Hadashi no Gen
"Se certa gente vedesse veramente la guerra non farebbe più certi discorsi."
Le parole di Daikichi Nakaoka, padre di Gen, pongono lo spettatore dinanzi ad un'inesorabile verità, ovvero che esiste una netta differenza tra vivere la guerra in prima persona sulla propria pelle e conoscerla invece per mezzo di storie e racconti, o almeno questo per quanto concerne noi esseri umani del XXI secolo. Questo perché le parole di Daikichi hanno un significato ancor più profondo che pone la differenza tra semplici cittadini e capi di Stato; i primi sono quelli che la guerra la patiscono più di tutti, mentre i secondi sono coloro che comandano, che la guerra la vogliono anche se sanno di non poter vincere e quindi coloro che lasciano morire i propri cittadini per nulla. Questa è la triste realtà del Giappone del 1945, quella di un paese in guerra ormai da quattro anni, una guerra che a conti fatti non può più vincere, ma che continua a combattere facendo soffrire il popolo intero.
In un periodo così buio, ad Hiroshima è ambientata la storia di Gen un ragazzino allegro e solare che vive a casa con il fratellino Shinji, la sorella Eiko, il padre Daikichi e infine la madre Kimie in dolce attesa. Tratto da una storia vera la famiglia di Gen, per colpa della guerra, fa fatica a sostentarsi e quel poco che hanno lo cedono generosamente alla madre per permettere al futuro bambino di nascere in salute. Nonostante ciò Gen e Shinji sembrano non aver ancora perso la spensieratezza che contraddistingue tutti i bambini della loro età. Però la loro vita e quella di migliaia di Giapponesi è destinata a cambiare totalmente il 6 e 9 Agosto del 1945, i giorni dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, che daranno vita ad un vero e proprio genocidio di massa. Come ci mostra l'anime stesso, le persone bruciano alla temperatura di 4000 gradi centigradi, la pelle si scioglie così come gli occhi e alla fine non resta che un corpo irriconoscibile e senza vita. E Gen che inerme assisterà alla perdita delle persone a lui più care è l'emblema della forza di volontà che spinge gli esseri umani ad andare avanti nonostante le difficoltà, spesso e volentieri più per qualcun altro che per noi stessi, ma questo poco importa.
Mori Masaki, regista dello straziante film d'animazione del 1983, riesce a colpire perfettamente nel segno. Lui che quella guerra l'ha vissuta la riporta su pellicola con abile maestria ma soprattutto grande realismo. Mostrandone gli orrori e mettendo lo spettatore dinanzi alla realtà nuda e cruda senza veli, così da far comprendere alle generazioni future l'importanza della pace, ma soprattutto quella di non commettere mai più un abominio del genere, che come ben sappiamo e come lo stesso Masaki ci dice nel film, ha avuto effetti disastrosi anche negli anni a venire.
Le parole di Daikichi Nakaoka, padre di Gen, pongono lo spettatore dinanzi ad un'inesorabile verità, ovvero che esiste una netta differenza tra vivere la guerra in prima persona sulla propria pelle e conoscerla invece per mezzo di storie e racconti, o almeno questo per quanto concerne noi esseri umani del XXI secolo. Questo perché le parole di Daikichi hanno un significato ancor più profondo che pone la differenza tra semplici cittadini e capi di Stato; i primi sono quelli che la guerra la patiscono più di tutti, mentre i secondi sono coloro che comandano, che la guerra la vogliono anche se sanno di non poter vincere e quindi coloro che lasciano morire i propri cittadini per nulla. Questa è la triste realtà del Giappone del 1945, quella di un paese in guerra ormai da quattro anni, una guerra che a conti fatti non può più vincere, ma che continua a combattere facendo soffrire il popolo intero.
In un periodo così buio, ad Hiroshima è ambientata la storia di Gen un ragazzino allegro e solare che vive a casa con il fratellino Shinji, la sorella Eiko, il padre Daikichi e infine la madre Kimie in dolce attesa. Tratto da una storia vera la famiglia di Gen, per colpa della guerra, fa fatica a sostentarsi e quel poco che hanno lo cedono generosamente alla madre per permettere al futuro bambino di nascere in salute. Nonostante ciò Gen e Shinji sembrano non aver ancora perso la spensieratezza che contraddistingue tutti i bambini della loro età. Però la loro vita e quella di migliaia di Giapponesi è destinata a cambiare totalmente il 6 e 9 Agosto del 1945, i giorni dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, che daranno vita ad un vero e proprio genocidio di massa. Come ci mostra l'anime stesso, le persone bruciano alla temperatura di 4000 gradi centigradi, la pelle si scioglie così come gli occhi e alla fine non resta che un corpo irriconoscibile e senza vita. E Gen che inerme assisterà alla perdita delle persone a lui più care è l'emblema della forza di volontà che spinge gli esseri umani ad andare avanti nonostante le difficoltà, spesso e volentieri più per qualcun altro che per noi stessi, ma questo poco importa.
Mori Masaki, regista dello straziante film d'animazione del 1983, riesce a colpire perfettamente nel segno. Lui che quella guerra l'ha vissuta la riporta su pellicola con abile maestria ma soprattutto grande realismo. Mostrandone gli orrori e mettendo lo spettatore dinanzi alla realtà nuda e cruda senza veli, così da far comprendere alle generazioni future l'importanza della pace, ma soprattutto quella di non commettere mai più un abominio del genere, che come ben sappiamo e come lo stesso Masaki ci dice nel film, ha avuto effetti disastrosi anche negli anni a venire.
"Hadashi no Gen" mi ha colpito particolarmente perché non presenta cliché, non ci sono risvolti scontati, difatti sono presenti scene che, seppur “crude”, esprimono a pieno le conseguenze atroci della guerra e, nel caso specifico, della bomba atomica. Il modo in cui viene rappresentata la guerra è “semplice” ma incisivo, forse un tantino troppo violento per la visione di un bambino, ma anche per questo resta cosi impresso nella memoria dello spettatore.
La famiglia di Gen è composta da personaggi maschili ai quali ci si affeziona ad ognuno per un motivo diverso, mentre la madre e la sorella in particolar modo hanno un ruolo più marginale, comunque poco incisivo (per quanto riguarda la prima parte del film). Il mio personaggio preferito è Shinji perché molto “realistico”, e la sua naturalezza lo rende particolarmente amabile. Per quanto riguarda Gen, è un personaggio che rappresenta un tema delicato ossia la crescita “prematura “ di un bambino che si ritrova ad avere responsabilità più grandi di lui a seguito della perdita di un genitore. Ed anche il suo modo di affrontare le varie difficoltà per un bambino è molto realistico.
Le parole del padre mi hanno profondamente colpito, sono ciò che dà la forza a Gen di crescere ed andare avanti, ritrovando la speranza riflessa nei ricordi degli insegnamenti del padre.
<b>Attenzione: la seguente parte contiene spoiler</b>
Il finale mi ha un po’ deluso, la parte in cui adottano il bambino che sembra Shinji l’ho trovata un tantino forzata.
<b>Fine della parte contenente spoiler</b>
“Hadashi no Gen” è un’opera che mi sento di consigliare a tutti, senza distinzione alcuna. Di solito c’è il luogo comune di considerare i manga ed in generale le opere cartacee superiori alla controparte filmica/animata, in questo caso mi è difficile pensare ad un fumetto addirittura migliore di questo film. La curiosità è tanta, leggerò presto il manga per confrontarlo e fare le dovute considerazioni.
La famiglia di Gen è composta da personaggi maschili ai quali ci si affeziona ad ognuno per un motivo diverso, mentre la madre e la sorella in particolar modo hanno un ruolo più marginale, comunque poco incisivo (per quanto riguarda la prima parte del film). Il mio personaggio preferito è Shinji perché molto “realistico”, e la sua naturalezza lo rende particolarmente amabile. Per quanto riguarda Gen, è un personaggio che rappresenta un tema delicato ossia la crescita “prematura “ di un bambino che si ritrova ad avere responsabilità più grandi di lui a seguito della perdita di un genitore. Ed anche il suo modo di affrontare le varie difficoltà per un bambino è molto realistico.
Le parole del padre mi hanno profondamente colpito, sono ciò che dà la forza a Gen di crescere ed andare avanti, ritrovando la speranza riflessa nei ricordi degli insegnamenti del padre.
<b>Attenzione: la seguente parte contiene spoiler</b>
Il finale mi ha un po’ deluso, la parte in cui adottano il bambino che sembra Shinji l’ho trovata un tantino forzata.
<b>Fine della parte contenente spoiler</b>
“Hadashi no Gen” è un’opera che mi sento di consigliare a tutti, senza distinzione alcuna. Di solito c’è il luogo comune di considerare i manga ed in generale le opere cartacee superiori alla controparte filmica/animata, in questo caso mi è difficile pensare ad un fumetto addirittura migliore di questo film. La curiosità è tanta, leggerò presto il manga per confrontarlo e fare le dovute considerazioni.
“È l’estate del 1945, tre anni e mezzo dopo lo scoppio della guerra tra il Giappone e gli Alleati. Nonostante i successi iniziali, i giapponesi hanno visto il corso della battaglia volgersi contro di loro. Gli americani hanno combattuto sul Pacifico, riportando un successo completo sui giapponesi. La flotta imperiale giapponese è stata neutralizzata, la sua forza aerea è stata annientata. Dalle basi aeree nelle isole gli americani ora controllano i B-29, le fortezze volanti capaci di colpire il Giappone. Una sistematica campagna di attacchi incendiari è condotta contro la città e i centri industriali. È il più devastante attacco mai eseguito contro bersagli civili. Nel frattempo, in America, Robert Oppenheimer e altri scienziati hanno trascorso questi 3 anni lavorando in segreto per sviluppare un nuovo tipo di bomba. Alla fine ci sono riusciti, ma il loro successo non è ancora conosciuto al mondo e certamente non ai cittadini di Hiroshima nell’estate del 1945”.
“Barefoot Gen” è un film di animazione giapponese del 1983 tratto dal celebre manga “Gen di Hiroshima” di Keiji Nakazawa.
Gen è un ammirevole bambino di Hiroshima che affronta insieme alla sua famiglia le difficoltà derivanti dalla guerra: povertà, malattie, morte. Suo padre lavora tutto il giorno per garantire il cibo alla moglie incinta, cosi emaciata e malnutrita da rischiare la perdita del bambino, il fratellino Shinji tra raid aerei e conseguenti fughe notturne inizia a responsabilizzarsi e loro sorella maggiore Eiko si dà da fare come può tra lavori e faccende domestiche preoccupata per la salute del nascituro. Nonostante sia un bambino maturo e responsabile, nella routine bellica Gen sottovaluta il pericolo, tanto da arrivare a rifugiarsi controvoglia durante gli assalti nemici ed esclamare: “sarà l’ennesimo aereo spia” all’avvistamento di un aereo americano.
Hiroshima, 6 Agosto 1945, ore: 8.15.
Le formiche abbandonano i nidi in branco.
Nel cielo limpido spunta solitario un B-29.
Il velivolo avanza, silenzioso.
Da circa 10.000 metri di altitudine viene sganciata “Little Boy”, la bomba atomica segretamente sviluppata dal governo americano.
L’ordigno si apre e plana lento verso il suolo.
Il tempo sembra fermarsi al sordo fischio dell’esplosione. L’impatto è devastante. Ciò che segue è quanto di più granguignolesco possiate immaginare.
Uomini carbonizzati che avanzano come zombie sfaldandosi a terra, corpi che si liquefanno sotto un cielo incandescente, occhi che penzolano fuori dalle orbite, edifici che esplodono, animali che bruciano, un popolo intero che cade in cromatismi infuocati di sangue. Successivamente una pioggia radioattiva si abbatte sulla città. L’acqua sgorga nera come una piaga contaminando i sopravvissuti, il loro cibo, le loro terre. Ancora uomini si trascinano come non morti senza senno. La gente sgorga sangue dagli orifizi, perde capelli, vomita intossicata tra lancinanti grida di disperazione. Il tutto visto dagli occhi di un bambino. Uno dei capitoli più bui della storia dell’umanità per una delle sequenze più impattanti mai viste nel cinema animato. Seppur questa è senza dubbio la scena più iconica, non è certo l’unica memorabile del film.
“Hadashi no Gen” è un racconto straziante, e ciò che rende il tutto ancora più raggelante è il fatto che questa sia un’opera autobiografica.
Il raccapriccio della guerra è espresso con l’efferatezza intrappolata negli occhi di chi l’ha vissuta in tutta la sua mostruosità.
Gen è l’alter-ego di Nakazawa, uno dei superstiti a quell’inferno di carne. L’impostazione narrativa è intimista e ragionata, rafforzata da quel tocco autobiografico utile ad imprimere realismo alla pellicola. Lodevole l’imparzialità dell’autore, che non demonizza l’America, anzi; non perde occasione per rimarcare il fatto che il governo giapponese abbia osato troppo, e che avrebbe dovuto dichiarare la resa diverso tempo prima la tragedia di Hiroshima, senza incaponirsi in una battaglia ormai persa. Il mostro bellico non è a stelle e strisce, ma incolore, come l’animo umano, e nero in tutte le sue sfumature. “Barefoot Gen” ci mostra la belligeranza in tutta la sua disumanità, la guerra in tutti i suoi obbrobri, senza bandiere, senza filtri, e coi giusti virtuosismi grafici.
Il disegno, visibilmente datato, fa ancora la sua figura, grazie anche ad un tratto estremamente pulito. Le musiche accompagnano molto bene e aiutano ad aumentare la tensione dello spettatore nelle scene più drammatiche. Purtroppo le voci originali non brillano per interpretazione e talvolta sono anche fuori sincro. Complessivamente comunque, il comparto tecnico è invecchiato ottimamente.
La regia dell’esordiente Mori Masaki, avvalorata dalle ispiratissime scelte grafiche di Tomizawa ed Oga, si presenta sobria e parsimoniosa, per deflagare poi in tutta la sua potenza visiva, esplodendo proprio come “Little Boy”. Si nota qualche errore di inesperienza ed anche qualche lieve sbavatura tecnica, tuttavia la prova d’esordio di Masaki fu più che soddisfacente. Piccola nota dolente: la durata del film. 83 minuti sono troppo pochi, l’adattamento di un manga di tre volumi dai cotanti contenuti necessitava indubbiamente qualche minuto in più per esprimere tutto il suo potenziale narrativo. Questo comporta una compressione generale della sceneggiatura, che risulta snellita ed a tratti un tantino precipitosa (come nella scena del parto).
La bomba su Hiroshima è una ferita ancora sanguinante, che probabilmente il Giappone non riuscirà mai a cicatrizzare, ma “Hadashi no Gen” è anche un racconto di speranza.
Emblematico l’insegnamento lasciato dal padre a Gen e Shinji:
“La sua vita comincia nella stagione più fredda dell’anno. Pioggia e vento lo colpiscono... e viene schiacciato dai piedi della gente... tuttavia, il grano stende le sue radici... e cresce. Il grano sopravvive”. Allo stesso modo, Gen viene al mondo in uno dei periodi storicamente più difficili del Giappone, e nonostante la guerra, la fame, e la perdita delle persone a lui più care, pianta le sue radici... e cresce... forte. Gen è il grano.
“Hadashi no Gen” è un capolavoro inspiegabilmente sconosciuto in Italia, dove non è mai arrivato e mai arriverà. L’unico modo per guardarlo è subbato in streaming. Precursore del ben più noto “Una tomba per le lucciole” e baluardo dell’animazione giapponese anni 80’, un periodo artisticamente particolarmente decadentista per il Giappone ("Tenshi no Tamago", "Akira", "Ken il guerriero"), “Barefoot Gen” riesce nell’intento di commuovere e sconvolgere, di fermare il tempo alle 8 e 15 di quel 6 agosto 1945. La bomba che dalla visuale dell’aereo si fa sempre più piccola per poi esplodere in tutta la sua strabordante violenza, è solo una delle molteplici sequenze che restano impresse per sempre nella mente di ogni appassionato di anime. La forma espressiva dell’opera prima di Masaki è metafora di un Giappone sfregiato, leso, sia dall’insensatezza assoluta della guerra che dal proprio stesso incommensurabile ed iperbolico onore; ma è allo stesso tempo allegoria del mutamento, della rinascita. Una meraviglia senza tempo, terrifica ed agghiacciante, incorniciata da un perfetto contrasto tra reale e teatrale.
Voto: 9,5
“Barefoot Gen” è un film di animazione giapponese del 1983 tratto dal celebre manga “Gen di Hiroshima” di Keiji Nakazawa.
Gen è un ammirevole bambino di Hiroshima che affronta insieme alla sua famiglia le difficoltà derivanti dalla guerra: povertà, malattie, morte. Suo padre lavora tutto il giorno per garantire il cibo alla moglie incinta, cosi emaciata e malnutrita da rischiare la perdita del bambino, il fratellino Shinji tra raid aerei e conseguenti fughe notturne inizia a responsabilizzarsi e loro sorella maggiore Eiko si dà da fare come può tra lavori e faccende domestiche preoccupata per la salute del nascituro. Nonostante sia un bambino maturo e responsabile, nella routine bellica Gen sottovaluta il pericolo, tanto da arrivare a rifugiarsi controvoglia durante gli assalti nemici ed esclamare: “sarà l’ennesimo aereo spia” all’avvistamento di un aereo americano.
Hiroshima, 6 Agosto 1945, ore: 8.15.
Le formiche abbandonano i nidi in branco.
Nel cielo limpido spunta solitario un B-29.
Il velivolo avanza, silenzioso.
Da circa 10.000 metri di altitudine viene sganciata “Little Boy”, la bomba atomica segretamente sviluppata dal governo americano.
L’ordigno si apre e plana lento verso il suolo.
Il tempo sembra fermarsi al sordo fischio dell’esplosione. L’impatto è devastante. Ciò che segue è quanto di più granguignolesco possiate immaginare.
Uomini carbonizzati che avanzano come zombie sfaldandosi a terra, corpi che si liquefanno sotto un cielo incandescente, occhi che penzolano fuori dalle orbite, edifici che esplodono, animali che bruciano, un popolo intero che cade in cromatismi infuocati di sangue. Successivamente una pioggia radioattiva si abbatte sulla città. L’acqua sgorga nera come una piaga contaminando i sopravvissuti, il loro cibo, le loro terre. Ancora uomini si trascinano come non morti senza senno. La gente sgorga sangue dagli orifizi, perde capelli, vomita intossicata tra lancinanti grida di disperazione. Il tutto visto dagli occhi di un bambino. Uno dei capitoli più bui della storia dell’umanità per una delle sequenze più impattanti mai viste nel cinema animato. Seppur questa è senza dubbio la scena più iconica, non è certo l’unica memorabile del film.
“Hadashi no Gen” è un racconto straziante, e ciò che rende il tutto ancora più raggelante è il fatto che questa sia un’opera autobiografica.
Il raccapriccio della guerra è espresso con l’efferatezza intrappolata negli occhi di chi l’ha vissuta in tutta la sua mostruosità.
Gen è l’alter-ego di Nakazawa, uno dei superstiti a quell’inferno di carne. L’impostazione narrativa è intimista e ragionata, rafforzata da quel tocco autobiografico utile ad imprimere realismo alla pellicola. Lodevole l’imparzialità dell’autore, che non demonizza l’America, anzi; non perde occasione per rimarcare il fatto che il governo giapponese abbia osato troppo, e che avrebbe dovuto dichiarare la resa diverso tempo prima la tragedia di Hiroshima, senza incaponirsi in una battaglia ormai persa. Il mostro bellico non è a stelle e strisce, ma incolore, come l’animo umano, e nero in tutte le sue sfumature. “Barefoot Gen” ci mostra la belligeranza in tutta la sua disumanità, la guerra in tutti i suoi obbrobri, senza bandiere, senza filtri, e coi giusti virtuosismi grafici.
Il disegno, visibilmente datato, fa ancora la sua figura, grazie anche ad un tratto estremamente pulito. Le musiche accompagnano molto bene e aiutano ad aumentare la tensione dello spettatore nelle scene più drammatiche. Purtroppo le voci originali non brillano per interpretazione e talvolta sono anche fuori sincro. Complessivamente comunque, il comparto tecnico è invecchiato ottimamente.
La regia dell’esordiente Mori Masaki, avvalorata dalle ispiratissime scelte grafiche di Tomizawa ed Oga, si presenta sobria e parsimoniosa, per deflagare poi in tutta la sua potenza visiva, esplodendo proprio come “Little Boy”. Si nota qualche errore di inesperienza ed anche qualche lieve sbavatura tecnica, tuttavia la prova d’esordio di Masaki fu più che soddisfacente. Piccola nota dolente: la durata del film. 83 minuti sono troppo pochi, l’adattamento di un manga di tre volumi dai cotanti contenuti necessitava indubbiamente qualche minuto in più per esprimere tutto il suo potenziale narrativo. Questo comporta una compressione generale della sceneggiatura, che risulta snellita ed a tratti un tantino precipitosa (come nella scena del parto).
La bomba su Hiroshima è una ferita ancora sanguinante, che probabilmente il Giappone non riuscirà mai a cicatrizzare, ma “Hadashi no Gen” è anche un racconto di speranza.
Emblematico l’insegnamento lasciato dal padre a Gen e Shinji:
“La sua vita comincia nella stagione più fredda dell’anno. Pioggia e vento lo colpiscono... e viene schiacciato dai piedi della gente... tuttavia, il grano stende le sue radici... e cresce. Il grano sopravvive”. Allo stesso modo, Gen viene al mondo in uno dei periodi storicamente più difficili del Giappone, e nonostante la guerra, la fame, e la perdita delle persone a lui più care, pianta le sue radici... e cresce... forte. Gen è il grano.
“Hadashi no Gen” è un capolavoro inspiegabilmente sconosciuto in Italia, dove non è mai arrivato e mai arriverà. L’unico modo per guardarlo è subbato in streaming. Precursore del ben più noto “Una tomba per le lucciole” e baluardo dell’animazione giapponese anni 80’, un periodo artisticamente particolarmente decadentista per il Giappone ("Tenshi no Tamago", "Akira", "Ken il guerriero"), “Barefoot Gen” riesce nell’intento di commuovere e sconvolgere, di fermare il tempo alle 8 e 15 di quel 6 agosto 1945. La bomba che dalla visuale dell’aereo si fa sempre più piccola per poi esplodere in tutta la sua strabordante violenza, è solo una delle molteplici sequenze che restano impresse per sempre nella mente di ogni appassionato di anime. La forma espressiva dell’opera prima di Masaki è metafora di un Giappone sfregiato, leso, sia dall’insensatezza assoluta della guerra che dal proprio stesso incommensurabile ed iperbolico onore; ma è allo stesso tempo allegoria del mutamento, della rinascita. Una meraviglia senza tempo, terrifica ed agghiacciante, incorniciata da un perfetto contrasto tra reale e teatrale.
Voto: 9,5
È incredibile che l'anime tratto dal manga (autobiografico) di Keiji Nakazawa che non sia mai stato portato nè adattato e che sia totalmente sconosciuto nel nostro paese; a mio parere può essere messo quasi sullo stesso piano di "una tomba delle lucciole. Le terribili sequenze dello sgancio della bomba che si abbattè il 6 agosto 1945 su Hiroshima, il modo con cui viene rappresentata la distruzione dell'esistenza del protagonista, la sua famiglia, lo scempio fisico al momento dell'esplosione (e anche successivamente per via delle radiazioni) dei suoi abitanti sono assai più crude e rimangono impresse a lungo nella retina dello spettatore. Ovviamente i disegni, le animazioni e la colonna sonora sono anni '80 ma funzionano perfettamente anche oggi; un pugno allo stomaco, ma da vedere.
Anche se spesso guardando anime recenti ho la vaga impressione che i giapponesi l'abbiano dimenticato, la tragedia di Hiroshima e Nagasaki è stata una delle più grandi ferite ricevute dal loro popolo. Tale nefasto evento è stato ricordato nella maggiorparte degli anime e manga che vanno dagli anni '60 fino agli inizi del ventunesimo secolo - tra i più recenti mi torna subito in mente l'apocalittico e validissimo "Saikano" -. Sopratutto durante il periodo della guerra fredda, in cui la minaccia atomica era temuta in tutto il mondo, nell'animazione giapponese fiorivano molte opere apocalittiche e impegnate sull'argomento. "Barefoot Gen"si colloca perfettamente in questo tipo di opere (non a caso è uscito nel 1983, lo stesso anno di "Dunbine", l'anime di Tomino in cui è presente uno dei più grandi moniti autorali nei confronti della guerra e delle armi nucleari). Siamo di fronte ad un lungometraggio tratto dall'omonimo manga autobiografico di Keiji Nakazawa. Autobiografico, è questa la parola che sconvolge: quello che vedremo in "Barefoot Gen" è la vera e propria testimonianza di un bambino riuscito a sopravvivere alla tragedia nucleare di Hiroshima.
Allo stesso modo di"Grave of the Fireflies" di Isao Takahata, "Barefoot Gen" racconta la guerra vissuta dalle persone comuni. Gen, l'alter ego di Nakazawa da bambino, è uno dei tre fratelli di una comune famiglia come tante altre, la quale vive in tempo di guerra. Malnutrizione, inquietanti sirene le quali avvisano la popolazione dell'imminente bombardamento, proibizioni di vario tipo... questa è la realtà della povera gente la quale non può in alcun modo opporsi alle decisioni dei potenti. Gli oscuri, inquietanti ed impersonali aerei americani, i quali compiono iteratamente bombardamenti a tappeto, fanno da pesante contrasto alla spensieratezza di due bambini allegri e innocenti, i quali vanno a rubare una carpa nel laghetto di un santuario buddhista per non far morire di fame la loro mamma (prendendosi pure una buona dose di legnate dal monaco che li scova). Nel film si respira un'insolita e veritiera atmosfera di tensione, resa molto bene sia dalla natura autobiografica della storia che dalle ottime musiche ed effetti sonori, i quali contribuiscono ad infondere un'angoscia molto marcata allo spettatore.
I raid aerei avvenivano in modo molto regolare; la gente veniva avvisata dai tetri suoni delle sirene, mollava tutto e si rifugiava nel sottosuolo. L'attacco nucleare invece no. Avvenne in pieno giorno, quando le persone comuni non se lo aspettavano. Il "Little Boy" fu sganciato su Hiroshima da un aereo monolitico, solitario là nel cielo azzurro, quanto mai assimilabile ad un tetro angelo meccanico portatore di morte e distruzione. In tutta la sua crudezza e realismo, la scena dello sgancio della bomba atomica su Hiroshima di "Barefoot Gen" è una delle visioni che più rimangono impresse nella propria carriera di appassionati di anime. Prima della caduta del "Little Boy", le formiche avevano percepito l'imminenza della catastrofe, ed avevano manifestato strani comportamenti uscendo in massa dai loro nidi; dopodiché, con grande angoscia, si assiste alla letterale vaporizzazione di una madre con i figli piccoli in braccio; gli occhi cascano giù dalle orbite ondulando e disintegrandosi a loro volta; un cane impazzisce, sbava, lancia latrati acuti ed angoscianti, si agita con gli occhi fissi e iniettati di sangue, viene a sua volta distrutto, annichilito; le vetrate dei negozi si frantumano e le schegge di vetro si piantano nella pelle, negli occhi, nella bocca, nelle braccia, nelle gambe di uomini, donne e bambini; un cavallo sbizzarrito prende fuoco e si sfracella stridendo dal dolore. Ma le più gravi conseguenze si manifestano dopo l'esplosione: i soldati evacuano sangue, perdono i capelli, muoiono tra atroci sofferenze per l'intossicazione radioattiva; arrivano piogge avvelenate che uccidono immediatamente i poveri disgraziati che ne bevono l'acqua - uomini prima sani, con la loro vita e i loro affetti, che adesso paiono zombi dalle carni putride, bruciate, nerastre, dai volti e dalle fattezze mostruose -. Scene del genere, anche se in parte falsate dalla finzione intrinseca al mezzo di comunicazione "anime", rimangono impresse per giorni, danno ampi spunti di riflessione su quanto la guerra - quella vera, vissuta, non quella su cui si fanno tante belle parole, entusiasmi, filosofia e idealizzazioni - sia lo schifo più totale, una grandissima porcata in grado di produrre innumerevoli raccapriccianti abomini.
"Barefoot Gen" riesce a non scadere nell'antiamericanismo fine a sé stesso. La brutta figura la fanno pure i politici giapponesi. Nel film viene ribadito più volte come le alte sfere del governo abbiano rifiutato di arrendersi immediatamente dopo i bombardamenti a tappeto, ripetendo nuovamente lo stesso errore dopo la tragedia di Hiroshima. Questa negligenza causerà nuovamente dolore, morte e disperazione, con il successivo attacco nucleare americano a Nagasaki. Dopodiché, resa incondizionata. L'umiliazione più totale ai danni di un popolo fiero, orgoglioso, assai chiuso nella sua stessa tradizione e cultura. Gli anime e manga degli anni '60 e '70 saranno i più influenzati dalla tragedia del dopoguerra giapponese; in essi domineranno il melodramma, le atmosfere cupe (si pensi alla distruzione che aleggia nella prima serie di Casshern del '73), la povertà, l'ambivalenza nei confronti della scienza (caratteristica anch'essa presente nel celebre esempio di Casshern, così come nell'opera di Go Nagai e di molti altri autori del periodo). Lo stesso manga originale di "Barefoot Gen" si colloca in questa corrente di umiliazione, tristezza e dolore di un'intero popolo.
Essendo tratto da un manga abbastanza consistente, a parte la scena del bombardamento atomico e delle sue conseguenze, per quanto riguarda le vicende autobiografiche dell'autore/Gen, il tutto sembra abbastanza compresso, ed il finale, per quanto sia ottimista e carico di speranza verso le nuove generazioni, pare un po' troppo "tagliato", incompleto. Esiste tuttavia un sequel del film, "Barefoot Gen 2", il quale traspone in animazione degli eventi addizionali mutuati dal manga. Spesso in questo film le reazioni psicologiche dei personaggi alla tragedia paiono un po' inverosimili, come ad esempio quelle di Gen, il quale riesce a guardare avanti nella vita con un'insana forza di volontà nonostante abbia vissuto una delle esperienze più devastanti in assoluto. Oppure quelle delle madre, la quale si ritrova sul punto d'impazzire dalla disperazione e poco dopo è tutta tranquilla e serena in mezzo all'inferno. Molto probabilmente in un film di circa un'ora e mezza non c'è stato modo di rendere l'idea del tempo necessario alle persone per guarire le ferite dell'animo; oppure, data la natura autobiografica dei fatti, può essere che le persone attorno a Gen siano state veramente così forti dentro da riuscire a rimanere tutte d'un pezzo dopo aver vissuto molteplici traumi devastanti. Tetre vicende in grado di frantumare la psicologia della persona più equilibrata e sana di mente sulla faccia della terra (quella di "Barefoot Gen" era comunque un'altra generazione, quanto mai temprata dalla durezza della guerra). Tuttavia, a mostrare cosa veramente vuol dire "bombardamento nucleare su civili", "Barefoot Gen" riesce alla grande, tra l'altro con un'ottima regia. Ed è per questo che consiglio il film, il quale andrebbe fatto vedere nelle scuole al fine di far riflettere un po' i bambini (e anche gli adulti, i quali spesso hanno ancora meno coscienza dei pargoli e si dimostrano assai più ottusi di loro).
Allo stesso modo di"Grave of the Fireflies" di Isao Takahata, "Barefoot Gen" racconta la guerra vissuta dalle persone comuni. Gen, l'alter ego di Nakazawa da bambino, è uno dei tre fratelli di una comune famiglia come tante altre, la quale vive in tempo di guerra. Malnutrizione, inquietanti sirene le quali avvisano la popolazione dell'imminente bombardamento, proibizioni di vario tipo... questa è la realtà della povera gente la quale non può in alcun modo opporsi alle decisioni dei potenti. Gli oscuri, inquietanti ed impersonali aerei americani, i quali compiono iteratamente bombardamenti a tappeto, fanno da pesante contrasto alla spensieratezza di due bambini allegri e innocenti, i quali vanno a rubare una carpa nel laghetto di un santuario buddhista per non far morire di fame la loro mamma (prendendosi pure una buona dose di legnate dal monaco che li scova). Nel film si respira un'insolita e veritiera atmosfera di tensione, resa molto bene sia dalla natura autobiografica della storia che dalle ottime musiche ed effetti sonori, i quali contribuiscono ad infondere un'angoscia molto marcata allo spettatore.
I raid aerei avvenivano in modo molto regolare; la gente veniva avvisata dai tetri suoni delle sirene, mollava tutto e si rifugiava nel sottosuolo. L'attacco nucleare invece no. Avvenne in pieno giorno, quando le persone comuni non se lo aspettavano. Il "Little Boy" fu sganciato su Hiroshima da un aereo monolitico, solitario là nel cielo azzurro, quanto mai assimilabile ad un tetro angelo meccanico portatore di morte e distruzione. In tutta la sua crudezza e realismo, la scena dello sgancio della bomba atomica su Hiroshima di "Barefoot Gen" è una delle visioni che più rimangono impresse nella propria carriera di appassionati di anime. Prima della caduta del "Little Boy", le formiche avevano percepito l'imminenza della catastrofe, ed avevano manifestato strani comportamenti uscendo in massa dai loro nidi; dopodiché, con grande angoscia, si assiste alla letterale vaporizzazione di una madre con i figli piccoli in braccio; gli occhi cascano giù dalle orbite ondulando e disintegrandosi a loro volta; un cane impazzisce, sbava, lancia latrati acuti ed angoscianti, si agita con gli occhi fissi e iniettati di sangue, viene a sua volta distrutto, annichilito; le vetrate dei negozi si frantumano e le schegge di vetro si piantano nella pelle, negli occhi, nella bocca, nelle braccia, nelle gambe di uomini, donne e bambini; un cavallo sbizzarrito prende fuoco e si sfracella stridendo dal dolore. Ma le più gravi conseguenze si manifestano dopo l'esplosione: i soldati evacuano sangue, perdono i capelli, muoiono tra atroci sofferenze per l'intossicazione radioattiva; arrivano piogge avvelenate che uccidono immediatamente i poveri disgraziati che ne bevono l'acqua - uomini prima sani, con la loro vita e i loro affetti, che adesso paiono zombi dalle carni putride, bruciate, nerastre, dai volti e dalle fattezze mostruose -. Scene del genere, anche se in parte falsate dalla finzione intrinseca al mezzo di comunicazione "anime", rimangono impresse per giorni, danno ampi spunti di riflessione su quanto la guerra - quella vera, vissuta, non quella su cui si fanno tante belle parole, entusiasmi, filosofia e idealizzazioni - sia lo schifo più totale, una grandissima porcata in grado di produrre innumerevoli raccapriccianti abomini.
"Barefoot Gen" riesce a non scadere nell'antiamericanismo fine a sé stesso. La brutta figura la fanno pure i politici giapponesi. Nel film viene ribadito più volte come le alte sfere del governo abbiano rifiutato di arrendersi immediatamente dopo i bombardamenti a tappeto, ripetendo nuovamente lo stesso errore dopo la tragedia di Hiroshima. Questa negligenza causerà nuovamente dolore, morte e disperazione, con il successivo attacco nucleare americano a Nagasaki. Dopodiché, resa incondizionata. L'umiliazione più totale ai danni di un popolo fiero, orgoglioso, assai chiuso nella sua stessa tradizione e cultura. Gli anime e manga degli anni '60 e '70 saranno i più influenzati dalla tragedia del dopoguerra giapponese; in essi domineranno il melodramma, le atmosfere cupe (si pensi alla distruzione che aleggia nella prima serie di Casshern del '73), la povertà, l'ambivalenza nei confronti della scienza (caratteristica anch'essa presente nel celebre esempio di Casshern, così come nell'opera di Go Nagai e di molti altri autori del periodo). Lo stesso manga originale di "Barefoot Gen" si colloca in questa corrente di umiliazione, tristezza e dolore di un'intero popolo.
Essendo tratto da un manga abbastanza consistente, a parte la scena del bombardamento atomico e delle sue conseguenze, per quanto riguarda le vicende autobiografiche dell'autore/Gen, il tutto sembra abbastanza compresso, ed il finale, per quanto sia ottimista e carico di speranza verso le nuove generazioni, pare un po' troppo "tagliato", incompleto. Esiste tuttavia un sequel del film, "Barefoot Gen 2", il quale traspone in animazione degli eventi addizionali mutuati dal manga. Spesso in questo film le reazioni psicologiche dei personaggi alla tragedia paiono un po' inverosimili, come ad esempio quelle di Gen, il quale riesce a guardare avanti nella vita con un'insana forza di volontà nonostante abbia vissuto una delle esperienze più devastanti in assoluto. Oppure quelle delle madre, la quale si ritrova sul punto d'impazzire dalla disperazione e poco dopo è tutta tranquilla e serena in mezzo all'inferno. Molto probabilmente in un film di circa un'ora e mezza non c'è stato modo di rendere l'idea del tempo necessario alle persone per guarire le ferite dell'animo; oppure, data la natura autobiografica dei fatti, può essere che le persone attorno a Gen siano state veramente così forti dentro da riuscire a rimanere tutte d'un pezzo dopo aver vissuto molteplici traumi devastanti. Tetre vicende in grado di frantumare la psicologia della persona più equilibrata e sana di mente sulla faccia della terra (quella di "Barefoot Gen" era comunque un'altra generazione, quanto mai temprata dalla durezza della guerra). Tuttavia, a mostrare cosa veramente vuol dire "bombardamento nucleare su civili", "Barefoot Gen" riesce alla grande, tra l'altro con un'ottima regia. Ed è per questo che consiglio il film, il quale andrebbe fatto vedere nelle scuole al fine di far riflettere un po' i bambini (e anche gli adulti, i quali spesso hanno ancora meno coscienza dei pargoli e si dimostrano assai più ottusi di loro).