Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

7.5/10
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«Perfect crime» (originalmente “Funouhan”) è un manga, scritto da Arata Miyatsuki e disegnato da Yuuya Kanzaki, scioccante e riflessivo, che indaga nell’oscurità degli esseri umani senza mai annoiare il lettore, mantenendo sempre viva l’attenzione.

"Che sciocchi gli umani."
Un sicario particolare Tadashi Usobuki, affettuosamente chiamato Usobin, giovane bonario circondato perennemente dai gatti, che non fa altro che chiacchierare con alcune persone, eppure quelle persone andranno incontro a morte certa.

Le parole hanno un peso, sanno far male più di quanto possa fare un’arma affilata, le parole sanno condurre una persona alla disperazione, alla morte. Non si tratta di un clone malriuscito di Johan di Monster ideato da Naoki Urasawa, in questo caso non è importante quello che dici ma come lo dici, il potere dell’ipnosi.

L’ipnosi, termine utilizzato da James Braid (1785-1860) per quanto Franz Anton Mesmer (1734-1815) ne sia considerato il precursore, non è una tecnica di recente scoperta venendo utilizzata già all’epoca dell’antico Egitto. L’individuo ipnotizzato ignora ogni genere di stimoli, vive in una condizione alterata di percezione, può convincersi di qualunque cosa e quella fantasia diventa per lui realtà. L’acqua può diventare veleno, un cucchiaio un pugnale basta che sia lui, Usobin, a suggerirglielo. Di certo Usobin ha dei tratti inquietanti e nel suo sguardo perdersi è facile. Nell'ambiente sembra una sorta di leggenda urbana al pari della famosa videocassetta di Sadako… “Si dice che…” ma, come sempre, sono in molti a credere alle più disparate fantasie, quando fa a loro comodo, del resto provare non costa nulla: il problema è quando funziona. Molte persone si rivolgono a lui che assolve sempre ogni singolo incarico che gli viene affidato, portandolo sempre a termine; non importa questo cosa implica, a discapito di qualunque morale. L’unica eccezione è quando muore il committente, solo in quel caso i suoi obblighi morali vengono meno e la sua professionalità rimane intatta. Vendetta, astio, quello che sembra un risolutore dei problemi farà molto di più, porterà sempre a galla l’oscurità che si cela in ogni essere umano, quel lato che non si conosce, che non si vuole conoscere, un prezzo spesso folle da pagare. Gli esseri umani non sono veramente mai soddisfatti, si direbbe.

Leggendo ci viene più volte il dubbio che Usobin sia realmente un essere umano visto che lui stesso tende a non voler essere paragonato con loro, come se appartenessero a due razze diverse, o ci si chiede da quanto tempo viva, sembra infatti una sorta di entità un qualcosa di trascendentale, antico o di provenienza aliena o vittima di una sorta di maledizione. Non abusa delle proprie capacità, non vuole farne sfoggio, sembra voler aiutare gli altri, ma in realtà li studia alla perenne ricerca di qualcosa o di qualcuno. Studia l’essere umano, la sua debolezza, convinto che in fondo lo siano tutti, anche chi all’apparenza non lo sembra. Nietzsche diceva "Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te." In questo caso Usobin è il più profondo degli abissi.

Il suo non è un potere assoluto, esistono persone immuni che nella sua vita talvolta incontra e da queste rimane affascinato. Cosa vuole da queste persone? A credere alle sue parole sembra che voglia semplicemente venire ucciso, in quanto afferma di non poter terminare da solo la propria esistenza, ma sarà realmente così o quello che vuole è altro, ben più oscuro?

Per quanto continui omicidi si susseguano intorno a lui (succede anche a Conan ma vabbeh) non esistono prove materiali che lo collegano a nessuna delle tante vittime, anche se la polizia è convinta della sua colpevolezza non c’è modo di arrestarlo, si può sperare in un suo errore, ma lui è un professionista. A frapporsi tra sicario e vittime ci sono numerosi agenti di polizia, Tomoki Tada, Asako Momose, Shintaro Nanjo e Yuka Yome, tutti in un modo completamente diverso cercheranno di fermare i continui omicidi perpetrati da Usobuki.

In una storia del genere fondamentale è il sapersi destreggiare nel descrivere la psicologia dei vari personaggi, ed è qui che l’opera mostra tutta la sua qualità: tutti risultano molto ben caratterizzati anche quelli più secondari, i vari ispettori sono umani nella loro sofferenza, nella loro testardaggine, nella loro rabbia, si piange, si ride, si è umani. Fra gli altri personaggi interessante è lo psicologo, l’affabile dottor Taki. il lettore quasi giocherà come il protagonista della storia a capire cosa celino i vari personaggi, cosa nascondano e come agirà l’amante dei gatti.

“...L’aspetto pietoso che assumono le persone che non sono tornate più a casa perché si sono fermate a giocare con me troppo a lungo.”

Una trama verticale che si adagia su un’altra orizzontale, quindi da un lato assisteremo a un’enorme quantitativo di personaggi che usciranno di scena nello stesso volume in cui vengono introdotti, mentre solo alcuni di loro ritorneranno tempo dopo, dall’altra i vari protagonisti elaboreranno varie strategie per riuscire a fermarlo, e fra tutti l’ispettore Tada è deciso a non tradire lo spirito della giustizia che lo guida nonostante tutto.

Il disegno è curato, le fisionomie risultano ben delineate, proporzionate e credibili. Da evidenziare che sono tante le scene crude e violente presenti all'interno della lettura.

“In sintesi si tratta di un crimine impossibile da dimostrare… un crimine perfetto.”

In storie come queste è importante dimostrare una strada, un’idea vincente, non importa quanto il nemico possa essere considerato invincibile, deve avere un punto debole… anche se magari al lettore dovesse sfuggire non deve sfuggire all’autore. In questo il manga fornisce una risposta, sensata e intelligente, anzi: nel corso della storia ci proveranno più volte con stratagemmi vari, tutti ben studiati.

Consigliato a chi cerca una storia appassionante, cruda e ben realizzata, lunga quanto basta per non ricadere nella banalità, una battaglia fra emozioni diverse, fra volontà diverse.

10.0/10
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Trovo sempre comprensibilmente difficile parlare di opere che hanno saputo accompagnarci nel corso della nostra infanzia e della nostra adolescenza, perché, diciamocelo, in fin dei conti finiremo sempre per essere un po' di parte, e questo piccolo, grande (ma soprattutto lungo) capolavoro del maestro Gosho Aoyama, nel mio caso non fa affatto eccezione. Conan ha avuto l'importanza di essermi stato accanto in alcuni momenti delicati della mia infanzia/adolescenza, e non potrò che essere sempre grato per questo.
Ma mettiamo momentaneamente da parte i sentimentalismi, e andiamo ad analizzare un po' cosa ha da offrirci questa opera.

"Detective Conan" è un anime ideato a partire dal 1996 dalla geniale (nel vero senso della parola) mente di Gosho Aoyama, che, ad oggi, conta oltre mille episodi (sì, avete letto bene), nonché oltre venti film, svariati OAV e tanti altri prodotti inerenti alla storia originale.
Nonostante l'infinità di episodi, in realtà non sarà difficile riassumere brevemente ciò che fondamentalmente è la storia principale di "Detective Conan". Shinichi Kudo è un liceale dalla mente brillante fissato con Sherlock Holmes e sulle indagini del crimine. Un "bel" giorno, dopo aver assistito a uno scambio sospetto tra due loschi individui, cadrà vittima di quest'ultimi, che costringeranno il malcapitato Shinichi ad ingerire un veleno in via di sperimentazione, che, difatti, invece di ucciderlo, lo trasformerà, per chissà quale motivo, in un bambino di sei anni (sei anni da ormai trent'anni circa).
Dicevo che non sarebbe stato difficile riassumere la trama, poiché tutto ciò che ho appena scritto avviene nel primissimo episodio; tutto ciò che accade negli altri novecentonovantanovemila episodi vedrà Conan, il nostro nuovo protagonista, risolvere brillantemente una miriade di casi, dei quali, per ovvi motivi, non potrà prendersi i meriti, che dunque cederà, con svariati marchingegni, a un altro detective, Kogoro (ignaro come quasi tutti gli altri personaggi della storia della vera identità di Conan), padre di Ran (suo amore segreto dell'infanzia), del quale sarà ospite da quello sfortunato giorno.
Saranno successivamente pochi gli episodi che richiameranno la trama principale, ovvero la battaglia contro l'organizzazione degli uomini in nero, ma quelli che avremo il piacere di vedere sparsi qua e là all'interno di tutto l'anime saranno coinvolgenti e affatto banali.

Personalmente, ho sempre adorato il modo in cui si svolgono i vari i casi, e sono sempre rimasto piacevolmente sorpreso e affascinato dall'incredibile fantasia che ha dato modo all'anime, nonostante conti un così elevato numero di episodi, di non risultare quasi mai scontato o banale nel trovare soluzioni sempre diverse e intriganti, accettando ovviamente anche vicende al limite dell'inverosimile, dato che, non dobbiamo dimenticarci, anche se si vanno a trattare situazioni spesso molto serie, siamo comunque di fronte a una serie animata.
Una menzione particolare va ai vari personaggi e alla loro caratterizzazione. Sono tanti, tantissimi, ma, nonostante ciò, la maestria con la quale sono stati caratterizzati mi ha sempre sorpreso; sarà impossibile rimanere indifferenti di fronte a determinati personaggi che appariranno di fronte allo spettatore, mai lasciati al caso e sempre approfonditi, più che nell'aspetto fisico, in quello caratteriale, grazie al quale Aoyama è stato in grado di tirar fuori dei veri e propri idoli, intriganti e carismatici.

Andrei ad analizzare brevemente anche il lato tecnico.
Partirei dal character design: bello, particolare, dal tratto distintivo, e che, come ovviamente accade in opere che si protraggono così in avanti con gli anni, cambia e si evolve con l'avanzare del tempo e delle varie tecnologie; personalmente apprezzo maggiormente lo stile iniziale, sarà perché sono un nostalgico, ma, nonostante sia ovviamente più "sporco" o visivamente più grezzo, non ha nulla da invidiare a quello più moderno.
Ora vorrei passare a quello che è per me uno dei punti di forza dell'anime, sto parlando delle OST: belle, originali, iconiche, e che, ancor più delle varie opening, sono in grado di riportarmi indietro nel tempo, riuscendo a rievocare momenti e sensazioni ormai appartenenti a tanti, tanti anni fa.
Qualche parola sull'adattamento e sul doppiaggio italiano; dato lo svolgimento e le ambientazioni dell'anime, e i vari personaggi che sono al 99% giapponesi, e dunque con nomi giapponesi, "italianizzare" nomi, luoghi, ecc. sarebbe stato inutile e anche alquanto difficile; dunque, a parte qualche piccola eccezione, non ho trovato niente che vada ad allontanarsi troppo da quella che è la versione originale.
Nulla da dire sul doppiaggio storico, sempre ben fatto; raramente nel corso degli anni i nostri doppiatori ci hanno deluso, e sicuramente il lavoro fatto con Conan non fa eccezione.

Tanti vedono la lunghezza estrema di questo anime come un difetto (e ne hanno anche il diritto), ma, se ci pensiamo bene, solo un'opera di tale portata sarà in grado, se lo vorremo, di prenderci per mano e accompagnarci per praticamente tutta la vita; personalmente, sono il primo colpevole di aver interrotto la visione svariati anni fa (difatti il numero di episodi che ho indicato come visionati è alquanto indicativo), quindi non so se ci si stia o meno avvicinando a un finale, ma sono sicuro che, se e quando questo tanto atteso momento arriverà, il nostro Conan e tutti gli altri infiniti personaggi al quale sarà impossibile non affezionarsi ci mancheranno, e tanto.
Personalmente devo tanto a questo che non fatico a reputare un vero e proprio capolavoro nel suo genere; sarò sempre legato a tutto ciò che ha sempre saputo regalarmi durante gli svariati anni in cui mi è stato accanto, e molto spesso si tende a sottovalutare l'importanza che può avere un'opera del genere per un ragazzino.

Per concludere, non ho difficoltà ad assegnare un voto finale, 10 per l'appunto, per il semplice motivo che a scrivere queste poche righe è stato il me di dodici-tredici anni fa, che non aveva bisogno del capolavoro tecnico e grafico per esaltarsi, ma solo di tornare a casa dopo scuola, sedersi sul divano, e immergersi, seppur per pochi istanti, in quella che era per noi un'altra realtà, nella quale il più delle volte, perché no, trovare rifugio.
Grazie Gosho, grazie Conan.

10.0/10
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Ho visto “Psycho-Pass” la prima volta l’anno in cui è uscito (2012), e lo rivedo quasi ogni anno. È una di quelle serie che ti dà così tanto, che recensirla senza sminuirla non è affatto semplice. Ma dopo la decima visione è quasi ora di provare a riordinare le idee.

Quando si scrive una storia, sapete quali sono gli elementi più importanti?

1. Il worldbuilding

Ovvero la creazione del mondo e dell’ambientazione della storia, il momento in cui l’autore si fa scenografo, storico, sociologo, filosofo e teologo.
La serie è ambientata nel XXII secolo, in un Giappone isolazionista che ha tagliato ogni collegamento con il resto del mondo e basa la propria gestione interna sul “Sybil-System”. Un oracolo digitale (che prende il nome dalle Sibille, figure profetiche dei miti greci e romani) in grado di guidare ciascuno verso la vita che gli assicurerà la maggior felicità, senza che le persone debbano sprecare energie dilaniate dal dubbio delle scelte. Valutando in tempo reale lo psycho-pass, o coefficiente di criminalità di ciascuno, questo sedicente infallibile super-computer può prevedere le attitudini di ogni abitante nel bene e nel male. La qualità della vita di ciascuno è inversamente proporzionale al numerino che il Sybil System vi attribuisce e, se il suo valore supera una certa soglia, verrete bollati come criminali latenti, individui che, pur non avendo commesso alcun crimine, vengono isolati dalla società perché potenzialmente pericolosi.
È per bloccare questi individui, che abbiano già perpetrato o meno un crimine, che esiste il dipartimento di pubblica sicurezza.

2. Creare personaggi forti e riconoscibili

I personaggi sono una delle maggiori forze di “Psycho-Pass”. Sono tutti, dai principali ai secondari, “buoni” e “cattivi”, delineati magistralmente, e si muovono all’interno della storia con una naturalezza e una coerenza, che ti sembrano agire per loro stessa volontà.
La storia segue la Divisione Uno della pubblica sicurezza lungo le indagini di una serie di casi criminali che inizialmente sembrerebbero slegati tra loro. Il personale di ciascuna divisione è costituto da ispettori ed esecutori. I secondi sono criminali latenti, scelti dal Sybil, per svolgere il lavoro sporco, permettendo agli ispettori di salvaguardare il proprio psycho-pass.
La protagonista è l’ispettore Akane Tsunemori, una novellina appena uscita dall’accademia, con un forte senso della giustizia. In un lavoro dove è il Dominator (una pistola che si sblocca solo se il Sybil System lo ritiene opportuno) a prendere tutte le decisioni, una persona come Akane, che sceglie consapevolmente seguendo i propri valori di giustizia, non può che portare un po’ di scompiglio e mettere in discussione un sistema che quasi annulla la volontà umana.
Nella Divisione Uno troviamo anche Shinya Kogami, un esecutore estremamente carismatico dal notevole fiuto investigativo, degno coprotagonista della serie.
Quello che esalta ancora di più il valore dei protagonisti è la presenza di un antagonista altrettanto carismatico, Shogo Makishima. All’inizio compare quasi come un’ombra che tira le file da dietro le quinte e si diverte a vedere come agiranno coloro a cui dà la possibilità di seguire il loro libero arbitrio. Makishima è un uomo di grande intelligenza e cultura. Non mancano durante tutta la serie riferimenti e citazioni letterarie e filosofiche (anche di opere bandite dal Sybil System, perché ritenute pericolose per la salute mentale della popolazione), da Orwell a Gibson, da Shakespeare a Swift, da Pascal a Kierkegaard.
L’intera opera è disseminata di riferimenti più o meno espliciti, e Makishima è uno dei principali portavoce dei pensatori di un tempo. Non è un caso che i personaggi che dimostrano la maggior cultura e intelligenza siano proprio quelli che il sistema ha bollato come criminali latenti. Perché solo chi agisce seguendo la propria volontà può elevare il proprio pensiero.
Menzione d’onore al doppiaggio italiano, che rende perfettamente giustizia ai personaggi.

3. Sorprendere lo spettatore

Ogni volta che lo rivedo mi sorprendo come l’intera trama possa svilupparsi in soli ventidue episodi. Il ritmo è sempre incalzante, non ci sono punti morti o momenti di noia. Ogni passaggio è studiato con cura, ogni rivelazione, seppure talvolta si lascia presagire, non è mai scontata.

4. Creare suspense, conflitti e tensioni

Anche quando le iterazioni tra i personaggi sembrano aver raggiunto un punto di equilibrio, arriva qualcosa di imprevisto a ribaltare tutto. L’alchimia che si crea strega e affascina e tiene incollati allo schermo.

5. Lavorare sul linguaggio: le parole, la loro mescolanza, il ritmo, lo stile

Nonostante sia un’opera ricca di citazioni, queste non sono mai fuori posto. Si inseriscono perfettamente, non sono mai artificiose e contribuiscono a delineare il pensiero di ciascun personaggio con naturalezza. Le sequenze di azione e quelle riflessive si alternano e si mescolano creando un ritmo ipnotico, supportato dalle scelte musicali azzeccatissime.

6. Trovare un finale che funzioni

È il tasto dolente della maggior parte delle opere. L’ultimo passo è spesso il più difficile. In questo caso la conclusione si riesce già ad intuire con un po’ di anticipo, ma non per questo è scontata, anzi è la giusta conclusione agrodolce per questa serie.

In conclusione, posso solo dire che “Psycho-Pass è un’opera notevole, un capolavoro attuale anche a distanza di dieci anni, che continua ad affascinarmi anche dopo tante visioni.