sottotitoli ad alcune scritte giapponesi, ad esempio quella di “stop” sulla strada…
Unica pecca, se proprio vogliamo trovarla, il finale un po’ troppo precipitoso… 5 o 10 minuti (significativi ovviamente, non tanto per allungare) in più prima della conclusione non sarebbero stati di troppo.
In pratica:
assolutamente consigliato, buona visione a tutti!
Ponyo sulla scogliera, ovvero 崖の上のポニョ (Gake no Ue no Ponyo)
Assolutamente adorabile! Anche se leggermente più infantile rispetto alle ultime opere del Maestro, mantiene comunque un’atmosfera magicamente poetica nella sua semplicità, rappresentativa di tutte le sue produzioni. Durante i primi 10 minuti del film si può rimanere un po’ perplessi dalla grafica, molto infantile, appunto, specialmente durante la sigla di apertura. La stessa impressione si può avere vendendo i fondali estremamente “tinta pastello", ma anche se ci troviamo in piena generazione "computer grafica", a poco a poco questo nuovo stile “alla vecchia maniera”, che comunque andando avanti ritorna più simile al solito disegno “alla Miyazaki”, si fa molto gradevole. L’inizio ricorda vagamente “Fantasia”, con la scena corale di pesci, meduse e altre creature del mare che sembrano essere dirette mirabilmente dal primo personaggio che ci viene presentato, ovvero Fujimoto (peccato che non venga sviluppata molto la sua storia passata), molto credibile nelle vesti di immaginario ”direttore d’orchestra”, accompagnato da un’ottima colonna sonora classico-operistica; il tema della storia che segue è ispirato alla Sirenetta di Andersen, con chiari riferimenti a leggende giapponesi, tra le quali quelle sugli jinmengyo, ovvero i pesci con testa umana…
Il doppiaggio è di buona qualità, ottima la scelta di utilizzare dei bravissimi attori bambini per le voci dei protagonisti. Molto apprezzabile l'adattamento, rispettoso anche della pronuncia originaria dei nomi (”Soske” e non Sosuke, giustamente… a volte accompagnato dal corretto suffisso -chan che a parer mio aggiunge informazioni in più per gli esperti e non infastidisce chi non ne conosce la valenza), utili i sottotitoli ad alcune scritte giapponesi, ad esempio quella di “stop” sulla strada…
Unica pecca, se proprio vogliamo trovarla, il finale un po’ troppo precipitoso… 5 o 10 minuti (significativi ovviamente, non tanto per allungare) in più prima della conclusione non sarebbero stati di troppo.
In pratica:
assolutamente consigliato, buona visione a tutti!
Sosuke, un vivace bimbo di cinque anni, vive in cima a una scogliera con Risa, sua madre, ed il padre, un marinaio con il quale comunica tramite l'alfabeto Morse durante le sue navigazioni notturne. Una mattina trova Ponyo, una pesciolina rossa con la testa umana incastrata in un barattolo di vetro. Sosuke la salva, la mette in un secchio di plastica e da allora decide che si prenderà per sempre cura di lei, che la proteggerà. Ma dal fondo del mare, Fujimoto, papà di Ponyo, vuole far tornare la figlia in mare, e farà di tutto per ottenere il suo scopo. La pesciolina, dal canto suo, decide di voler diventare umana a tutti i costi per poter stare insieme al suo amichetto.
Questo è l'inizio dell'ultima favola firmata dal maestro Miyazaki. Una favola dove ogni fotogramma profumo di matite colorate, acquerelli e carta. Una fiaba pensata e disegnata sopratutto per i più piccoli, ma che non mancherà di affascinare e un pubblico adulto. E la magia (ed il merito) di Miyazaki è proprio questo: far riaffiorare la parte più infantile di noi stessi, farci sognare, e al tempo stesso, riflettere. Il fattore ecologia c'è, si vede, ma è marginale, il vero tema è l'amore; assoluto, puro e semplice, in ogni sua forma. Come ogni favola che si rispetti ha in fondo una sua morale e qui la pronuncia il piccolo Sosuke: "non importa se sei una sirena, un pesce o un'umana, io ti voglio bene lo stesso". L'happy ending, prevedibile ma non per niente banale, ci porta dritti dritti ai pastellosi titoli di coda con in sottofondo la deliziosa canzoncina, la quale ci accompagnerà fino all'uscita del cinema ed oltre, tanto è irresistibile non canticchiarla subito. L'adattamento nella nostra lingua è stato fatto egregiamente, il doppiaggio praticamente impeccabile. Fin dalle prime battute si capisce l'entusiamo e la bravura di Angese Marteddu e Ruggero Valli, rispettivamente voce di Ponyo e Sosuke.
Forse il personaggio più "difficile" (ma anche quello più interessante) è Fujimoto, e Massimo Corvo non poteva far di meglio. Note di merito anche a Laura Romano, Carlo Scipioni e Sabrina Duranti, ognuno perfetto nel suo ruolo.
Questo è l'inizio dell'ultima favola firmata dal maestro Miyazaki. Una favola dove ogni fotogramma profumo di matite colorate, acquerelli e carta. Una fiaba pensata e disegnata sopratutto per i più piccoli, ma che non mancherà di affascinare e un pubblico adulto. E la magia (ed il merito) di Miyazaki è proprio questo: far riaffiorare la parte più infantile di noi stessi, farci sognare, e al tempo stesso, riflettere. Il fattore ecologia c'è, si vede, ma è marginale, il vero tema è l'amore; assoluto, puro e semplice, in ogni sua forma. Come ogni favola che si rispetti ha in fondo una sua morale e qui la pronuncia il piccolo Sosuke: "non importa se sei una sirena, un pesce o un'umana, io ti voglio bene lo stesso". L'happy ending, prevedibile ma non per niente banale, ci porta dritti dritti ai pastellosi titoli di coda con in sottofondo la deliziosa canzoncina, la quale ci accompagnerà fino all'uscita del cinema ed oltre, tanto è irresistibile non canticchiarla subito. L'adattamento nella nostra lingua è stato fatto egregiamente, il doppiaggio praticamente impeccabile. Fin dalle prime battute si capisce l'entusiamo e la bravura di Angese Marteddu e Ruggero Valli, rispettivamente voce di Ponyo e Sosuke.
Forse il personaggio più "difficile" (ma anche quello più interessante) è Fujimoto, e Massimo Corvo non poteva far di meglio. Note di merito anche a Laura Romano, Carlo Scipioni e Sabrina Duranti, ognuno perfetto nel suo ruolo.
Ponyo è veramente un film come un film dovrebbe essere. Voleva essere una favola dolce, e se si ha voglia di guardare una favola dolce, allora si deve guardare Ponyo. L'ho trovato azzeccato sotto tutti i punti di vista, i personaggi sono caratterizzati splendidamente, la storia è fresca e soave, la realizzazione tecnica da capogiro (e qui dubbi proprio non se ne potevano avere), da ultimo l'adattamento italiano ed il doppiaggio, che ho trovato davvero di alto livello (a proposito, vorrei fare un plauso ai doppiatori di Ponyo e Sosuke, rispettivamente Agnese Marteddu e Ruggero Valli, 2 giovani virgulti di soli 10 anni: bravi, bravi, bravi!). Il film non trasmette mai preoccupazione, perché nel mondo di Ponyo preoccupazioni non ne esistono, anche i momenti che dovrebbero essere drammatici, in realtà non lo sono, perché si è già sicuri che tutto andrà per il verso giusto. Si potrebbe pensare che ciò sia un difetto, che il film sia scontato o privo di pathos, ma in realtà Ponyo DOVEVA essere così, il vero sacrilegio sarebbe stato inserirvi epiloghi tristi o antagonisti malvagi. Perché, come già ho detto, Ponyo è proprio come doveva e voleva essere.
Guardatelo ora che potete, non perdete queste rare occasioni di cui disponiamo per goderci al cinema qualcosa di veramente bello.
Guardatelo ora che potete, non perdete queste rare occasioni di cui disponiamo per goderci al cinema qualcosa di veramente bello.
Hayao Miyazaki non delude mai. Dopo gli stupendi chiaroscuri della "Citta Incantata" e de "Il Castello Errante di Howl" arriva Ponyo sulla scogliera, un film bello, solare e semplice. Proprio la semplicità è la sua forza, una trama lineare in cui l'amore la fa da padrone, un amore così bello e puro così diretto che quasi mette in imbarazzo chi è adulto infatti saranno 2 bambini a rendersi protagonisti di questa splendida storia: Miyazaki ci narra la storia senza troppi fronzoli e retorica ma con la sua unica e inconfondibile poetica. Non manca in sottofondo la classica tematica ambientalista, che ci mostra un mare stuprato dall'ignavia e la noncuranza dell'uomo. I personaggi sono tutti ottimamente caratterizzati, la dolcezza e l'energia di Ponyo sono coinvolgenti come la grinta e la tenacia di Sosuke anche il resto del cast è ottimamente tratteggiato, anche se forse ci si è soffermati poco su Fujimoto e Granmammare. Per quanto riguarda l'animazione è davvero così bella da mozzare il fiato,dei fondali con dei paesaggi splendidi e dei colori così vivi da sembrare reali.
Ancora una volta mi trovo a ringraziare questo grande uomo e regista perchè sa regalarci emozioni davvero uniche.
Ancora una volta mi trovo a ringraziare questo grande uomo e regista perchè sa regalarci emozioni davvero uniche.
Perché i film di Miyazaki vengono sempre trasmessi in sordina e mai valorizzati abbastanza? Ieri sono andata a vedere un altro dei suoi capolavori d’animazione: Ponyo, sulla scogliera. Inutile dire che i disegni ad acquerelli sono bellissimi e i colori rendono benissimo,molto meglio di quelli computerizzati che i bambini sono soliti vedere ai giorni nostri. Chissà che fatica avranno fatto i disegnatori, ma alla fine la qualità paga sempre! Mi è piaciuto tutto, sia l’ambientazione (mi fa venire voglia di vivere in paesini come quello disegnato), e mi fa tenerezza il visino di Ponyo con tutte quelle sue espressioni buffe che ritroviamo solo nel viso di un bambino. Quando spruzza l’acqua in faccia alle persone poi è divertentissima. In sala si respirava una voglia di sapere come andasse a finire, se il “cattivo” (così veniva definito dai bambini seduti dietro di me) riuscisse a prendere Ponyo e portarla con sé nell’abisso o se riuscisse a diventare bambina per sempre. Commovente e tenera la scena della comunicazione con la luce del faro tra marito e moglie e lei permalosa che lo chiama “scemoooo”.(tipica permalosità femminile)
Divertenti le scene in cui Ponyo mangia insieme al bambino.
Impressionanti le scene dello tsunami (che, sempre a detta dei bambini, facevano paura e “ci piacevano un po’ meno”).
Bellissima la mamma di Ponyo, nella sua femminilità e dolcezza materna. vedere Ponyo correre sulle onde-sorelle, mi ha fatto ricordare con nostalgia a Conan il ragazzo del futuro. Mi è sembrato adatto il doppiaggio (ma del resto è risaputo che, sono molto bravi i nostri doppiatori italiani) e unica pecca, per quanto mi si può concedere, è il fatto che mi sembrava come se Miyazaki volesse quasi finire in fretta il film, mi sarebbe piaciuto descrivesse di più gli intenti del padre di Ponyo,come era arrivato in fondo al mare, e il suo rapporto con la madre. E poi ho notato rispetto agli altri film del maestro, che c’è solo una canzone (quella finale) e, anche se la canzone è carina e almeno il motivo è simile a quello giapponese, io avrei preferito, che si fosse fatto come per “il castello di Howl”, ossia lasciarla in lingua giapponese e metterci i sottotitoli. Comunque per me sono sempre belli i film di Miyazaki. Mi lasciano una bella sensazione quando esco dal cinema, mi viene voglia di lasciare tutto e fuggire via in paesini come quelli da lui disegnati. Mi ha fatto felice sentire durante l’intervallo un papà che telefonava ad un amico forse, e gli diceva è un film bellissimo, devi portare anche i tuoi bambini a vederlo. È sempre bello ritrovare anche in Ponyo il suo amore per la natura e la speranza e convinzione che i bambini con la loro innocenza e spontaneità. siano la salvezza del nostro domani.
Viva Miyazaki, e speriamo che la Lucky Red ci regali ancora tutti gli altri bellissimi capolavori.
Divertenti le scene in cui Ponyo mangia insieme al bambino.
Impressionanti le scene dello tsunami (che, sempre a detta dei bambini, facevano paura e “ci piacevano un po’ meno”).
Bellissima la mamma di Ponyo, nella sua femminilità e dolcezza materna. vedere Ponyo correre sulle onde-sorelle, mi ha fatto ricordare con nostalgia a Conan il ragazzo del futuro. Mi è sembrato adatto il doppiaggio (ma del resto è risaputo che, sono molto bravi i nostri doppiatori italiani) e unica pecca, per quanto mi si può concedere, è il fatto che mi sembrava come se Miyazaki volesse quasi finire in fretta il film, mi sarebbe piaciuto descrivesse di più gli intenti del padre di Ponyo,come era arrivato in fondo al mare, e il suo rapporto con la madre. E poi ho notato rispetto agli altri film del maestro, che c’è solo una canzone (quella finale) e, anche se la canzone è carina e almeno il motivo è simile a quello giapponese, io avrei preferito, che si fosse fatto come per “il castello di Howl”, ossia lasciarla in lingua giapponese e metterci i sottotitoli. Comunque per me sono sempre belli i film di Miyazaki. Mi lasciano una bella sensazione quando esco dal cinema, mi viene voglia di lasciare tutto e fuggire via in paesini come quelli da lui disegnati. Mi ha fatto felice sentire durante l’intervallo un papà che telefonava ad un amico forse, e gli diceva è un film bellissimo, devi portare anche i tuoi bambini a vederlo. È sempre bello ritrovare anche in Ponyo il suo amore per la natura e la speranza e convinzione che i bambini con la loro innocenza e spontaneità. siano la salvezza del nostro domani.
Viva Miyazaki, e speriamo che la Lucky Red ci regali ancora tutti gli altri bellissimi capolavori.
Miyazaki ci affascina di nuovo.
Con "Ponyo sulla scogliera", Hayao presenta un mondo incantevole, leggero, fantastico e reale al contempo.
La scelta molto particolare, che, ad un primo colpo d'occhio colpisce lo spettatore, sono i colori molto vivaci e “pastellati”. Questa scelta cromatica conferisce non solo un aura incantata al mondo, ma allo stesso tempo, riesce ad esasperarne taluni aspetti realistici da cui è composto.
L'elemento prevalente, e viene evidenziato sin da subito, è l'acqua intesa come oceani, mari, laghi e fiumi. Viene applicata a tale elemento una colorazione ed un animazione a tratti molto particolare e suggestiva, riuscendo addirittura a donare vita propria alle immense distese d'acqua presentate. Gli effetti audio, contribuiscono a rendere ancora più affascinanti tali portate di liquido, aumentandone la "potenza", mentre il doppiaggio difetta a volte di un certo carisma e personificazione. Partendo privi di pregiudizi (spesso positivi), si riescono a scorgere sbavature che anche se piccole sono comunque presenti. Un esempio palese dell’“imperfezione” dell’adattamento consta in un eccessiva fedeltà alla lingua madre del prodotto (vedesi i postfissi –chan non propriamente comuni in una lingua come quella italiana).
Bisogna ammettere però che unendo ambientazioni e personaggi è frequente sentirsi emozionati da frasi enfatiche distribuite a destra e a manca. In definitiva un doppiaggio di buonissimo livello.
La trama, per quanto semplice, riesce a rapire l'attenzione sin da subito nonostante verso la fine tenda a scemare, questo a causa della prevedibilità degli eventi. Vengono narrate le vicende di una pesciolina rossa con sembianze facciali umane che, spinta da curiosità e spirito d'intraprendenza, sfugge dal proprio guscio ed al proprio padre - padrone. Nel fuggire viene evidenziato spesso il sentimento del bello, prerogativa dell'essere umano, già insito in tale essere; stesso discorso vale ovviamente anche per la curiosità della protagonista. Ponyo, questo è il nome attribuito alla pesciolina da Sosuke, ragazzino di cinque anni che la salva da morte certa. Questa si imbatte nel mondo umano a lei ancora sconosciuto e dal quale resta immensamente affascinata. Menzionando un accenno di protesta contro l'inquinamento delle acque (nemmeno tanto nascosto), la storia scivola via che è un piacere, con leggerezza e serenità fino alla fine della prima parte.
Sosuke decide di prendersi cura di Ponyo, che viene catturata di nuovo, dopo vari tentativi, dal padre, il quale, ricondottala sotto la superficie marina, si rende conto del desiderio della figlia di divenire umana, e per evitare ciò la rinchiude in una bolla dalla quale non può uscire. Nonostante tutto Ponyo riesce a fuggire, grazie all’aiuto delle sue sorelle minori, e a ritornare dal suo Sosuke; ma, facendo ciò, libera una sorta di sostanza o essenza definibile come lo "spirito del mare", il quale crea sconvolgimenti climatici su vastissima scala. Una volta ritrovatisi i due, la trama subisce una sorta di rallentamento perdendo di mordente e curiosità. Dopo varie peripezie e tentativi di suscitare curiosità nello spettatore (ma senza riuscirvi mai seriamente), Sosuke viene posto dinanzi alla tanto tradizionale e banale delle prove: "<i>vuoi stare con Ponyo pur sapendo che è pesce e non un umana?</i>"
Ovviamente per il più classico degli happy - end il bambino con tanta innocenza quanto carisma e determinazione dichiara il suo affetto per Ponyo, che così, grazie ad un suo bacio, può trasformarsi definitivamente in un essere umano rinunciando ai suoi poteri. Lungo la storia vengono spesso presentati elementi che suscitano curiosità nello spettatore, il quale inizia ad avere grosse pretese per quanto riguarda i misteri celati dietro certi accadimenti e parole dette e non dette; ma soprattutto si inizia a sperare in una fine piena zeppa di rivelazioni. Tali pretese e speranze finiscono per essere deluse fortemente da un finale prevedibile, scialbo e senza grosse pretese.
I pochi argomenti trattati non sono di grande spessore e vengono esemplificati con poche immagini (come per esempio la già citata denuncia all'inquinamento delle acque).
La cosa che però stupisce è il come, anche con poche battute semplici, i personaggi dimostrino un indubbio spessore psicologico, curato in ogni dettaglio. Ponyo è il personaggio più interessante in quanto incarna la spontaneità, la semplicità e la curiosità di un essere giovane, il quale sprizza energia e voglia di fare da tutti i pori. Sosuke invece si rivela essere un piccolo uomo, fiducioso nel futuro e nelle proprie possibilità nonché molto affezionato ai propri cari. Questa sua innaturale maturità sembra scaturire dal fatto che è spesso costretto a vivere senza il padre (capitano di una nave),che spesso si trova a stare in mare per lavoro. La madre di Sosuke ed il padre di Ponyo infine sono i personaggi più curiosi in quanto eccedono in tutto ciò che fanno, anche se in modi e situazioni differenti.
In conclusione quest'ultimo lavoro di Miyazaki risulta essere molto piacevole, mirando esplicitamente ad un pubblico più piccino, enfatizzando le situazioni con colori ed avvenimenti tanto paradossali quanto magici e fantasiosi.
Tutto ciò senza scordare ciò che attrae anche un pubblico più adulto (che in definitiva risulta essere il più affascinato dal film).
Ci si trova così d'innanzi ad una buona opera che non eccelle né in pregi né in difetti, proponendo una visione abbastanza rilassante e spensierata per tutte la fasce d'età.
Con "Ponyo sulla scogliera", Hayao presenta un mondo incantevole, leggero, fantastico e reale al contempo.
La scelta molto particolare, che, ad un primo colpo d'occhio colpisce lo spettatore, sono i colori molto vivaci e “pastellati”. Questa scelta cromatica conferisce non solo un aura incantata al mondo, ma allo stesso tempo, riesce ad esasperarne taluni aspetti realistici da cui è composto.
L'elemento prevalente, e viene evidenziato sin da subito, è l'acqua intesa come oceani, mari, laghi e fiumi. Viene applicata a tale elemento una colorazione ed un animazione a tratti molto particolare e suggestiva, riuscendo addirittura a donare vita propria alle immense distese d'acqua presentate. Gli effetti audio, contribuiscono a rendere ancora più affascinanti tali portate di liquido, aumentandone la "potenza", mentre il doppiaggio difetta a volte di un certo carisma e personificazione. Partendo privi di pregiudizi (spesso positivi), si riescono a scorgere sbavature che anche se piccole sono comunque presenti. Un esempio palese dell’“imperfezione” dell’adattamento consta in un eccessiva fedeltà alla lingua madre del prodotto (vedesi i postfissi –chan non propriamente comuni in una lingua come quella italiana).
Bisogna ammettere però che unendo ambientazioni e personaggi è frequente sentirsi emozionati da frasi enfatiche distribuite a destra e a manca. In definitiva un doppiaggio di buonissimo livello.
La trama, per quanto semplice, riesce a rapire l'attenzione sin da subito nonostante verso la fine tenda a scemare, questo a causa della prevedibilità degli eventi. Vengono narrate le vicende di una pesciolina rossa con sembianze facciali umane che, spinta da curiosità e spirito d'intraprendenza, sfugge dal proprio guscio ed al proprio padre - padrone. Nel fuggire viene evidenziato spesso il sentimento del bello, prerogativa dell'essere umano, già insito in tale essere; stesso discorso vale ovviamente anche per la curiosità della protagonista. Ponyo, questo è il nome attribuito alla pesciolina da Sosuke, ragazzino di cinque anni che la salva da morte certa. Questa si imbatte nel mondo umano a lei ancora sconosciuto e dal quale resta immensamente affascinata. Menzionando un accenno di protesta contro l'inquinamento delle acque (nemmeno tanto nascosto), la storia scivola via che è un piacere, con leggerezza e serenità fino alla fine della prima parte.
Sosuke decide di prendersi cura di Ponyo, che viene catturata di nuovo, dopo vari tentativi, dal padre, il quale, ricondottala sotto la superficie marina, si rende conto del desiderio della figlia di divenire umana, e per evitare ciò la rinchiude in una bolla dalla quale non può uscire. Nonostante tutto Ponyo riesce a fuggire, grazie all’aiuto delle sue sorelle minori, e a ritornare dal suo Sosuke; ma, facendo ciò, libera una sorta di sostanza o essenza definibile come lo "spirito del mare", il quale crea sconvolgimenti climatici su vastissima scala. Una volta ritrovatisi i due, la trama subisce una sorta di rallentamento perdendo di mordente e curiosità. Dopo varie peripezie e tentativi di suscitare curiosità nello spettatore (ma senza riuscirvi mai seriamente), Sosuke viene posto dinanzi alla tanto tradizionale e banale delle prove: "<i>vuoi stare con Ponyo pur sapendo che è pesce e non un umana?</i>"
Ovviamente per il più classico degli happy - end il bambino con tanta innocenza quanto carisma e determinazione dichiara il suo affetto per Ponyo, che così, grazie ad un suo bacio, può trasformarsi definitivamente in un essere umano rinunciando ai suoi poteri. Lungo la storia vengono spesso presentati elementi che suscitano curiosità nello spettatore, il quale inizia ad avere grosse pretese per quanto riguarda i misteri celati dietro certi accadimenti e parole dette e non dette; ma soprattutto si inizia a sperare in una fine piena zeppa di rivelazioni. Tali pretese e speranze finiscono per essere deluse fortemente da un finale prevedibile, scialbo e senza grosse pretese.
I pochi argomenti trattati non sono di grande spessore e vengono esemplificati con poche immagini (come per esempio la già citata denuncia all'inquinamento delle acque).
La cosa che però stupisce è il come, anche con poche battute semplici, i personaggi dimostrino un indubbio spessore psicologico, curato in ogni dettaglio. Ponyo è il personaggio più interessante in quanto incarna la spontaneità, la semplicità e la curiosità di un essere giovane, il quale sprizza energia e voglia di fare da tutti i pori. Sosuke invece si rivela essere un piccolo uomo, fiducioso nel futuro e nelle proprie possibilità nonché molto affezionato ai propri cari. Questa sua innaturale maturità sembra scaturire dal fatto che è spesso costretto a vivere senza il padre (capitano di una nave),che spesso si trova a stare in mare per lavoro. La madre di Sosuke ed il padre di Ponyo infine sono i personaggi più curiosi in quanto eccedono in tutto ciò che fanno, anche se in modi e situazioni differenti.
In conclusione quest'ultimo lavoro di Miyazaki risulta essere molto piacevole, mirando esplicitamente ad un pubblico più piccino, enfatizzando le situazioni con colori ed avvenimenti tanto paradossali quanto magici e fantasiosi.
Tutto ciò senza scordare ciò che attrae anche un pubblico più adulto (che in definitiva risulta essere il più affascinato dal film).
Ci si trova così d'innanzi ad una buona opera che non eccelle né in pregi né in difetti, proponendo una visione abbastanza rilassante e spensierata per tutte la fasce d'età.
<b>La Trama.</b> Ponyo, un essere marino a metà tra un pesce ed una bambina, fugge dalla sua casa in fondo al mare su di una medusa ed arriva sulla terra ferma. Lì incontra un ragazzino, il cui nome è Sousuke, che la libera da un barattolo in cui era intrappolata per via dei numerosi rifiuti che risiedevano in mare. Sousuke e Ponyo sviluppano una profonda amicizia nel breve tempo in cui stanno insieme, finché il padre di Ponyo, Fujimoto, non la cattura e la riporta a casa, manifestando un profondo odio verso gli esseri umani. La bambina-pesce però ama Sousuke e riesce quindi a fuggire nuovamente, diventando una bambina vera. Ciò causa uno sconvolgimento nell’equilibrio tra mondo terrestre e mondo marino, e un terribile tsunami si abbatte sulla città di Sousuke. Ponyo e Sousuke si ricongiungono, ma Risa, sua madre, preoccupata per le sorti del luogo in cui lavora, decide di ritornarvici durante la notte. La mattina seguente Ponyo e Sousuke prendono il mare tramite la barchetta del ragazzo, diventata più grande tramite la magia di Ponyo, e prendono il mare alla ricerca della madre Risa. Fujimoto e Granmammare comprendono il desiderio di Ponyo di diventare umana e decidono di esaudire il suo desiderio. Per diventarlo Sousuke dovrà, senza alcun timore, desiderare che Ponyo sia una bambina e accettarla così come è.
<b>I Primi 5 Minuti.</b> Sono sicuramente la parte migliore di tutto il film. Dimostrano in poco tempo, senza l’uso della parola, tutta la magnificenza dell’animazione e della musica. I fondali in pastello rendono sicuramente e danno uno stile insolito al tutto. La curiosità di Ponyo la spingono ad uscire dal suo mondo, e in quella breve scena viene caratterizzato completamente il suo carattere. Le musiche sono un breve accompagnamento che offrono un tocco in più alla scena, in un crescendo contemporaneo alla salita sulla superficie del mare, dai colori certamente più chiari, ma anche meno intensi dei fondali colorati (rappresentati efficacemente attraverso l’uso di pesci, alghe, rocce ed un particolare gioco di luci e di ombre durante l’apparizione di Fujimoto). E qui avviene l’incontro con Sousuke.
<b>Il Resto Della Prima Ora.</b> La trama scorre lineare, proprio come una storia per bambini. Reggono il tutto nuovamente lo stile del disegno, del modo in cui vengono rappresentati l’ambientazione e i personaggi, e i personaggi stessi, che appaiono ben caratterizzati e ognuno con un suo particolare disegno e carattere. La prima ora si alterna tra momenti più movimentati e altri più calmi, tutti e due funzionali alla comprensione della storia. Da una parte la tempesta, grande scena che descrive perfettamente il ritorno di Ponyo e l’atmosfera che si crea attorno alle sorti di alcuni personaggi (in primis Risa, che fa delle azioni degne di nota e infine scompare e Ponyo, che rischia più e più volte di morire, condizione accentuata dalla preoccupazione costante e presente dell’altro protagonista Sousuke) e dall’altra l’adattamento di Ponyo alla vita degli esseri umani, molto più calma e divertente.
<b>Gli Ultimi 40 Minuti.</b> Il film comincia a mostrare la corda, poiché le pecche che venivano ben nascoste dalla particolarità dello stile e dell’ambientazione cominciano a venire a galla. L’eccessiva semplicità della trama è una delle poche colpe che ha il film. La durata è eccessiva e i momenti completamente inutili si fanno sempre più frequenti, chissà, forse per allungare un po’ il brodo, o forse per rimarcare ancora una volta il carattere di Ponyo, anche se non ve ne è alcun bisogno. I personaggi migliori vengono accantonati per un momento, come Risa o la stessa Ponyo, dando più risalto alla preoccupazione di Sousuke, comprensibile per un bambino, ma a tratti esagerata, se non addirittura inutile. L’unica cosa che rimane è, appunto, il disegno, che però da solo non riesce a portare il film ai livelli della prima parte. Il finale risolleva il tutto, tramite alcune scene di grande impatto, anche se appare abbastanza scontato. Le scene delle signore anziane sono carine, ma la comparsa del personaggio di Granmammare non funziona poi tanto bene, anche solamente perché non è ben delineato (è una specie di personaggio-comparsa buono a tutto tondo) e serve per dare un finale alla vicenda.
<b>I Personaggi.</b> Un commento a parte meritano i personaggi, davvero ben realizzati, ma mal dosati nelle ultime scene del film. Alcuni sono ben caratterizzati: la madre di Sousuke, ad esempio, è uno dei personaggi migliori. Forte, coraggiosa, abbastanza infantile in alcune occasioni ma sempre pronta a consolare il figlio. E’ uno dei punti cardine del film. Anche Ponyo è un personaggio riuscito, in tutta la sua semplicità e infantilità di una bambina di 5 anni. Troppo risalto è dato all’altro bambino della vicenda, Sousuke, che comunque non è perfettamente delineato, complice anche una eccessiva somiglianza con il personaggio di Ponyo. Fujimoto e Granmammare simili a comparse: dell’uno non è mostrato nemmeno il motivo del suo odio verso gli esseri umani e dell’altra non è proprio mostrato nulla. Le vere comparse sono buone, soprattutto le signore anziane, le due bambine e i due coniugi, che aiutano a dare una miglior ambientazione alla città, facendola sembrare soprattutto viva e non una pura e semplice ambientazione per una storia.
<b>L’Adattamento Italiano.</b> Molto buone tutte le voci, sia dei protagonisti principali che delle comparse. Agnese Marteddu è ottima nell’interpretazione di Ponyo, che, come nell’originale, dà risalto all’ingenuità e alla semplicità attraverso un tono della voce infantile al punto giusto. Valli, sebbene il personaggio non mi sia parso dei migliori, offre comunque una buona visione di Sousuke per lo stesso motivo del doppiaggio di Ponyo. Laura Romano, Carlo Scipioni e Sabrina Duranti perfetti nelle loro parti. Massimo Corvo inizialmente non l’avevo visto bene sul personaggio di Fujimoto, ma durante il film mi sono dovuto ricredere. Unica pecca dell’adattamento Italiano è l’eccessiva fedeltà all’originale. Potrà apparire un controsenso, ma non è affatto così: ad esempio, il fatto di chiamare Sousuke con il –chan, quando si poteva trovare una strada alternativa, non essendo <i>comunissimo</i> nel linguaggio informale italiano (cioè, proprio impossibile da sentire). Riadattata ottimamente la musica nei titoli di coda.
<b>Giudizio Finale.</b> Miyazaki si presenta con un altro dei suoi capolavori, con un inconfondibile stile nel disegno e nella caratterizzazione del tutto, dando una propria anima al film. Poteva essere dosato in maniera migliore il tempo, magari con una qualche riduzione e qualche scena poteva anche essere ridotta, o addirittura completamente cancellata. La critica a carattere ecologico sull’inquinamento è stata sprecata al fine di rendere meno complicata la trama. All’inizio si nota l’inquinamento del mare, che porta Ponyo sulla scogliera e quindi all’incontro con Sousuke, ma poi non ne viene fatta più menzione, addirittura mostrando un mare limpido e privo di rifiuti nella parte finale, come se non ci fosse mai stato nulla. E’ un ottimo prodotto, migliore ad alcuni degli ultimi film di Miyazaki, pur non raggiungendo la vetta massima del regista. La pellicola non è esente da difetti, ma in generale si assicura un giudizio più che positivo.
<b>I Primi 5 Minuti.</b> Sono sicuramente la parte migliore di tutto il film. Dimostrano in poco tempo, senza l’uso della parola, tutta la magnificenza dell’animazione e della musica. I fondali in pastello rendono sicuramente e danno uno stile insolito al tutto. La curiosità di Ponyo la spingono ad uscire dal suo mondo, e in quella breve scena viene caratterizzato completamente il suo carattere. Le musiche sono un breve accompagnamento che offrono un tocco in più alla scena, in un crescendo contemporaneo alla salita sulla superficie del mare, dai colori certamente più chiari, ma anche meno intensi dei fondali colorati (rappresentati efficacemente attraverso l’uso di pesci, alghe, rocce ed un particolare gioco di luci e di ombre durante l’apparizione di Fujimoto). E qui avviene l’incontro con Sousuke.
<b>Il Resto Della Prima Ora.</b> La trama scorre lineare, proprio come una storia per bambini. Reggono il tutto nuovamente lo stile del disegno, del modo in cui vengono rappresentati l’ambientazione e i personaggi, e i personaggi stessi, che appaiono ben caratterizzati e ognuno con un suo particolare disegno e carattere. La prima ora si alterna tra momenti più movimentati e altri più calmi, tutti e due funzionali alla comprensione della storia. Da una parte la tempesta, grande scena che descrive perfettamente il ritorno di Ponyo e l’atmosfera che si crea attorno alle sorti di alcuni personaggi (in primis Risa, che fa delle azioni degne di nota e infine scompare e Ponyo, che rischia più e più volte di morire, condizione accentuata dalla preoccupazione costante e presente dell’altro protagonista Sousuke) e dall’altra l’adattamento di Ponyo alla vita degli esseri umani, molto più calma e divertente.
<b>Gli Ultimi 40 Minuti.</b> Il film comincia a mostrare la corda, poiché le pecche che venivano ben nascoste dalla particolarità dello stile e dell’ambientazione cominciano a venire a galla. L’eccessiva semplicità della trama è una delle poche colpe che ha il film. La durata è eccessiva e i momenti completamente inutili si fanno sempre più frequenti, chissà, forse per allungare un po’ il brodo, o forse per rimarcare ancora una volta il carattere di Ponyo, anche se non ve ne è alcun bisogno. I personaggi migliori vengono accantonati per un momento, come Risa o la stessa Ponyo, dando più risalto alla preoccupazione di Sousuke, comprensibile per un bambino, ma a tratti esagerata, se non addirittura inutile. L’unica cosa che rimane è, appunto, il disegno, che però da solo non riesce a portare il film ai livelli della prima parte. Il finale risolleva il tutto, tramite alcune scene di grande impatto, anche se appare abbastanza scontato. Le scene delle signore anziane sono carine, ma la comparsa del personaggio di Granmammare non funziona poi tanto bene, anche solamente perché non è ben delineato (è una specie di personaggio-comparsa buono a tutto tondo) e serve per dare un finale alla vicenda.
<b>I Personaggi.</b> Un commento a parte meritano i personaggi, davvero ben realizzati, ma mal dosati nelle ultime scene del film. Alcuni sono ben caratterizzati: la madre di Sousuke, ad esempio, è uno dei personaggi migliori. Forte, coraggiosa, abbastanza infantile in alcune occasioni ma sempre pronta a consolare il figlio. E’ uno dei punti cardine del film. Anche Ponyo è un personaggio riuscito, in tutta la sua semplicità e infantilità di una bambina di 5 anni. Troppo risalto è dato all’altro bambino della vicenda, Sousuke, che comunque non è perfettamente delineato, complice anche una eccessiva somiglianza con il personaggio di Ponyo. Fujimoto e Granmammare simili a comparse: dell’uno non è mostrato nemmeno il motivo del suo odio verso gli esseri umani e dell’altra non è proprio mostrato nulla. Le vere comparse sono buone, soprattutto le signore anziane, le due bambine e i due coniugi, che aiutano a dare una miglior ambientazione alla città, facendola sembrare soprattutto viva e non una pura e semplice ambientazione per una storia.
<b>L’Adattamento Italiano.</b> Molto buone tutte le voci, sia dei protagonisti principali che delle comparse. Agnese Marteddu è ottima nell’interpretazione di Ponyo, che, come nell’originale, dà risalto all’ingenuità e alla semplicità attraverso un tono della voce infantile al punto giusto. Valli, sebbene il personaggio non mi sia parso dei migliori, offre comunque una buona visione di Sousuke per lo stesso motivo del doppiaggio di Ponyo. Laura Romano, Carlo Scipioni e Sabrina Duranti perfetti nelle loro parti. Massimo Corvo inizialmente non l’avevo visto bene sul personaggio di Fujimoto, ma durante il film mi sono dovuto ricredere. Unica pecca dell’adattamento Italiano è l’eccessiva fedeltà all’originale. Potrà apparire un controsenso, ma non è affatto così: ad esempio, il fatto di chiamare Sousuke con il –chan, quando si poteva trovare una strada alternativa, non essendo <i>comunissimo</i> nel linguaggio informale italiano (cioè, proprio impossibile da sentire). Riadattata ottimamente la musica nei titoli di coda.
<b>Giudizio Finale.</b> Miyazaki si presenta con un altro dei suoi capolavori, con un inconfondibile stile nel disegno e nella caratterizzazione del tutto, dando una propria anima al film. Poteva essere dosato in maniera migliore il tempo, magari con una qualche riduzione e qualche scena poteva anche essere ridotta, o addirittura completamente cancellata. La critica a carattere ecologico sull’inquinamento è stata sprecata al fine di rendere meno complicata la trama. All’inizio si nota l’inquinamento del mare, che porta Ponyo sulla scogliera e quindi all’incontro con Sousuke, ma poi non ne viene fatta più menzione, addirittura mostrando un mare limpido e privo di rifiuti nella parte finale, come se non ci fosse mai stato nulla. E’ un ottimo prodotto, migliore ad alcuni degli ultimi film di Miyazaki, pur non raggiungendo la vetta massima del regista. La pellicola non è esente da difetti, ma in generale si assicura un giudizio più che positivo.
C’è gente come me che non ha la possibilità di andare al cinema quando vuole, ma quando può fare uno strappo alla regola, lo fa per film come Ponyo.
“Ponyo sulla scogliera” è l’ultima fatica del regista giapponese Hayao Miyazaki, e si distacca in modo visibile dalle sue precedenti opere, dato che questa volta ha cercato di produrre un film che potesse piacere a tutti, a gente di qualsiasi fascia d’età; che dire, c’è riuscito.
Mi accomodo alle 18.20 in sala, le prime immagini vengono proiettate sullo schermo, il regista ci offre immagini coloratissime e ricche di particolari, un fondale oceanico ricco di forme di vita. Immergersi in questo mondo color pastello è una goduria per gli occhi, tutti stanno con la bocca aperta ad ammirare le immagini. Miyazaki non si smentisce difatti, già dai primi minuti si nota la cura per i particolari, i colori accesi e vivaci. Dopo tutto questo il film entra nel vivo, la trama è semplice, ma non priva di spunti, Ponyo, una pesciolina rosso “dal viso umano” (così verrà definita da un personaggio del film), riesce a fuggire alle grinfie di suo padre, tale Fujimoto, la sua avventura si interromperà per il semplice fatto che rimane intrappolata in una rete, incastrandosi in un barattolo di vetro.
Verrà salvata da Sosuke, che porterà in giro la pesciolina in un secchiello traboccante d’acqua, affezionandosene.
Difatti questo film non punta tanto sulla trama, quanto più alle emozioni che raggiungono al mittente delle sue immagini oniriche, chi guarderà Ponyo vivrà in prima persona le emozioni provate dai due piccoli protagonisti, e qualche lacrima potrebbe calarsi anche sul viso del più gelido dei cuori.
La caratterizzazione dei personaggi è perfetta, il già citato Fujimoto per esempio, è quanto di più carismatico si potesse sperare, ed azzeccatissimo è anche il doppiatore italiano, Massimo Corvo, che con la sua voce riesce a rendere ancora più affascinante il personaggio. Una nota positiva va fatta infatti alla trasposizione italiana del film, i doppiaggi sono perfetti, e superiori alla media di molti altri film, e poi per gli appassionati dalla animazione nipponica sono stati mantenuti i suffissi come “chan”, e anche la canzone che ci accompagnerà per i titoli di coda è stata riadattata in modo ottimo.
Il film prosegue con la trasformazione in bambina di Ponyo, e la dolcezza della bambina riuscirà a strappare un sorriso a tutti. Il punto forte del film è giustappunto che la visione del mondo venga affidata agli occhi di un bambino di 5 anni, che con la sua ingenuità e sincerità renderà il mondo ancora più magico di quello che è. La parte finale ci regala una visione particolare, una luna stranamente vicina alla terra ha alzato in modo eccessivo il livello del mare (tra l’altro disegnato in modo perfetto), e la città sommersa viene popolata da creature preistoriche estinte, in questo ambiente colmo di natura si muoveranno Ponyo e Sosuke, a bordo di una barca utilizzabile grazie ai poteri prodigiosi della piccola bambina. Il film si presenta un ottimo prodotto, Miyazaki rinuncia ai suoi amati aeroplani, ma non al suo spirito ecologista (visibile nelle prime scene del film), ai suoi stupendi fondali fatti a mano e alla sua visione di un mondo già stupendo, ma migliorabile.
Un plauso va quindi alla Lucky Red e al regista del film, che hanno permesso che anche una persona normale, con le sue preoccupazioni e inquietudini, potesse vivere una serata in un mondo fatato, limpido e colorato.
“Ponyo sulla scogliera” è l’ultima fatica del regista giapponese Hayao Miyazaki, e si distacca in modo visibile dalle sue precedenti opere, dato che questa volta ha cercato di produrre un film che potesse piacere a tutti, a gente di qualsiasi fascia d’età; che dire, c’è riuscito.
Mi accomodo alle 18.20 in sala, le prime immagini vengono proiettate sullo schermo, il regista ci offre immagini coloratissime e ricche di particolari, un fondale oceanico ricco di forme di vita. Immergersi in questo mondo color pastello è una goduria per gli occhi, tutti stanno con la bocca aperta ad ammirare le immagini. Miyazaki non si smentisce difatti, già dai primi minuti si nota la cura per i particolari, i colori accesi e vivaci. Dopo tutto questo il film entra nel vivo, la trama è semplice, ma non priva di spunti, Ponyo, una pesciolina rosso “dal viso umano” (così verrà definita da un personaggio del film), riesce a fuggire alle grinfie di suo padre, tale Fujimoto, la sua avventura si interromperà per il semplice fatto che rimane intrappolata in una rete, incastrandosi in un barattolo di vetro.
Verrà salvata da Sosuke, che porterà in giro la pesciolina in un secchiello traboccante d’acqua, affezionandosene.
Difatti questo film non punta tanto sulla trama, quanto più alle emozioni che raggiungono al mittente delle sue immagini oniriche, chi guarderà Ponyo vivrà in prima persona le emozioni provate dai due piccoli protagonisti, e qualche lacrima potrebbe calarsi anche sul viso del più gelido dei cuori.
La caratterizzazione dei personaggi è perfetta, il già citato Fujimoto per esempio, è quanto di più carismatico si potesse sperare, ed azzeccatissimo è anche il doppiatore italiano, Massimo Corvo, che con la sua voce riesce a rendere ancora più affascinante il personaggio. Una nota positiva va fatta infatti alla trasposizione italiana del film, i doppiaggi sono perfetti, e superiori alla media di molti altri film, e poi per gli appassionati dalla animazione nipponica sono stati mantenuti i suffissi come “chan”, e anche la canzone che ci accompagnerà per i titoli di coda è stata riadattata in modo ottimo.
Il film prosegue con la trasformazione in bambina di Ponyo, e la dolcezza della bambina riuscirà a strappare un sorriso a tutti. Il punto forte del film è giustappunto che la visione del mondo venga affidata agli occhi di un bambino di 5 anni, che con la sua ingenuità e sincerità renderà il mondo ancora più magico di quello che è. La parte finale ci regala una visione particolare, una luna stranamente vicina alla terra ha alzato in modo eccessivo il livello del mare (tra l’altro disegnato in modo perfetto), e la città sommersa viene popolata da creature preistoriche estinte, in questo ambiente colmo di natura si muoveranno Ponyo e Sosuke, a bordo di una barca utilizzabile grazie ai poteri prodigiosi della piccola bambina. Il film si presenta un ottimo prodotto, Miyazaki rinuncia ai suoi amati aeroplani, ma non al suo spirito ecologista (visibile nelle prime scene del film), ai suoi stupendi fondali fatti a mano e alla sua visione di un mondo già stupendo, ma migliorabile.
Un plauso va quindi alla Lucky Red e al regista del film, che hanno permesso che anche una persona normale, con le sue preoccupazioni e inquietudini, potesse vivere una serata in un mondo fatato, limpido e colorato.
Ponyo è diverso dagli altri film di Miyazaki, la storia, i personaggi e i raffinati fondali del film ti fanno entrare completamente all'interno del film. La storia è tenera piena di colpi di scena, e penso di non aver mai visto due bambini così teneri. I fondali sono veramente mozzafiato (sopratutto la parte iniziale delle meduse) uniti alle colonne sonore di Joe Hisashi rendono il film meraviglioso e assolutamente da non perdere.
Devo dire che ho visto il film Ponyo, è un film bellissimo, prevale il rosso e il blu, molto kawaii sono i colori pastello e i personaggi molto kawaii anch'essi!! Trama bellissima e senza pretese, particolare è la mamma di Ponyo, strana e carismatica. Belli anche i vari modi per riprodurre l'acqua fondamentale elemento per la trama, bella l'idea dell'acqua a forma di acqua, bellissime le sorelle di Ponyo. Come sempre i fondali si commentano da soli, splendidi e suggestivi.
Ponyo offre finalmente qualcosa di diverso, si stacca dai precedenti film di Miyazaki e il suo inizio lo candida come uno dei migliori dall’autore. Sfortunatamente non è privo di difetti e la seconda parte ne limita le potenzialità; rimane comunque un film visivamente originale e meritevole, grazie soprattutto ad un paio di personaggi davvero ben caratterizzati.
Ponyo, un piccolo pesce rosso dal viso umano, spinta dalla curiosità, scappa dal padre. Dopo essersi imbattuta nel mondo degli uomini si caccia in un guaio che potrebbe costarle la vita se non fosse salvata da un bambino, Sasuke, che decide di tenerla e curarla. La mette in un secchiello e la porta a scuola, in tal modo inizia ad instaurarsi un curioso rapporto fra i due, che sembrano da subito essere molto affiatati. Il padre di Ponyo la rintraccia e riesce a riportarla in mare, gettando nello sconforto il piccolo Sasuke. La piccola riesce di nuovo a fuggire portando questa volta con sé le sorelle e, liberando le forza dell’oceano, riesce a ritrovare la casa del bambino e a diventare umana. Ma le forze liberate creano sconvolgimenti che mettono in pericolo non solo il piccolo Sasuke e le persone a lui care, ma forse gli equilibri stessi del pianeta…
La trama è semplice, lineare e prevedibile, in ciò Ponyo ricorda <i>Totoro</i>, altra opera del regista giapponese. Studio Ghibli ha apertamente annunciato di voler creare un’opera principalmente rivolta ai bambini e alle famiglie, pertanto decide di non puntare sulla storia raccontata, che visto il target doveva rimanere semplice, ma sulle emozioni trasmesse agli spettatori. Ponyo cattura gli astanti grazie all’onnipresente <b>sensazione del fantastico</b> che riesce ad evocare nella prima parte: per i primi minuti si rimarrà incollati a contemplare le meraviglie che accadono nel mare e a conoscere quello strano essere che è Ponyo, le sue curiose reazioni al mondo umano e ai primi approcci con gli abitanti della terraferma.
<b>Per la prima mezzora il film è davvero una meraviglia</b>, realizzato con delle scelte stilistiche davvero curiose. Belli i fondali a pastello, che staccano dai personaggi grazie all’<b>effetto matita colorata</b>, così vicino ai disegni che io stesso facevo, con ben altro esito, da bambino. Splendido il mare, che trascende le leggi della fisica, vivo e senza regole, con onde che si animano, diventano vive, per poi tornare al mare. Un mare terribile, che si stacca come stile dal resto, che passa dall’azzurro al blu scuro, trasmettendo a tratti pace e armonia, a tratti incutendo paura, impotenza e timore. Interessante anche il modo in cui sono realizzate navi e autoveicoli, che non cercano il realismo, ma si dimostrano di forme e definizione approssimativa, come se fossero quasi giocattoli. Le loro animazioni improbabili e esagerate offrono sequenze divertenti e dinamiche, che non sono nuove nelle opere miyazakiane, ma mai prima di oggi realizzate in tale modo.
A questo inizio davvero sorprendente si contrappone <b>una seconda parte più lenta</b>, in cui la sensazione del fantastico si allenta, Ponyo diventa umana e la storia rientra su binari più comuni. Esce di scena Lisa, un personaggio davvero ben riuscito, mentre Ponyo perde spazio a vantaggio di Sasuke, che diventa il perno degli eventi. Ma sfortunatamente il bambino si dimostra un po’ il punto debole dell’intera opera, il ritmo cala e la storia diventa più comune. Sasuke dovrà affrontare una crescita interiore e arrivare ad assumersi delle responsabilità, ma il percorso che dovrà affrontare sembra comunque in discesa e viene a mio parere a mancare un po’ di mordente. Anche le meraviglie che avevano tenuto desta l’attenzione dello spettatore nella prima parte appaiono meno sorprendenti, il paesaggio e le situazioni sono private della loro imprevedibilità e la magia, pur presente, non riesce a rinnovare i prodigi che a inizio film tanto mi avevano sorpreso.
Il finale, piacevole ma forse un po’ troppo consono, viene suggellato da una splendida canzone che, tuttavia, ho faticato ad ascoltare a causa degli scroscianti applausi.
Oltre l’aspetto tecnico meritano un’ulteriore analisi un paio di personaggi, riusciti davvero bene. Il primo è Ponyo che dalla sua fuga si dimostra spontanea, ingenua, curiosa, testarda e piena di vita. Tali caratteristiche la rendono adorabile e divertente, è facile affezionarsi a lei, tanto che quando assume un ruolo minore il film inizia a risentirne. Ancor più sorprendente, vista anche la parte apparentemente meno importante, è il personaggio di Lisa. Mai chiamata madre dal figlio, si dimostra un vero e proprio vulcano, giovane e attiva, capace di capire il figlio e matura nell’affrontare le proprie responsabilità, ma quasi infantile e sempre impulsiva nelle questioni più leggere.
Fujimoto, il padre di Ponyo, si presenta come un personaggio dal design insolito e pertanto incuriosisce, anche per alcuni comportamenti poco consoni, ma non gli viene offerto l’adeguato spazio e non è soggetto di alcuna introspezione, né il suo passato viene spiegato.
Il film infine si propone come abbastanza spensierato, si nota solo una critica all’inquinamento dei mari, che tuttavia rimane abbastanza fine a se stessa: ben evidente in una delle sequenze iniziali, dà il via all’incontro tra Ponyo e Sasuke, ma poi scompare e, verso la fine film, le acque appaiono limpide come non mai.
<b>Nel complesso ritengo Ponyo una buona prova di Miyazaki</b>. Studio Ghibli ha cercato di staccare con le più recenti opere, tornando a creare un prodotto con un target più giovane come Totoro o <i>Kiki’s Delivery Service</i>, scelta questa che si ripercuote anche nello stile, meno spettacolare e moderno, ma più ispirato e caratteristico, di quello visto ne <i>Il castello errante di Howl</i>.
Un buon prodotto le cui potenzialità sono state solo in parte sfruttate: sarebbe bastato qualche piccolo accorgimento e forse una ventina di minuti di durata in meno per renderlo una delle migliori opere di Miyazaki.
Ponyo, un piccolo pesce rosso dal viso umano, spinta dalla curiosità, scappa dal padre. Dopo essersi imbattuta nel mondo degli uomini si caccia in un guaio che potrebbe costarle la vita se non fosse salvata da un bambino, Sasuke, che decide di tenerla e curarla. La mette in un secchiello e la porta a scuola, in tal modo inizia ad instaurarsi un curioso rapporto fra i due, che sembrano da subito essere molto affiatati. Il padre di Ponyo la rintraccia e riesce a riportarla in mare, gettando nello sconforto il piccolo Sasuke. La piccola riesce di nuovo a fuggire portando questa volta con sé le sorelle e, liberando le forza dell’oceano, riesce a ritrovare la casa del bambino e a diventare umana. Ma le forze liberate creano sconvolgimenti che mettono in pericolo non solo il piccolo Sasuke e le persone a lui care, ma forse gli equilibri stessi del pianeta…
La trama è semplice, lineare e prevedibile, in ciò Ponyo ricorda <i>Totoro</i>, altra opera del regista giapponese. Studio Ghibli ha apertamente annunciato di voler creare un’opera principalmente rivolta ai bambini e alle famiglie, pertanto decide di non puntare sulla storia raccontata, che visto il target doveva rimanere semplice, ma sulle emozioni trasmesse agli spettatori. Ponyo cattura gli astanti grazie all’onnipresente <b>sensazione del fantastico</b> che riesce ad evocare nella prima parte: per i primi minuti si rimarrà incollati a contemplare le meraviglie che accadono nel mare e a conoscere quello strano essere che è Ponyo, le sue curiose reazioni al mondo umano e ai primi approcci con gli abitanti della terraferma.
<b>Per la prima mezzora il film è davvero una meraviglia</b>, realizzato con delle scelte stilistiche davvero curiose. Belli i fondali a pastello, che staccano dai personaggi grazie all’<b>effetto matita colorata</b>, così vicino ai disegni che io stesso facevo, con ben altro esito, da bambino. Splendido il mare, che trascende le leggi della fisica, vivo e senza regole, con onde che si animano, diventano vive, per poi tornare al mare. Un mare terribile, che si stacca come stile dal resto, che passa dall’azzurro al blu scuro, trasmettendo a tratti pace e armonia, a tratti incutendo paura, impotenza e timore. Interessante anche il modo in cui sono realizzate navi e autoveicoli, che non cercano il realismo, ma si dimostrano di forme e definizione approssimativa, come se fossero quasi giocattoli. Le loro animazioni improbabili e esagerate offrono sequenze divertenti e dinamiche, che non sono nuove nelle opere miyazakiane, ma mai prima di oggi realizzate in tale modo.
A questo inizio davvero sorprendente si contrappone <b>una seconda parte più lenta</b>, in cui la sensazione del fantastico si allenta, Ponyo diventa umana e la storia rientra su binari più comuni. Esce di scena Lisa, un personaggio davvero ben riuscito, mentre Ponyo perde spazio a vantaggio di Sasuke, che diventa il perno degli eventi. Ma sfortunatamente il bambino si dimostra un po’ il punto debole dell’intera opera, il ritmo cala e la storia diventa più comune. Sasuke dovrà affrontare una crescita interiore e arrivare ad assumersi delle responsabilità, ma il percorso che dovrà affrontare sembra comunque in discesa e viene a mio parere a mancare un po’ di mordente. Anche le meraviglie che avevano tenuto desta l’attenzione dello spettatore nella prima parte appaiono meno sorprendenti, il paesaggio e le situazioni sono private della loro imprevedibilità e la magia, pur presente, non riesce a rinnovare i prodigi che a inizio film tanto mi avevano sorpreso.
Il finale, piacevole ma forse un po’ troppo consono, viene suggellato da una splendida canzone che, tuttavia, ho faticato ad ascoltare a causa degli scroscianti applausi.
Oltre l’aspetto tecnico meritano un’ulteriore analisi un paio di personaggi, riusciti davvero bene. Il primo è Ponyo che dalla sua fuga si dimostra spontanea, ingenua, curiosa, testarda e piena di vita. Tali caratteristiche la rendono adorabile e divertente, è facile affezionarsi a lei, tanto che quando assume un ruolo minore il film inizia a risentirne. Ancor più sorprendente, vista anche la parte apparentemente meno importante, è il personaggio di Lisa. Mai chiamata madre dal figlio, si dimostra un vero e proprio vulcano, giovane e attiva, capace di capire il figlio e matura nell’affrontare le proprie responsabilità, ma quasi infantile e sempre impulsiva nelle questioni più leggere.
Fujimoto, il padre di Ponyo, si presenta come un personaggio dal design insolito e pertanto incuriosisce, anche per alcuni comportamenti poco consoni, ma non gli viene offerto l’adeguato spazio e non è soggetto di alcuna introspezione, né il suo passato viene spiegato.
Il film infine si propone come abbastanza spensierato, si nota solo una critica all’inquinamento dei mari, che tuttavia rimane abbastanza fine a se stessa: ben evidente in una delle sequenze iniziali, dà il via all’incontro tra Ponyo e Sasuke, ma poi scompare e, verso la fine film, le acque appaiono limpide come non mai.
<b>Nel complesso ritengo Ponyo una buona prova di Miyazaki</b>. Studio Ghibli ha cercato di staccare con le più recenti opere, tornando a creare un prodotto con un target più giovane come Totoro o <i>Kiki’s Delivery Service</i>, scelta questa che si ripercuote anche nello stile, meno spettacolare e moderno, ma più ispirato e caratteristico, di quello visto ne <i>Il castello errante di Howl</i>.
Un buon prodotto le cui potenzialità sono state solo in parte sfruttate: sarebbe bastato qualche piccolo accorgimento e forse una ventina di minuti di durata in meno per renderlo una delle migliori opere di Miyazaki.