Chi è fan di Indiana Jones non sarà rimasto soddisfatto delle ultime avventure dell'archeologo più famoso al mondo. Se per la cinematografia si fa riferimento all'originale trilogia come apice del suo successo, in campo videoludico ci si ferma sempre a quel Fate of Atlantis targato 1992. Insomma, sono più di trent'anni che non vediamo nulla di decente sul franchise.
 
La recensione di Indiana Jones e l'Antico Cerchio

Tuttavia, l'influenza di Indiana Jones l'abbiamo vista in numerose opere e rimanendo in ambito videoludico possiamo sicuramente citare Rick Dangerous, una sorta di trasposizione “non ufficiale” ma importante, perché da lì, nacque Lara Croft. La saga di Tomb Raider si presenta da sola (qui un corposo approfondimento), così come quella di Uncharted, con Nathan Drake vissuto come una sorta di Indy moderno. Per realizzare un videogioco su Indiana Jones serviva qualcosa di diverso dunque: se è vero che in fin dei conti si tratta dell'originale, in che modo superare e portare qualcosa di nuovo, lì dove Tomb Raider e Uncharted hanno ormai mostrato tutto?

A questa domanda hanno risposto egregiamente i ragazzi di MachineGames che, diciamocela tutta, si esaltano parecchio quando ci sono nazisti da picchiare. Il reboot di Wolfenstein infatti, ha consacrato il team di Uppsala come uno dei più talentuosi in giro e il nuovo Indiana Jones e l'Antico Cerchio ne è ulteriore conferma. Certo, bisogna spostare un attimino il focus dell'azione: Indy non è certo William Blazkowicz, uno sterminatore di nazisti dalla violenza inaudita, per cui la formula deve essere completamente stravolta.

Ambientato due anni dopo Indiana Jones e il Tempio Maledetto, secondo film della saga cinematografica, Indiana Jones è alle prese col mistero dell'Antico Cerchio, una serie di siti sparsi per il mondo e legati da un'antica leggenda. Accompagnato molto spesso da Gina Lombardi, ricreata sulle fattezze dell'attrice Alessandra Mastronardi, il nostro Indy girerà il mondo, cercando antichi manufatti e soprattutto sottrarre questo antico potere ai nazisti.
Indiana Jones e l'Antico Cerchio può essere suddiviso attraverso due obiettivi: il primo, e il più ovvio, è quello di regalare ai giocatori e fan di vecchia data un'esperienza cinematografia totale, non solo sfruttando le ottime cutscene ricreate col motore di gioco ma anche utilizzando alcuni espedienti artistici come nell'utilizzo della telecamera.
 
Ambienti ben riprodotti

Questa infatti si sposta dalla prima alla terza persona in determinati frangenti, durante arrampicate o mentre ci si dondola con la frusta. Se all'atto pratico questo agevola in certi punti il passaggio dal gioco alla cutscene subito successiva e trasforma quella sezione in una componente “cinematografica”, c'è da dire che non funziona al meglio in molti frangenti, soprattutto quando il movimento avviene in brevi attimi. In questo caso infatti, si assiste a un poco elegante passaggio dalla prima alla terza persona, e subito di nuovo alla prima nel giro di un paio di secondi, creando un senso di straniamento. Probabilmente questo espediente andrebbe studiato meglio, tenendo conto magari dei secondi necessari al compiersi dell'animazione.

Il secondo obiettivo invece, è quello di immedesimarci con tutto noi stessi nelle veci dell'unico e inimitabile Indiana Jones. E questo riesce alla grande... la maggior parte delle volte. Partiamo infatti da un'ovvietà: un film non è un videogioco. Il punto su cui focalizzarsi però è solo uno, ovvero la durata. Quello che accade in un'ora e mezza di pellicola circa, è di gran lunga più giustificabile rispetto a quanto accade in più di trenta ore di gameplay, senza considerare le mille incognite e variabili che accadono durante una partita. La questione immedesimazione dunque si scontra, e non poco, con il difetto principale del titolo: l'intelligenza artificiale.

L'Antico Cerchio si configura come un immersive sim marcatamente stealth, dove il buon level design consente ai giocatori di trovare spesso diverse strade per raggiungere l'obiettivo o aggirare soldati e pattuglie fascio-naziste. Il gameplay loop è molto semplice, in cui ci vengono date diverse possibilità d'approccio, raccattando oggetti qua e là per utilizzarli come armi (e per oggetti si intendono spazzoloni, pale, bottiglie e chi più ne ha più ne metta), per colpire alle spalle i nemici in modo “silenzioso” e sgattaiolare via senza colpo ferire. L'ideale, sarebbe colpire al massimo un paio di nemici, anche per godersi le buffe animazioni di K.O. che ben si sposano al mood, e arrivare all'obiettivo che solitamente consiste in un enigma da risolvere. Purtroppo c'è da constatare anche una certa mancanza di interazione ambientale, cosa che avrebbe migliorato di molto l'utilizzo della frusta.
 
Enigmi soddisfacenti

Questo però avviene raramente e saremo portati spesso ad abusare del nostro micidiale colpo di scopa, perdendo non solo la magia dell'immedesimazione, ma mostrando anche i tanti limiti di un'IA che purtroppo limita la godibilità del titolo. Per quanto il target dell'opera sia un pubblico decisamente ampio, e quindi con delle semplificazioni di fondo, lascia un po' sconcerti notare gli stessi limiti vissuti almeno due generazioni fa, con nemici dotati di un cono di visione abbastanza limitato, un risicato limite di aggro (tant'è che basta allontanarsi un po' dall'area interessata per assistere al reset) e un loro posizionamento sin troppo “invitante”.
Questo anche perché la curva di difficoltà a un certo punto si abbasserà drasticamente, ottenuti i vari "potenziamenti". Indiana Jones potrà infatti acquisire o potenziare varie abilità, grazie ad alcuni libri sparsi per il gioco. Un buon espediente quest'ultimo per rendere il tutto decisamente più credibile. Tuttavia, queste skill, per quanto utili, tendono decisamente a sbilanciare il gioco.

Alle volte capiterà di menare le mani: fare a cazzotti vecchio stampo regala sicuramente una buona dose di feedback e nelle intenzioni sicuramente funziona. Benché non abbia una profondità degna di nota, la possibilità di parare, parriare e ovviamente colpire rende lo scontro in qualche modo soddisfacente, anche se a lungo andare, saremo invogliati più al button smashing che altro. Anche questo elemento si sposa all'intelligenza artificiale: spesso infatti, è più semplice mettere K.O. i vari soldati piuttosto che zizzagare tra le vedette. Se i nemici, in fin dei conti, sono restii ad avvisare i compagni e rincorrono il giocatore sino a un certo punto, perché perdere tempo a cercare di essere perfetti? In queste fasi infatti si assiste al peccato più grande del gioco: la dissociazione, in cui il volere del giocatore prende il sopravvento sull'immedesimazione. Eppure, MachineGames ci aveva anche pensato: Indiana Jones non è certo un combattente esperto e men che meno Rambo, per cui le sparatorie sono abbastanza edulcorate e sconsigliate. Questo perché non vi è possibilità di ricaricare l'arma e una volta finiti i proiettili la si potrà utilizzare come randello. Poi perché gli spari, hanno la particolarità di fare tanto rumore, attirando quindi tutti i soldati dell'eventuale accampamento. Anche qui, sull'utilizzo delle armi nulla da dire; del resto sono gli stessi sviluppatori dei Wolfenstein, come detto.
 
Letteralmente un giro del mondo

Se dunque, in questi momenti la situazione non è delle migliori, fortunatamente lo è con tutto il resto. Che Indiana Jones sarebbe senza i classici enigmi e l'esplorazione delle tombe o qualunque cosa i nostri avi ci abbiano lasciato!?
Tutto quello che MachineGames ha imparato durante lo sviluppo di Wolfenstein, qui lo ritroviamo arricchito e potenziato. Le mappe presenti infatti, molto diverse tra loro, presentano una buona varietà e di segreti, alcuni sbloccabili solo dopo aver ottenuto un determinato oggetto. Da questo punto di vista, essere Indiana Jones funziona, perché ogni anfratto che andremo a esplorare servirà per dare un contesto più concreto alla missione principale, senza dimenticare come molte sezioni, funzionino quasi da “tutorial” per il dungeon principale. Un'affordance progressiva, che accompagna il giocatore con una certa organicità di fondo. Questo sfocia ovviamente negli enigmi, adeguati al tipo di target: tuttavia, un po' di sale in zucca serve per poterli risolvere, avendo soprattutto il tempo arrivare al compimento.

I suggerimenti infatti sono assenti, se non per qualche dungeon minore in compagnia di Gina (richiamabili comunque con l'uso della camera) e questo denota un grande rispetto per il videogiocatore. Siamo stati abituati ultimamente (Uncharted 4 o God of War Ragnarök su tutti) a essere soverchiati da input, senza aver il tempo di fare un po' di mente locale. Qui no: siete Indiana Jones, potete farcela da soli. E gli enigmi funzionano, molto vari e che regalano una piccola dose di soddisfazione una volta completati. Renderli più complessi avrebbe non solo rallentato l'esperienza e avrebbe generato un senso di frustrazione inutile alla maggior parte dei giocatori.

Tutto questo si sostiene su una narrativa molto solida, la cosa migliore accaduta a Indiana Jones negli ultimi trent'anni. MachineGames sa sicuramente scrivere, non solo il contesto ma soprattutto i personaggi. Benché con Indy la situazione appare più semplice da affrontare, vista la caterva di esempi su cui plasmare il personaggio, c'è un'eleganza e un'attenzione degna di nota da parte del team svedese, in cui basta una micro espressione per mostrare ben più di quanto il protagonista voglia. Inutile dire come il vero talento di MachineGames sia quello di scrivere i villain, non solo come caratterizzazione in sé ma anche grazie alla presentazione e alla regia, in grado di valorizzarli a tutto tondo. L'abbiamo visto con Deathshead, con Frau Engel e ora con Emmerich Voss, uno dei traini delle vicende. In qualche modo, lo stile, la direzione e la voglia di caratterizzare i nazisti un po' sopra le righe, si sposano perfettamente con l'intreccio narrato in Indiana Jones, dove reale e sovrannaturale si mescolano alla perfezione.
Ma Indiana Jones e l'Antico Cerchio, visto il tempo in più a disposizione, ha anche il merito di raccontarci i momenti prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il timore che i vari piccoli conflitti sparsi per il mondo si intensifichino al punto da ricoprire tutto il pianeta. Una sensazione molto familiare, purtroppo.

Dal punto di vista tecnico, l'ID Tech 7 fa il suo solito egregio lavoro, risultando ottimizzato anche su una ormai vecchia RTX 3060. Giocato a 1440p, con DLSS impostato su qualità, riesce a tenere quasi sempre i 60 FPS giocando un po' con i settaggi (comunque lasciati su specifiche molto alte). In generale l'Antico Cerchio si presenta molto bene, con ambienti davvero ben realizzati e ricchi di dettagli e di oggetti a schermo. Un plauso va alla realizzazione del Vaticano, stracolmo di minuzie e in grado di farvi da guida turistica. I modelli dei personaggi presentano alti e bassi: Indy rappresenta ovviamente la punta di diamante, un po' meno gli altri, che non vantano la stessa mole poligonale e soprattutto animazioni. Le musiche realizzate da Gordy Haab sono magnifiche, con una riarrangiatura perfetta e soprattutto non invasiva, con il tema classico utilizzato sapientemente dove e quando serve. Indiana Jones e l'Antico Cerchio è interamente doppiato in italiano, un lavoro in generale di buona fattura e che non sfigura poi tanto rispetto le interpretazioni originali.

 
Indiana Jones e l'Antico Cerchio rappresenta la punta di diamante di una Microsoft finalmente in grado di sfornare blockbuster al pari di Sony. È vero, ha alcuni limiti legati al gameplay, intrinsici per così dire, ma in generale MachineGames è riuscita a calarci nei panni di uno dei personaggi più iconici della storia dell'intrattenimento. Stiamo assistendo all'inizio di un franchise, capace finalmente di dare luce a una saga un po' troppo bistrattata negli ultimi anni.