Ci sono serie che non hanno bisogno di presentazioni. Serie iconiche come Dragon Quest hanno contribuito a costruire l'immaginario giapponese di fantasy e per questo, in modo più o meno diretto, tornano nelle più inaspettate serie tra citazioni velate o palesi omaggi. Per quanto iconica, la serie Dragon Quest ha una certa età e la sua struttura classica, indiscutibilmente in linea per i suoi tempi, non gli ha permesso di fare realmente breccia nel cuore degli occidentali, dove ha sempre performato meno che in patria, nonostante l'accattivante design di Akira Toriyama. L'interesse per il brand non è però mai mancato e i remake sono usciti di praticamente tutti i capitoli principali, talvolta anche tradotti in italiano, eppure nessuno ha raggiunto in occidente la notorietà che hanno in patria; basti pensare ai capitoli per DS e 3DS che in Giappone hanno totalizzato più del doppio delle vendite mentre qui sono diventati titoli rari da collezione.
Eppure la carica di Dragon Quest rimane e non solo grazie ai nostalgici: i due Dragon Quest Builder sono stati un successo così come il passaparola sulla qualità di Dragon Quest XI ha portato il titolo ad essere apprezzato da molti nonostante un'impostazione tutt'altro che innovativa – qui la recensione della versione base e qui quella della Definitive Edition S. Detto questo, è già stato rivelato che Dragon Quest XII tenterà un cambio di rotta per svecchiare e rivoluzionare il brand, sintomo che dopo 38 anni di squadra che vince non si cambia... forse è giunto il momento di cambiare. Creare qualcosa di radicalmente nuovo richiede tempo e, come insegna Metaphor Re:Fantazio, avanzare con calma può portare ottimi risultati. Mentre si aspetta il fatidico dodicesimo grande passo, Square-Enix decide di deliziare vecchi e nuovi fan con una chicca per scoprire l'universo di Dragon Quest partendo da uno dei migliori punti di partenza possibili: Dragon Quest III HD-2D Remake.
L'eroe Ortega, famoso in tutto il mondo per la sua forza e il suo coraggio, non fa più avere sue notizie dopo essere partito per la più ardua delle missioni: sconfiggere l'Ultrademone Padramos, terribile mostro che minaccia di conquistare la terra. La missione non sembra andare a buon fine sicché non si hanno più notizie di Ortega per anni, ma al compimento del sedicesimo compleanno del figlio il re incarica il giovane di prosegue la missione del padre, proprio come quest'ultimo aveva richiesto poco prima di partire. Il giovane eredita così la missione del padre e parte all'avventura armato solo del suo grande coraggio, finendo per compiere l'epica impresa che getterà le basi per i due Dragon Quest cronologicamente successivi - Dragon Quest I e Dragon Quest II, la cui uscita in versione HD-2D Remake è già stata annunciata.
Una premessa estremamente classica: un eroe prescelto viene incaricato di una missione apparentemente impossibile che però solo lui può compiere e da cui, ovviamente, dipende il destino del mondo. Un cliché certo, ma Dragon Quest è anche questo, soprattutto quando si guarda ai primissimi capitoli. Sotto questo punto di vita il terzo è il punto più alto raggiunto dalla formula base impostata, espansa e raffinata nei precedenti due. Nel primo Dragon Quest è il solo eroe ad affrontare l'avventura, nel secondo invece l'eroe è accompagnato da due amici. La peculiarità di Dragon Quest III, tra le tante interessanti, è stata dare la possibilità al giocatore di comporre il proprio gruppo con dei compagni-classe generici, un'aggiunta che dava quel tocco di personalizzazione e profondità che rendevano il titolo davvero interessante.
Dopo la trilogia gli upgrade dei capitoli successivi non espandono (solo) il gameplay, ma evolvono con trovate originale nella struttura narrativa. Dragon Quest IV, tra l'altro sequel dell'ultimo Dragon Quest Monster, arriva una storia composta da eroi diversi che finiscono per incontrarsi e avanzare insieme verso un obiettivo comune. Dragon Quest V, capitolo più amato dai giapponesi e base dello splendido film d'animazione di qualche anno fa, narra di una toccante avventura che copre tutta la vita del protagonista, dalla sua prima infanzia fino al diventare padre. E così via, capitolo dopo capitolo, la serie si reinventa restando pressoché identica. Dragon Quest non si stravolge, ma cresce fortificando le sue radici dalle quali riesce sempre a trarre le affascinanti e fiabesche atmosfere, addolcite ancor di più dallo stile unico di Akira Toriyama che, prima ancora di dare carattere ai protagonisti, colora il mondo con uno spettacolare monster design.
Dragon Quest III non offre un'impostazione innovativa, al contrario, è la radice stessa del Jrpg classico in tutta la sua linearità e proprio per questo può risultare poco accattivante per chi non nutre particolare interesse per il genere, ma che risulta invece intrigante non solo per chi vuole rivivere le emozioni dell'originale, con comodità ed extra moderni, ma anche per chi vuole fare un tuffo nel passato e avere un piacevole assaggio di una pietra miliare che ha, direttamente ed indirettamente, dettato lo standard di un genere. Gli eventi di Dragon Quest III hanno una certa solennità, dopotutto si va a vivere l'avventura che porterà Eldrik ad essere ricordato come primo di una dinastia di eroi, ma nonostante questo tra battute inaspettate di personaggi secondari e nomi assurdi di amici e nemici, nonché eventi più o meno buffi, l'avventura e il mondo di gioco si rivelano molto più divertenti da scoprire e leggeri da seguire di quanto non ci si possa aspettare da un titolo così datato.
Il gusto antico di Dragon Quest III risiede nella sua già citata impostazione vecchio stile, anima che non si traduce solo nel semplice combattimento a turni, qui ovviamente presente, ma nella formula che vede il giocatore avanzare a tentoni verso l'obiettivo parlando qua e là con gli abitanti dei vari villaggi. Durante questo processo il giocatore non solo esplora il mondo imbattendosi in segreti, tesori e mostri, ma impara a conoscere le peculiarità di ogni città, spesso caratterizzata da accenti e parlate molto caratteristiche che qui, come in altri capitoli, in italiano sono state rese alla perfezione. Specifichiamo anche che la difficoltà dei primi Dragon Quest spesso e volentieri non risiede tanto nello sconfiggere l'eventuale boss di fine dungeon (tra l'altro neanche sempre presente) quanto nel saper amministrare le proprie risorse durante l'esplorazione, tra sapiente gestione degli MP e un buon uso degli oggetti qualora fosse necessario. Detto questo, la difficoltà non è lontamente paragonabile a quella di un Romancing SaGa dove una malagestione o una strategia poco funzionale portano alla disfatta.
Come già detto, in tutti i Dragon Quest il dialogo con gli NPC è importante per scoprire segreti e informazioni sulla missione principale, in questo remake 2D-HD però è stata inserita l'opzione (disattivabile) di indicare sulla mappa dove recarsi per il prossimo obiettivo, aspetto che rende virtualmente inutile il dialogo e velocizza moltissimo l'avanzamento. Tale modifica apparentemente banale e in linea con i giochi moderni in realtà ha un forte impatto sull'esperienza di gioco poiché normalmente il giocatore sale di livello e si potenzia in modo naturale durante il processo di "indagine" tra una città e l'altro; sapere subito dove andare porta il giocatore a combattere ed esplorare molto meno. Nel 2024 tutto ciò non è un male, anzi, il ribilanciamento della difficoltà rende l'esperienza più che godibile e chi vorrà potrà in ogni momento aumentare o abbassare il livello così da avanzare tranquilli e diretti per la storia principale oppure di vivere un'esperienza più hardcore di ricerca autonoma degli obiettivi e con nemici più agguerriti.
E' anche possibile optare per una funzionale via di mezzo dove si lascia indicato l'obiettivo sulla mappa, ma si decide comunque di concedersi qualche scampagnata alla ricerca di aree segrete o tesori rari, il tutto ovviamente accompagnato dagli anacronisti random encounter che porteranno volenti o nolenti a salire di livello. A questo proposito, è stato bello notare come la distribuzione dell'esperienza sia stata modificata rispetto a quanto visto durante l'anteprima. L'eroe sale di livello più lentamente del resto del gruppo, ma i singoli membri possono essere cambiati dalla locanda e grazie al fatto che allenarli è più veloce si è incentivati a provare le varie classi e cambiare il gruppo per gestire situazioni specifiche. I compagni si possono reclutare 'già pronti' oppure creare da zero, assegnando loro nome e statistiche nonché personalizzare un poco la loro estetica: si può scegliere il sesso e uno tra i tre modelli di sprite disponibili quindi si sceglie il colore di capelli.
Le classi non sono molte e sono piuttosto semplici da usare dato il loro ruolo ben definito, fatta eccezione giusto per il Domamostri che ha una logica particolare, ma comporre il gruppo e trovare le proprie strategie è tutt'altro che noioso, soprattutto quando si cerca magari di ottimizzare la velocità con cui si sconfiggono i nemici. Il Domamostri è una classe inedita caratterizzata dal fatto di poter usare le abilità dei mostri, appunto. Per sbloccare nuove abilità i mostri vanno "catturati", ovvero trovati in aree segrete più o meno nascoste disseminate per punti di interesse sparsi per la world map. La world map in questo remake è molto più interessante dell'originale perché appunto comprende, oltre ovviamente alle bellissime città esplorabili ispirate a luoghi e civiltà reali, anche tutta una serie di luoghi e dungeon aggiuntivi ricchi di mostri da collezionare, mini-medaglie, tesori e preziose informazioni e altro ancora. Menzione d'onore tra l'altro alla possibilità di salvare in un menù apposito quanto riferito dagli NPC, questo permette di 'ricordarsi' anche quelle indicazioni apparentemente criptiche o che in quel momento non avevamo la voglia o la forza di approfondire.
Gioco testato su PlayStation 5.
Eppure la carica di Dragon Quest rimane e non solo grazie ai nostalgici: i due Dragon Quest Builder sono stati un successo così come il passaparola sulla qualità di Dragon Quest XI ha portato il titolo ad essere apprezzato da molti nonostante un'impostazione tutt'altro che innovativa – qui la recensione della versione base e qui quella della Definitive Edition S. Detto questo, è già stato rivelato che Dragon Quest XII tenterà un cambio di rotta per svecchiare e rivoluzionare il brand, sintomo che dopo 38 anni di squadra che vince non si cambia... forse è giunto il momento di cambiare. Creare qualcosa di radicalmente nuovo richiede tempo e, come insegna Metaphor Re:Fantazio, avanzare con calma può portare ottimi risultati. Mentre si aspetta il fatidico dodicesimo grande passo, Square-Enix decide di deliziare vecchi e nuovi fan con una chicca per scoprire l'universo di Dragon Quest partendo da uno dei migliori punti di partenza possibili: Dragon Quest III HD-2D Remake.
L'eroe Ortega, famoso in tutto il mondo per la sua forza e il suo coraggio, non fa più avere sue notizie dopo essere partito per la più ardua delle missioni: sconfiggere l'Ultrademone Padramos, terribile mostro che minaccia di conquistare la terra. La missione non sembra andare a buon fine sicché non si hanno più notizie di Ortega per anni, ma al compimento del sedicesimo compleanno del figlio il re incarica il giovane di prosegue la missione del padre, proprio come quest'ultimo aveva richiesto poco prima di partire. Il giovane eredita così la missione del padre e parte all'avventura armato solo del suo grande coraggio, finendo per compiere l'epica impresa che getterà le basi per i due Dragon Quest cronologicamente successivi - Dragon Quest I e Dragon Quest II, la cui uscita in versione HD-2D Remake è già stata annunciata.
Una premessa estremamente classica: un eroe prescelto viene incaricato di una missione apparentemente impossibile che però solo lui può compiere e da cui, ovviamente, dipende il destino del mondo. Un cliché certo, ma Dragon Quest è anche questo, soprattutto quando si guarda ai primissimi capitoli. Sotto questo punto di vita il terzo è il punto più alto raggiunto dalla formula base impostata, espansa e raffinata nei precedenti due. Nel primo Dragon Quest è il solo eroe ad affrontare l'avventura, nel secondo invece l'eroe è accompagnato da due amici. La peculiarità di Dragon Quest III, tra le tante interessanti, è stata dare la possibilità al giocatore di comporre il proprio gruppo con dei compagni-classe generici, un'aggiunta che dava quel tocco di personalizzazione e profondità che rendevano il titolo davvero interessante.
Dopo la trilogia gli upgrade dei capitoli successivi non espandono (solo) il gameplay, ma evolvono con trovate originale nella struttura narrativa. Dragon Quest IV, tra l'altro sequel dell'ultimo Dragon Quest Monster, arriva una storia composta da eroi diversi che finiscono per incontrarsi e avanzare insieme verso un obiettivo comune. Dragon Quest V, capitolo più amato dai giapponesi e base dello splendido film d'animazione di qualche anno fa, narra di una toccante avventura che copre tutta la vita del protagonista, dalla sua prima infanzia fino al diventare padre. E così via, capitolo dopo capitolo, la serie si reinventa restando pressoché identica. Dragon Quest non si stravolge, ma cresce fortificando le sue radici dalle quali riesce sempre a trarre le affascinanti e fiabesche atmosfere, addolcite ancor di più dallo stile unico di Akira Toriyama che, prima ancora di dare carattere ai protagonisti, colora il mondo con uno spettacolare monster design.
Dragon Quest III non offre un'impostazione innovativa, al contrario, è la radice stessa del Jrpg classico in tutta la sua linearità e proprio per questo può risultare poco accattivante per chi non nutre particolare interesse per il genere, ma che risulta invece intrigante non solo per chi vuole rivivere le emozioni dell'originale, con comodità ed extra moderni, ma anche per chi vuole fare un tuffo nel passato e avere un piacevole assaggio di una pietra miliare che ha, direttamente ed indirettamente, dettato lo standard di un genere. Gli eventi di Dragon Quest III hanno una certa solennità, dopotutto si va a vivere l'avventura che porterà Eldrik ad essere ricordato come primo di una dinastia di eroi, ma nonostante questo tra battute inaspettate di personaggi secondari e nomi assurdi di amici e nemici, nonché eventi più o meno buffi, l'avventura e il mondo di gioco si rivelano molto più divertenti da scoprire e leggeri da seguire di quanto non ci si possa aspettare da un titolo così datato.
Il gusto antico di Dragon Quest III risiede nella sua già citata impostazione vecchio stile, anima che non si traduce solo nel semplice combattimento a turni, qui ovviamente presente, ma nella formula che vede il giocatore avanzare a tentoni verso l'obiettivo parlando qua e là con gli abitanti dei vari villaggi. Durante questo processo il giocatore non solo esplora il mondo imbattendosi in segreti, tesori e mostri, ma impara a conoscere le peculiarità di ogni città, spesso caratterizzata da accenti e parlate molto caratteristiche che qui, come in altri capitoli, in italiano sono state rese alla perfezione. Specifichiamo anche che la difficoltà dei primi Dragon Quest spesso e volentieri non risiede tanto nello sconfiggere l'eventuale boss di fine dungeon (tra l'altro neanche sempre presente) quanto nel saper amministrare le proprie risorse durante l'esplorazione, tra sapiente gestione degli MP e un buon uso degli oggetti qualora fosse necessario. Detto questo, la difficoltà non è lontamente paragonabile a quella di un Romancing SaGa dove una malagestione o una strategia poco funzionale portano alla disfatta.
Come già detto, in tutti i Dragon Quest il dialogo con gli NPC è importante per scoprire segreti e informazioni sulla missione principale, in questo remake 2D-HD però è stata inserita l'opzione (disattivabile) di indicare sulla mappa dove recarsi per il prossimo obiettivo, aspetto che rende virtualmente inutile il dialogo e velocizza moltissimo l'avanzamento. Tale modifica apparentemente banale e in linea con i giochi moderni in realtà ha un forte impatto sull'esperienza di gioco poiché normalmente il giocatore sale di livello e si potenzia in modo naturale durante il processo di "indagine" tra una città e l'altro; sapere subito dove andare porta il giocatore a combattere ed esplorare molto meno. Nel 2024 tutto ciò non è un male, anzi, il ribilanciamento della difficoltà rende l'esperienza più che godibile e chi vorrà potrà in ogni momento aumentare o abbassare il livello così da avanzare tranquilli e diretti per la storia principale oppure di vivere un'esperienza più hardcore di ricerca autonoma degli obiettivi e con nemici più agguerriti.
E' anche possibile optare per una funzionale via di mezzo dove si lascia indicato l'obiettivo sulla mappa, ma si decide comunque di concedersi qualche scampagnata alla ricerca di aree segrete o tesori rari, il tutto ovviamente accompagnato dagli anacronisti random encounter che porteranno volenti o nolenti a salire di livello. A questo proposito, è stato bello notare come la distribuzione dell'esperienza sia stata modificata rispetto a quanto visto durante l'anteprima. L'eroe sale di livello più lentamente del resto del gruppo, ma i singoli membri possono essere cambiati dalla locanda e grazie al fatto che allenarli è più veloce si è incentivati a provare le varie classi e cambiare il gruppo per gestire situazioni specifiche. I compagni si possono reclutare 'già pronti' oppure creare da zero, assegnando loro nome e statistiche nonché personalizzare un poco la loro estetica: si può scegliere il sesso e uno tra i tre modelli di sprite disponibili quindi si sceglie il colore di capelli.
Le classi non sono molte e sono piuttosto semplici da usare dato il loro ruolo ben definito, fatta eccezione giusto per il Domamostri che ha una logica particolare, ma comporre il gruppo e trovare le proprie strategie è tutt'altro che noioso, soprattutto quando si cerca magari di ottimizzare la velocità con cui si sconfiggono i nemici. Il Domamostri è una classe inedita caratterizzata dal fatto di poter usare le abilità dei mostri, appunto. Per sbloccare nuove abilità i mostri vanno "catturati", ovvero trovati in aree segrete più o meno nascoste disseminate per punti di interesse sparsi per la world map. La world map in questo remake è molto più interessante dell'originale perché appunto comprende, oltre ovviamente alle bellissime città esplorabili ispirate a luoghi e civiltà reali, anche tutta una serie di luoghi e dungeon aggiuntivi ricchi di mostri da collezionare, mini-medaglie, tesori e preziose informazioni e altro ancora. Menzione d'onore tra l'altro alla possibilità di salvare in un menù apposito quanto riferito dagli NPC, questo permette di 'ricordarsi' anche quelle indicazioni apparentemente criptiche o che in quel momento non avevamo la voglia o la forza di approfondire.
GIUDIZIO FINALE
Dragon Quest III HD-2D Remake è un punto di inizio perfetto per chi vuole scoprire una serie storica. Il terzo capitolo racchiude il meglio dell'esperienza di gioco classica dei Jrpg sia lato narrativo che di gameplay, qui sapientemente velocizzato e reso più accattivante grazie ad accorgimenti e leggere modifiche atte a velocizzare il tutto. La struttura su cui vertevano i primi Dragon Quest, ovvero l'esplorazione cieca del mondo accompagnata da numerosi dialoghi con gli NPC per scoprire come avanzare, è qui resa meno vitale dagli accorgimenti moderni ma il ribilanciamento generale rende l'esperienza di gioco, seppur diversa, ottima... per non dire migliore. Al giorno d'oggi è difficile trovare il tempo per godersi un'esprerienza immersiva e lenta come quella dei vecchi Dragon Quest e le migliorie di questo HD-2D Remake sono proprio quelle che servivano per rendere il titolo più snello senza tradirne l'anima. A rendere il pacchetto ancora più interessante, nonché una scelta preferibile rispetto al precedente remake, oltre a tutte le migliorie di gameplay è l'aggiunta del doppiaggio inglese-giapponese, l'introduzione di elementi di storia inediti ed effetti grafici rimodernati e cutscene con motore di gioco che donano al titolo un taglio decisamente più accattivante.
Gioco testato su PlayStation 5.
Pro
- La versione migliore di Dragon Quest III
- Ottimi ritmi di gioco
- Aggiunte gradite e funzionali
Contro
- Nel bene e nel male non si scappa dalla natura vecchio stile
io non sono credibile nelle valutazioni perchè questa insieme a zelda è la mia saga preferita di sempre
e si sono un nintendaro della prima ora e restano gli unici che ancora fanno giochi mettendoci delle idee
ovviamente parlo dei giochi tripla a non degli indy dove li si trovano capolavori assoluti ancora oggi
so che per molti giovani la grafica è fondamentale e quindi i giochi nintendo non fanno breccia come lo facevano in noi più vecchi
Menzione d'onore ai nomi dei mostri che si catturano: Dragon Quest sempre al top, non delude mai da questo punto di vista
L'impostazione vecchio stile ha il suo fascino e i suoi pregi, ma senza la mentalità giusta può risultare tediosa, soprattutto per chi non ci è abituato. Ho messo quella frase come contro per segnalare che nonostante tutti gli (ottimi) accorgimenti il risultato non ha stravolto l'originale e per questo potrebbe risultare più pesante di altri Jrpg moderni.
Non ne farei tanto una questione di grafica, bene o male ormai la pixel-art è una realtà che anche le nuove leve hanno imparato a conoscere e apprezzare, secondo me il problema* risiede nella narrazione, nel modo in cui si avanza nel gioco e in quello che viene usato per tarare la difficoltà.
*che poi problema non è, è solo un'impostazione diversa da quella moderna. Niente lunghe cutscene dalle mille inquadrature, avanzare al buio scoprendo segreti parlando con gli abitanti dei villaggi, dover pensare al gruppo in un'ottica di resistenza su più scontri che non per piallare il boss di turno...
Sono tutti aspetti che a me non dispiacciono, anzi, ma non so se un neofita abituato ad altre impostazioni riesca a godersi tutto questo senza battere ciglio. Le opzioni aggiuntive del remake attenuano molto questo aspetto e snelliscono in tal senso, ma l'impostazione rimane comunque quella.
Che è un po’ quello che hanno scritto tutte le recensioni in generale. Svecchiato da un lato ma rimasto invariato/fedelissimo dall’altro a com’era 30 anni fa. C’è a chi piace e a chi non piace.
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