Nell'ambito della rassegna Lucca Comics & Games 2024, la casa editrice Saldapress ha ospitato il maestro Atsushi Kamijo, versatile artista capace di affiancare a una carriera di mangaka di successo anche prestigiose collaborazioni ad esempio in ambito musicale, e non solo.
Saldapress ha sinora dato alle stampe i suoi manga To-y e Sex, presentando inoltre a Lucca in anteprima anche l'opera in due volumi Aka x Kuro, raccolta in un box elegante e raffinato.
AnimeClick ha potuto seguire l'autore durante le sue apparizioni pubbliche in fiera, nonché richiedergli un'intervista privata esclusiva, grazie alla disponibilità dell'editore Saldapress.
Di seguito vi proponiamo quindi il resoconto dei vari incontri, con gli aneddoti ricavati sulla sua vita di mangaka e le sue celebrate opere.
Showcase (31 ottobre 2024)
A presentare e moderare l'evento nella Sala Tobino di Palazzo Ducale è Alessio Danesi di Saldapress, che introduce il maestro.
Alessio Danesi: buongiorno a tutti e grazie di essere qui accanto a noi e al maestro Kamijo, un autore già pubblicato ad esempio anche in Francia, oltre che in Italia.
Come ben sapete, Saldapress è una casa editrice di fumetti, ma quando abbiamo deciso di espanderci anche ai manga e pubblicarli a nostra volta, il maestro Kamijo è stato il secondo mangaka che ho proposto. Questo perché è diverso dagli altri, riuscendo ad affrontare anche degli argomenti complessi come possono essere la crescita o come l'ambizione di costruire qualcosa.
Secondo me è uno degli autori giapponesi che più hanno intercettato lo spirito del tempo degli anni '80.
Ritengo che fosse giusto che questo tipo di poetica ritornasse nell'industria culturale e nell'editoria italiana del manga.
A Lucca abbiamo portato in anteprima Aka x Kuro, una serie completa di due volumi sulle problematiche giovanili; può sembrare solo un fumetto di botte e combattimenti, ma in realtà non lo è. Diciamo che per me il sensei è ciò che di più vicino può esserci a una figura come quella di David Lynch, il noto regista, e dunque l'offerta è particolarmente autoriale.
Ora il maestro disegnerà per noi qualcosa a suo piacere; non abbiamo stabilito niente a priori. Io farò qualche domandina, e se tra il pubblico avete qualche altra domanda vi invito ad alzare la mano.
Alessio Danesi: iniziamo quindi innanzitutto con una curiosità. Sensei, ci potrebbe raccontare perché lei disegna?
Atsushi Kamijo: è difficile da dire in questo momento; diciamo che il disegno per me rappresenta essenzialmente il modo che ho per vivere, per mantenermi (il maestro coniuga il verbo 'ikiru' che concettualizza proprio il significato di essere vivi, di esistere - ndr).
A. D.: lei disegna da quando era bambino, immagino.
A. K.: no, in realtà ho iniziato a volere disegnare manga dopo il periodo delle scuole superiori. Sono partito quindi a 19 anni circa.
A. D.: e qual è stato il click? Quello che l'ha portato a posare il pennello sul foglio, intendo?
A. K.: beh, dopo la scuola superiore ho iniziato a lavorare, non come disegnatore bensì facendo un altro tipo di lavoro, e improvvisamente un giorno mi sono svegliato e ho deciso che volevo diventare un mangaka.
A. D.: wow, un'informazione e una volontà straordinarie! Onestamente credo sia una delle prime volte che mi capita di ascoltare una cosa del genere. E' stranissimo!
Io personalmente ho intervistato anche altri disegnatori, nel corso degli anni. Ma una affermazione di questo tipo ammetto che è la prima volta che mi capita di udirla, di un artista cioè che decide così, fuori dal coro. Bellissimo davvero. Grazie di aver condiviso questo ricordo.
A. D.: e quindi come è andata nel suo caso? Come ha fatto? Qual è stato il suo primo passo verso i manga e verso i fumetti?
A. K.: il primo passo lo possiamo dividere in realtà in due step. La prima ragione è stato il maestro Katsuhiro Otomo, perché io volevo diventare come lui. Come lettore amavo particolarmente i suoi lavori, e più leggevo i suoi manga e più desideravo diventare un disegnatore come lui.
Per quanto riguarda invece la seconda motivazione, purtroppo l'altra cosa che mi è capitata è che all'epoca mia madre si è ammalata di cancro. Così, ho deciso che a 19 anni sarei potuto diventare un disegnatore perché ambivo a farle leggere una delle mie opere. Tant'è vero che il primo manga, Mob Hunter (pubblicato sulla rivista Shonen Sunday nel 1982) è molto personale ed è nato proprio con l'idea di farlo leggere a mia madre.
A. D.: grazie di aver condiviso un dettaglio così personale della sua vita. Molto bello davvero, sono sicuro che i lettori lo apprezzeranno.
In cosa, dunque, sente Mob Hunter come fumetto personale? Come mai ha deciso di affrontare il mercato con quest'opera?
A. K.: diciamo che Mob Hunter è un manga personale perché lì io ho messo al primo posto i miei sentimenti. Ovviamente pensando anche che è il manga che volevo mia madre leggesse, dunque appunto i miei sentimenti erano molto importanti.
In realtà c'è voluto del tempo dalla stesura di questo manga al vedere il mio vero e proprio debutto nel mondo del fumetto, nel senso che l'ho disegnato quando avevo circa vent'anni, ma poi mi ci sono voluti tre anni per diventare un professionista. Quindi è all'incirca intorno ai 22-23 anni che il mio talento è stato riconosciuto.
A. D.: ci vuole cominciare a far vedere come disegna, e dunque anche a spiegare al pubblico come pensa e progetta un disegno, come sceglie il soggetto, e cosa veramente sta comunicando alla sua mano prima di disegnare.
Nel frattempo ne approfitto per farvi vedere la bellissima maglietta (raffigura il protagonista di To-y, ndr) della mostra del 40° anniversario che il maestro mi ha appena regalato; lui è giovanissimo, ma appunto ha già festeggiato 40 anni di carriera.
A. K.: come dicevo prima, ho debuttato a vent'anni e adesso ho 61 anni, dunque ne ho 40 di carriera. All'inizio il disegno per me era semplicemente la mia fonte di vita e il mio lavoro, ma quello che mi caratterizza è che secondo me cerco di fare quello che mi piace, dunque anche nel mio lavoro di tutti i giorni. Mi rendo anche conto però, al tempo stesso, che per diventare bravo e per migliorare ancora rispetto a colui che sono adesso, io devo studiare.
E infatti anche essere qui a Lucca è stata per me un'occasione per incontrare altri artisti da cui posso apprendere e migliorarmi.
A. D.: sentire queste frasi di umiltà dopo quarant'anni di carriera è incredibile, e devo dire che anche fa uno strano effetto in questo momento. Anche perché lui è uno dei disegnatori più bravi sul mercato, soprattutto se andiamo a guardare il periodo che ritrae. Tra le sue opere più famose ve ne sono di ambientate negli anni '80, e in quel periodo là il disegno non era ancora così impostato.
Non solo il Giappone, ma il fumetto in generale non aveva ancora uno stile così incredibilmente dettagliato come invece ritroviamo in quello del maestro.
Credo dunque che lui sia stato uno dei nuovi autori che hanno fatto in modo che l'estrema qualità artistica che vediamo nel manga, dagli ultimi decenni a oggi, abbia contribuito a rendere il manga quello che è adesso. Quindi è come se la sua carriera fosse uno dei pilastri stessi su cui è stata costruita questa industria.
A. D.: affrontiamo adesso la scelta dello stile. Lei ha uno stile inequivocabile, lo stile anni '80 che poi abbiamo visto parecchio anche nell'industria musicale. Quel tipo di iconografia credo sia ispirata al design europeo, probabilmente, ma poi ha contribuito a sua volta a cambiare l'aspetto visivo di buona parte dell'industria culturale giapponese. E' davvero così?
A. K.: perdonatemi se mi trovo a ripetere di nuovo il nome del maestro Katsuhiro Otomo, però lo dico sia per ribadire che lui è stato il mio idolo, ma anche perché è vero che Otomo è stato il mio punto di partenza nel disegno, ma al contempo è anche la persona da cui mi sono voluto allontanare. Nel senso che quando ho iniziato a disegnare, mi sono reso conto che c'era troppa differenza di talento tra noi, non sarei mai riuscito a imitarlo.
Poi sono arrivato a creare un mio stile personale. Aggiungo che in quegli anni in Giappone c'era la corrente del New Wave, non è stata particolarmente lunga come durata, ma in quel periodo mi ha molto influenzato, con i suoi diversi artisti.
Dunque io ho sentito il bisogno di allontanarmi dal maestro Otomo e cercare di fare cose diverse. Quindi sì, lui è stato per me fonte di ispirazione, ma nello stesso tempo l'ispirazione è arrivata poi anche da altre persone.
A. D.: le andrebbe di parlarci dei fumetti che abbiamo pubblicato con SaldaPress per il mercato italiano? Ovvero Sex, To-y e ora Aka x Kuro.
D'altronde non è cosa che capiti tutti i giorni, quella di avere proprio davanti a noi il creatore originale di un'opera, che ci può offrire il suo punto di vista personale nei confronti dei suoi stessi manga.
E dunque ci vorrebbe raccontare la motivazione dietro alla nascita di ciascuno dei tre?
A. K.: dunque, nello specifico premettiamo che To-y e Sex sono di 30 anni fa, perché sono nati tra gli anni '80 e gli anni 90, mentre Aka x Kuro è stato realizzato circa vent'anni fa.
Quello che è interessante è che tutti e tre sono ambientati in un periodo storico diverso rispetto a quello attuale; sì, riguardano anche la musica, ma il mio interesse principale era in realtà quello di parlare delle persone.
A dire il vero sono rimasto fortemente impressionato e toccato dal fatto che a tutt'oggi ci sia interesse per questi manga, nonostante siano stati scritti nel passato e per un pubblico di un periodo passato.
Soprattutto in questi giorni, qui a Lucca, ho visto tanti ragazzi sui vent'anni o giù di lì -e non solo- che hanno mostrato curiosità e voglia di leggere i miei manga.
Mi sono quindi reso conto che probabilmente sono opere che, per quanto figlie di un'epoca, allo stesso tempo non si possono legare del tutto e soltanto a un periodo storico specifico, poiché rimangono valide anche per i lettori di oggi.
A. D.: credo che quel mondo lì, ovvero gli anni '80 siano ritornati anche dopo, attraverso ovviamente opere come Stranger Things, ma anche attraverso tanta pubblicità, su riviste di moda e non solo, che sta tornando tantissimo alla fotografia e alle inquadrature degli anni '80. Chi ha studiato un po' di linguaggio visivo, può rendersi conto per davvero che negli ultimi due o tre anni questo tipo di estetica è presente. Ovviamente giunge per primo in Giappone, poi si sposta di solito in America, per poi arrivare infine anche nel Vecchio Mondo.
A. D.: posso fare una domanda scemissima? La maglietta: non so se avete notato la maglietta del sensei. Credo che semplicemente il maestro volesse fare a gara con la mia maglietta e ovviamente ciò mi ha fatto commuovere tantissimo. Come vedete, la sua è una maglietta post-moderna che ricorda gli anni '80 (il maestro Kamijo indossa una maglietta raffigurante dei mici con le spade laser in stile Star Wars, ndr). Quindi complimenti, è riuscito a battermi, in quanto anche io volevo la maglietta coi gattini.
Comunque, perdonatemi, io tendo sempre a utilizzare tutte le parole italiane anche negli adattamenti. Quindi quasi mai uso la parola manga, mentre quasi sempre uso fumetti; quasi sempre uso la parola maestro, quasi mai uso la parola sensei, perché tendo all'adattamento anche nella comunicazione.
So che sbaglio, ma lo faccio ugualmente.
A. D.: ritornando a noi, oltre alla carriera come mangaka, il maestro Kamijo può vantare anche una carriera come illustratore per la pubblicità, per la musica e così via. Non so se lo sapete: nel manga di To-y appare un gruppo, i Penicillin, che poi è divenuto realtà. Nel senso che i lettori di quel manga sono diventati musicisti veri da adulti, e hanno preso il nome e l'estetica proprio dal gruppo di antagonisti del manga.
Questa cosa credo abbia portato tante collaborazioni a livello musicale: è bellissimo come la musica abbia ispirato il suo stile e poi lui abbia ispirato la musica. E' qualcosa che -quando ho proposto quel manga in redazione- beh, per così dire mi ha fatto volare. Spesso succede che qualcosa porti poi a qualcos'altro, ma che si compia anche il giro inverso, e in così pochi anni, non è proprio così frequente.
Mi vengono in mente pochissimi esempi, nessuno dei quali però attraverso il fumetto e la musica; succede di frequente all'interno dello stesso mondo, ovvero musica su musica, cinema su cinema.
Voce dal pubblico: un altro esempio è Tiger Mask e il wrestling.
A. D.: sì, sì, certo, chiaro. Se consideriamo il wrestling giapponese una forma d'arte, naturalmente, il che non è un'opinione condivisa ovunque, però condivido il tuo suggerimento.
A. D.: vorremmo chiederle che rapporti lei ha con la musica e con la scena musicale giapponese.
A. K.: il manga To-y l'ho scritto intorno ai 24 anni. Dal momento che in un manga per forza di cose manca, perché non possiamo riprodurre il suono, quello che mi premeva era di trovare il modo di esprimere la musica attraverso un manga.
L'altra cosa che interessava era poi di capire di che tipo di genere musicale raccontare: blues, rock o magari invece un pezzo visual-kei e dunque diversi generi musicali.
L'ho disegnato in un periodo in cui i lettori se ne sono appassionati, ma un'ulteriore cosa che mi interessava era il capire che tipo di chitarre riprodurre, ad esempio; dunque volevo poter suscitare delle emozioni anche attraverso gli stessi strumenti musicali e questo tipo di dettagli. volevo che i lettori fossero partecipi fino a questo punto del manga che avevo scritto.
In quel periodo, durante la stesura di To-y, c'è stato un boom di band musicali in Giappone, che hanno iniziato a far musica proprio dopo aver letto il manga ed esserne stati influenzati. E' accaduto per molti artisti musicali.
Ci sono delle band che forse conoscete come i L'Arc~en~ciel o i Glay, le cui influenze ritroviamo nel manga.
A. K.: non so se conoscete già gli shikishi, ovvero dei cartoncini rigidi su cui di solito i disegnatori giapponesi disegnano con la penna o con il pennarello. Da due anni circa però nutro un particolare interesse per le matite e quindi disegnerò qui con la matita e non con il pennarello.
A. D.: il maestro ha in mano il colore giallo, noi non gli faremo notare che visivamente non è proprio il più adatto per la rappresentazione sullo schermo, ma... vi prego, fate un applauso al tecnico che ci ha permesso di mostrarci comunque il maestro al lavoro su un disegno. Ripeto, non abbiamo concordato un soggetto.
A. D.: una riflessione che mi ha solleticato le sinapsi, è che vedendo proprio questi tre manga qui vicini, si individua benissimo il ritmo musicale che il maestro ha voluto dare nelle storie.
Io non so se le avete già lette; spero di sì, o spero allora che le leggerete. Anzi, siete fortunati se non avete ancora letto questi manga, perché li potrete scoprire ora.
Comunque, da un punto di vista narrativo e del linguaggio, To-y cambia esattamente come cambiano i protagonisti. Cioè, il primo volume ha uno stile se vogliamo più veloce; poi diventa tutto meno sincopato, poi ritorna tutto velocissimo, come se fosse dapprima rock, poi punk, poi un po' meno. E' come se la narrazione seguisse quello che succede ai personaggi; è un'esperienza di estetica ed è interessante.
Sex invece è totalmente jazz. Sono opinioni personali naturalmente, ma ne approfitto dato che non voglio disturbare il maestro mentre disegna. Sex ha diverse sfumature di jazz.
Io non sono esperto di jazz giapponese, ma sono davvero convinto che se ascoltiamo del jazz giapponese, il primo volume di Sex è così. E' un fumetto che fondamentalmente affronta la crescita di tre persone, e si chiama Sex perché diventi adulto quando fai quella cosa là, anche se in realtà c'è una parte che è ascrivibile al crime. E lo vedi; lo senti, senti la musica e senti il ritmo anni '40 nella narrazione.
Mi sono interrogato poi su quale fosse il suono di Aka x Kuro; perché in realtà Aka x Kuro non ha assolutamente né un ritmo jazz né rock, ma si avverte chiaramente il ritmo che ha impresso alla storia. Qui siamo di fronte a un manga un po' più maturo, e sicuramente il più maturo del maestro. Secondo me c'è stata una sterzata verso la musica elettronica che ha influenzato la narrazione.
A. D.: e quindi quale musica ha ascoltato quando ha realizzato To-y, Sex e Aka x Kuro? Se lo ricorda ancora?
A. K.: a essere onesto, io sono mangaka perché mi piace disegnare, però mi piacciono tantissimo i film e soprattutto mi piacciono le colonne sonore dei film. In realtà sono proprio che mi influenzano molto. A casa ho tantissimi CD di musica giapponese, americana ed europea, circa 1.000, quindi la musica che di solito ascolto quando lavoro è quella.
A. D.: ma quando stava disegnando Aka x Kuro, per esempio, lei ascoltava qualcosa di diverso rispetto a quando aveva disegnato Sex?
A. K.: no, in realtà è sempre la solita. Semplicemente ascolto quello che mi va in un dato momento.
A. D.: e qual è il suo film giapponese preferito? e il film europeo e quello americano che preferisce?
A. K.: è difficile in realtà dire quali siano i miei film preferiti. Pensandoci, dei film giapponesi mi piace soprattutto il genere noir, mentre per i film americani mi piace Coppola. E l'anno scorso, o forse due anni fa, mi è capitato di vedere remake di Suspiria con Tilda Swinton. Naturalmente mi piace il film originale di Dario Argento, ma c'è stato anche il remake; ecco, quelli sono i miei preferiti.
A. D.: ma che sorpresa! E' incredibile! Quanti mangaka giapponesi possono dire di avere come film preferito un capolavoro dell'horror come Suspiria?! Certo, con gli occhi del 2020 nulla è più horror.
Se venite a Roma, a proposito, venite al negozio Profondo rosso, che è molto, molto divertente; io abito lì vicino ma non ci vado mai. Tuttavia ogni volta che vengono degli ospiti stranieri in Italia, soprattutto americani, la seconda cosa che mi chiedono è la location di quel negozio (naturalmente la prima invece è il Colosseo); perché è un negozio che è riuscito a costruire una "lore", per usare un termine che non ha un equivalente italiano, e che ha colpito tantissimo in America.
Per chi non lo sapesse, comunque, Suspiria è un film con un'innovazione tecnica; tutti pensano che Dario Argento sia solo un registra di horror, ma in realtà lui è anche un tecnico straordinario.
Suspiria è fatto su una pellicola che è stata ingrassata in maniera specifica -ed è successo solo lì, su quel film- in modo da rendere ogni fotogramma più profondo. In parole povere loro hanno girato il film e sviluppato tutti i dettagli di quel film, di quella inquadratura, che poi si vedono proprio nel fotogramma. Come diceva Sergio Leone: "questo è il cinema, non è il circo, qui si vede tutto". Dario Argento ha reso possibile tecnicamente questa cosa; quindi lo capisco che un autore come il maestro Kamijo, così attento ai dettagli, al ritmo e a quello che c'è sulle vignette, pensi che Suspiria sia un film da studiare.
A. D.: a proposito, cosa sta disegnando, maestro? Io non voglio disturbarla, però...
A. K.: è Niya, un personaggio di To-y.
A. D.: Niya, che ho visto essere il personaggio che lei disegna di più. Anche allo stand, a tutti quelli che vengono e prendono Aka x Kuro fa un disegnino di questo personaggio. Evidentemente è uno dei suoi preferiti da disegnare e secondo me anche dei lettori, perché è la cosiddetta linea comica del fumetto.
A. K.: in Giappone é molto popolare sia il manga To-y che questo personaggio, e addirittura lei è più popolare del protagonista stesso.
Quello che la caratterizza è il fatto che sia una figura femminile che si sviluppa moltissimo nel manga; forse addirittura il personaggio che ha avuto la crescita maggiore fra tutti quelli che sono presenti.
Un'altra cosa che credo di poter dire su di lei è che è un personaggio il cui sviluppo viene percepito anche dopo la fine del manga, come se ci fosse quindi una prosecuzione di questo personaggio anche dopo la fine del manga... come se la sua storia andasse comunque avanti. Vorrei che venisse vista così.
Mi sembra che anche durante le sessioni di autografi con il pubblico, i fan siano tutti appassionati di lei, e di questo sono felice.
A. D.: una domanda dal pubblico, una sola.
Domanda dal pubblico: come ha creato il dualismo tra Yuki e Natsu nell'opera Sex?
A. D.: premetto che il dualismo in realtà c'è anche negli altri due manga. Cioè in Aka x Kuro è palese già dal titolo della serie. In Sex il dualismo è tripartito.
A. K.: questo dualismo è nato perché sono molto appassionato di film, affermavo prima. Dunque in realtà i miei studi e la stessa passione per i film, mi hanno portato a un approccio di studio ai film, più che studio del disegno stesso. Sex si basa molto su un film americano, ovvero Butch Cassidy (del 1969, ndr) con Robert Redford e Paul Newman, volevo riprodurre un po' lo stile presente nel film anche nel mio manga, dove ci sono per l'appunto due personaggi maschili e uno femminile.
Ovviamente poi ci ho messo del mio, quindi ho ricreato sì una parte del film, ma nello stesso tempo ho creato anche un'opera originale.
A. D.: allora, io ringrazio Lucca, Saldapress, il pubblico di lettori e le due bellissime ma soprattutto bravissime interpreti. Facciamo un applauso al maestro Kamijo: è stato bello incontrarla e condividere tutto questo. Ancora complimenti per aver condiviso così tanto della sua vita; non è da tutti.
Adesso però è finita: "la messa è finita, andate in pace". Come si dice in giapponese quando è finita una cosa e si ringrazia?
interprete: si dice "otsukaresama deshita."
Press cafè (1 novembre 2024)
Nella Sala Altana della Camera di Commercio di Lucca, il maestro Kamijo incontra la stampa; di seguito vi illustriamo l'interessante tavola rotonda che ne emerge.
Alessio Danesi: innanzitutto grazie per essere qui. Io sono Alessio Danesi, editor di SaldaPress, e gestisco i diritti internazionali per questa casa editrice che da qualche anno ha ripreso a pubblicare manga.
Vorrei precisare una cosa, a beneficio di chi non lo ricordasse: noi in verità cominciammo con i manga, quindi una delle nostre prime uscite è stata la prima edizione europea di Tiger Mask (L'uomo tigre), realizzata con Kodansha.
All'epoca la casa editrice era molto molto più piccola, adesso siamo cresciuti ed è passato un po'di tempo, ma la voglia di proporre manga che ci piacciono non è evidentemente passata, nemmeno dopo vent'anni.
Noi abbiamo deciso di proporre Kamijo perché secondo noi era l'ultimo grande maestro giapponese ancora inedito in Italia. Grazie soprattutto al suo stile grafico, secondo me -ma anche secondo gli studiosi del manga in Giappone- il manga è diventato un'altra cosa dopo il maestro Otomo, ovvero dopo chi è venuto dopo di lui. Quindi per me personalmente, con tutto il rispetto, era inconcepibile che Kamijo non fosse ancora edito. Vengono pubblicati così tanti manga nel corso dell'anno, eppure il maestro ne era ancora fuori.
Per me era senza senso, anche perché dietro le sue opere c'è una casa editrice importante come Shogakukan, e quindi abbiamo deciso di portarlo.
Una volta che il catalogo si è consolidato, abbiamo portato poi anche altre sue serie. Abbiamo quindi deciso di celebrare l'arrivo di Aka x Kuro in Italia -che ne può così vantare la prima edizione internazionale- in questa forma, portando per la prima volta il sensei in Italia. Lascio ora la parola a voi e al sensei.
Atsushi Kamijo: è un piacere conoscervi dal vivo. Sono molto contento e onorato di essere qui a questo tavolo con voi oggi. Sono aperto a qualsiasi tipo di domanda, quindi lascio anch'io la parola a voi.
Alessio Danesi: chi è già stato all'incontro di ieri lo ha già visto, ma segnalo che il maestro è atipico, cioè lui si racconta proprio per come si sente, non nasconde le emozioni. Quindi è davvero un'occasione, approfittatene.
Stampa: grazie. Innanzitutto è un immenso piacere per me essere qui e volevo chiedere questo al sensei.
Io mi sono approcciata alle tre opere che noi abbiamo qui in Italia, quindi To-y, Sex e ora Aka x Kuro. Il suo stile è cambiato chiaramente nel tempo. Quindi vorrei sapere: come si è sentito lei e come ha avvertito questo cambiamento di stile nel corso degli anni?
A. K.: qui in Italia, da quando mi sono approcciato con l'editore e dunque con Alessio, ovviamente sono passati solo due anni e in questi due anni siamo riusciti a veder pubblicati sia To-y che Sex e recentemente Aka x Kuro.
Credo quindi sia del tutto normale, per una persona italiana che si approccia adesso ai miei lavori, vedere il cambio di stile che è intercorso tra un'opera e l'altra. Al tempo stesso, dovete anche tener conto del fatto che per me sono passati molti più anni, perché in Giappone queste tre opere sono state pubblicate nel giro di 15 anni e personalmente io ci ho lavorato nel giro di venti anni. Quindi io non avverto un cambiamento così grande, come invece può percepire una persona che legge i manga tutti insieme, uno di seguito all'altro, nel corso di un lasso di tempo assai più ridotto.
Stampa: in che modo lei sente di essere rimasto sempre fedele alla sua arte, proprio per il fatto che lei non ha percepito questo cambiamento, che noi lettori invece abbiamo recepito in modo chiaramente diverso?
A. K.: intanto ci tengo a precisare che ovviamente io ho realizzato le mie opere in periodi diversi della mia vita. Quindi passiamo da quando avevo solo 23 anni, fino addirittura ai miei 35 anni di quando ho realizzato Aka x Kuro.
Ovviamente poi, tutto quello che è dentro le mie opere è influenzato dai miei interessi. Quindi cosa è per me importante? cos'è un filo conduttore nelle mie opere?
Beh, è proprio il voler dar risalto alla realtà del momento. Quindi io nelle mie opere volevo parlare della società giapponese fotografata in quel momento e in tutti i suoi aspetti, quindi nei temi, nella musica, in tutto ciò che era un po' il simbolo di quel momento in Giappone.
Però quello che per me è altrettanto importante è anche il mostrare (e il non mostrare) i rapporti umani che sono all'interno delle opere. Parliamo di temi semplici in realtà, come l'amicizia, i rapporti tra genitori e figli, le relazioni d'amore e tutte quelle che possono essere le problematiche che esistono all'interno di questi rapporti, e dunque ci sono dei litigi, delle incomprensioni o delle rotture.
Riassumendo, pertanto, direi che tutto quello che riguarda elementi prettamente giapponesi, questi permeano sempre le mie opere, ma mi piace molto dare importanza ai rapporti umani perché so che sono dei temi universali, validi in tutto il mondo e non soltanto in Giappone, dunque qualsiasi lettore li può sentire come propri.
Stampa: una domanda per ricollegarci invece allo stile del maestro, che è assai riconoscibile soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi e dei loro volti, a mio parere sono veramente spettacolari.
Volevo dunque chiedere al maestro come nasce la caratterizzazione dei suoi personaggi: come riesce lei a delinearli in modo così differente l'uno dall'altro, soprattutto a livello stilistico?
A. K.: partiamo da To-y, che è il mio primissimo lavoro. In quel periodo c'era un format di shonen manga che era prestabilito. E come funzionava? Si partiva con un protagonista dotato di un talento nascosto; poi piano piano c'era la crescita del personaggio che sarebbe poi arrivato a raggiungere qualcosa. Questo era il format classico, ma a me non piaceva.
Io volevo fare una cosa completamente diversa. Quindi nella mia opera, il protagonista non doveva essere come quello di uno shonen manga, perché io volevo che riflettesse un po' quello che ho provato io durante i miei anni alle scuole medie. Io sono sempre stata una persona che voleva crescere, volevo diventare adulto velocemente e quindi, per esempio, non ero più di tanto appassionato di manga. Mi piacevano invece molto i film e i romanzi, quindi secondo me mancava un personaggio in un fumetto che avesse degli aspetti che fossero un po' più simili a questa tipologia di persone, quindi non il semplice ragazzino che cresce, ma qualcuno che ha anche una mentalità un po' più adulta, mettiamola così.
Stampa: posso collegarmi a questa cosa per un'altra domanda? Mi piacerebbe sapere come è stata l'accoglienza dei lettori, abituati alle riviste come Shonen Sunday, nel ritrovarsi invece con una tipologia di protagonista così diversa dai canoni previsti per quella rivista.
A. K.: quand'ero un ragazzino amavo i classici shonen di Jump e Shonen Sunday, e anche quello è stato un motivo per cui io volevo diventare mangaka, per disegnare proprio quella tipologia di storie. Poi però, crescendo, mi sono imbattuto nei lavori di Rumiko Takahashi (autrice di Lamù e non solo) e mi sono detto "Wow! Quindi esistono delle opere che hanno anche un altro lato ed esplorano anche altre tipologie di temi (per esempio quello del gender)!".
Ammetto che ne sono stato davvero molto influenzato, grazie a lei ho capito che c'erano altre vie da imboccare e da seguire per poter intraprendere il mestiere di mangaka. Così ho trovato quella che era la via giusta per me, uscendo dai canoni classici, per seguire ciò che io reputavo più interessante.
Stampa: lei poi in seguito ha condiviso la rivista proprio con la maestra Takahashi, giusto? (nel senso di manga pubblicati all'interno della stessa rivista - ndr)
A. K.: sì, esatto.
Stampa: tra l'altro ho visto un disegno della Takahashi che omaggiava il maestro e rappresentava i protagonisti di To-y, esposto in occasione di una mostra in Giappone (nella foto sopra, ndr).
A. K.: sì, è vero, quattro anni fa, anche grazie al mio editore di Shogakukan, ho fatto uscire in Giappone un Tribute a To-y e sono andato personalmente a chiedere agli artisti che ammiravo di fare delle illustrazioni per me basate sui miei svariati lavori. Per questo vediamo una collezione di queste illustrazioni speciali, una sorta di tributo. In Italia tuttavia sono ancora molte le mie opere che ancora non sono arrivate, quindi potrei sperare che prima o poi... arrivi un altro invito?
Alessio Danesi: beh, noi siamo abbastanza continuativi nelle nostre proposte. Come dico sempre, un autore che entra in catalogo Saldapress, non ne esce più.
AnimeClick: quindi è una minaccia?
A. K.: se succede questo, vuol dire che il prossimo anno io potrei venire di nuovo a Lucca.
Alessio Danesi: ci sono però tante città belle italiane, non solo Lucca. C'è Napoli. C'è Roma. C'è Milano...
A. K.: ce ne sono così tante, di fiere di settore?
Stampa: di festival? Anche più di quelli di queste città, certamente.
Alessio Danesi: Lucca è la più grande. Non dirò la più bella, altrimenti poi...
A. K.: è la più grande?
Alessio Danesi: Lucca è la maggiore in Europa.
A. K.: anche di Angoulême?
Alessio Danesi: molto più grande di Angoulême (seconda fiera in Europa dopo Lucca - ndr), non c'è paragone.
A. K.: sono scioccato da questa rivelazione.
Stampa: buonasera. Non volevo perdere l'attimo, sia in merito alla risposta data sul fattore temporale che a quella sui temi trattati, perché noi effettivamente abbiamo conosciuto e apprezzato le opere del maestro soltanto negli ultimi anni. Però alcune ormai hanno qualche decade alle spalle, come To-y e Sex.
Nonostante questo, quello che vi riscontriamo è un'attualità pazzesca e quasi disarmante dei temi che vengono trattati al loro interno.
Riflettendoci, mi sono chiesta, oltre al tema dei belli e maledetti, -che non manca mai nelle opere del maestro e che ci piace tantissimo naturalmente- quale potrebbe essere per lei un tema ricorrente, che non passa mai di moda?
Quali sono inoltre per lei i fattori che non devono mai mancare, che è importante inserire in tutte le sue storie? Grazie.
A. K.: secondo me, una cosa importante che i manga dovrebbero avere è quella di far vedere anche degli aspetti non tanto positivi della società. Mi riferisco in questo caso a degli aspetti un po' negativi del Giappone. Poi ci sono dei temi che sono attualissimi, come il razzismo, o la condizione della donna, che secondo me si dovrebbe in qualche modo inserire in ogni opera.
E non intendo in maniera diretta: io preferisco che il messaggio arrivi, però senza le parole, ovvero tramite i sentimenti.
Il lettore legge il manga, trova temi e generi mescolati, ma poi gli arriva tutto insieme a livello di messaggio globale; non tanto dunque per quello che c'è scritto come dialoghi, ma per tutto ciò che viene posto come contorno diciamo del tema principale, cioè dell'hot topic. Di tutto questo io credo che si debba parlare nelle nostre opere.
Stampa: spesso i mangaka non hanno ben chiara la visione di come siano recepiti essi stessi e le loro opere all'estero.
A questo proposito vorrei chiedere al maestro se è a conoscenza del fatto che la Taschen, casa editrice tedesca di libri d'arte, nella prima edizione del volume dove dedicava uno spazio ai 100 migliori mangaka del mondo, ha messo anche Atsushi Kamijo.
Interprete: in che posizione era il maestro?
Stampa: non c'era una classifica vera e propria. Sono posizionati se non erro per cognome.
Alessio Danesi: d'altronde non avrebbero mai potuto fare una classifica impostata come una graduatoria...
A. K.: non lo sapevo. È la prima volta che ne sento parlare.
Stampa: è tipico di Taschen, tra l'altro più grossa di tutti noi messi insieme. Nel senso che stiamo parlando di una potenza non come Kodansha o Shogakukan, ma sicuramente a livello di Mondadori, ecco.
A. K.: grazie. Grazie davvero dell'informazione.
Stampa: allo showcase di ieri abbiamo parlato del maestro Otomo, autore molto importante che lo ha influenzato anche per decidere di prendere una strada propria nell'ambito dello stile, perché il paragone era un po' difficile.
Noi in Italia quando parliamo di Otomo parliamo sempre di Akira, ma è uscito troppo tardi per essere stato un punto di riferimento per lui quando era giovane all'inizio della sua carriera. E dunque, quali sono state le opere di Otomo che lo hanno colpito?
A. K.: parto da una doverosa premessa, ovvero che non so quali e quante opere del maestro Otomo siano state pubblicate in Europa. In Giappone noi consideriamo Akira come l'ultimo grande lavoro del sensei, mentre in effetti io mi riferisco a tutto ciò che di lui era uscito prima.
Tutti i mangaka che hanno lavorato nello stesso periodo in cui ho lavorato io, sono stati ispirati da quello che è uscito prima di Akira. Però, appunto, non so quali titoli citarvi perché non so quali di questi voi conosciate.
Vorrei poi aggiungere una cosa al riguardo: tutto quello che riguarda la produzione di Akira diciamo che ha delle caratteristiche molto simili allo shonen manga. Quello che invece ha influenzato me, come dicevo prima, è tutto ciò che nasce prima.
Quando io ero alle scuole superiori leggevo le sue opere e vi ritrovavo all'interno un tipo di influenza che derivava anche dal cinema, la cultura, e così via. E' stato anche questo un elemento che mi ha portato a entrare nel mondo professionistico del manga.
Diciamo che secondo me l'idea che Akira sia l'opera più nota di Otomo nel mondo non è un fattore molto positivo... perché è più commerciale, ecco.
* Segue un coro generale di applausi *
Stampa: il maestro non mi poteva rendere più felice! Questa è una mia battaglia infinita!
Interprete: non riporto esattamente ciò ha detto, però mettiamola così, diciamo che quello di Akira è stato più un atto commerciale, ecco.
Stampa: io spero molto che in Europa arrivi quello che era stato fatto prima di Akira, perché secondo me ha un valore completamente diverso, proprio anche a livello artistico.
Stampa: in realtà il maestro mi ha un po' anticipato perché un paio di volte si è detto appassionato di film e ha parlato di ispirazione cinematografica. Ero curiosa di sapere a quali personalità del cinema si è magari ispirato (a livello di cineasti o registi), perché una cosa che ho notato molto soprattutto in Aka x Kuro.
A. K.: ancora una volta, io non so cosa in Italia sia giunto a livello di film, quindi non vi fornisco dei titoli precisi. Però parlo in particolare di un movimento arrivato in Giappone che si chiamava American New Cinema: erano tutti quei film fatti e ispirati dalla guerra del Vietnam e fino al termine del conflitto.
Tutti le tematiche che sono state sviluppate nei film in questione hanno avuto un grande effetto su di me; io all'epoca ero uno studente delle medie e ho voluto inserire questi temi non tanto in To-y perché è uno shonen -quindi un po' più leggero-, quanto piuttosto in Sex. Essendo un seinen manga ho pensato che fosse importante inserire qualcosa che avesse un valore per me anche da un punto di vista cinematografico.
Alessio Danesi: considerate che il New Cinema si conclude con Apocalypse Now o I cancelli del cielo, a seconda della teoria del linguaggio cinematografico cui si guarda.
AnimeClick: buongiorno. Vorremmo chiedere al maestro un approfondimento su To-y, poiché lei ha ambientato questa storia nel periodo della bolla speculativa giapponese.
Era un periodo in cui tutto sembrava possibile, vediamo atteggiamenti spregiudicati e così via. Guardando invece al Giappone e alla società nipponica che lei vede oggi, c'è qualcosa che la colpisce in particolare, anche appunto di quel Giappone non così positivo che lei ama raffigurare, e che vorrebbe magari portare in un manga, in una sua prossima opera?
A. K.: esattamente, To-y nasce negli anni '80, e quando io l'ho creato era proprio il momento della bolla giapponese.
C'erano un sacco di soldi che venivano spesi, diciamo anche in maniera molto allegra, divertendosi al massimo, quindi mancava la consapevolezza che poi tutti quei soldi, a un certo punto, sarebbero venuti a mancare.
La società dell'intrattenimento sfornava tanti prodotti proprio per questo motivo: c'era talmente tanto budget disponibile che le persone lo usavano per fare quello che volevano veramente fare, per fare qualcosa che piaceva loro fare. Diciamo che a me non piace molto la società giapponese di quegli anni '80, ma c'è un aspetto che è assolutamente positivo di quel periodo, ovvero che i giovani avevano infinite possibilità di esprimersi, di usare i soldi per poter portare avanti la loro personalità e le loro idee.
Però tutto il resto non era proprio piacevole; mentre adesso la situazione è del tutto ribaltata. L'economia giapponese sta soffrendo molto da tantissimi anni, i soldi non sono più disponibili come lo erano negli anni '80. E' tutto molto più capitalistico, nel senso che se qualcosa non vende, non viene realizzata. Secondo me questo è veramente un peccato ed è un tema importante, perché le persone non fanno più quello che vorrebbero fare, bensì devono limitarsi a fare ciò che vende.
Stampa: prima parlavamo di cinema e le opere del maestro hanno un taglio molto cinematografico. Un po' per deformazione professionale -poiché io insegno tecniche e discipline grafiche-, mi è capitato di mostrare ai miei studenti tavole del maestro, dove appunto la costruzione stessa della tavola segue delle regole che hanno un forte imprinting artistico. Vorrei chiederle se lei è un appassionato d'arte e se prende dall'arte tecniche o rappresentazioni.
A. K.: come dicevo prima, tra i 14 e i 18 anni non ho avuto questa grande influenza da altri mangaka sinceramente. Per quanto riguarda il mio collegamento personale con l'arte, invece, posso dirvi che andavo molto spesso nei musei e nelle live house ad ascoltare le band punk, andavo poi molto al cinema.
I cinema avevano un programma "all night", quindi io con una cifra irrisoria (circa 10 euro attuali) riuscivo a vedere anche cinque film di seguito. Si poteva rimanere in sala per un sacco di tempo e si potevano vedere un sacco di film.
La cosa positiva, però, o che comunque definisce una mia caratteristica personale, è che per me l'arte non ha un sopra e un sotto, non ha gradazioni di diversa importanza. E dunque, per me, andare a vedere un'opera di Luchino Visconti aveva lo stesso grado di importanza di andare a vedere una band punk in una live house, quindi è sempre stata l'arte a 360 gradi a interessarmi, su vari tipi di media. Senza cioè che ci fosse bisogno di avere da un lato un'arte più aulica e dall'altro una un po' più popolare.
Stampa: prima abbiamo detto che a lei piace molto parlare delle emozioni. Vorrei chiederle, a titolo di curiosità personale, se finora c'è stato un personaggio a cui si è veramente tanto affezionato, talmente tanto da essere magari anche dispiaciuto nel terminare quell'opera e doverlo lasciare.
A. K.: parlo un po' di come ho costruito le mie opere. Per To-y è la storia di quattro persone che vivono la loro vita e a un certo punto si incontrano in un determinato spazio. Io volevo proprio parlare del loro incontro, di quelle persone in quel momento.
Quando ho iniziato il manga, quindi, avevo già in mente che la fine sarebbe stata che loro proseguissero sulle rispettive strade e continuassero a vivere le loro vite. Quindi per me il manga finisce in quel momento, ma non finisce veramente, perché ognuno continuerà la sua vita e ciascuno dei personaggi andrà per la propria strada. Stessa cosa per Sex e poi anche per Aka x Kuro.
Forse quello che invece mi è rimasto un po' più dentro e a cui ancora penso, perché diciamo lo sento in maniera un po' più amara, riguarda un' opera che ancora in Italia non c'è: si chiama "8" e parla di un quartiere di Tokyo che si chiama Shibuya.
Mi è rimasto dentro perché è un po' incompiuto, non arriva proprio a una fine. Quindi sì, non posso dire che ci sia un personaggio in sé a cui sono affezionato, ma proprio una storia: ho avuto tanta difficoltà a chiudere quel ciclo per quel manga e sì, mi risuona ancora nella testa, è qualcosa che mi interessa a tutt'oggi.
Alessio Danesi: e come mai quindi non prosegue ora a realizzare un'ulteriore storia per "8"?
A. K.: è un po' difficile spiegare questa cosa, uhm... come faccio? Diciamo che non è stata una scelta ponderata: come già sapete, in Giappone per un mangaka ci sono dei rapporti particolari con la casa editrice e con gli editor.
Per tutte le mie opere, Aka x Kuro compreso, il rapporto con la casa editrice è sempre stato buonissimo; purtroppo invece per "8" a metà strada ci sono state delle incomprensioni e alcuni cambiamenti nel mio contratto, per questo motivo ho deciso di non portare a termine questo lavoro.
Alessio Danesi: beh, non proprio "non portato a termine", diciamo semmai che non è stato portato a termine come auspicava il maestro, probabilmente. Poiché in realtà il finale è aperto, ma l'opera di per sé è compiuta.
A. K.: tra le altre cose, è accaduto che è cambiata la persona a capo della casa editrice, dunque la comunicazione è divenuta più complicata. Questo rientra in uno dei motivi per cui l'opera non si è conclusa come avrei voluto ed è rimasta un po' così, con un senso di sospensione, ecco.
Alessio Danesi: faccio l'ultima domanda. Lei ha sempre cercato di affrontare sì le relazioni interpersonali, ma pur con questa linea comune, è stato sempre facile ascrivere una sua opera a un genere particolare. Qual è invece un genere che non ha affrontato e che vorrebbe affrontare?
A. K.: per quanto riguarda le mie opere, in realtà non do importanza al genere, quello è una cosa che arriva dopo.
Ciò che è importante per me, come spiegavo inizialmente, sono i rapporti umani: essi sono il fulcro delle mie storie e del mio interesse. Non penso a cos'è che può andare per la maggiore in questo momento: il k-pop? Il calcio? No, non sono queste le cose che mi interessano.
Quello che mi interessa è affrontare i rapporti umani: di per sé paiono semplici, sulla carta, ma poi scriverne e raccontarli è decisamente molto più difficile in realtà.
Possiamo fare l'esempio di una coppia sposata che si sta lasciando, oppure di un rapporto tra due ragazzi coetanei, che cambiano mentre crescono insieme. Quindi diciamo che la cosa che mi spinge è l'energia che mi porta a iniziare un'opera. Questa energia si trasforma poi in emotività e l'emotività mi porta a scrivere qualcosa... che magari dopo tre anni cambia, perché i miei interessi cambiano; dunque il genere dell'opera stessa è proprio una cosa secondaria per me. Quindi non parto dal: "ok, voglio fare qualcosa di romantico, voglio fare qualcosa di diverso, o di serio", bensì dal "voglio parlare semplicemente di rapporti umani".
E' questo che è davvero di fondamentale importanza nelle mie opere.
Alessio Danesi e stampa: ringraziamo il maestro per la sua disponibilità.
Intervista privata ad Animeclick (2 novembre 2024)
In questa occasione, il sensei ha risposto a ulteriori curiosità sulle sue opere. Ve ne riportiamo qui l'integralità di domande e risposte, rimandandovi in ogni caso al video originale per i vari aneddoti emersi durante l'incontro.
Si ringrazia Saldapress per la disponibilità e la gentile concessione.
Intervista integrale al maestro Atsushi Kamijo
Animeclick: buongiorno maestro, grazie di averci dedicato del tempo per poter approfondire ulteriormente le sue opere con qualche domanda extra.
A. K.: di nulla, grazie a voi.
AC: vorremmo iniziare con Sex, che ha una storia molto particolare e originale. Nei giorni scorsi, durante gli eventi precedenti, lei ci ha già raccontato qualcosa circa la genesi, dunque l'ispirazione data da un film americano.
Però ecco, la storia si districa tra basi militari, studenti e criminali, tra Okinawa e Tokyo: come le è venuta in mente? Potrebbe raccontarci qualcosa di più?
Considerando poi anche che più di dieci anni dopo dall'uscita del suo manga c'è stata una canzone, "Chiisana koi no uta" dei Mongol800, che riprende proprio tematiche molto simili e da cui hanno tratto anche un recente film. L'ambientazione è sempre a Okinawa tra basi militari: dunque, Lei che cosa ne pensa?
A. K.: il Giappone è un arcipelago con tante basi militari americane, non solo a Okinawa ma anche nella zona di Tokyo. Dunque in realtà volevo partire narrando delle basi militari di Okinawa, ma essendo io nativo di Tokyo, ho voluto far sì anche che la storia del manga continuasse a Tokyo, dove comunque c'è un quartiere americano a Fussa-
Con la canzone "Chiisana koi no uta" non ravviso un grande collegamento, credo sia più che altro una casualità.
Diciamo che con i Mongol800 c'è anche un divario temporale e generazionale a separarsi (Sex è del 1988, la canzone è del 2001 ndr) quindi di per sé non c'è una logica diretta tra le due opere, però è vero che in entrambi i contesti vi è una radicata presenza americana, persone che vanno ad ascoltare musica nelle live house e così via, quello senz'altro le accomuna.
AC: grazie davvero.
Rimanendo sempre su Sex, l'opera è peculiare anche dal punto di vista dello stile grafico, poiché vediamo che di tanto in tanto, nelle tavole in bianco e nero, soltanto alcune particolari porzioni sono colorate. E' un effetto molto bello e elegante, ma anche atipico. Hanno qualche significato particolare, nel voler evidenziare qualcosa di specifico? Come l'è venuta quest'idea?
A. K.: più che per una questione di tematica è una questione dell'opera stessa, cioè il personaggio all'interno della storia è una persona che non riesce a vedere bene i colori (una persona daltonica, ndr), quindi non è una malattia ma più una cosa genetica.
Ho voluto inserire proprio questo elemento per far capire al pubblico e ai lettori che una specifica caratteristica che noi diamo per assodata -come può essere la maglia blu che ho di fronte, e per la quale dico "questa è una maglia blu"- non è detto che venga recepita da un'altra persona allo stesso modo, e che tale persona pertanto (ci) capisca.
Quella sfumatura di blu è così per me... ma come sarà per l'altro? In questo senso intendevo cercare di far capire meglio al pubblico questo elemento.
AC: grazie. Per quanto riguarda invece To-y, lei ci ha già raccontato che intendeva descrivere dei personaggi che, esattamente come lei, volevano crescere un po' troppo in fretta. Dunque vediamo questo protagonista bello e dannato, poco socievole e ribelle ma di grande fascino, e una ragazzina sorniona come una gattina.
Sono due personaggi molto particolari. Ci potrebbe raccontare qualcosa di più poi su come ha formato la loro caratterizzazione o se ha qualche aneddoto in particolare da svelarci su loro due?
A. K.: io continuavo a voler diventare sempre più adulto di quanto non fossi. Non solo quindi a dieci anni avrei voluto averne venti, ma anche da ventenne avrei voluto già diventare un trentenne, e da lì un quarantenne e così via.
A me piacevano molto i manga, i film, romanzi, dunque perlopiù contenuti che sarebbero stati più adatti appunto a una persona più adulta.
Diciamo che nel manga di To-y io volevo far passare questo stato d'animo, ovvero le emozioni che ho provato in gioventù, comunicandole anche e soprattutto a coloro che magari si sono sentiti proprio come me all'epoca.
Se guardiamo poi ad esempio al personaggio femminile di Niya, all'inizio non si capisce molto bene se sia una femmina, un maschio o addirittura un animale o una persona per davvero. Ciò che io desideravo, nella stesura del manga, era anche di presentare l'evoluzione del personaggio, in questo caso dall' "animale" alla persona: alla fine Niya è cresciuta, e il mio desiderio del voler diventare adulto si esplicita anche attraverso di lei, all'interno della storia.
AC: grazie. In To-y vediamo che c'è una grandissima attenzione alle mode e ai capi di vestiario che andavano per la maggiore in quel periodo. Lo notiamo bene anche nelle illustrazioni di inizio capitolo, che colgono al meglio quest'aspetto anche nella rappresentazione di bellissime figure femminili.
Ci chiedevamo dunque se anche lei fosse o se è tuttora un appassionato di moda e culture giovanili.
A. K.: quando ho scritto To-y ero un venticinquenne. Sì, da giovane ero molto appassionato di moda, ma lo sono tuttora.
Negli anni '80 e '90 era molto trendy lo streetwear, dunque c'erano tantissimi negozi (che oggi chiameremmo pop store, ndr) che aprivano per vendere proprio questi capi. La gente faceva la fila per poter entrare in questi negozi, io in linea generale ne sono sempre stato molto affascinato.
AC: grazie. In To-y c'è una frase che mi ha colpito molto, quando si dice "un idol costruito a tavolino non combinerà mai niente, da solo".
E' una citazione che racconta molto -implicitamente, ma anche facendone forse una critica- di quel mondo musicale che poi viene raccontato molto bene nel corso della storia.
Se lei dovesse scrivere un manga come To-y oggi, nell'ambito del panorama musicale nipponico moderno o degli idol c'è qualcosa di particolare che ci terrebbe a rappresentare o che ha colpito la sua attenzione?
A. K.: possiamo partire proprio dal titolo di To-y, che è un gioco di parole perché oltre a essere il nome del protagonista, se togliamo il trattino e lo leggiamo all'inglese significa 'giocattolo'. Il riferimento va proprio al fatto che un idol potrebbe essere visto come un giocattolo dell'industria.
Per quanto riguarda invece il mondo degli idol, in questo periodo in Giappone questo mondo di celebrità in generale e di musica vera e propria va sempre più restringendosi. O meglio, negli anni '80 esistevano artisti anche molto professionali, mentre adesso ce ne sono sempre meno, e al tempo stesso c'è la Corea con l'universo dei suoi idol: all'inizio degli anni '80 il loro livello era assai più basso di quello dei giapponesi, ma dagli anni 2000 in avanti il gap si è decisamente ridotto, tanto che adesso non c'è nemmeno più paragone da potersi fare.
Penso quindi che potrebbe essere interessante parlare del mondo coreano, ma non essendo quello giapponese, temo che alla fine potrebbe essere un po' complicato da analizzare e su cui fare ricerca. Però credo sarebbe anche molto divertente.
AC: grazie. Rimanendo in ambito musicale, potremmo dire che con To-y lei sia stato un precursore per tutti quei manga che raccontano di band musicali che sono venuti negli anni a seguire: ce ne sono stati tanti, e su tanti generi e target diversi.
Pensiamo per esempio a Beck o soprattutto a Nana di Ai Yazawa (nella foto sopra), in cui ci sono tantissime citazioni proprio a To-y.
Che effetto le ha fatto vedere queste opere, magari proliferate anche grazie a lei, e di essere stato di ispirazione per questi mangaka?
A. K.: a dire il vero non penso di poter essere considerato un precursore in questo senso, perché comunque anche quando ho scritto To-y, a mia volta io ho avuto altre opere e mangaka cui far riferimento, come se fossi stato io in quel caso a copiare semmai il loro stile o il loro voler parlare di musica.
Però ho cercato di creare poi il mio stile, e dunque se altri autori più giovani hanno ritenuto che la mia opera fosse abbastanza importante da poter essere presa addirittura come riferimento, beh, davvero non c'è cosa più bella di questa.
AC: grazie. La musica dunque ha una grandissima importanza nelle sue opere e anche nella sua carriera.
Sappiamo che c'è stata questa band visual kei di nome Penicillin, nata grazie a lei, avendo preso ispirazione da quello che lei ha raccontato in To-y, di cui lei poi nel 2015 ha disegnato la copertina dell'album 'Penicillin’s Memories – Japanese Masterpieces' (nelle foto e illustrazioni sottostanti, ndr).
Vorremmo chiederle qualche aneddoto su com'è avvenuta la collaborazione, e com'è stato per lei approcciarsi a questo lavoro su commissione.
A. K.: in realtà sono molte le band con cui negli anni ho collaborato. E poi per esempio ci sono stati dei membri di band che mi hanno proprio detto "io ho iniziato a suonare la chitarra grazie alla tua opera", ammetto che per me questo è stato molto bello da sentire.
Da lì in poi le collaborazioni sono state di vario tipo, creando magliette, oppure illustrazioni e così via. Tutte cose che davvero non ho pianificato, sono qualcosa di casuale che è avvenuto, ecco tutto.
AC: è comunque molto bello. Chiudiamo allora con un'ultima domanda. Leggendo le opere del maestro, abbiamo capito che in tutte vi sono elementi molto personali di sé che ha vi ha voluto inserire. Se adesso lei facesse una riflessione globale, tra tutti i manga che ha realizzato, qual è quello che lei adesso sente più suo, o a cui magari sente di essere più affezionato in questo momento per qualche ragione particolare?
A. K.: uhm... potrebbe essere Aka x Kuro, perché all'interno della storia si può percepire il mondo delle celebrità, ma non di quelle attuali, bensì di quelle di magari di 200 o 300 anni fa (la storia del manga riguarda anche il teatro del No, ndr) e questo è qualcosa che volevo davvero far trasparire ai lettori. Non solo a quelli giapponesi ma anche all'estero, di tutto il mondo.
Ho saputo che To-y e Sex sono stati pubblicati non solo in Italia, bensì anche in Germania e in Francia, invece Aka x Kuro al momento c'è solo in Italia. Anche per questa ragione sono venuto al Lucca Comics, dunque al di là dei miei sentimenti, io ancora non conosco cosa ne pensino i lettori europei.
AC: in tal caso, allora, glielo faremo sapere noi. Dopo aver letto l'opera, certamente le faremo avere il nostro parere e recensione attraverso la casa editrice Saldapress.
A. K.: grazie. Ah, e poi volevo precisare anche che i kanji del box di Aka x Kuro derivano da quelli che utilizzava il famoso regista Akira Kurosawa.
AC: grazie davvero per la bellissima curiosità. La ringraziamo ancora per il tempo che ci ha dedicato e per i bellissimi approfondimenti che avremo cura di trasmettere a tutti i lettori sul nostro sito, così che oltre ai suoi manga, possano avere tante curiosità in più grazie a quello che lei ci ha raccontato oggi.
Fonti consultate e note:
Tutti i diritti appartengono ai rispettivi autori.
Si ringrazia Riri per l'aiuto nella trascrizione dei vari incontri, nonché l'editore Saldapress per la disponibilità e la gentile concessione.
Saldapress ha sinora dato alle stampe i suoi manga To-y e Sex, presentando inoltre a Lucca in anteprima anche l'opera in due volumi Aka x Kuro, raccolta in un box elegante e raffinato.
AnimeClick ha potuto seguire l'autore durante le sue apparizioni pubbliche in fiera, nonché richiedergli un'intervista privata esclusiva, grazie alla disponibilità dell'editore Saldapress.
Di seguito vi proponiamo quindi il resoconto dei vari incontri, con gli aneddoti ricavati sulla sua vita di mangaka e le sue celebrate opere.
**
Showcase (31 ottobre 2024)
A presentare e moderare l'evento nella Sala Tobino di Palazzo Ducale è Alessio Danesi di Saldapress, che introduce il maestro.
Alessio Danesi: buongiorno a tutti e grazie di essere qui accanto a noi e al maestro Kamijo, un autore già pubblicato ad esempio anche in Francia, oltre che in Italia.
Come ben sapete, Saldapress è una casa editrice di fumetti, ma quando abbiamo deciso di espanderci anche ai manga e pubblicarli a nostra volta, il maestro Kamijo è stato il secondo mangaka che ho proposto. Questo perché è diverso dagli altri, riuscendo ad affrontare anche degli argomenti complessi come possono essere la crescita o come l'ambizione di costruire qualcosa.
Secondo me è uno degli autori giapponesi che più hanno intercettato lo spirito del tempo degli anni '80.
Ritengo che fosse giusto che questo tipo di poetica ritornasse nell'industria culturale e nell'editoria italiana del manga.
A Lucca abbiamo portato in anteprima Aka x Kuro, una serie completa di due volumi sulle problematiche giovanili; può sembrare solo un fumetto di botte e combattimenti, ma in realtà non lo è. Diciamo che per me il sensei è ciò che di più vicino può esserci a una figura come quella di David Lynch, il noto regista, e dunque l'offerta è particolarmente autoriale.
Ora il maestro disegnerà per noi qualcosa a suo piacere; non abbiamo stabilito niente a priori. Io farò qualche domandina, e se tra il pubblico avete qualche altra domanda vi invito ad alzare la mano.
Alessio Danesi: iniziamo quindi innanzitutto con una curiosità. Sensei, ci potrebbe raccontare perché lei disegna?
Atsushi Kamijo: è difficile da dire in questo momento; diciamo che il disegno per me rappresenta essenzialmente il modo che ho per vivere, per mantenermi (il maestro coniuga il verbo 'ikiru' che concettualizza proprio il significato di essere vivi, di esistere - ndr).
A. D.: lei disegna da quando era bambino, immagino.
A. K.: no, in realtà ho iniziato a volere disegnare manga dopo il periodo delle scuole superiori. Sono partito quindi a 19 anni circa.
A. D.: e qual è stato il click? Quello che l'ha portato a posare il pennello sul foglio, intendo?
A. K.: beh, dopo la scuola superiore ho iniziato a lavorare, non come disegnatore bensì facendo un altro tipo di lavoro, e improvvisamente un giorno mi sono svegliato e ho deciso che volevo diventare un mangaka.
A. D.: wow, un'informazione e una volontà straordinarie! Onestamente credo sia una delle prime volte che mi capita di ascoltare una cosa del genere. E' stranissimo!
Io personalmente ho intervistato anche altri disegnatori, nel corso degli anni. Ma una affermazione di questo tipo ammetto che è la prima volta che mi capita di udirla, di un artista cioè che decide così, fuori dal coro. Bellissimo davvero. Grazie di aver condiviso questo ricordo.
A. D.: e quindi come è andata nel suo caso? Come ha fatto? Qual è stato il suo primo passo verso i manga e verso i fumetti?
A. K.: il primo passo lo possiamo dividere in realtà in due step. La prima ragione è stato il maestro Katsuhiro Otomo, perché io volevo diventare come lui. Come lettore amavo particolarmente i suoi lavori, e più leggevo i suoi manga e più desideravo diventare un disegnatore come lui.
Per quanto riguarda invece la seconda motivazione, purtroppo l'altra cosa che mi è capitata è che all'epoca mia madre si è ammalata di cancro. Così, ho deciso che a 19 anni sarei potuto diventare un disegnatore perché ambivo a farle leggere una delle mie opere. Tant'è vero che il primo manga, Mob Hunter (pubblicato sulla rivista Shonen Sunday nel 1982) è molto personale ed è nato proprio con l'idea di farlo leggere a mia madre.
A. D.: grazie di aver condiviso un dettaglio così personale della sua vita. Molto bello davvero, sono sicuro che i lettori lo apprezzeranno.
In cosa, dunque, sente Mob Hunter come fumetto personale? Come mai ha deciso di affrontare il mercato con quest'opera?
A. K.: diciamo che Mob Hunter è un manga personale perché lì io ho messo al primo posto i miei sentimenti. Ovviamente pensando anche che è il manga che volevo mia madre leggesse, dunque appunto i miei sentimenti erano molto importanti.
In realtà c'è voluto del tempo dalla stesura di questo manga al vedere il mio vero e proprio debutto nel mondo del fumetto, nel senso che l'ho disegnato quando avevo circa vent'anni, ma poi mi ci sono voluti tre anni per diventare un professionista. Quindi è all'incirca intorno ai 22-23 anni che il mio talento è stato riconosciuto.
A. D.: ci vuole cominciare a far vedere come disegna, e dunque anche a spiegare al pubblico come pensa e progetta un disegno, come sceglie il soggetto, e cosa veramente sta comunicando alla sua mano prima di disegnare.
Nel frattempo ne approfitto per farvi vedere la bellissima maglietta (raffigura il protagonista di To-y, ndr) della mostra del 40° anniversario che il maestro mi ha appena regalato; lui è giovanissimo, ma appunto ha già festeggiato 40 anni di carriera.
A. K.: come dicevo prima, ho debuttato a vent'anni e adesso ho 61 anni, dunque ne ho 40 di carriera. All'inizio il disegno per me era semplicemente la mia fonte di vita e il mio lavoro, ma quello che mi caratterizza è che secondo me cerco di fare quello che mi piace, dunque anche nel mio lavoro di tutti i giorni. Mi rendo anche conto però, al tempo stesso, che per diventare bravo e per migliorare ancora rispetto a colui che sono adesso, io devo studiare.
E infatti anche essere qui a Lucca è stata per me un'occasione per incontrare altri artisti da cui posso apprendere e migliorarmi.
A. D.: sentire queste frasi di umiltà dopo quarant'anni di carriera è incredibile, e devo dire che anche fa uno strano effetto in questo momento. Anche perché lui è uno dei disegnatori più bravi sul mercato, soprattutto se andiamo a guardare il periodo che ritrae. Tra le sue opere più famose ve ne sono di ambientate negli anni '80, e in quel periodo là il disegno non era ancora così impostato.
Non solo il Giappone, ma il fumetto in generale non aveva ancora uno stile così incredibilmente dettagliato come invece ritroviamo in quello del maestro.
Credo dunque che lui sia stato uno dei nuovi autori che hanno fatto in modo che l'estrema qualità artistica che vediamo nel manga, dagli ultimi decenni a oggi, abbia contribuito a rendere il manga quello che è adesso. Quindi è come se la sua carriera fosse uno dei pilastri stessi su cui è stata costruita questa industria.
A. D.: affrontiamo adesso la scelta dello stile. Lei ha uno stile inequivocabile, lo stile anni '80 che poi abbiamo visto parecchio anche nell'industria musicale. Quel tipo di iconografia credo sia ispirata al design europeo, probabilmente, ma poi ha contribuito a sua volta a cambiare l'aspetto visivo di buona parte dell'industria culturale giapponese. E' davvero così?
A. K.: perdonatemi se mi trovo a ripetere di nuovo il nome del maestro Katsuhiro Otomo, però lo dico sia per ribadire che lui è stato il mio idolo, ma anche perché è vero che Otomo è stato il mio punto di partenza nel disegno, ma al contempo è anche la persona da cui mi sono voluto allontanare. Nel senso che quando ho iniziato a disegnare, mi sono reso conto che c'era troppa differenza di talento tra noi, non sarei mai riuscito a imitarlo.
Poi sono arrivato a creare un mio stile personale. Aggiungo che in quegli anni in Giappone c'era la corrente del New Wave, non è stata particolarmente lunga come durata, ma in quel periodo mi ha molto influenzato, con i suoi diversi artisti.
Dunque io ho sentito il bisogno di allontanarmi dal maestro Otomo e cercare di fare cose diverse. Quindi sì, lui è stato per me fonte di ispirazione, ma nello stesso tempo l'ispirazione è arrivata poi anche da altre persone.
A. D.: le andrebbe di parlarci dei fumetti che abbiamo pubblicato con SaldaPress per il mercato italiano? Ovvero Sex, To-y e ora Aka x Kuro.
D'altronde non è cosa che capiti tutti i giorni, quella di avere proprio davanti a noi il creatore originale di un'opera, che ci può offrire il suo punto di vista personale nei confronti dei suoi stessi manga.
E dunque ci vorrebbe raccontare la motivazione dietro alla nascita di ciascuno dei tre?
A. K.: dunque, nello specifico premettiamo che To-y e Sex sono di 30 anni fa, perché sono nati tra gli anni '80 e gli anni 90, mentre Aka x Kuro è stato realizzato circa vent'anni fa.
Quello che è interessante è che tutti e tre sono ambientati in un periodo storico diverso rispetto a quello attuale; sì, riguardano anche la musica, ma il mio interesse principale era in realtà quello di parlare delle persone.
A dire il vero sono rimasto fortemente impressionato e toccato dal fatto che a tutt'oggi ci sia interesse per questi manga, nonostante siano stati scritti nel passato e per un pubblico di un periodo passato.
Soprattutto in questi giorni, qui a Lucca, ho visto tanti ragazzi sui vent'anni o giù di lì -e non solo- che hanno mostrato curiosità e voglia di leggere i miei manga.
Mi sono quindi reso conto che probabilmente sono opere che, per quanto figlie di un'epoca, allo stesso tempo non si possono legare del tutto e soltanto a un periodo storico specifico, poiché rimangono valide anche per i lettori di oggi.
A. D.: credo che quel mondo lì, ovvero gli anni '80 siano ritornati anche dopo, attraverso ovviamente opere come Stranger Things, ma anche attraverso tanta pubblicità, su riviste di moda e non solo, che sta tornando tantissimo alla fotografia e alle inquadrature degli anni '80. Chi ha studiato un po' di linguaggio visivo, può rendersi conto per davvero che negli ultimi due o tre anni questo tipo di estetica è presente. Ovviamente giunge per primo in Giappone, poi si sposta di solito in America, per poi arrivare infine anche nel Vecchio Mondo.
A. D.: posso fare una domanda scemissima? La maglietta: non so se avete notato la maglietta del sensei. Credo che semplicemente il maestro volesse fare a gara con la mia maglietta e ovviamente ciò mi ha fatto commuovere tantissimo. Come vedete, la sua è una maglietta post-moderna che ricorda gli anni '80 (il maestro Kamijo indossa una maglietta raffigurante dei mici con le spade laser in stile Star Wars, ndr). Quindi complimenti, è riuscito a battermi, in quanto anche io volevo la maglietta coi gattini.
Comunque, perdonatemi, io tendo sempre a utilizzare tutte le parole italiane anche negli adattamenti. Quindi quasi mai uso la parola manga, mentre quasi sempre uso fumetti; quasi sempre uso la parola maestro, quasi mai uso la parola sensei, perché tendo all'adattamento anche nella comunicazione.
So che sbaglio, ma lo faccio ugualmente.
A. D.: ritornando a noi, oltre alla carriera come mangaka, il maestro Kamijo può vantare anche una carriera come illustratore per la pubblicità, per la musica e così via. Non so se lo sapete: nel manga di To-y appare un gruppo, i Penicillin, che poi è divenuto realtà. Nel senso che i lettori di quel manga sono diventati musicisti veri da adulti, e hanno preso il nome e l'estetica proprio dal gruppo di antagonisti del manga.
Questa cosa credo abbia portato tante collaborazioni a livello musicale: è bellissimo come la musica abbia ispirato il suo stile e poi lui abbia ispirato la musica. E' qualcosa che -quando ho proposto quel manga in redazione- beh, per così dire mi ha fatto volare. Spesso succede che qualcosa porti poi a qualcos'altro, ma che si compia anche il giro inverso, e in così pochi anni, non è proprio così frequente.
Mi vengono in mente pochissimi esempi, nessuno dei quali però attraverso il fumetto e la musica; succede di frequente all'interno dello stesso mondo, ovvero musica su musica, cinema su cinema.
Voce dal pubblico: un altro esempio è Tiger Mask e il wrestling.
A. D.: sì, sì, certo, chiaro. Se consideriamo il wrestling giapponese una forma d'arte, naturalmente, il che non è un'opinione condivisa ovunque, però condivido il tuo suggerimento.
A. D.: vorremmo chiederle che rapporti lei ha con la musica e con la scena musicale giapponese.
A. K.: il manga To-y l'ho scritto intorno ai 24 anni. Dal momento che in un manga per forza di cose manca, perché non possiamo riprodurre il suono, quello che mi premeva era di trovare il modo di esprimere la musica attraverso un manga.
L'altra cosa che interessava era poi di capire di che tipo di genere musicale raccontare: blues, rock o magari invece un pezzo visual-kei e dunque diversi generi musicali.
L'ho disegnato in un periodo in cui i lettori se ne sono appassionati, ma un'ulteriore cosa che mi interessava era il capire che tipo di chitarre riprodurre, ad esempio; dunque volevo poter suscitare delle emozioni anche attraverso gli stessi strumenti musicali e questo tipo di dettagli. volevo che i lettori fossero partecipi fino a questo punto del manga che avevo scritto.
In quel periodo, durante la stesura di To-y, c'è stato un boom di band musicali in Giappone, che hanno iniziato a far musica proprio dopo aver letto il manga ed esserne stati influenzati. E' accaduto per molti artisti musicali.
Ci sono delle band che forse conoscete come i L'Arc~en~ciel o i Glay, le cui influenze ritroviamo nel manga.
A. K.: non so se conoscete già gli shikishi, ovvero dei cartoncini rigidi su cui di solito i disegnatori giapponesi disegnano con la penna o con il pennarello. Da due anni circa però nutro un particolare interesse per le matite e quindi disegnerò qui con la matita e non con il pennarello.
A. D.: il maestro ha in mano il colore giallo, noi non gli faremo notare che visivamente non è proprio il più adatto per la rappresentazione sullo schermo, ma... vi prego, fate un applauso al tecnico che ci ha permesso di mostrarci comunque il maestro al lavoro su un disegno. Ripeto, non abbiamo concordato un soggetto.
A. D.: una riflessione che mi ha solleticato le sinapsi, è che vedendo proprio questi tre manga qui vicini, si individua benissimo il ritmo musicale che il maestro ha voluto dare nelle storie.
Io non so se le avete già lette; spero di sì, o spero allora che le leggerete. Anzi, siete fortunati se non avete ancora letto questi manga, perché li potrete scoprire ora.
Comunque, da un punto di vista narrativo e del linguaggio, To-y cambia esattamente come cambiano i protagonisti. Cioè, il primo volume ha uno stile se vogliamo più veloce; poi diventa tutto meno sincopato, poi ritorna tutto velocissimo, come se fosse dapprima rock, poi punk, poi un po' meno. E' come se la narrazione seguisse quello che succede ai personaggi; è un'esperienza di estetica ed è interessante.
Sex invece è totalmente jazz. Sono opinioni personali naturalmente, ma ne approfitto dato che non voglio disturbare il maestro mentre disegna. Sex ha diverse sfumature di jazz.
Io non sono esperto di jazz giapponese, ma sono davvero convinto che se ascoltiamo del jazz giapponese, il primo volume di Sex è così. E' un fumetto che fondamentalmente affronta la crescita di tre persone, e si chiama Sex perché diventi adulto quando fai quella cosa là, anche se in realtà c'è una parte che è ascrivibile al crime. E lo vedi; lo senti, senti la musica e senti il ritmo anni '40 nella narrazione.
Mi sono interrogato poi su quale fosse il suono di Aka x Kuro; perché in realtà Aka x Kuro non ha assolutamente né un ritmo jazz né rock, ma si avverte chiaramente il ritmo che ha impresso alla storia. Qui siamo di fronte a un manga un po' più maturo, e sicuramente il più maturo del maestro. Secondo me c'è stata una sterzata verso la musica elettronica che ha influenzato la narrazione.
A. D.: e quindi quale musica ha ascoltato quando ha realizzato To-y, Sex e Aka x Kuro? Se lo ricorda ancora?
A. K.: a essere onesto, io sono mangaka perché mi piace disegnare, però mi piacciono tantissimo i film e soprattutto mi piacciono le colonne sonore dei film. In realtà sono proprio che mi influenzano molto. A casa ho tantissimi CD di musica giapponese, americana ed europea, circa 1.000, quindi la musica che di solito ascolto quando lavoro è quella.
A. D.: ma quando stava disegnando Aka x Kuro, per esempio, lei ascoltava qualcosa di diverso rispetto a quando aveva disegnato Sex?
A. K.: no, in realtà è sempre la solita. Semplicemente ascolto quello che mi va in un dato momento.
A. D.: e qual è il suo film giapponese preferito? e il film europeo e quello americano che preferisce?
A. K.: è difficile in realtà dire quali siano i miei film preferiti. Pensandoci, dei film giapponesi mi piace soprattutto il genere noir, mentre per i film americani mi piace Coppola. E l'anno scorso, o forse due anni fa, mi è capitato di vedere remake di Suspiria con Tilda Swinton. Naturalmente mi piace il film originale di Dario Argento, ma c'è stato anche il remake; ecco, quelli sono i miei preferiti.
A. D.: ma che sorpresa! E' incredibile! Quanti mangaka giapponesi possono dire di avere come film preferito un capolavoro dell'horror come Suspiria?! Certo, con gli occhi del 2020 nulla è più horror.
Se venite a Roma, a proposito, venite al negozio Profondo rosso, che è molto, molto divertente; io abito lì vicino ma non ci vado mai. Tuttavia ogni volta che vengono degli ospiti stranieri in Italia, soprattutto americani, la seconda cosa che mi chiedono è la location di quel negozio (naturalmente la prima invece è il Colosseo); perché è un negozio che è riuscito a costruire una "lore", per usare un termine che non ha un equivalente italiano, e che ha colpito tantissimo in America.
Per chi non lo sapesse, comunque, Suspiria è un film con un'innovazione tecnica; tutti pensano che Dario Argento sia solo un registra di horror, ma in realtà lui è anche un tecnico straordinario.
Suspiria è fatto su una pellicola che è stata ingrassata in maniera specifica -ed è successo solo lì, su quel film- in modo da rendere ogni fotogramma più profondo. In parole povere loro hanno girato il film e sviluppato tutti i dettagli di quel film, di quella inquadratura, che poi si vedono proprio nel fotogramma. Come diceva Sergio Leone: "questo è il cinema, non è il circo, qui si vede tutto". Dario Argento ha reso possibile tecnicamente questa cosa; quindi lo capisco che un autore come il maestro Kamijo, così attento ai dettagli, al ritmo e a quello che c'è sulle vignette, pensi che Suspiria sia un film da studiare.
A. D.: a proposito, cosa sta disegnando, maestro? Io non voglio disturbarla, però...
A. K.: è Niya, un personaggio di To-y.
A. D.: Niya, che ho visto essere il personaggio che lei disegna di più. Anche allo stand, a tutti quelli che vengono e prendono Aka x Kuro fa un disegnino di questo personaggio. Evidentemente è uno dei suoi preferiti da disegnare e secondo me anche dei lettori, perché è la cosiddetta linea comica del fumetto.
A. K.: in Giappone é molto popolare sia il manga To-y che questo personaggio, e addirittura lei è più popolare del protagonista stesso.
Quello che la caratterizza è il fatto che sia una figura femminile che si sviluppa moltissimo nel manga; forse addirittura il personaggio che ha avuto la crescita maggiore fra tutti quelli che sono presenti.
Un'altra cosa che credo di poter dire su di lei è che è un personaggio il cui sviluppo viene percepito anche dopo la fine del manga, come se ci fosse quindi una prosecuzione di questo personaggio anche dopo la fine del manga... come se la sua storia andasse comunque avanti. Vorrei che venisse vista così.
Mi sembra che anche durante le sessioni di autografi con il pubblico, i fan siano tutti appassionati di lei, e di questo sono felice.
A. D.: una domanda dal pubblico, una sola.
Domanda dal pubblico: come ha creato il dualismo tra Yuki e Natsu nell'opera Sex?
A. D.: premetto che il dualismo in realtà c'è anche negli altri due manga. Cioè in Aka x Kuro è palese già dal titolo della serie. In Sex il dualismo è tripartito.
A. K.: questo dualismo è nato perché sono molto appassionato di film, affermavo prima. Dunque in realtà i miei studi e la stessa passione per i film, mi hanno portato a un approccio di studio ai film, più che studio del disegno stesso. Sex si basa molto su un film americano, ovvero Butch Cassidy (del 1969, ndr) con Robert Redford e Paul Newman, volevo riprodurre un po' lo stile presente nel film anche nel mio manga, dove ci sono per l'appunto due personaggi maschili e uno femminile.
Ovviamente poi ci ho messo del mio, quindi ho ricreato sì una parte del film, ma nello stesso tempo ho creato anche un'opera originale.
A. D.: allora, io ringrazio Lucca, Saldapress, il pubblico di lettori e le due bellissime ma soprattutto bravissime interpreti. Facciamo un applauso al maestro Kamijo: è stato bello incontrarla e condividere tutto questo. Ancora complimenti per aver condiviso così tanto della sua vita; non è da tutti.
Adesso però è finita: "la messa è finita, andate in pace". Come si dice in giapponese quando è finita una cosa e si ringrazia?
interprete: si dice "otsukaresama deshita."
**
Press cafè (1 novembre 2024)
Nella Sala Altana della Camera di Commercio di Lucca, il maestro Kamijo incontra la stampa; di seguito vi illustriamo l'interessante tavola rotonda che ne emerge.
Alessio Danesi: innanzitutto grazie per essere qui. Io sono Alessio Danesi, editor di SaldaPress, e gestisco i diritti internazionali per questa casa editrice che da qualche anno ha ripreso a pubblicare manga.
Vorrei precisare una cosa, a beneficio di chi non lo ricordasse: noi in verità cominciammo con i manga, quindi una delle nostre prime uscite è stata la prima edizione europea di Tiger Mask (L'uomo tigre), realizzata con Kodansha.
All'epoca la casa editrice era molto molto più piccola, adesso siamo cresciuti ed è passato un po'di tempo, ma la voglia di proporre manga che ci piacciono non è evidentemente passata, nemmeno dopo vent'anni.
Noi abbiamo deciso di proporre Kamijo perché secondo noi era l'ultimo grande maestro giapponese ancora inedito in Italia. Grazie soprattutto al suo stile grafico, secondo me -ma anche secondo gli studiosi del manga in Giappone- il manga è diventato un'altra cosa dopo il maestro Otomo, ovvero dopo chi è venuto dopo di lui. Quindi per me personalmente, con tutto il rispetto, era inconcepibile che Kamijo non fosse ancora edito. Vengono pubblicati così tanti manga nel corso dell'anno, eppure il maestro ne era ancora fuori.
Per me era senza senso, anche perché dietro le sue opere c'è una casa editrice importante come Shogakukan, e quindi abbiamo deciso di portarlo.
Una volta che il catalogo si è consolidato, abbiamo portato poi anche altre sue serie. Abbiamo quindi deciso di celebrare l'arrivo di Aka x Kuro in Italia -che ne può così vantare la prima edizione internazionale- in questa forma, portando per la prima volta il sensei in Italia. Lascio ora la parola a voi e al sensei.
Atsushi Kamijo: è un piacere conoscervi dal vivo. Sono molto contento e onorato di essere qui a questo tavolo con voi oggi. Sono aperto a qualsiasi tipo di domanda, quindi lascio anch'io la parola a voi.
Alessio Danesi: chi è già stato all'incontro di ieri lo ha già visto, ma segnalo che il maestro è atipico, cioè lui si racconta proprio per come si sente, non nasconde le emozioni. Quindi è davvero un'occasione, approfittatene.
Stampa: grazie. Innanzitutto è un immenso piacere per me essere qui e volevo chiedere questo al sensei.
Io mi sono approcciata alle tre opere che noi abbiamo qui in Italia, quindi To-y, Sex e ora Aka x Kuro. Il suo stile è cambiato chiaramente nel tempo. Quindi vorrei sapere: come si è sentito lei e come ha avvertito questo cambiamento di stile nel corso degli anni?
A. K.: qui in Italia, da quando mi sono approcciato con l'editore e dunque con Alessio, ovviamente sono passati solo due anni e in questi due anni siamo riusciti a veder pubblicati sia To-y che Sex e recentemente Aka x Kuro.
Credo quindi sia del tutto normale, per una persona italiana che si approccia adesso ai miei lavori, vedere il cambio di stile che è intercorso tra un'opera e l'altra. Al tempo stesso, dovete anche tener conto del fatto che per me sono passati molti più anni, perché in Giappone queste tre opere sono state pubblicate nel giro di 15 anni e personalmente io ci ho lavorato nel giro di venti anni. Quindi io non avverto un cambiamento così grande, come invece può percepire una persona che legge i manga tutti insieme, uno di seguito all'altro, nel corso di un lasso di tempo assai più ridotto.
Stampa: in che modo lei sente di essere rimasto sempre fedele alla sua arte, proprio per il fatto che lei non ha percepito questo cambiamento, che noi lettori invece abbiamo recepito in modo chiaramente diverso?
A. K.: intanto ci tengo a precisare che ovviamente io ho realizzato le mie opere in periodi diversi della mia vita. Quindi passiamo da quando avevo solo 23 anni, fino addirittura ai miei 35 anni di quando ho realizzato Aka x Kuro.
Ovviamente poi, tutto quello che è dentro le mie opere è influenzato dai miei interessi. Quindi cosa è per me importante? cos'è un filo conduttore nelle mie opere?
Beh, è proprio il voler dar risalto alla realtà del momento. Quindi io nelle mie opere volevo parlare della società giapponese fotografata in quel momento e in tutti i suoi aspetti, quindi nei temi, nella musica, in tutto ciò che era un po' il simbolo di quel momento in Giappone.
Però quello che per me è altrettanto importante è anche il mostrare (e il non mostrare) i rapporti umani che sono all'interno delle opere. Parliamo di temi semplici in realtà, come l'amicizia, i rapporti tra genitori e figli, le relazioni d'amore e tutte quelle che possono essere le problematiche che esistono all'interno di questi rapporti, e dunque ci sono dei litigi, delle incomprensioni o delle rotture.
Riassumendo, pertanto, direi che tutto quello che riguarda elementi prettamente giapponesi, questi permeano sempre le mie opere, ma mi piace molto dare importanza ai rapporti umani perché so che sono dei temi universali, validi in tutto il mondo e non soltanto in Giappone, dunque qualsiasi lettore li può sentire come propri.
Stampa: una domanda per ricollegarci invece allo stile del maestro, che è assai riconoscibile soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi e dei loro volti, a mio parere sono veramente spettacolari.
Volevo dunque chiedere al maestro come nasce la caratterizzazione dei suoi personaggi: come riesce lei a delinearli in modo così differente l'uno dall'altro, soprattutto a livello stilistico?
A. K.: partiamo da To-y, che è il mio primissimo lavoro. In quel periodo c'era un format di shonen manga che era prestabilito. E come funzionava? Si partiva con un protagonista dotato di un talento nascosto; poi piano piano c'era la crescita del personaggio che sarebbe poi arrivato a raggiungere qualcosa. Questo era il format classico, ma a me non piaceva.
Io volevo fare una cosa completamente diversa. Quindi nella mia opera, il protagonista non doveva essere come quello di uno shonen manga, perché io volevo che riflettesse un po' quello che ho provato io durante i miei anni alle scuole medie. Io sono sempre stata una persona che voleva crescere, volevo diventare adulto velocemente e quindi, per esempio, non ero più di tanto appassionato di manga. Mi piacevano invece molto i film e i romanzi, quindi secondo me mancava un personaggio in un fumetto che avesse degli aspetti che fossero un po' più simili a questa tipologia di persone, quindi non il semplice ragazzino che cresce, ma qualcuno che ha anche una mentalità un po' più adulta, mettiamola così.
Stampa: posso collegarmi a questa cosa per un'altra domanda? Mi piacerebbe sapere come è stata l'accoglienza dei lettori, abituati alle riviste come Shonen Sunday, nel ritrovarsi invece con una tipologia di protagonista così diversa dai canoni previsti per quella rivista.
A. K.: quand'ero un ragazzino amavo i classici shonen di Jump e Shonen Sunday, e anche quello è stato un motivo per cui io volevo diventare mangaka, per disegnare proprio quella tipologia di storie. Poi però, crescendo, mi sono imbattuto nei lavori di Rumiko Takahashi (autrice di Lamù e non solo) e mi sono detto "Wow! Quindi esistono delle opere che hanno anche un altro lato ed esplorano anche altre tipologie di temi (per esempio quello del gender)!".
Ammetto che ne sono stato davvero molto influenzato, grazie a lei ho capito che c'erano altre vie da imboccare e da seguire per poter intraprendere il mestiere di mangaka. Così ho trovato quella che era la via giusta per me, uscendo dai canoni classici, per seguire ciò che io reputavo più interessante.
Stampa: lei poi in seguito ha condiviso la rivista proprio con la maestra Takahashi, giusto? (nel senso di manga pubblicati all'interno della stessa rivista - ndr)
A. K.: sì, esatto.
Stampa: tra l'altro ho visto un disegno della Takahashi che omaggiava il maestro e rappresentava i protagonisti di To-y, esposto in occasione di una mostra in Giappone (nella foto sopra, ndr).
A. K.: sì, è vero, quattro anni fa, anche grazie al mio editore di Shogakukan, ho fatto uscire in Giappone un Tribute a To-y e sono andato personalmente a chiedere agli artisti che ammiravo di fare delle illustrazioni per me basate sui miei svariati lavori. Per questo vediamo una collezione di queste illustrazioni speciali, una sorta di tributo. In Italia tuttavia sono ancora molte le mie opere che ancora non sono arrivate, quindi potrei sperare che prima o poi... arrivi un altro invito?
Alessio Danesi: beh, noi siamo abbastanza continuativi nelle nostre proposte. Come dico sempre, un autore che entra in catalogo Saldapress, non ne esce più.
AnimeClick: quindi è una minaccia?
A. K.: se succede questo, vuol dire che il prossimo anno io potrei venire di nuovo a Lucca.
Alessio Danesi: ci sono però tante città belle italiane, non solo Lucca. C'è Napoli. C'è Roma. C'è Milano...
A. K.: ce ne sono così tante, di fiere di settore?
Stampa: di festival? Anche più di quelli di queste città, certamente.
Alessio Danesi: Lucca è la più grande. Non dirò la più bella, altrimenti poi...
A. K.: è la più grande?
Alessio Danesi: Lucca è la maggiore in Europa.
A. K.: anche di Angoulême?
Alessio Danesi: molto più grande di Angoulême (seconda fiera in Europa dopo Lucca - ndr), non c'è paragone.
A. K.: sono scioccato da questa rivelazione.
Stampa: buonasera. Non volevo perdere l'attimo, sia in merito alla risposta data sul fattore temporale che a quella sui temi trattati, perché noi effettivamente abbiamo conosciuto e apprezzato le opere del maestro soltanto negli ultimi anni. Però alcune ormai hanno qualche decade alle spalle, come To-y e Sex.
Nonostante questo, quello che vi riscontriamo è un'attualità pazzesca e quasi disarmante dei temi che vengono trattati al loro interno.
Riflettendoci, mi sono chiesta, oltre al tema dei belli e maledetti, -che non manca mai nelle opere del maestro e che ci piace tantissimo naturalmente- quale potrebbe essere per lei un tema ricorrente, che non passa mai di moda?
Quali sono inoltre per lei i fattori che non devono mai mancare, che è importante inserire in tutte le sue storie? Grazie.
A. K.: secondo me, una cosa importante che i manga dovrebbero avere è quella di far vedere anche degli aspetti non tanto positivi della società. Mi riferisco in questo caso a degli aspetti un po' negativi del Giappone. Poi ci sono dei temi che sono attualissimi, come il razzismo, o la condizione della donna, che secondo me si dovrebbe in qualche modo inserire in ogni opera.
E non intendo in maniera diretta: io preferisco che il messaggio arrivi, però senza le parole, ovvero tramite i sentimenti.
Il lettore legge il manga, trova temi e generi mescolati, ma poi gli arriva tutto insieme a livello di messaggio globale; non tanto dunque per quello che c'è scritto come dialoghi, ma per tutto ciò che viene posto come contorno diciamo del tema principale, cioè dell'hot topic. Di tutto questo io credo che si debba parlare nelle nostre opere.
Stampa: spesso i mangaka non hanno ben chiara la visione di come siano recepiti essi stessi e le loro opere all'estero.
A questo proposito vorrei chiedere al maestro se è a conoscenza del fatto che la Taschen, casa editrice tedesca di libri d'arte, nella prima edizione del volume dove dedicava uno spazio ai 100 migliori mangaka del mondo, ha messo anche Atsushi Kamijo.
Interprete: in che posizione era il maestro?
Stampa: non c'era una classifica vera e propria. Sono posizionati se non erro per cognome.
Alessio Danesi: d'altronde non avrebbero mai potuto fare una classifica impostata come una graduatoria...
A. K.: non lo sapevo. È la prima volta che ne sento parlare.
Stampa: è tipico di Taschen, tra l'altro più grossa di tutti noi messi insieme. Nel senso che stiamo parlando di una potenza non come Kodansha o Shogakukan, ma sicuramente a livello di Mondadori, ecco.
A. K.: grazie. Grazie davvero dell'informazione.
Stampa: allo showcase di ieri abbiamo parlato del maestro Otomo, autore molto importante che lo ha influenzato anche per decidere di prendere una strada propria nell'ambito dello stile, perché il paragone era un po' difficile.
Noi in Italia quando parliamo di Otomo parliamo sempre di Akira, ma è uscito troppo tardi per essere stato un punto di riferimento per lui quando era giovane all'inizio della sua carriera. E dunque, quali sono state le opere di Otomo che lo hanno colpito?
A. K.: parto da una doverosa premessa, ovvero che non so quali e quante opere del maestro Otomo siano state pubblicate in Europa. In Giappone noi consideriamo Akira come l'ultimo grande lavoro del sensei, mentre in effetti io mi riferisco a tutto ciò che di lui era uscito prima.
Tutti i mangaka che hanno lavorato nello stesso periodo in cui ho lavorato io, sono stati ispirati da quello che è uscito prima di Akira. Però, appunto, non so quali titoli citarvi perché non so quali di questi voi conosciate.
Vorrei poi aggiungere una cosa al riguardo: tutto quello che riguarda la produzione di Akira diciamo che ha delle caratteristiche molto simili allo shonen manga. Quello che invece ha influenzato me, come dicevo prima, è tutto ciò che nasce prima.
Quando io ero alle scuole superiori leggevo le sue opere e vi ritrovavo all'interno un tipo di influenza che derivava anche dal cinema, la cultura, e così via. E' stato anche questo un elemento che mi ha portato a entrare nel mondo professionistico del manga.
Diciamo che secondo me l'idea che Akira sia l'opera più nota di Otomo nel mondo non è un fattore molto positivo... perché è più commerciale, ecco.
* Segue un coro generale di applausi *
Stampa: il maestro non mi poteva rendere più felice! Questa è una mia battaglia infinita!
Interprete: non riporto esattamente ciò ha detto, però mettiamola così, diciamo che quello di Akira è stato più un atto commerciale, ecco.
Stampa: io spero molto che in Europa arrivi quello che era stato fatto prima di Akira, perché secondo me ha un valore completamente diverso, proprio anche a livello artistico.
Stampa: in realtà il maestro mi ha un po' anticipato perché un paio di volte si è detto appassionato di film e ha parlato di ispirazione cinematografica. Ero curiosa di sapere a quali personalità del cinema si è magari ispirato (a livello di cineasti o registi), perché una cosa che ho notato molto soprattutto in Aka x Kuro.
A. K.: ancora una volta, io non so cosa in Italia sia giunto a livello di film, quindi non vi fornisco dei titoli precisi. Però parlo in particolare di un movimento arrivato in Giappone che si chiamava American New Cinema: erano tutti quei film fatti e ispirati dalla guerra del Vietnam e fino al termine del conflitto.
Tutti le tematiche che sono state sviluppate nei film in questione hanno avuto un grande effetto su di me; io all'epoca ero uno studente delle medie e ho voluto inserire questi temi non tanto in To-y perché è uno shonen -quindi un po' più leggero-, quanto piuttosto in Sex. Essendo un seinen manga ho pensato che fosse importante inserire qualcosa che avesse un valore per me anche da un punto di vista cinematografico.
Alessio Danesi: considerate che il New Cinema si conclude con Apocalypse Now o I cancelli del cielo, a seconda della teoria del linguaggio cinematografico cui si guarda.
AnimeClick: buongiorno. Vorremmo chiedere al maestro un approfondimento su To-y, poiché lei ha ambientato questa storia nel periodo della bolla speculativa giapponese.
Era un periodo in cui tutto sembrava possibile, vediamo atteggiamenti spregiudicati e così via. Guardando invece al Giappone e alla società nipponica che lei vede oggi, c'è qualcosa che la colpisce in particolare, anche appunto di quel Giappone non così positivo che lei ama raffigurare, e che vorrebbe magari portare in un manga, in una sua prossima opera?
A. K.: esattamente, To-y nasce negli anni '80, e quando io l'ho creato era proprio il momento della bolla giapponese.
C'erano un sacco di soldi che venivano spesi, diciamo anche in maniera molto allegra, divertendosi al massimo, quindi mancava la consapevolezza che poi tutti quei soldi, a un certo punto, sarebbero venuti a mancare.
La società dell'intrattenimento sfornava tanti prodotti proprio per questo motivo: c'era talmente tanto budget disponibile che le persone lo usavano per fare quello che volevano veramente fare, per fare qualcosa che piaceva loro fare. Diciamo che a me non piace molto la società giapponese di quegli anni '80, ma c'è un aspetto che è assolutamente positivo di quel periodo, ovvero che i giovani avevano infinite possibilità di esprimersi, di usare i soldi per poter portare avanti la loro personalità e le loro idee.
Però tutto il resto non era proprio piacevole; mentre adesso la situazione è del tutto ribaltata. L'economia giapponese sta soffrendo molto da tantissimi anni, i soldi non sono più disponibili come lo erano negli anni '80. E' tutto molto più capitalistico, nel senso che se qualcosa non vende, non viene realizzata. Secondo me questo è veramente un peccato ed è un tema importante, perché le persone non fanno più quello che vorrebbero fare, bensì devono limitarsi a fare ciò che vende.
Stampa: prima parlavamo di cinema e le opere del maestro hanno un taglio molto cinematografico. Un po' per deformazione professionale -poiché io insegno tecniche e discipline grafiche-, mi è capitato di mostrare ai miei studenti tavole del maestro, dove appunto la costruzione stessa della tavola segue delle regole che hanno un forte imprinting artistico. Vorrei chiederle se lei è un appassionato d'arte e se prende dall'arte tecniche o rappresentazioni.
A. K.: come dicevo prima, tra i 14 e i 18 anni non ho avuto questa grande influenza da altri mangaka sinceramente. Per quanto riguarda il mio collegamento personale con l'arte, invece, posso dirvi che andavo molto spesso nei musei e nelle live house ad ascoltare le band punk, andavo poi molto al cinema.
I cinema avevano un programma "all night", quindi io con una cifra irrisoria (circa 10 euro attuali) riuscivo a vedere anche cinque film di seguito. Si poteva rimanere in sala per un sacco di tempo e si potevano vedere un sacco di film.
La cosa positiva, però, o che comunque definisce una mia caratteristica personale, è che per me l'arte non ha un sopra e un sotto, non ha gradazioni di diversa importanza. E dunque, per me, andare a vedere un'opera di Luchino Visconti aveva lo stesso grado di importanza di andare a vedere una band punk in una live house, quindi è sempre stata l'arte a 360 gradi a interessarmi, su vari tipi di media. Senza cioè che ci fosse bisogno di avere da un lato un'arte più aulica e dall'altro una un po' più popolare.
Stampa: prima abbiamo detto che a lei piace molto parlare delle emozioni. Vorrei chiederle, a titolo di curiosità personale, se finora c'è stato un personaggio a cui si è veramente tanto affezionato, talmente tanto da essere magari anche dispiaciuto nel terminare quell'opera e doverlo lasciare.
A. K.: parlo un po' di come ho costruito le mie opere. Per To-y è la storia di quattro persone che vivono la loro vita e a un certo punto si incontrano in un determinato spazio. Io volevo proprio parlare del loro incontro, di quelle persone in quel momento.
Quando ho iniziato il manga, quindi, avevo già in mente che la fine sarebbe stata che loro proseguissero sulle rispettive strade e continuassero a vivere le loro vite. Quindi per me il manga finisce in quel momento, ma non finisce veramente, perché ognuno continuerà la sua vita e ciascuno dei personaggi andrà per la propria strada. Stessa cosa per Sex e poi anche per Aka x Kuro.
Forse quello che invece mi è rimasto un po' più dentro e a cui ancora penso, perché diciamo lo sento in maniera un po' più amara, riguarda un' opera che ancora in Italia non c'è: si chiama "8" e parla di un quartiere di Tokyo che si chiama Shibuya.
Mi è rimasto dentro perché è un po' incompiuto, non arriva proprio a una fine. Quindi sì, non posso dire che ci sia un personaggio in sé a cui sono affezionato, ma proprio una storia: ho avuto tanta difficoltà a chiudere quel ciclo per quel manga e sì, mi risuona ancora nella testa, è qualcosa che mi interessa a tutt'oggi.
Alessio Danesi: e come mai quindi non prosegue ora a realizzare un'ulteriore storia per "8"?
A. K.: è un po' difficile spiegare questa cosa, uhm... come faccio? Diciamo che non è stata una scelta ponderata: come già sapete, in Giappone per un mangaka ci sono dei rapporti particolari con la casa editrice e con gli editor.
Per tutte le mie opere, Aka x Kuro compreso, il rapporto con la casa editrice è sempre stato buonissimo; purtroppo invece per "8" a metà strada ci sono state delle incomprensioni e alcuni cambiamenti nel mio contratto, per questo motivo ho deciso di non portare a termine questo lavoro.
Alessio Danesi: beh, non proprio "non portato a termine", diciamo semmai che non è stato portato a termine come auspicava il maestro, probabilmente. Poiché in realtà il finale è aperto, ma l'opera di per sé è compiuta.
A. K.: tra le altre cose, è accaduto che è cambiata la persona a capo della casa editrice, dunque la comunicazione è divenuta più complicata. Questo rientra in uno dei motivi per cui l'opera non si è conclusa come avrei voluto ed è rimasta un po' così, con un senso di sospensione, ecco.
Alessio Danesi: faccio l'ultima domanda. Lei ha sempre cercato di affrontare sì le relazioni interpersonali, ma pur con questa linea comune, è stato sempre facile ascrivere una sua opera a un genere particolare. Qual è invece un genere che non ha affrontato e che vorrebbe affrontare?
A. K.: per quanto riguarda le mie opere, in realtà non do importanza al genere, quello è una cosa che arriva dopo.
Ciò che è importante per me, come spiegavo inizialmente, sono i rapporti umani: essi sono il fulcro delle mie storie e del mio interesse. Non penso a cos'è che può andare per la maggiore in questo momento: il k-pop? Il calcio? No, non sono queste le cose che mi interessano.
Quello che mi interessa è affrontare i rapporti umani: di per sé paiono semplici, sulla carta, ma poi scriverne e raccontarli è decisamente molto più difficile in realtà.
Possiamo fare l'esempio di una coppia sposata che si sta lasciando, oppure di un rapporto tra due ragazzi coetanei, che cambiano mentre crescono insieme. Quindi diciamo che la cosa che mi spinge è l'energia che mi porta a iniziare un'opera. Questa energia si trasforma poi in emotività e l'emotività mi porta a scrivere qualcosa... che magari dopo tre anni cambia, perché i miei interessi cambiano; dunque il genere dell'opera stessa è proprio una cosa secondaria per me. Quindi non parto dal: "ok, voglio fare qualcosa di romantico, voglio fare qualcosa di diverso, o di serio", bensì dal "voglio parlare semplicemente di rapporti umani".
E' questo che è davvero di fondamentale importanza nelle mie opere.
Alessio Danesi e stampa: ringraziamo il maestro per la sua disponibilità.
**
Intervista privata ad Animeclick (2 novembre 2024)
In questa occasione, il sensei ha risposto a ulteriori curiosità sulle sue opere. Ve ne riportiamo qui l'integralità di domande e risposte, rimandandovi in ogni caso al video originale per i vari aneddoti emersi durante l'incontro.
Si ringrazia Saldapress per la disponibilità e la gentile concessione.
Intervista integrale al maestro Atsushi Kamijo
Animeclick: buongiorno maestro, grazie di averci dedicato del tempo per poter approfondire ulteriormente le sue opere con qualche domanda extra.
A. K.: di nulla, grazie a voi.
AC: vorremmo iniziare con Sex, che ha una storia molto particolare e originale. Nei giorni scorsi, durante gli eventi precedenti, lei ci ha già raccontato qualcosa circa la genesi, dunque l'ispirazione data da un film americano.
Però ecco, la storia si districa tra basi militari, studenti e criminali, tra Okinawa e Tokyo: come le è venuta in mente? Potrebbe raccontarci qualcosa di più?
Considerando poi anche che più di dieci anni dopo dall'uscita del suo manga c'è stata una canzone, "Chiisana koi no uta" dei Mongol800, che riprende proprio tematiche molto simili e da cui hanno tratto anche un recente film. L'ambientazione è sempre a Okinawa tra basi militari: dunque, Lei che cosa ne pensa?
A. K.: il Giappone è un arcipelago con tante basi militari americane, non solo a Okinawa ma anche nella zona di Tokyo. Dunque in realtà volevo partire narrando delle basi militari di Okinawa, ma essendo io nativo di Tokyo, ho voluto far sì anche che la storia del manga continuasse a Tokyo, dove comunque c'è un quartiere americano a Fussa-
Con la canzone "Chiisana koi no uta" non ravviso un grande collegamento, credo sia più che altro una casualità.
Diciamo che con i Mongol800 c'è anche un divario temporale e generazionale a separarsi (Sex è del 1988, la canzone è del 2001 ndr) quindi di per sé non c'è una logica diretta tra le due opere, però è vero che in entrambi i contesti vi è una radicata presenza americana, persone che vanno ad ascoltare musica nelle live house e così via, quello senz'altro le accomuna.
AC: grazie davvero.
Rimanendo sempre su Sex, l'opera è peculiare anche dal punto di vista dello stile grafico, poiché vediamo che di tanto in tanto, nelle tavole in bianco e nero, soltanto alcune particolari porzioni sono colorate. E' un effetto molto bello e elegante, ma anche atipico. Hanno qualche significato particolare, nel voler evidenziare qualcosa di specifico? Come l'è venuta quest'idea?
A. K.: più che per una questione di tematica è una questione dell'opera stessa, cioè il personaggio all'interno della storia è una persona che non riesce a vedere bene i colori (una persona daltonica, ndr), quindi non è una malattia ma più una cosa genetica.
Ho voluto inserire proprio questo elemento per far capire al pubblico e ai lettori che una specifica caratteristica che noi diamo per assodata -come può essere la maglia blu che ho di fronte, e per la quale dico "questa è una maglia blu"- non è detto che venga recepita da un'altra persona allo stesso modo, e che tale persona pertanto (ci) capisca.
Quella sfumatura di blu è così per me... ma come sarà per l'altro? In questo senso intendevo cercare di far capire meglio al pubblico questo elemento.
AC: grazie. Per quanto riguarda invece To-y, lei ci ha già raccontato che intendeva descrivere dei personaggi che, esattamente come lei, volevano crescere un po' troppo in fretta. Dunque vediamo questo protagonista bello e dannato, poco socievole e ribelle ma di grande fascino, e una ragazzina sorniona come una gattina.
Sono due personaggi molto particolari. Ci potrebbe raccontare qualcosa di più poi su come ha formato la loro caratterizzazione o se ha qualche aneddoto in particolare da svelarci su loro due?
A. K.: io continuavo a voler diventare sempre più adulto di quanto non fossi. Non solo quindi a dieci anni avrei voluto averne venti, ma anche da ventenne avrei voluto già diventare un trentenne, e da lì un quarantenne e così via.
A me piacevano molto i manga, i film, romanzi, dunque perlopiù contenuti che sarebbero stati più adatti appunto a una persona più adulta.
Diciamo che nel manga di To-y io volevo far passare questo stato d'animo, ovvero le emozioni che ho provato in gioventù, comunicandole anche e soprattutto a coloro che magari si sono sentiti proprio come me all'epoca.
Se guardiamo poi ad esempio al personaggio femminile di Niya, all'inizio non si capisce molto bene se sia una femmina, un maschio o addirittura un animale o una persona per davvero. Ciò che io desideravo, nella stesura del manga, era anche di presentare l'evoluzione del personaggio, in questo caso dall' "animale" alla persona: alla fine Niya è cresciuta, e il mio desiderio del voler diventare adulto si esplicita anche attraverso di lei, all'interno della storia.
AC: grazie. In To-y vediamo che c'è una grandissima attenzione alle mode e ai capi di vestiario che andavano per la maggiore in quel periodo. Lo notiamo bene anche nelle illustrazioni di inizio capitolo, che colgono al meglio quest'aspetto anche nella rappresentazione di bellissime figure femminili.
Ci chiedevamo dunque se anche lei fosse o se è tuttora un appassionato di moda e culture giovanili.
A. K.: quando ho scritto To-y ero un venticinquenne. Sì, da giovane ero molto appassionato di moda, ma lo sono tuttora.
Negli anni '80 e '90 era molto trendy lo streetwear, dunque c'erano tantissimi negozi (che oggi chiameremmo pop store, ndr) che aprivano per vendere proprio questi capi. La gente faceva la fila per poter entrare in questi negozi, io in linea generale ne sono sempre stato molto affascinato.
AC: grazie. In To-y c'è una frase che mi ha colpito molto, quando si dice "un idol costruito a tavolino non combinerà mai niente, da solo".
E' una citazione che racconta molto -implicitamente, ma anche facendone forse una critica- di quel mondo musicale che poi viene raccontato molto bene nel corso della storia.
Se lei dovesse scrivere un manga come To-y oggi, nell'ambito del panorama musicale nipponico moderno o degli idol c'è qualcosa di particolare che ci terrebbe a rappresentare o che ha colpito la sua attenzione?
A. K.: possiamo partire proprio dal titolo di To-y, che è un gioco di parole perché oltre a essere il nome del protagonista, se togliamo il trattino e lo leggiamo all'inglese significa 'giocattolo'. Il riferimento va proprio al fatto che un idol potrebbe essere visto come un giocattolo dell'industria.
Per quanto riguarda invece il mondo degli idol, in questo periodo in Giappone questo mondo di celebrità in generale e di musica vera e propria va sempre più restringendosi. O meglio, negli anni '80 esistevano artisti anche molto professionali, mentre adesso ce ne sono sempre meno, e al tempo stesso c'è la Corea con l'universo dei suoi idol: all'inizio degli anni '80 il loro livello era assai più basso di quello dei giapponesi, ma dagli anni 2000 in avanti il gap si è decisamente ridotto, tanto che adesso non c'è nemmeno più paragone da potersi fare.
Penso quindi che potrebbe essere interessante parlare del mondo coreano, ma non essendo quello giapponese, temo che alla fine potrebbe essere un po' complicato da analizzare e su cui fare ricerca. Però credo sarebbe anche molto divertente.
AC: grazie. Rimanendo in ambito musicale, potremmo dire che con To-y lei sia stato un precursore per tutti quei manga che raccontano di band musicali che sono venuti negli anni a seguire: ce ne sono stati tanti, e su tanti generi e target diversi.
Pensiamo per esempio a Beck o soprattutto a Nana di Ai Yazawa (nella foto sopra), in cui ci sono tantissime citazioni proprio a To-y.
Che effetto le ha fatto vedere queste opere, magari proliferate anche grazie a lei, e di essere stato di ispirazione per questi mangaka?
A. K.: a dire il vero non penso di poter essere considerato un precursore in questo senso, perché comunque anche quando ho scritto To-y, a mia volta io ho avuto altre opere e mangaka cui far riferimento, come se fossi stato io in quel caso a copiare semmai il loro stile o il loro voler parlare di musica.
Però ho cercato di creare poi il mio stile, e dunque se altri autori più giovani hanno ritenuto che la mia opera fosse abbastanza importante da poter essere presa addirittura come riferimento, beh, davvero non c'è cosa più bella di questa.
AC: grazie. La musica dunque ha una grandissima importanza nelle sue opere e anche nella sua carriera.
Sappiamo che c'è stata questa band visual kei di nome Penicillin, nata grazie a lei, avendo preso ispirazione da quello che lei ha raccontato in To-y, di cui lei poi nel 2015 ha disegnato la copertina dell'album 'Penicillin’s Memories – Japanese Masterpieces' (nelle foto e illustrazioni sottostanti, ndr).
Vorremmo chiederle qualche aneddoto su com'è avvenuta la collaborazione, e com'è stato per lei approcciarsi a questo lavoro su commissione.
A. K.: in realtà sono molte le band con cui negli anni ho collaborato. E poi per esempio ci sono stati dei membri di band che mi hanno proprio detto "io ho iniziato a suonare la chitarra grazie alla tua opera", ammetto che per me questo è stato molto bello da sentire.
Da lì in poi le collaborazioni sono state di vario tipo, creando magliette, oppure illustrazioni e così via. Tutte cose che davvero non ho pianificato, sono qualcosa di casuale che è avvenuto, ecco tutto.
AC: è comunque molto bello. Chiudiamo allora con un'ultima domanda. Leggendo le opere del maestro, abbiamo capito che in tutte vi sono elementi molto personali di sé che ha vi ha voluto inserire. Se adesso lei facesse una riflessione globale, tra tutti i manga che ha realizzato, qual è quello che lei adesso sente più suo, o a cui magari sente di essere più affezionato in questo momento per qualche ragione particolare?
A. K.: uhm... potrebbe essere Aka x Kuro, perché all'interno della storia si può percepire il mondo delle celebrità, ma non di quelle attuali, bensì di quelle di magari di 200 o 300 anni fa (la storia del manga riguarda anche il teatro del No, ndr) e questo è qualcosa che volevo davvero far trasparire ai lettori. Non solo a quelli giapponesi ma anche all'estero, di tutto il mondo.
Ho saputo che To-y e Sex sono stati pubblicati non solo in Italia, bensì anche in Germania e in Francia, invece Aka x Kuro al momento c'è solo in Italia. Anche per questa ragione sono venuto al Lucca Comics, dunque al di là dei miei sentimenti, io ancora non conosco cosa ne pensino i lettori europei.
AC: in tal caso, allora, glielo faremo sapere noi. Dopo aver letto l'opera, certamente le faremo avere il nostro parere e recensione attraverso la casa editrice Saldapress.
A. K.: grazie. Ah, e poi volevo precisare anche che i kanji del box di Aka x Kuro derivano da quelli che utilizzava il famoso regista Akira Kurosawa.
AC: grazie davvero per la bellissima curiosità. La ringraziamo ancora per il tempo che ci ha dedicato e per i bellissimi approfondimenti che avremo cura di trasmettere a tutti i lettori sul nostro sito, così che oltre ai suoi manga, possano avere tante curiosità in più grazie a quello che lei ci ha raccontato oggi.
Fonti consultate e note:
Tutti i diritti appartengono ai rispettivi autori.
Si ringrazia Riri per l'aiuto nella trascrizione dei vari incontri, nonché l'editore Saldapress per la disponibilità e la gentile concessione.
Personalmente ho trovato azzeccata la prospettiva di Sex, col personaggio di Yuki che vive un mondo in bianco e nero dove a tratti spuntano impressioni ed emozioni a colori.
Si sente molto anche il suo afflato artistico per la musica. I riferimenti si sprecano.
Ammetto che sia un autore che non conosco: mi attirano molto i disegni ma non sapevo cosa aspettarmi, ma dalle interviste direi che ha molto da dire, recupererò qualcosa prossimamente
Considerando che mi son letta proprio in questi giorni tutto Kamijo di Saldapress (devo ancora finire Sex) fa piacere rileggere la questione "Penicillin".
Ma l'aneddoto che più apprezzo è che la sua introduzione a questo ambito artistico sia stato anche un regalo per la madre.
Devi eseguire l'accesso per lasciare un commento.