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Pan1

Episodi visti: 12/12+ --- Voto 4
È un remake del buon anime del 1998. Purtroppo, questa nuova versione è stata realizzata con una trama molto più semplice e banale, non c'è più il mistero, tutto è spiegato sin dall'inizio. La verve dell'opera originale è completamente persa.
Ciò che stupisce in maniera negativa sono le animazioni dei personaggi, la CGI fa sembrare tutti dei burattini. I paesaggi e il mondo sono realizzati bene, riuscendo a restituire l'inospitalità del pianeta. Nel complesso, le scene di azione sono buone.
L'audio è trascurabile, personalmente non ho apprezzato l'opening in stile trap.

In conclusione, consiglio la visione del vero "Trigun", non di questo remake che appare più come un'opera commerciale anziché un omaggio.

Nonselomerita6

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Nonselomerita6

Episodi visti: 12/12+ --- Voto 8,5
È un remake. L'ambientazione è piena di dettagli, il mondo è descritto per filo e per segno, il lato tecnico la fa da padrone, gli scontri sono davvero belli da vedere. In quanto remake riesce perfettamente nell'intento di riadattare agli attuali shonen sia personaggi che testi. Un male? No, perché il target erano i tredici-diciotto anni, e per loro è perfetto.

Hai visto il primo "Trigun", hai trent'anni o più e vorresti vederlo? Lascia perdere, finiresti per dargli un voto che non merita. Il "Trigun" degli anni '90 era al di sopra degli attuali seinen, i personaggi umani, più che umani, avevano interazioni adulte figlie di quel tempo, con cui è facile legarsi, o dissociarsi, se si è cresciuti in quel periodo storico. A te, contemporaneo trentenne, i discorsi in questo anime ti sembreranno banali o, anche peggio, infantili, poichè abbiamo visto talmente tanta roba, che tutto sa di già visto, e, quando si è adolescenti, la banalità e la ripetizione sono rassicuranti, piuttosto che irritanti (a te, adolescente che mi stai leggendo e pensi "Per me è irritante anche alla mia età", mi spiace, soffrirai più dei tuoi coetanei). Tornando a te, compagno de "il cellulare aveva i tasti", la religione è trattata in modo 'memeistico', dove tutti sono al di sopra di tutto, dove prendono di peso le preghiere giudaico-cristiane, ma non c'è cristianesimo, ebraismo, ortodossia o altro, ma una nuova setta che ha una sfera luminosa come simbolo, che quindi cozza con un Wolfwood che da prete diventa un becchino e fa funerali in una religione che usa una croce e recita il Padre Nostro, ma si venerano i Plant, e tu quindi guardi lo schermo e dici semplicemente: "Bah". Il pubblico di riferimento non ci fa caso, ma tu, tu amico dal capello caduco lo farai, e ci soffrirai. In tutto questo, però, se non hai mai visto "Trigun" e non ti sono dispiaciuti "Cyberpunk: Edgerunner" nelle animazioni e gli isekai per quanto riguarda i discorsi "seri" che fanno i personaggi, tranquillo, adorerai anche questo anime.

Per me un 8 e mezzo, non di più, poiché la sessualizzazione della bambina che affianca "The Doctor" proprio no, fratello giapponese, quello proprio non ci riesco ad ignorarlo.


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Saufer79

Episodi visti: 12/12+ --- Voto 4
Mi aspettavo molto da questa nuova serie, purtroppo le mie speranze sono state disattese.
"TRIGUN STAMPEDE" è un qualcosa che si discosta sia dal manga che dal precedente anime, il che non è un male di per sé. Non è considerabile propriamente un prequel, ma un universo a sé stante rispetto al canonico, in quanto mescola situazioni e personaggi in maniera non coerente con la cronologia ufficiale degli eventi. Il problema non è tanto la rivisitazione della trama (che ho discretamente apprezzato per il maggior approfondimento su Knives), ma l'aver snaturato l'atmosfera steampunk western che permea l'opera originale, così come la carente caratterizzazione e crescita dei personaggi, resi più catchy per le nuove generazioni, il che ai miei occhi ne ha appiattito il valore.

Un'anormale mole d'informazioni ti viene subito spiattellata nei primi episodi, non c'è una vera crescita. È un mistero arcano la presenza di un personaggio insignificante come Roberto De Niro, tuttologo grillo parlante, che non apporta alcun maggior valore alla serie. Manca quel giusto mix di commedia e dramma che caratterizza il personaggio di Vash, mai una gioia per lui in questa serie. Le mie perplessità hanno comunque riguardato principalmente il chara design che, con il pretesto della modernità, si è discostato pesantemente dagli stilemi steampunk western. Sono il primo a cui piace lo svecchiamento dei vecchi chara ("Urusei Yatsura" docet), ma nel caso di "STAMPEDE", ad esempio, Vash è stato trasformato in un personaggio ai limiti del metrosessuale, inguardabile. Anche gli altri personaggi, personalmente, hanno subito un peggioramento. Sul mio giudizio avrà probabilmente influito anche la paletta di colori utilizzata, che non mi ha convinto molto. Parimenti ho trovato le ambientazioni e i fondali troppo asettici, senza quella patina rugginosa e vissuta che avrei visto bene in "Trigun". La CGI l'ho trovata discreta, ogni tanto ci sono stati dei cali, ma niente di problematico. Non ho molto apprezzato invece le espressioni facciali dei personaggi, che ho trovato talvolta stranianti. Le musiche le ho apprezzate abbastanza.

A conti fatti, quei pochi punti positivi che ho trovato non bastano a dare una valutazione positiva della serie nella sua interezza. Avrei preferito un vero prequel originale, sacrificando anche la presenza di personaggi iconici come Meryl, piuttosto che assistere a uno spreco di tanto potenziale.
Uno dei peggiori reboot che abbia mai visto.

ALUCARD80

Episodi visti: 12/12+ --- Voto 8,5
Fra i suoi scritti più noti - riflettendo sulla nostalgia - Alessandro Baricco si domandò se sostanzialmente fosse mai possibile soffrirne per qualcosa che non si è mai vissuto.
La razionalità necessaria per valutare qualsiasi esperienza, è la prima a pagare le spese dell’emotività trasmessa da quel silenzioso terremoto che tutti conosciamo col nome di nostalgia, ed è per questo che, prima di cominciare a scrivere le righe che v’apprestate a leggere, ho riflettuto a lungo e a fondo: per anni, “Trigun” è stato un vero e proprio anime di culto, uno dei miei preferiti di fine Anni Novanta, e una delle storie che più hanno emozionato e coinvolto in assoluto.
Quando ho scoperto che un reboot era alle porte, le emozioni sono state contrastanti - proprio come quelle di tanti altri che vissero esperienze molto simili alla mia. Prevedibili, comprensibili e tediose domande sono sorte nella mia mente: “Era davvero necessario? Perché ultimamente fanno così tanti reboot e remake, non hanno idee originali? Le genialate di vent’anni fa sono solo un lontano ricordo?” Ho lasciato così che codesti quesiti rimanessero sospesi come nuvole incerte in un’alba di speranza, e mi sono tuffato nella visione di quest’opera.
Ebbene, è bastato davvero poco per far sì che il gomitolo di dubbi venisse spazzato via: con tutta l’onestà possibile, posso tranquillamente asserire di aver sperimentato uno dei migliori reboot mai realizzati - forse proprio a causa dei drastici cambiamenti e dei collegamenti al manga che la serie originale del 1998 tralasciò per una serie di motivi che ivi non tratteremo.
La colonna portante è scontata quanto esaltante: v’è un perno intorno al quale “Trigun” è costretto a ruotare, ovvero l’iconico, leggendario protagonista che rende viva e pulsante l’intera vicenda... sto parlando chiaramente di Vash, il “Tifone umanoide”. In “STAMPEDE” lo riscopriamo più umano, meno incline a fare l’idiota o il donnaiolo, e - elemento fondamentale - libero di lasciar trasparire parte della sua profondissima sofferenza attraverso il filtro di quel cuore d’oro che ha fatto innamorare migliaia di fan nel corso di due decenni.

Partiamo dal comparto visivo: confesso di aver sempre detestato gli anime resi totalmente in CG, ma qui siamo di fronte a un lavoro eccezionale: mai vista tanta espressività, intensità e credibile fluidità. Le scene d’azione sono dinamiche, distinte e percettibili; luci, ombre, prospettive e tagli d’inquadratura risultano sempre convincenti. Si potrebbe temere un’algida rigidità riguardo le espressioni dei personaggi, cosa che invece viene lenita a dovere, regalandoci volti caldi, vividi, spontaneamente mutevoli ed empaticamente onesti; le emozioni, i sentimenti e gli stati d’animo in divenire sono tradotti con una naturalezza mai vista prima.
Gli scenari riprendono il classico stile cyber-western della controparte originale, e, fra dune a perdita d’occhio, worm giganteschi che solcano i deserti, libellule della sabbia e antiche rovine ove sorgono residui urbani di ciò che rimane delle tecnologie spaziali perdute, la CG comunica tutta l’afa e l’arsura di un magico, tremendo e sofferto mondo, distante migliaia di anni luce dalla nostra amata e bistrattata Madre Terra. Non siamo certo alla perfezione, poiché (molto raramente, sia chiaro) notiamo sfumature meno fluide e talvolta piccoli passaggi al limite del farraginoso, ma si tratta di inezie che non danneggiano la più che positiva esperienza visiva.
Poi c’è la colonna sonora: un vero e proprio capolavoro.
Alcuni brani sono stati ripresi dal vecchio anime e riadattati, mentre altri scritti ex novo; la opening concorre ad essere la migliore apertura di tutto il 2023, e saltarla a piè pari per correre a vedersi l’episodio andrebbe considerato atto passibile di denuncia, tanto riesce a creare dipendenza! Le note rockeggianti che hanno contraddistinto il primo “Trigun” e l’atmosfera punk/scatenata di fine anni novanta lascia il posto a un tema introspettivo e malinconico, decisamente più in linea con i tratti della narrazione e sicuramente più pertinente. Traspare pura emotività, in linea coi malcelati sentimenti del protagonista; un mix di tristezza, speranza e rastremato ottimismo: istintività al punto giusto che ci introduce all’opera nella maniera più appropriata.
Abbacinato da codesta cornice ricca di buoni propositi, mi sono immerso nella visione, e, nonostante le mie paure, i miei timori e la nostalgia che mi suggeriva pensieri contrarianti, sono rimasto davvero entusiasta.
“TRIGUN STAMPEDE” fonde elementi della serie originale a tratti del manga, mischia segmenti iniziali a parti avanzate cambiando moltissime carte in tavola, stravolgendo in più punti la storia - addirittura in sequenze fondamentali -, riscrivendole attraverso nuovi punti di vista più arditi e profondi, riuscendo a far emergere i dilemmi e le ansie dei protagonisti in modo peculiare e più convincente rispetto al passato; si decide di sacrificare parte della goliardia che ha contraddistinto la serie vintage per donare sfumature più drammatiche e sofferte a tutta la trama. L’esperimento riesce alla grande, anzi: incredibile a dirsi, la qualità generale ne trae sostanziale beneficio. Si ha percezione di un racconto più maturo, volutamente frammentato, che, come un mosaico tagliente e irregolare, emerge episodio dopo episodio, permettendoci di empatizzare con quel sognatore, cuore d’oro, illuso e coraggioso altruista al limite della stupidità che è Vash.
Man mano che le tessere s’allineano, il terribile e desolante quadro generale diviene sempre più chiaro, ma, parallelamente, ci accompagna la speranza di un futuro migliore, nonché la maledetta curiosità di scoprire i misteri e i risvolti d’un passato che ci viene propinato (giustamente) col contagocce, una storia scritta con un intreccio incompiuto e misterioso, dal ritmo crescente e dal sapore di leggende perdute.

Uno dei primi scenari è Jenora Rock, una povera città in mezzo al deserto su un pianeta chiamato “No man’s Land”, globo sul quale gli ultimi esseri umani sono riusciti ad approdare dopo una sequenza di catastrofi che li ha visti quasi estinti. Fra tutte le disgrazie, le carestie, le difficoltà, i delinquenti e la situazione di stenti che i superstiti vivono tutti i giorni dagli anni dopo l’approdo, una fra queste è tanto spaventosa quanto singolare: esiste una persona conosciuta come il “Tifone umanoide”, una vera e propria calamità che terrorizza le genti delle terre circostanti!
Girano voci pazzesche su di lui. Si dice che la sua furia possa spazzare via un intero paese, o addirittura abbia le capacità di sconfiggere in duello qualsiasi avversario o creatura incontri. Qualcuno giura di aver assistito a queste cose, ed è sicuro che l’uomo sia portatore di sventura, una sorta di mostro senza pietà, anche se, incredibile e stranissimo a dirsi, dopo ogni sua esibizione distruttiva, non è mai stata pervenuta alcuna vittima. Cittadini, presenti e malcapitati, si sono sempre salvati tutti... ma come è possibile!?
Le compagnie assicurative sono ormai disperate: Vash “The Stampede” compare all’improvviso, e in seguito accadono avvenimenti assurdi che portano a distruzioni di portata colossale, causando danni da milioni e milioni di doppi dollari (sì, la moneta locale). Esasperati da questa situazione, gli enti in questione mandano due agenti incaricati di individuare e fermare il colpevole: i loro nomi sono Roberto, noto giornalista locale, e la sua giovane apprendista Meryl. Presto, l’ignara coppia, fra alte dune desertiche e città dal retrogusto a metà fra “Star Wars” e western spaghetti alla Sergio Leone, a bordo del loro fuoristrada, scopriranno che il temuto Vash è invero gentile, generoso, e capace di mettere a repentaglio la propria vita pur di salvare quella di chiunque incontri sul suo cammino.
Dai capelli biondi spettinati, gli occhiali da sole che nascondono uno sguardo ricco di gentilezza e tristezza, l’inconfondibile cappotto rosso fuoco e quella spaventosa pistola alla cintura, Vash non sembra affatto ciò che tutti raccontano.
Ma è davvero lui, il “Tifone umanoide”?
Cosa nasconde veramente? E da dove viene?

Tirando le somme, siamo di fronte a un lavoro eccezionale.
Lo stile dell’amato e iconico eroe è stato fortemente modernizzato. I dettagli sono stati allineati ai tempi correnti (dal look generale agli indumenti), ottenendo un risultato davvero appagante. Nonostante gli archi narrativi siano stati modificati, il modus operandi con cui la narrazione si svolge risulta scorrevole e coinvolgente. Se nella serie di venticinque anni fa si rideva di più (nonostante certi passaggi risultassero poco chiari e confusi), qui troviamo meno elementi comici e più momenti di riflessione. Ciò che un tempo fu tenuto in serbo come una potentissima rivelazione, ora è stato scelto come atroce incipit per introdurre lo spettatore a un (nuovo) mondo crudele eppure affascinante, dalle origini misteriose e dagli esiti oscuri.
Vash è tornato, questo possiamo dirlo forte.
È tornato con il suo modo di fare bislacco, con la sua perenne voglia di dolci, coi suoi sorrisi da apparente imbranato, con il suo passato oscuro e i suoi tremendi, disumani sensi di colpa, circondato dal mitico Nicholas D. Wolfwood, la graziosa e coraggiosa Meryl, e (quasi) tutti quei personaggi che alcuni di voi ricorderanno molto bene. Ed ora può comunicarci una sofferenza che, finalmente, pare riesca ad affiorare spontaneamente. Giustificata, comprensibile, come sarebbe dovuto accadere sin dall’inizio.
“TRIGUN STAMPEDE” riesce nell’intento di far ragionare lo spettatore, portandolo ad affrontare temi legati all’etica della sopravvivenza e della tolleranza, temi decisamente attuali e spigolosi, difficili da trattare, ma altrettanto importanti e accorati: l’ottusità che partorisce ogni tipo di discriminazione, la paura del diverso, l’odio di chi viene discriminato - da cui nasce la voglia di vendetta, e l’odio in risposta ad altro odio.
Cosa è disposto a fare l’uomo pur di sopravvivere? Fin dove ci spingeremmo, pur di salvarci? Esiste un bene superiore per cui azioni che normalmente sono viste come crudeli possano essere considerate addirittura accettabili?
E poi c’è lui, Vash, che ci ricorda che l’Amore e la Gentilezza possono essere forti tanto quanto le armi più letali, capaci di far agire le persone oltre ogni genere di comprensione.
Idealista? Illuso? D’esempio? Una cosa è certa, dopo venticinque anni Vash riesce a commuovere ancora una volta, e, come contrappasso, il minuzioso dualismo con cui sono stati sviluppati protagonista e antagonista riesce a mettere in confusione l’etica dell’osservatore, permettendogli di comprendere le motivazioni e gli ideali che spingono entrambi lungo irti sentieri.

Da tale, atroce scontro, scaturisce una riflessione universale.
Gravi traumi o profonde sofferenze segnano le persone per sempre, ma da questo dolore ci sono due modi di reagire: o diventi il cattivo, o vivi tanto a lungo da prenderti cura di chi soffre come hai sofferto tu.
È come un fardello, un insegnamento straziante, perché dove finisce la coscienza sparisce anche ogni senso di colpa.

Ho cercato di godermi questo nuovo “Trigun” nel modo più distaccato possibile, animo pulito, testa scevra, e ha funzionato: proprio come per quelle parole di Baricco, ho provato nostalgia per qualcosa che non avevo mai visto, anche se a tratti conoscevo. E per un attimo mi sono rivisto seduto a terra, di fronte alla TV con tubo catodico, sintonizzata su MTV durante la magica serata anime, i compiti da finire buttati su letto, seguendo le spericolate avventure del Tifone umanoide. Allora mi sono reso conto che, se proprio dobbiamo valutare qualcosa condizionati dalla nostalgia, è meglio provare a distaccarsi del tutto e trovare l’onestà necessaria per ricordarci il ragazzino che eravamo.
Poche cose sono belle come quando ritrovi un vecchio amico dopo tanti anni, e ti accorgi che sembra cambiato, ma, sotto sotto, è sempre lo stesso.

Questo è il miglior reboot che abbia mai visto.
E dopo venticinque anni, il modo che Vash ha di prendere la vita mi ispira ancora: il mondo potrà essere anche pieno di dolore e sofferenza, ma la violenza e la crudeltà non sono mai la risposta.


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tsuyu;

Episodi visti: 12/12+ --- Voto 8
Appena uscite le prime notizie di questo nuovo adattamento di "Trigun", le reazioni non erano state esattamente delle migliori, e anche io ammetto di essermi ritrovata abbastanza scettica. Premetto che non sono una fan accanita di "Trigun", non ho mai letto il manga, ma ricordo chiaramente l'iconica serie animata degli anni '90; aggiungiamo poi che sono quel tipo di "purista" che non apprezza per nulla l'utilizzo della CGI negli anime, quindi no, viste le premesse, questo nuovo adattamento proprio non mi convinceva. Eppure eccomi qui a scrivere una recensione sorprendentemente positiva e a valutare l'opera tecnicamente con un 7,5, che poi ho deciso di alzare di mezzo punto solo perché l'affossamento che sta ricevendo questa serie quasi per partito preso mi sembra un po' troppo eccessivo e immeritato... Ma andiamo con ordine.

Lo studio Orange si è trovato davanti un'impresa non da poco: riportare sugli schermi un'opera intramontabile come "Trigun" e, da una parte, farla scoprire (o riscoprire) a un nuovo pubblico molto più ampio, andando oltre la cerchia dei fan di vecchia data, mentre dall'altra gestire la presenza ingombrante del primo iconico adattamento, con il quale, siamo onesti, non c'è proprio paragone. E per quanto può valere il mio giudizio, devo dire che se la sono cavata più che egregiamente.
Questo "Trigun Stampede" non vuole essere una brutta copia, cercare anche solo vagamente di ricreare quelle atmosfere e quella "figaggine" così dannatamente anni '90 del manga e della prima serie non avrebbe avuto senso e sarebbe stato solo controproducente (tanto vale guardarsi direttamente il primo adattamento a questo punto!). Nel tentativo di svincolarsi da inevitabili confronti, "Trigun Stampede" vuole semplicemente essere un "Trigun" con una sua personalità ben distinta, senza però tradire sé stesso. Nonostante infatti gli innumerevoli (e col senno di poi necessari) cambiamenti, dal chara design modernizzato alla presenza di nuovi personaggi, dalla OST con sonorità differenti al re-telling che mescola avvenimenti vecchi e nuovi, episodio dopo episodio la sensazione è che lo spirito di questa serie rimanga comunque fedele a quello che (quantomeno per la sottoscritta) è sempre stato "Trigun". E forse era proprio questo l'obiettivo del suo staff.

Apriamo poi una breve parentesi sul comparto tecnico. Io odio la CGI, questo lo avevo già detto. Avevo presente altre opere dello stesso studio come "Land of the Lustrous" o "Beastars", e in entrambi i casi, essendo serie particolari con personaggi non umani, potevo in qualche modo capire l'uso della CGI per sperimentare nuove tecniche di animazione. Con "Trigun Stampede" però ero molto più scettica, perché temevo un effetto troppo "finto e plasticoso" per i personaggi. Ma ancora una volta lo studio Orange mi ha fatto ricredere. Graficamente questa serie è un gioiello, e oltre all'incredibile fluidità dei movimenti nelle scene d'azione, ciò che mi ha colpito di più è stata proprio l'attenzione all'espressività dei protagonisti (menzione speciale poi per le animazioni presenti nel flashback del passato di Wolfwood!). Ecco cosa succede quando allo staff viene data piena libertà nello sperimentare e dare sfogo alla propria creatività.

Detto questo, la serie non è di certo perfetta. La sceneggiatura in più punti risulta un po' deboluccia e affrettata nel presentare certi personaggi lasciati poi molto sullo sfondo, e anche con la caratterizzazione del cast si poteva fare di più. Allo stesso tempo però non mi sento neanche di bocciarla così in toto, e tenendo conto che è già in programma un sequel e che questa serie "era solo l'inizio", certe scelte potrebbero essere anche volute in vista di sviluppi successivi.
In definitiva, si sentiva davvero il bisogno di questo "Trigun Stampede"? Il mio consiglio è di non partire prevenuti, e di provare a scoprirlo da soli. Personalmente, durante la visione ho percepito tutta la voglia e la passione dello staff nel volerci proporci un "Trigun" nuovo e diverso, senza però snaturarsi. Alla fine della fiera, anche se in una veste nuova, Vash the Stampede rimane sempre il solito Vash the Stampede. Love & Peace.


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Adrian1

Episodi visti: 12/12+ --- Voto 5
In breve, in questo anime di dodici episodi, "gli esseri umani sono andati a vivere su un altro pianeta, e il protagonista della serie è Vash The Stampede, un ricercato di cui tutti hanno paura. Le compagnie assicurative, costrette a pagare milioni per causa dei disastri che lui causa, decidono di inviare degli agenti alla sua ricerca. Vash è in realtà una persona buona, e non è il criminale che tutti pensano che sia".

Comparto tecnico: a me la CGI non piace, e non mi piace neppure in quest'anime, soprattutto in certi punti, dove sinceramente per me è un no. Però complessivamente il livello tecnico-grafico di questa serie è davvero buono. Le musiche non sono niente di che, per buona parte.

La trama: iniziamo col dire che questo è un reboot molto spinto e per diverse cose non fedele all'opera originale di "Trigun" (non fedele al manga, e non fedele al vecchio anime), quindi non è canonico né per quanto riguarda il manga né per quanto riguarda il vecchio anime. In questa serie di dodici episodi hanno apportato molte modifiche, cambiamenti e aggiunte che non c'entrano nulla con il "Trigun" canonico. Questa comunque è da considerare come una serie prequel della storia di "Trigun", anche se nei fatti non è canonica con nulla, o meglio ha varie cose che non sono canoniche con "Trigun". È un reboot molto alla lontana. Sinceramente non capisco questa strana mossa: hanno voluto fare un prequel ma con tantissime cose differenti dal vecchio anime e dal manga, quindi è un prequel non collegabile con essi. "Trigun Stampede" dunque è una sorta di universo alternativo, ce n'era bisogno? Per me no, perché questi dodici episodi sono inferiori al vecchio anime.

Giudizio: un anime con troppi cliché e situazioni già viste in altri prodotti. Personalmente mi è piaciuto solo in parte, per me la vecchia serie animata di "Trigun" rimane decisamente superiore, sia come caratterizzazione dei personaggi che come gestione della trama. Questa specie di prequel/reboot alla lontana mi ha convinto in qualche episodio, ma in diversi episodi non ci siamo, pur non essendo brutti. Diciamo che su dodici episodi per me ci sono quattro buoni episodi e otto episodi deludenti.

Voto: 5, sotto la sufficienza, ma non di molto.


 5
Frau Blücher

Episodi visti: 12/12+ --- Voto 4
Sono passati più di vent'anni da quando l'anime di "Trigun" è stato trasmesso dalla compianta "Anime Night". Un'opera che ha sicuramente appassionato ed emozionato quasi tutti quelli che l'hanno vista, perché era un anime bello, c'è poco da dire, e ci sono certe scene che ancora oggi sono ben vivide nella memoria di tutti noi. Poi è arrivato il manga, opera che differisce dalla sua versione animata, ma non meno gradevole.
È un testimone parecchio difficile da raccogliere quello di "Trigun Stampede", ma non bisogna mai essere prevenuti, perché ci sono remake o reboot che sono anche meglio delle versioni precedenti, o, come in questo caso, ci sono semplicemente nuove versioni che non hanno nulla a che vedere né con il vecchio anime né tantomeno col manga. Siete pignoli o l'amore per il primo "Trigun" vi fa partire già prevenuti? Ecco, non ci provate proprio, perché non ha senso, questo anime va visto con occhi nuovi e scevri da pregiudizi. Ed è proprio di questo anime che ho intenzione di parlare, ignorando completamente ciò che è stato.

"Trigun Stampede" è un prodotto dello studio Orange, interamente realizzato con la CGI. Personalmente non è un tipo di animazione che gradisco, ma non si può negare che ci sia della qualità. Le scene di azione sono fluide e ben realizzate, soprattutto quelle dell'ultimo episodio. Il problema di questo anime è tutto il resto. Una storia trita e ritrita, l'umanità cattiva che sfrutta e distrugge tutte le risorse del pianeta e i personaggi di contorno. La storia ci presenta, tanto per cambiare, delle navi spaziali che hanno abbandonato la Terra, poiché gli umani ne hanno esaurito le risorse, e per sopravvivere bisogna colonizzare un nuovo pianeta. Vash e suo fratello Million "Nai" Knives sono due plant, esseri che vengono sfruttati dagli umani per poter sopravvivere, ma loro sono due forme più evolute e, a differenza dei plant "normali" che vivono rinchiusi e spremuti fino al midollo, loro vivono tra gli umani, esseri per cui Vash nutre molta empatia. Ben presto si viene a creare una frattura fra Nai e Vash: il primo vuole distruggere gli umani che sfruttano i plant, il secondo vuole salvarli. L'umanità superstite viene costretta a popolare un pianeta arido e desertico, pertanto più che mai occorre usare i plant. È qui che iniziano le avventure di Vash.

La cosa peggiore di questo anime, dopo la banalità della storia, è la caratterizzazione dei personaggi. Vash è un personaggio totalmente passivo, non ha il carisma che un protagonista dovrebbe avere, non si capisce come abbia fatto a sopravvivere su quel pianeta per centocinquant'anni, visto che è braccato da chiunque e lui non solo non conosce il concetto di autodifesa, ma finisce col far morire chi gli sta intorno e che vuole aiutarlo. Abbiamo Nicholas Wolfwood, in questa edizione non più reverendo ma becchino, che, per salvare l'orfanotrofio in cui è cresciuto, ha accettato di fare e subire cose orribili. Abbiamo Meryl, che fa la giornalista e il cui unico scopo è urlare "Vash-san!". Abbiamo infine Roberto, collega e superiore di Meryl, personaggio decadente e pseudo-saggio con il vizio dell'alcolismo. Non c'è emozione in quest'opera, non c'è pathos, tutto trito e ritrito con personaggi dimenticabili e a tratti fastidiosi. Per concludere, abbiamo il super cattivo Nai, che, come nei peggiori cliché dei vecchi film brutti, è cattivo, pazzo e suona un organo. Manca solo la risata isterica e il gatto sulle gambe. Pertanto, va più che bene fare delle nuove versioni di vecchi anime anche totalmente differenti, so che possono essere prodotti riusciti. Questo è solo da dimenticare.