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Vimalakirti

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Vimalakirti

Episodi visti: 79/79 --- Voto 10
Straordinaria trasposizione animata di un manga straordinario. Il grande Maestro Dezaki è riuscito a conservare intatta, animandola, l'atmosfera, del tutto particolare e unica, creata quasi magicamente dalla splendida coppia Takamori-Chiba. Il tratto del disegno, ancora non fissato nello stile che diverrà tradizionale delle opere successive del regista, appare perfettamente corrispondente, se non alla lettera (o meglio alla 'linea'), allo spirito che Chiba ha infuso nei personaggi e nei caratteri definiti da Takamori. Rimando, a questo proposito, alla recensione del manga, per non ripetere i tratti salienti che lì ho delineato.
Notevole risulta l'uso del chiaroscuro, in alcune scene e puntate magistralmente accentuato, indispensabile per la resa adeguata e completa di quel clima psicologico, a tratti molto grave e pesante, che caratterizza le tavole del manga.
Fedele a quest'ultimo, se ne discosta unicamente per alcuni eventi o situazioni ambientali, non essenziali ma funzionali per un racconto animato, assenti nel manga; ma il resto, cioè la parte più sostanziosa, riproduce le scelte stilistiche e 'registiche' del manga.
Eppure è forte l'impressione che l'anime abbia comunque aggiunto qualcosa. Non è facile dirle e, prima ancora, capire che cosa; riesco solo a darne una spiegazione parziale: ai due meravigliosi autori originari, Chiba e Takamori, se ne è affiancato un terzo, non inferiore e dunque sommo, Dezaki. Ognuno diverso dall'altro, ognuno portatore di un contributo creativo originalissimo.
Un anime indimenticabile, esattamente come il manga.


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bob71

Episodi visti: 79/79 --- Voto 10
È una sera di mercoledì quel fatidico primo aprile del 1970, quando sul canale Fuji TV va in onda la prima puntata di Ashita no Joe (Rocky Joe), una delle serie più iconiche dell’animazione giapponese, tratta dal fumetto già famosissimo di Asao Takamori e Tetsuya Chiba, e diretta da un giovane Osamu Dezaki. L’entrata in scena di Joe, con il suo malinconico fischio che risuona nei vicoli di una zona malfamata di Tokyo e la memorabile sequenza dell’incontro con il vecchio Danpei, girata come un emozionante duello western, ancora oggi hanno una forza a dir poco prorompente e sono entrate a buon diritto nella storia degli anime.

Il primo episodio (L'incontro) registra uno share del 14 per cento e nell'arco delle 79 puntate, che durano fino al 29 settembre 1971, la serie si assesta su una media del 20 per cento, con picchi del 26 e con il record battuto nell’episodio 29 (L’impazienza di Joe), diretto da Yoshiyuki Tomino, che supererà il 29 per cento. Sono passati 50 anni da allora ma la sua eredità è ancora lungi dall’esaurirsi. Oltre ad aver abbracciato i 20 volumi del manga, due serie anime, due lungometraggi per il cinema, un film live action, l’epopea del giovane pugile ribelle è stata fonte d'ispirazione per una lunga lista di epigoni nel corso degli anni, fra i quali vale la pena di ricordare almeno Ganbare Genki (Forza Sugar, 1976), Ring ni kakero (1977), Rokudenashi Blues (1988), Hajime no Ippo (1989) e, arrivando ai giorni nostri, Megalo Box (2018), serie televisiva creata per celebrare il 50º anniversario del manga Ashita no Joe.

Sinossi: Joe Yabuki è un giovane vagabondo, insofferente alle regole e alle costrizioni, appena fuggito dall’ennesimo orfanotrofio. Danpei Tange è un vecchio pugile in disgrazia e ormai dedito all’alcol per annegare i dispiaceri di una vita disillusa. Durante il loro primo incontro il vecchio si accorge che il ragazzo ha un talento innato come boxeur e decide di fargli una proposta: farsi allenare da lui per diventare un campione. Joe accetta al solo scopo di sfruttare opportunisticamente vitto, alloggio e un po' di denaro, e Danpei, che lo tratta come un figlio, smette di bere e ricomincia a lavorare duramente come manovale solo per poter mantenere entrambi. Ma tutti i suoi buoni propositi sono vanificati da Joe che continua a vivere di espedienti e infine, a capo di una banda di monelli, riesce a mettersi definitivamente nei guai con un imbroglio che lo porta dritto in carcere minorile. Qui conosce Mammuth Nishi, leader d'un gruppo di teppisti con il quale prima si scontra e poi stringe una profonda amicizia, ma soprattutto incontra la sua nemesi, colui che sembra in grado di tenergli testa quando si tratta di fare a cazzotti, Toru Rikiishi, un talento della boxe con il quale nasce una grande rivalità. Finalmente Joe inizia a prendere sul serio le lezioni per corrispondenza di Danpei (intitolate "Per il domani"), comincia ad allenarsi duramente in cella e la sua voglia di boxare prende il volo. L’occasione per la resa dei conti con Rikiishi si presenta quando un torneo di boxe viene organizzato in prigione e i due si affrontano in un match furibondo che si protrae fino all'ultimo round, quando Joe sferra un colpo micidiale e finiscono entrambi knock-out. I due rivali si faranno reciprocamente una promessa solenne: si batteranno da uomini liberi in un incontro ufficiale nella categoria dei pesi gallo.

Ashita no Joe non è solo un classico, è un vero e proprio fenomeno culturale. Ma prima di allacciare i guantoni da boxe per addentrarci nell’analisi della serie televisiva bisogna fare un salto indietro di qualche anno per inquadrare il contesto storico/artistico in cui ha avuto origine il mito di Joe Yabuki, nato sotto forma di manga e poi consegnato dall’anime all’imperitura leggenda.

Tutto comincia negli anni Sessanta, periodo di grandi trasformazioni per il costume e la società giapponese. Il boom economico ha proiettato il paese nel futuro ma ha lasciato indietro una massa di sottoproletari che riesce a malapena a sopravvivere nelle grandi aree suburbane. Gli studenti universitari cominciano a manifestare contro l’autorità del governo, criticando l’industrializzazione selvaggia, il conseguente inquinamento ambientale, ma soprattutto l’odioso trattato di sicurezza firmato con gli Stati Uniti con l’avallo alla guerra in Vietnam tramite l’uso delle basi aeree sul territorio nipponico. Anche il gentil sesso comincia la sua emancipazione prendendo parte direttamente ai cambiamenti epocali della società che sfoceranno nella contestazione del ’68.

I primi a cogliere i segnali di quest’epoca tumultuosa e della sua generazione in rivolta sono il cinema, la letteratura e il manga che vive un periodo tra i più floridi e creativi di sempre. Nuove riviste periodiche spuntano come funghi a intercettare non più solo il consenso degli adolescenti ma anche il gusto di un pubblico nuovo, più colto e maturo. Sono gli anni della diffusione del gekiga, dei drammi storici di Sanpei Shirato, dell’irriverenza di Go Nagai, e della nascita del manga shojo di autrici seminali come Moto Hagio e Riyoko Ikeda.

Ma l’autore che più emerge da questa fertile temperie culturale, con una popolarità fra i giovani che intacca persino lo strapotere di Osamu Tezuka, è lo scrittore/sceneggiatore Ikki Kajiwara, alias di Asao Takamori (1936-1987). Nell’impressionante lista di opere di quest’autore spiccano per fama (anche perché esportate in forma animata nel nostro paese): Kyojin no Hoshi (Tommy la stella dei Giants), Tiger Mask (L’uomo tigre), Akakichi no Eleven (Arrivano i Superboys), ma soprattutto Ashita no Joe (Rocky Joe). Impregnate di lacrime, sangue e sudore, le storie di Kajiwara, esaltano l’agonismo, il sacrificio e lo spirito di abnegazione ispirati ai rigidi precetti del bushido (la via del samurai). I suoi personaggi vivono avventure sportive ad alta densità drammatica, destinate a fare breccia nel cuore di più generazioni di lettori.

Per avere un’idea della popolarità del manga Ashita no Joe basti pensare che fece vendere al settimanale che lo pubblicava, Shukan Shonen Magazine di Kodansha, qualcosa come un milione e mezzo di copie a settimana e una volta pubblicato in volume vendette oltre 20 milioni di copie. La cronaca dell’epoca ci racconta di una folla di circa settecento fan che accorse a un evento straordinario organizzato al Kodansha Auditorium: la commemorazione funebre del personaggio di Toru Rikiishi (morto dopo un emozionante match nel capitolo 106 del manga), alla presenza dello stesso Kajiwara, del disegnatore Tetsuya Chiba e di altre personalità del fumetto, oltre a un prete buddista che officiava su un ring a grandezza naturale. Grande eco mediatica ebbero inoltre i fatti del 31 marzo 1970, quando il gruppo eversivo ARG (Armata Rossa Giapponese) dirottò un Boeing 727 della Japan Airlines al grido di “Siamo tutti Joe del domani!” (Ware ware wa ashita no Jo dearu!).

Dopo un tale successo di pubblico l’approdo di Ashita no Joe sul piccolo schermo è inevitabile e così viene il momento della collaborazione tra Kajiwara e la Mushi Production del “rivale” Osamu Tezuka. A dirigere la serie viene chiamato Osamu Dezaki, che in Mushi si era fatto le ossa fin dal 1963 prima come intercalatore, poi come key animator, e infine arrivando a firmare la regia di episodi in serie come Tetsuwan Atom (Astro Boy, 1963), The Monkey (La grande avventura di Goku, 1967), Wanpaku Tanteidan (1968), Dororo (1969). Ashita no Joe è la sua prima serie in veste di chief director, un banco di prova non facile visti il peso e la preponderanza del titolo, ma è anche l’occasione buona per smarcarsi dagli stilemi del repertorio tezukiano ed esprimere in autonomia le proprie idee innovative e la propria spiccata personalità artistica, tanto che in seguito fra gli addetti ai lavori si inizierà a parlare esplicitamente di “stile Dezaki”.

Ad affiancarlo nell’impresa troviamo tre disegnatori di prima grandezza: Akio Sugino nel ruolo di supervisore capo e direttore delle animazioni, Akihiro Kanayama, responsabile grafico del personaggio di Toru Rikiishi, e Shingo Araki, per i personaggi di Joe e del vecchio Danpei. I tre sakkan hanno il compito di traslare sul piccolo schermo lo stile di Chiba, solo apparentemente semplice e immediato nelle caratterizzazioni (il vecchio sdentato, il gigante buono, i ragazzini pestiferi, la bella ragazza etc.), in realtà molto più sottile e complesso. Araki, oggi riconosciuto come uno dei più grandi animatori di tutti i tempi, aveva già lavorato su soggetti di Kajiwara (Tommy la stella dei Giants, Animal 1, Kick no Oni), ma questo è il suo primo ruolo da character designer di un personaggio protagonista ed è interessante notare l’evoluzione del suo stile, dal tratto “sporco” di Ashita no Joe (mutuato dal tratto "a carboncino" di Chiba) fino all’altera bellezza di personaggi nati dalla collaborazione con Michi Himeno (Babil Junior, UFO Robot Goldrake, Lady Oscar, I Cavalieri dello Zodiaco).

Se fino ad allora le serie anime erano rimaste fortemente ancorate alla loro controparte cartacea, risultando effettivamente dei fumetti animati (del resto erano chiamate anche tv manga), Dezaki con il suo approccio realistico e l’impronta cinematografica della messa in scena (i titoli scritti alla maniera dei film dal vivo, la colonna sonora strutturata in temi, le inquadrature oblique dal basso, i giochi di luce, etc.), cerca di affrancare Ashita no Joe dalle sue radici manga per connotarlo come opera autonoma. Per un confronto diretto, un esempio ce lo offre la scena del carcere, dove Chiba aveva risolto con una punta di ironia e qualche occhio nero la rissa tra Joe e gli altri detenuti, nell’anime la tensione è palpabile e i pugni fanno davvero male; oppure il modo in cui viene descritto il degrado e la povera gente del quartiere di Joe, pittoresco e caricaturale nel manga, patetico e neorealista nell’anime.

Uno dei punti di forza dell’anime consiste nella caratterizzazione dei personaggi, imperfetti nella loro umanità ma veri e credibili, ed è proprio la voglia di verità, a tratti cruda e brutale, che distingue questa serie da tante altre dello stesso periodo. Del protagonista colpisce la crescita e trasformazione nel corso della serie. I primi episodi si concentrano sul suo rapporto con Danpei, figura tragica e dolente, che lo considera alla stregua di un diamante grezzo. Indurito dalla vita, Joe è un piccolo delinquente, orgoglioso, violento e bugiardo, risulta persino sgradevole nel suo atteggiamento con Yoko Shiraki. Eppure come antieroe rimane terribilmente stimolante, non tollera i soprusi, la disoccupazione gli sembra un crimine e nutre un affetto sincero verso i bambini del quartiere che lo trattano come un fratello maggiore.

La storia decolla nell’arco narrativo della prigione, quando Joe inizia a prendere seriamente la disciplina sportiva e finalmente fa qualche passo avanti nel suo percorso di redenzione. È qui che incontra per la prima volta Toru Rikiishi, tra gli altri, il rivale più carismatico e incisivo nello spronarlo a migliorare. A questo personaggio è dedicato un tema della colonna sonora (memorabile con la sua ritmica in contro tempo e la sua poderosa sezione fiati) e persino una sigla di chiusura (pochi antagonisti possono vantare un trattamento simile). Mentre Joe è sempre accecato dal rancore e coi nervi a fior di pelle, Rikiishi è cool, maturo, simpatico e astuto, e si rivela il più grande ostacolo per il ragazzo, non tanto per il suo valore come boxeur ma perché gli ricorda continuamente ciò che ancora non è come uomo. Questo arco è un punto di svolta nello sviluppo della storia e il protagonista impara suo malgrado una dura lezione: per emergere qualcun altro deve inevitabilmente soccombere. Benché non ci siano davvero vincitori alla fine dell'arco di Rikiishi.

La serie si concentra molto sulla rivalità dei personaggi, in particolare sul duplice conflitto di Joe, prima di tutto contro sé stesso per superare i propri limiti e diventare campione dei pesi gallo, e poi contro i vari avversari che a mano a mano si avvicendano sul ring (Rikiishi, Rivera, Mendoza), con ognuno dei quali si instaura un rapporto ossessivo e viscerale. Dezaki insiste molto nel sondare a fondo la psicologia del protagonista e il suo lato più oscuro e ineffabile, con la carica emotiva che esplode nelle scene più tese e dirompenti (la sfuriata di Joe al momento del rifiuto del patentino da professionista, o quando Danpei e Noriko tentano di smussare il suo caratteraccio). Solo nell’episodio tragico dell’ultimo match con Rikiishi si svelerà tutta la fragilità del ragazzo, quando insieme all’amico/rivale si accasceranno davanti a lui quelle poche certezze. Joe si rinchiuderà in sé stesso e sparirà dalla circolazione, voltando le spalle alla carriera, ai suoi amici e agli stessi spettatori.

La parabola sportiva e il racconto di formazione si mescolano alle atmosfere neorealiste che rimandano direttamente al gekiga con i suoi personaggi borderline quasi pasoliniani, spesso dipinti con sfumature ciniche e disincantate in sordidi scenari suburbani (nell'episodio 54 compaiono delle prostitute che adescano i passanti in un vicolo). La periferia come luogo di esclusione per eccellenza non si limita a fare da scenografia alle vicende ma diventa protagonista e suggerisce il tema sociale di fondo. Nonostante la ricostruzione e il miracolo economico, nella sconfinata area metropolitana persistono zone di povertà e disagio, terre di nessuno popolate da derelitti e delinquenti, ritratte dall’anime nella loro più squallida desolazione. Non è un caso se si chiama “ponte delle lacrime” il passaggio che collega quella società emarginata al resto del mondo, e il divario tra i bassifondi e l’ipotesi di una vita migliore viene colmato solo sul ring a un prezzo sempre troppo alto da pagare.

La gente che popola la “borgata” è dunque la vera famiglia di Joe, una famiglia allargata che nel manga comprende tutto il popolo del quartiere e nell’anime si concentra nel gruppetto dei piccoli supporter Sachi, Kinoko, Taro, Tonkichi e Chukichi: una banda di "scugnizzi" capaci di tutto pur di fare colpo sul loro eroe (come quando organizzano una serenata romantica al parco tenendo in ostaggio un musicista mentre Joe passeggia con Noriko). Con la loro straripante vitalità e il loro affetto rappresentano una linfa per Joe, un impagabile sostegno umano e una cura alla tristezza e allo sconforto. Sulla falsariga del manga, il ningen dorama di Dezaki riesce non solo a catturare lo spirito di un’epoca ma a trasmettere un sentire comune e un senso di solidarietà che lo stesso Chiba definì appunto come “glorificazione dell’umanità”.

Lontano anni luce da certi stereotipi di eroe da fumetto americano, il giovane arrabbiato Joe Yabuki ci racconta dell'ipotesi di una rivincita sulla società da parte di un perdente, un disadattato qualunque a cui è capitato in sorte un talento particolare. In perenne conflitto con sé stesso (prima ancora che con il suo prossimo), intrattabile kamikaze del ring e primitiva espressione della giungla metropolitana, Joe ci suggerisce ciò che deve provare un pugile quando si sta giocando tutto, non solo l’incontro o la propria carriera ma, in ultima analisi, la propria stessa esistenza.

La boxe diventa così metafora di vita, dura e spietata, un rischio che, accettato o subito come inevitabile soperchieria dettata dalle dure condizioni, può significare affermazione e riscatto, ma resta soprattutto esuberante confronto fisico. Il racconto raggiunge il suo acme nelle adrenaliniche scene degli incontri, tra muscoli vivi e guizzanti, volti deformati dai possenti pugni e fisici scolpiti degli atleti. Diversamente da Kyojin no Hoshi (il più diretto avversario nella sfida agli indici di ascolto tv) in cui si inventano sempre nuovi lanci che sfidano le leggi della gravità e improbabili tattiche di gioco per impressionare il pubblico, l’agonismo sportivo secondo Dezaki esaspera al massimo la tensione psicologica e il pathos, in match furibondi che sono una sfida di nervi oltre che di muscoli. I movimenti sul ring e soprattutto i rabbiosi colpi dei boxeur sono enfatizzati graficamente per esprimere velocità e potenza con risultati visivi senza precedenti.

Dal punto di vista squisitamente pugilistico, lo sport raccontato dall’anime Ashita no Joe, fra metodi di allenamento inconsulti e colpi inventati di sana pianta, potrebbe far storcere il naso a più di un amante della nobile arte, tuttavia molti particolari non sono certo lasciati al caso: i regolamenti, le tempistiche degli incontri, la terminologia tecnica dei colpi e degli allenamenti, le categorie di peso e persino i luoghi (come la mitica Korakuen Hall, il tempio della boxe di Tokyo) sono estremamente dettagliati. Agli autori non sfugge nemmeno il fatto che spesso nella realtà molti pugili approdano al professionismo emergendo dai paesi poveri del Sud America dove la boxe è lo sport nazionale, il che ci consente da un lato di riscoprire l'anima popolare e autentica di questa disciplina massacrante, dall’altro di sondare le ragioni profonde di riscatto sociale che sottendono lo spirito di sacrificio e l'agonismo di un atleta combattente.

Alla maggior parte degli anime fan più giovani le animazioni di questa serie potrebbero apparire datate e primitive, eppure dal punto di vista tecnico le innovazioni portate da Dezaki sono numerose e notevoli, spesso con soluzioni inedite mai sperimentate in una serie televisiva, come per esempio: la panoramica (fin’ora sviluppata solo nel cinema, in particolare da Isao Takahata in Hols no Daiboken della Toei); la tecnica chiamata San-kai PAN (panoramica ripetuta tre volte da tre punti di vista differenti, poi perfezionata in Ace no Narae); la slow-motion, molto efficace negli incontri di boxe per enfatizzare un colpo decisivo; l’effetto ryusen che riproduce la velocità a schermo; il kurikaeshi shot: la stessa azione ripetuta più volte, che da un lato sottolinea un momento topico, dall’altro consente di risparmiare su cel e fondali.

Un paragrafo a parte merita la tecnica del tomo-e (immagine fermata) o kaki-e (immagine disegnata), che Dezaki ha sempre chiamato harmony. Si tratta di un fermo immagine della durata di qualche secondo accompagnato da un lento zoom in allontanamento, retaggio della limited animation dello studio Mushi, che fissa una scena particolarmente importante nell’economia della storia, rivestendola di un peso significativo grazie anche all’elevata qualità pittorica, quindi alla maggiore cura nel disegno, nelle sfumature e nei colori. Di fatto è un “quadro” a sé stante, capace di riprodurre efficacemente una vasta gamma di espressioni, dal dramma al romanticismo e alla poesia, usato soprattutto nel finale degli episodi per stupire lo spettatore con un colpo di scena ben assestato.

Un contributo decisivo all’innovativo stile di Dezaki viene dal direttore della fotografia Hirokata Takahashi che introduce nell’animazione le tecniche della nyusha-ko (luce incidente) e della toka hikari (luce trasmessa), fin’ora usate solo in certo cinema americano d’avanguardia (Easy Rider, 1969). Si tratta di fasci di luce proiettati direttamente sui cel che attraversano lo schermo dando un effetto foto realistico spettacolare alla scena animata. Non meno importante risulta infine l’espediente del gamen bunkatsu (split screen), anch’esso mutuato dal cinema (Gran Prix, 1966), che divide lo schermo in due o più riquadri, ognuno dei quali mostra la stessa scena da angolazioni e punti di vista diversi, ad arricchire ulteriormente l’esperienza visiva.

A questo proposito bisogna notare come Dezaki interviene direttamente sul lavoro degli animatori Araki, Kanayama e Sugino istruendoli dettagliatamente sull’espressività dei personaggi proprio in funzione di queste tecniche, al fine di esaltarne le emozioni e i sentimenti (come la drammatica rivalità tra i due pugili), concentrandoli in un’unica, potente immagine.

La colonna sonora è composta alla maniera delle musiche per film, con i vari temi legati ai personaggi principali (Rikiishi, Danpei, Yoko, Noriko, Sachi), spesso declinati con arrangiamenti diversi a seconda della scena (ad esempio, il tema di Joe ha una versione malinconica suonata con solo una chitarra e il fischio nelle scene dei bassifondi, oppure una versione incalzante con l'orchestra in pompa magna in occasione degli allenamenti e degli incontri, etc.). La sigla di apertura, Ashita no Joe di Isao Bitou, riprende il tema principale con una maestosa ballata enka (genere musicale che si fa risalire addirittura al periodo Meiji, paragonabile a una sorta di blues nipponico per i temi inerenti la tristezza, la solitudine, le difficoltà della vita) che sembra introdurre un racconto storico jidaigeki piuttosto che un anime sportivo. L’esecuzione mette i brividi con il suo incedere solenne, quasi marziale nel ritmo e nell’uso della tromba, e quella voce ruggente che attanaglia l’anima in una morsa. Le due sigle finali, Joe no Komoriuta di Asao Koike (Ep. 1-40) e Rikiishi Toru no Theme di Hide Yuki (Ep. 41-79) seguono la stessa falsariga enka, con le loro interpretazioni vocali calcate e melodrammatiche, a corollario dell’epica popolare di Ashita no Joe.

La fine dell’arco di Rikiishi segna il giro di boa della prima serie e al contempo il preludio della seconda tornata che vede la luce nel 1980, Ashita no Joe 2. Le prime 12 puntate (di 47) di quest'ultima sono infatti un remake dell'ultima parte della prima serie, dopo di che gli episodi proseguono la trasposizione del soggetto dal manga portandolo a conclusione. Stavolta la serie è prodotta dalla Tokyo Movie Shinsha, sempre per la regia di Osamu Dezaki e la direzione delle animazioni del solo Akio Sugino, che disegna con uno stile ancora più brillante, maturo e pienamente proiettato negli anni '80, con i personaggi che sembrano più adulti e slanciati nella fisionomia. Sempre nel 1980 esce il primo lungometraggio per il cinema, Ashita no Joe, un film di montaggio che riprende i punti focali della prima serie (racconto di formazione e centralità dei drammi umani) riassemblando le sequenze di alcuni episodi. Stesso discorso per il secondo film del 1981, Ashita no Joe 2 - L'ultimo round, che ricalca le stesse inquadrature della seconda serie solo in una veste più sofisticata. Le due pellicole hanno comunque il merito di far conoscere Osamu Dezaki ad un pubblico ancora più ampio, consacrandolo anche come regista cinematografico.

L’adattamento italiano della prima serie (trasmesso per la prima volta nel 1982 da Rete4 non ancora Fininvest) soffre di numerose lacune, tra scelte dei nomi arbitrarie e traduzioni tagliate con l’accetta (gin al posto di sakè, Norina al posto di Noriko, etc.). Il titolo Rocky Joe sarebbe un’invenzione tutta italica, forse dettata dalla voglia di evocare il boxeur di origini italiane realmente esistito Rocky Marciano, oppure il Rocky Balboa reso famoso al cinema da Sylvester Stallone nel 1976. A questo proposito bisogna notare quanto sia piuttosto quest’ultimo debitore verso Ashita no Joe, condividendone ambientazioni e tematiche (entrambi presentano dei personaggi perdenti, sfavoriti dalle circostanze della vita, che attraverso il duro lavoro e la perseveranza si fanno strada grazie alla boxe; persino gli attriti col vecchio mentore e la scena del doppio k.o. finale sono presi pesantemente in prestito dall’anime). In Italia, la struggente sigla originale è sostituita da un solare ritornello degli Oliver Onions (per l'occasione Amici di Rocky Joe), mentre il doppiaggio evidenzia una notevole discrepanza tra le voci della prima serie (doppiate dalla C.D. - Cooperativa Doppiatori) e quelle della seconda serie, Rocky Joe 2 (doppiate da Telecolor 2000). Quest'ultima, andata in onda nel 1991 su Italia7, presenta dei nomi americani completamente inventati, oltre a modificare il soggetto originale al punto da stravolgere completamente il finale. Solo l'edizione italiana in home video del secondo film Rocky Joe - L'ultimo round di Yamato Video, rende un po' di giustizia ristabilendo la trama, i nomi e i dialoghi originali dell'anime, mentre il primo film rimane inedito.
I fan italiani possono comunque consolarsi con l'edizione da cinque box per 25 dvd (che compongono entrambe le stagioni tv, con l'opzione della lingua italiano/giapponese) distribuita da Yamato Video.

Alla luce dei suoi cinquant’anni possiamo concludere che Ashita no Joe è molto più di una reliquia del passato, è un classico intramontabile considerato fra i più grandi spokon mono di tutti i tempi, così iconico da essere parodiato più volte nel corso dei decenni. Abbiamo già accennato ad alcuni importanti titoli influenzati da questa serie, ma ecco altri pezzi da novanta che l'hanno omaggiata con citazioni e riferimenti più o meno espliciti: Kill la Kill, Toppa Tengen Gurren Lagann, Bakuman, Urusei Yatsura, Hokuto No Ken, GTO, 20th Century Boys, Food Wars, Berserk, e molti altri. Ashita no Joe non è solo un anime sportivo, è una storia senza tempo che rimane impressa a fuoco nei cuori e nelle menti degli spettatori anche molto a lungo dopo i titoli di coda, insomma una serie imprescindibile per tutti gli anime fan!


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AkiraSakura

Episodi visti: 79/79 --- Voto 10
Cosa dire su "Ashita no Joe", alias "Joe del domani"? Che senza dubbio è uno dei migliori anime di sempre e che ancora adesso, per la maturità dei temi trattati e per il contesto storico in cui è uscito, riesce a stupire. Infatti Joe Yabuki è un'orfano, un disadattato, un ragazzo solo e abbandonato a sé stesso, che vaga nei sobborghi della periferia di una Tokyo appena uscita dalla seconda guerra mondiale. Il decadimento sociale e urbano del dopoguerra è reso benissimo dalle atmosfere cupe, dall'assenza di luce e dallo sguardo pieno d'odio del protagonista, che riversa la sua rabbia verso tutto e verso tutti attraverso una violenza e una cattiveria inaudite.

Nel suo continuo errare senza meta, Joe incontra un vecchio pugile fallito, che vive come un barbone e spende tutti i suoi soldi in alcoolici. Tale ex-pugile, il cui nome è Danpei, riconosce subito il talento del giovane vagabondo, e vuole allenarlo per farne un campione. Tuttavia, inizialmente, Joe rifiuterà la proposta molte volte, arrivando persino a picchiare il vecchio. Durante uno dei suoi comportamenti spregevoli, Joe verrà catturato dalla polizia, e finirà in riformatorio. Il suo atteggiamento nei confronti di Danpei cambierà solamente dopo l'incontro con Toro Ricky, carismatico campione dei pesi Welter, conosciuto in riformatorio durante una tentata evasione in groppa a dei porci. Joe e Ricky, tra cui nascerà una spiccata rivalità, si affronteranno in un epico match, in un torneo organizzato apposta per i carcerati. A questo punto Joe vorrà imparare seriamente la boxe per sconfiggere, in un vero incontro, il suo nuovo amico-rivale, Ricky, che all'inizio verrà visto solamente come un muro da buttare giù. Successivamente questo personaggio acquisterà un ruolo più importante per Joe, diventando oggetto di rispetto e, allo stesso tempo, di invidia.

E' inutile dire che Joe non ne azzeccherà mai una e, molto diversamente dagli eroi del suo periodo, farà sempre le scelte meno opportune. Un esempio è il suo rapporto con la Shiraki che, anziché evolversi in amore, sfocerà spesso e volentieri nella violenza, sia fisica che verbale. Joe è quindi uno dei primi antieroi della storia dell'animazione giapponese, e rimarrà sempre fedele al suo istinto animale e al suo odio profondo verso il prossimo, senza mai redimersi.

Peccato che la serie animata copra solo metà manga. Il vero finale della storia è contenuto nel film "Rocky Joe: l'ultimo round", curato dallo stesso autore del manga, Tetsuya Chiba. Sconsiglio assolutamente la visione della seconda serie di "Rocky Joe", in quanto è piena di censure, grazie ovviamente alla Mediaset, che si fa sempre riconoscere.
Questa serie è molto avanti per i suoi tempi, ed è quindi una tappa obbligata per tutte le generazioni, anche se ormai i disegni sono un po' datati.
"Joe del domani" si rialzerà sempre, nonostante abbia versato litri di lacrime e sangue: egli
rappresenta la speranza di un intero popolo umiliato e ferito, messo in ginocchio dalle atrocità della guerra.


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Stax

Episodi visti: 79/79 --- Voto 10
Chi non conosce l'anime più famoso degli anni 70-80 insieme all'Uomo Tigre? Beh, sinceramente credo pochi.
Questo anime per me è il migliore che sia mai stato fatto, come nel manga nel cartone è presente tutto, la voglia di rivincita, la voglia di rialzarsi anche se si ha toccato il fondo, la voglia di vivere, Rocky Joe è tutto questo, non credo che questo anime abbia bisogno di una recensione lunga ed accurata, per capire veramente il messaggio bisogna guardarlo e a chi non piace non credo proprio sia un amante degli anime, alla fine che importa se la grafica non è spettacolare? Quello che importa è la trama, il messaggio.
I messaggio dell'anime "Rocky Joe" è appunto la voglia di "rivincita", e quale sport rappresenterebbe al meglio questa "emozione"? Ovviamente la boxe, uno sport in cui i migliori provengono appunto da baracche o comunque posti malfamati e Joe, il protagonista, abita appunto in uno di questi posti, più precisamente nella zona più povera della città insieme a degli orfanelli. La storia è curata in ogni minimo dettaglio, i caratteri dei personaggi sono molto dettagliati e ogni puntata ti emoziona.
La storia principalmente parla di questo giovane ragazzo, Joe, che una volta incontrato Danpei, il suo futuro maestro (che in precedenza era povero ed alcolista), inizia ad allenarsi per diventare un campione di boxe e, durante la sua avventura dovrà affrontare miriadi di boxer proprio come lui, dai più antipatici e strafottenti, ai più tenaci e coraggiosi, e Joe, supportato anche dagli amici, tenterà la scalata alla vetta per uscire anche dalla situazione in cui è e cercherà appunto di riscattarsi insieme al suo maestro.

Per finire posso dire che questo anime vi commuoverà e vi farà esaltare come nessun altro cartone ha mai fatto e, se siete giovani non fatevi ingannare dall'anno di produzione dell'anime (1970-1980), la grafica non importa così tanto (comunque è migliore di quella dell'Uomo Tigre), questo anime va assolutamente guardato almeno una volta nella vita. Epico.

tetsuro90

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tetsuro90

Episodi visti: 79/79 --- Voto 10
Questo è IL cartone giapponese, e forse l'unico che incarna veramente il dolore e le speranze di un intero popolo perdente nel dopoguerra. Questo è anche forse l'unico cartone VERO, ovvero che rispecchia la realtà come realmente si presenta, ovvero carica di povertà, rabbia, violenza, desiderio di riscatto dalla propria misera condizione sociale. Joe del domani è un disadattato, orfano, approfittatore senza nulla da perdere che, in seguito ad un incontro fortunato, ma non facile, con l'ubriacone ex pugile fallito ed allenatore Dampei Tange, riuscirà, a prezzi molto alti e sputando sangue e autodistruggendosi lentamente, a simboleggiare la speranza di rivalsa di un intero ghetto, ma se vogliamo anche di un intero popolo.
L'epico finale rimarrà impresso come un segno indelebile nello spettatore, con il suo significato simbolico ed immortale.
I personaggi sono così veri, caratterizzati, credibili nelle loro paure e nella loro rabbia, nei sentimenti di amore e odio (il rapporto fra Joe e la Shiraki) che sembra più di vedere un film. Se hanno dato l'oscar a Million Dollar Baby di Eastwood, uscito molto tempo dopo, a questo dovrebbero dare il nobel.
Tuttavia l'unica pecca è che nell'edizione italiana l'unico modo per gustarsi il finale originale è il bellissimo secondo film, il cui titolo è uno spoiler e quindi non cito.


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hijikataspecial

Episodi visti: 79/79 --- Voto 10
Ashita no Joe, famoso in Italia come Rocky Joe è stato per me il più bel anime mai visto. La serie è divisa in due: la prima parte di 79 episodi e la seconda di 47; sono stati inoltre realizzati due OAV.

Creato dalla mano sapiente di Asao Takamori, l’anime lo avrò visto una decina di volte. Il protagonista è Joe Yabuki, che vive negli anni 50-60 in un paese devastato della guerra persa dove la criminalità fa da padrone. Joe Yabuki è un ragazzo scappato da un orfanotrofio, incontra un ex pugile in rovina, Danpei Tange, che capisce il talento del ragazzo nella boxe, facendolo diventare un campione.

La storia fa capire la voglia di reagire dopo la guerra finita male, di una popolazione che vuole rinascere dalle macerie con la forza e la determinazione ogni uomo può rialzarsi. Joe incarna tutte le speranze degli uomini, i quali non sempre trovano la forza di ricominciare, e di riaffrontare la vita. Joe invece riesce a rialzarsi e a riscattarsi, nonostante tutte le avversità.
Questo è per me il messaggio dell’autore di Rocky joe. Sicuramente non dimenticherò mai quest’opera stupenda, che passando anni e anni non perderà mai il suo fascino indimenticabile. La scena finale dell’anime rimarrà sempre negli annali.

La versione Italiana dell’anime fu trasmessa per la prima volta su Rete 4 in fascia pre-serale non censurato e con una sigla, diventata famosa, scritta dagli Oliver Onions. Lo consiglio se qualcuno non lo ha visto, rimarrà sicuramente attratto da questa storia stupenda e indimenticabile.

Fra X

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Fra X

Episodi visti: 65/79 --- Voto 8
Serie tipica del periodo con fondamentali componenti serie e malinconiche nonché drammatiche e, visto lo sport in questione, probabilmente presenti ancor più che in altre. Anche se c'è da dire, a differenza di altre opere contemporanee o quasi, che non manca una certa ironia.
La serie racconta soprattutto la crescita sportiva e morale di Joe - ribattezzato in Italia "Rocky", ovviamente per rifarsi al personaggio dei film con Stallone - che si rivelerà irta di ostacoli. Ci viene presentata una realtà come quella dei quartieri bassi, modesta e povera. Addirittura per un periodo è ambientata in un carcere.
Essa riesce a coinvolgere decisamente e non manca ovviamente di far riflettere lo spettatore. L'opera presenta dei personaggi ben caratterizzati.


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SeiyaJJ

Episodi visti: 79/79 --- Voto 10
Se c’è un anime che smentisce tutti i luoghi comuni, questo è Rocky Joe. Adattamento televisivo dell’omonimo manga, “Ashita no Joe” è datato 1971, ma la sua attualità è lampante. Uno spokon, diverso dai vari “Holly e Benji” o “Mila e Shiro”, forse più sulla lunghezza d’onda di titoli come “Tiger Mask”. E’ stato diviso in due serie tv, ma è la prima ad essere considerata da molti come un vero e proprio master-piece.
I toni di Rocky Joe sono cupi e i sobborghi giapponesi, sudici e malandati, fanno da scenografia all’intera vicenda. Non mi soffermerei troppo sul lato tecnico, visto che oggi appare palesemente attempato, ma non posso non definire i disegni tutti incredibilmente rappresentativi della tristezza che avvolge questo anime.

La trama non è complessa, ma la storia va vista con attenzione per coglierne gli insegnamenti di vita e la morale intrinseca. Rocky Joe, il ragazzo del domani, quello che nel futuro vede una speranza se pur flebile di riscatto, è un simbolo di vittoria sulla sfortuna e il disagio della povertà. Consigliarne la visione è superfluo, questo non è un semplice anime, qui c’è il dolore, la gioia, la rivalsa, la vita, catturata in 79 episodi immensi.
Superare le difficoltà con la forza di volontà e con l’aiuto degli amici veri, questo è ciò che ci farà realizzare nel domani. Rocky Joe è e resterà per sempre tra i mostri sacri dell’animazione giapponese. Voto 10!


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kitaniano

Episodi visti: 79/79 --- Voto 10
<i>"Rocky è eccezionale, Rocky ti fa male"</i> cantano gli Oliver Onions nella bellissima sigla italiana di questa serie. Parole che riassumono perfettamente questo capolavoro. Rocky Joe è davvero eccezionale per tanti motivi. A cominciare dalla magnifica regia di Osamu Dezaki con il suo tipico stile caratterizzato da inquadrature dal basso e oblique (si pensi anche a riguardo a Lady Oscar). <i>"Rocky ti fa male"</i> perché la storia è anche dura. Ci sono i bassifondi della città. C'è un protagonista orfano che non riesce a sottostare alle regole della società. C'è sofferenza, morte, riscatto. C'è ovviamente la boxe, ma non si può relegare questo anime nel genere di quelle semplicemente sportive. Dietro a Rocky Joe c'è molto di più: una grande storia sorretta, come già detto, da una grande regia. Un classico che è davvero senza tempo. Ineguagliato. Voto 10, l'unico che mi sento di dare senza dubbi tra le serie che ho visto.


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Donten

Episodi visti: 79/79 --- Voto 10
Animazione ben eseguita, linee ben marcate, sfondi ben definiti e soundtrack eccellente. Questo è l'anime di Rocky Joe che, in quanto ad esecuzione tecnica, considerando gli anni in cui è stato prodotto, è veramente un ottimo prodotto.
Rocky Joe è l'anime che ho preferito nella mia infanzia, non molto tempo fa la curiosità mi ha spinto a riguardarmi tutti gli episodi della prima e della seconda serie, una storia affascinante drammatica, che sicuramente non deve essere vista solo con occhi da "sportivo". La boxe infatti è solo il contenitore e non il succo della storia.

[<b>ATTENZIONE! POSSIBILI SPOILER SULLA TRAMA</b>]
La storia narra di Joe Yabuki (in Italia Rocky Joe) un vagabondo fuggito da un orfanotrofio che si ritrova a viaggiare da paese in paese, sino all'incontro Danpei Tange, un vecchio pugile fallito ed ubriacone che vede negli occhi del protagonista una speranza. Danpei tenta di convincere Joe ad allenarsi per diventare pugile, ma non riesce nell'impresa. Rocky infatti è uno spirito libero che non ha intenzione di fermare il suo cammino. Dopo numerosi gesti di benevolenza nei confronti di Joe il vecchio riesce tuttavia a convincerlo ed iniziano così gli allenamenti che lo porteranno al compimento del suo destino nel mondo della boxe.
[<b>FINE DELLO SPOILER</b>]
Detta cosi la trama sembra molto lineare ma in realtà nasconde la drammaticità di un'opera fatta di rivalità, amicizia e dolore.
Sicuramente quest'anime si merita un 10 ed è consigliato a tutti perché fin da subito tiene incollati gli spettatori allo schermo.


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sylar 46

Episodi visti: 79/79 --- Voto 9
Nella maggior parte dei film, telefilm o anime che riguardano o trattano lo sport della boxe, le storie che riguardano i pugili, sono sempre nella maggior parte delle volte, molto tristi e commuoventi, e Rocky Joe, rientra a pieno in questa categoria.
L'anime racconta infatti la crescita di un ragazzo-Rocky Joe-che, orfano sin da piccolo e dopo avere trascorso molto tempo in orfanotrofio, decide non senza dei tentennamenti iniziali, di intraprendere la carriera del pugilato, invogliato e persuaso, da quello che diventerà in seguito il suo allenatore ovvero Dampei Tange, un uomo di una certa età, esperto di pugilato, che ha visto in Rocky Joe la stoffa del campione, ed è convintissimo che riuscirà a sfondare in questo campo.

Ma Rocky Joe non è un ragazzo con un carattere facile anzi, tutt'altro, è un lupo solitario che tende a non aprirsi con nessuno, e ha uno spirito ribelle, che spesso lo porta ad avere problemi fuori dal ring.

Inizialmente Joe prenderà il tutto come un gioco o forse per meglio dire un passatempo che gli funge da diversivo per non rimanere troppo a pensare, dato che il primo a non credere in se stesso è proprio lui, ma con il passare del tempo, la boxe lo prenderà ogni giorno sempre più, fino a farla diventare la sua più grande ragione di vita.

Naturalmente la vita dei pugili è difficilissima, dato che bisogna avere e rispettare dei criteri fondamentali e indispensabili, che non possono essere infranti, e per una testa calda come lui, i primi tempi faticherà ad adeguarsi non poco.

Il sogno suo, come quello di ogni pugile che sale sul ring, è quello di riuscire a combattere per il titolo mondiale, e soprattutto di riuscire a vincerlo, e il suo obiettivo è la cintura del campione dei pesi medi (questa è la categoria a cui appartiene dato il suo peso) indossata da Josè Mendoza.

Naturalmente prima di puntare al campione, bisogna partire dal basso, e sostenere svariati incontri in modo tale da far girare il tuo nome nelle palestre, ed avere sempre incontri più difficili e importanti da sostenere.

Ogni match, ogni avversario incontrato, ogni esperienza vissuta, faranno crescere sempre più Rochy Joe, in un percorso lineare, che lo farà maturare come uomo, e finalmente gli faranno capire i valori che contano veramente nella vita.

Un concentrato di emozioni, sentimenti, gioie e dolori, che la boxe e la vita uniscono e scorrono come due linee parallele che però spesso si incrociano, tutto questo è Rocky Joe, un classico dell'animazione giapponese da non perdersi assolutamente.

simona

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simona

Episodi visti: 79/79 --- Voto 9
Molto bello questo anime! Era appassionante e profondo nonostante la sua drammaticità. La trama vede come protagonista un giovane ragazzo che fugge dall'orfanotrofio e che vuole diventare un grande campione della boxe. Il protagonista però deve vedersela veramente in modo duro col vecchio pugile. Grazie al suo coraggio e alla grande tenacia del protagonista, sebbene tutte le difficoltà, riuscirà a lottare contro il nemico. Una serie che mi ha fatto riflettere tantissimo anche sul valore del coraggio e della lealtà. Bellissimo!


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demone dell'oscurità

Episodi visti: 79/79 --- Voto 10
Allo stesso modo in cui un pugile cade dopo una sconfitta, non è detto che sia la fine, perchè si soffre, ci si cura, ci si rialza, si è memori delle batoste prese, il morale sale, litri di sudore e sangue cadono come pioggia sui giorni della vita che trascorrono per raggiungere ad ogni costo l'obiettivo finale, la vittoria.

Ecco, in queste parole ho voluto riassumervi uno dei cartoni sportivi più drammatici e toccanti di tutta la produzione giapponese, siamo ai livelli del primo Uomo tigre.

Ci sono tutti gli ingredienti giusti per esaltare quest'opera, la violenza delle strade, la cittadinanza povera dimenticata e che vive di botte da orbi e continui espedienti per sopravvivere ogni giorno, contornato da bimbi disagiati chiusi in riformatorio ed ancora botte su botte.

Ma il protagonista combatte sul ring della sua vita, ed ogni giorno lo costringe ad usare i pugni, ma sono pugni che vengono dati con eccessiva rabbia, ma anche con grande talento, riuscendo a battere avversari molto più forti e pericolosi di lui, ma non determinati quanto lui.

Un anime che prende sicuramente spunto nel nome anche da Rocky Marciano, il pugile che sarà preso come punto di riferimento da Stallone per fare il suo film più riuscito qualche anno dopo questo anime.

Ma forse, Stallone avrà fatto qualche viaggio in oriente in quel periodo?!

Sta di fatto che la trama è ben costruita, gira attorno al personaggio proprio come se fosse un ring virtuale, come lo è la vita, da cui imparerà molte cose ed incasserà molti no, fino a quando arriverà il riscatto dopo tante sofferenze.

Ed è proprio il riscatto sociale ciò che muove questo anime, da ogni punto lo si può guardare, vuol testimoniare a chi sente di non farcela per avere pochi mezzi a disposizione che tutto nella vita è possibile, nonché cambiare il proprio destino e le proprie sfortune, vale il vecchio concetto
"uomo artefice del suo destino", ed in questo cartone il discorso viene fatto capire fin troppo bene, il monito dell'autore è quello di dirci di non mollare mai neanche nelle situazioni più disperate.

Da vedere.

Aduskiev

Episodi visti: 79/79 --- Voto 9
Non se la prendano a male i fan di quest'anime ma, purtroppo, "Rocky Joe" si chiama Joe Yabuki. Quel “Rocky” che fa tanto pugile è stato aggiunto dai traduttori italiani nel 1982, anno in cui la serie approda in Italia. L’italianizzazione è scelta in base alla mania del momento: Rocky Balboa, e dubito fortemente che sia un omaggio a Rocky Marciano o Rocky Graziano (famosi pugili italo-americani degli anni '30/'40) come qualcuno sostiene.
"Ashita no Joe" (Joe del domani) nasce nel 1968, partorito dalla mente di Asao Takamori e disegnato da Tetsuya Chiba, che lavorò successivamente a “Io sono Teppei!”. Diventa un anime di due serie, la prima del 1971, la seconda del 1980, acquistate poi in blocco da Fininvest nel '82.
"Rocky Joe" è una storia cruda, difficile da digerire e figlia dei suoi tempi ("L’uomo tigre", "Judo boy"), che ha come protagonista un ragazzo sbandato delle immense periferie di un’anonima città giapponese (forse Tokyo), fuggito dall’orfanotrofio e capace solo di violenza e menzogne. Joe è l’antitesi dell’eroe. Gretto, meschino, falso, violento, ci regala un quadro vivido e veritiero di quello che fu il disagio costante delle periferie giapponesi negli anni del boom economico.

In strada Joe incontrerà Danpei, un vecchio pugile ora barbone e alcolista, con il quale si scontrerà. Danpei rimarrà impressionato dalla ferocia inaudita di Joe e deciderà di allenarlo per trasformarlo in un professionista. All’inizio il ragazzo sarà restio e sfuggirà alle proposte del vecchio pugile, poi cambierà idea, pensando di sfruttarlo per avere vitto e alloggio. L’insofferenza che Joe nutre verso il prossimo è ben delineata e il suo carattere, che si evolverà durante la serie, senza mai però diventare “buono”, è ben caratterizzato. Joe rappresenta un’intera generazione di sbandati, pronti a tutto pur di emergere in qualche modo dai bassifondi nipponici. Uno scorcio di Giappone che molti di noi occidentali ignorano, abituati come siamo allo stereotipo del giapponese composto e ben educato. La violenza che permea l’intera opera la fa da padrona in questo scenario per niente idilliaco, in cui Joe è il centro vorticoso di un gorgo fatto di menzogne, rabbia e solitudine. Abbandonato sin da piccolo, abituato a badare a se stesso, Joe non si fida di nessuno e tende a sfruttare le persone a proprio vantaggio. Questo tipo di “eroe” è davvero raro nelle serie animate. Bisognerà aspettare il nuovo millennio per vedere di nuovo questa fetta di umanità rappresentata nelle opere nipponiche, dopo 20 anni di eroi positivi, leali e sinceri. Quello che è più importante è che Joe non è affatto fiero di sé, né dei suoi gesti né della sua vita. Non è uno spavaldo avventuriero, ciò che fa agli altri è una semplice manifestazione dell’odio che nutre anche per se stesso. Completamente incapace di provare amore e comprensione, arriverà, con l’evolversi degli eventi, a compiere atti abbietti, provando un rimorso umano, che tenterà di soffocare dietro la sua immagine da duro.

Un difetto è però da riscontrare nella produzione. Spesso infatti il proselitismo la fa da padrone. I dialoghi sono centrati su un ricircolo di moralità di difficile comprensione, non perché il concetto in sé sfugga, ma perché essi non portano a nessuna conclusione concreta. Che questa sia una scelta di Takamori, il che è probabile data la moda dei primi anni '70, di far pensare un po’ troppo i protagonisti degli anime, anche quelli come Joe, che tanto svegli poi non sono, o che sia un'interpretazione dei traduttori italiani, spesso comunque i pensieri di Joe paiono prolissi, campati per aria, dettati da un narratore che sicuramente, non può trovarsi nella testa del nostro pugile.
Il disegno è ben confezionato. Si parla dei primi anni '70, ed è completamente allineato alla produzione del periodo. Il colore però appare scuro, come incupito dall’ombra di una coscienza che Joe vuole in tutti i modi zittire. Belli i paesaggi, rappresentano un chiaro scorcio di un Giappone che cresce, spesso però a scapito della popolazione più indigente. Assente è la luce.
"Rocky Joe" è un anime non adatto a tutti. Difficile da comprendere e digerire, è impossibile spesso immedesimarsi nel personaggio o condividerne le scelte. Tuttavia questo è solo un nostro vizio, una storia per essere bella non deve per forza trascinarci al suo interno, possiamo anche osservarla come semplici spettatori, prenderne atto, e lasciarci coinvolgere non dai personaggi, ma dalla storia stessa. Un anime che mi ha sicuramente segnato, fatto riflettere e commosso, oltre ogni limite, oltre quel confine del cuore che spesso, molte opere, seppure ben realizzate, non riescono a valicare. Nove.

travellerKino

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travellerKino

Episodi visti: 0/79 --- Voto 10
Nessuno sport riesce ad essere metafora della vita come la nobile arte del pugilato. Una lotta per riuscire ad emergere dalla sudicia periferia di baracche e ciminiere pronte ad inghiottire chi non dimostri abbastanza coraggio da affrontarle.
Dezaki sforna uno dei suoi personaggi più irruenti e ribelli, realizzando una vera e propria perla di arte popolare, un inno allo spirito di sacrificio grazie al quale si possono piegare le regole ingiuste ed arbitrarie che ci hanno portato alla sconfitta. Rocky Joe è la voglia di riscatto di un'intera nazione messa in ginocchio dalla guerra, pronta ad affrontare il nemico con la guardia abbassata per sfruttarne la forza con un colpo d'incontro incrociato o a patire la fame fino allo stremo delle forze pur di risalire sul ring.
I personaggi sono grezzi e fortemente stilizzati, molti sono poco più che macchiette e caricature che vanno a comporre una specie di microcosmo popolare.A dispetto di una sceneggiatura scarna ed essenziale la regia di Dezaki in certi episodi dà dei veri e propri colpi di coda. Il momento del debutto di Ricky nella categoria di Joe dopo la dieta massacrante è micidiale,la dissolvenza incrociata che mostra le facce atterrite del pubblico sconvolto sovrapposte al volto di Ricky scavato dal digiuno e al suono sordo dei tamburi di sottofondo è più dura da incassare di un pugno nello stomaco.
Ancora più duro da incassare il finale con quella vittoria amara come una sconfitta.

"Questo ponte è chiamato il lungo ponte delle lacrime, perché quelli che escono sconfitti dalla vita e hanno perso ogni ragione per lottare ancora vengono in questo quartiere dalla città e attraversano questo ponte piangendo. Tre anni fa ero uno di quelli.Anche tu, quando sei arrivato. Ma adesso noi due attraverseremo il ponte nel senso contrario e cammineremo sicuri verso un futuro luminoso."

Matte

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Matte

Episodi visti: 20/79 --- Voto 10
Una storia di tanti anni fa, quando la boxe attirava ai palazzetti migliaia di persone ogni sera, quando l'Italia restava sveglia, aggrappata alla radio, per vedere Nino Benvenuti, quando i campioni si chiamavano Muhammed Ali, Joe Frazier... quando un campione del mondo di pugilato era quello, e basta, senza bisogno di aggiungere la categoria e la federazione che lo riconosceva come tale...
Ma anche di quando il Giappone usciva faticosamente dalla Guerra, e la povertà, e la fame, erano ancora parte integrante della vita di buona parte della popolazione.
Ashita no Joe... Rocky Joe... semplicemente, uno dei parti più drammatici, commoventi ed appassionanti dell'animazione giapponese.
Il pugliato come metafora della vita... una vita fatta solo di dolori, continue sfide, sofferenze del corpo e dell'anima... alla quale non vengono offerte reali possibilità di riscatto - diversamente da tante altre fiction pugilistiche del dopo Rocky... salvo l'unica possibile: nel finale, una sublime elegia, la vita che si consuma e brucia per rendere, anche se soltanto per un istante, il miracolo quasi possibile... un miracolo che però viene solo sfiorato, e non raggiunto...

Uno dei pochi animé che, anche con tanti anni sulle spalle, si riguarda sempre e comunque volentieri. Dargli un voto è superfluo... nel caso, non può che essere 10/10

Ciao a tutti...

KoNz

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KoNz

Episodi visti: 79/79 --- Voto 10
La storia bellissima di una persona che non è mai stata amata da nessuno e che tradurrà il suo amore in rabbia.
La storia di un ragazzo che ucciderà il suo unico amico, la prima persona che l'ha amato e rispettato, che ha capito la forza e la bellezza che aveva dentro.
La storia di un ragazzo brillante ed intelligente che è stato destinato ad un mondo difficile, come quello della boxe di cui non rispetterà nessuna regola, perchè è in quell'ambiente che ha trovato le prime persone che lo hanno amato in vita sua, ed è in quell'ambiente che morirà, dopo il suo ultimo scontro, in cui brillerà come una fiamma accecante, per poi diventare solo cenere bianca...

Onestamente ogni volta che parlo di questo personaggio meraviglioso non riesco a trattenere le lacrime, ci rivedo dentro il mondo intero, con tutte le sue ingiustizie, fatto di persone che possono esprimere se stessi solo se sono abbastanza fortunati da nascere nel posto giusto.

Voto 10 perchè non posso votare di più.

Zelgadis

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Zelgadis

Episodi visti: 79/79 --- Voto 9
Tratto da un manga capolavoro, questa serie (ma in realtà sono due serie tv) rimane una delle più belle mai realizzate.
Peccato che la serie venne interrotta per mancanza di materiale e poi ripresa con alcuni cambiamenti nello staff e con la presenza di diversi episodi riassuntivi e peccato anche che la seconda serie passò per le mani (o meglio per le forbici) di certi adattatori negandoci, tra l'altro, lo splendido finale.
Una storia commovente e tragica che avrebbe tantissimo da insegnare a tantissimi sceneggiatori moderni. Una bellissima metafora della vita e di come il protagonista la affronti con coraggio, spirito di sacrificio e voglia di emergere. Un classico senza tempo.


Anche se solo per un secondo... voglio bruciare con una fiamma rossa e accecante! E poi... quello che resta è solo cenere bianchissima... nessun residuo...solo cenere bianca.

Zooropa

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Zooropa

Episodi visti: 79/79 --- Voto 9
Uno degli anime più classici degli anni '70, popolarissimo anche in Italia negli '80 (vantava tra l'altro una meravigliosa sigla degli Oliver Onions). Eccezionalmente tragico, drammatico, realistico, e per l'epoca, molto ben realizzato. Serie non adatta a chi ha la lacrima facile perché gli eventi terribili si susseguono ad una rapidità notevole ed un senso di "morte imminente" pervade tutto lo svolgimento della trama. Spesso si ha l'impressione che la scelta degli autori sia più quella di colpire l'umore dello spettatore almeno con la stessa violenza dei colpi che si scambiano i personaggi. Un classicone!