Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi ci dedichiamo a serie recentissime, del 2013, con Karneval, Hataraku Mahou-sama e Uchouten Kazoku.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


8.0/10
-

Prima di intraprendere la visione di un anime come Karneval, consiglio allo spettatore di mettere da parte le etichette e i preconcetti e lasciarsi guidare dalla propria fantasia, perché il mondo nel quale sta per entrare ha una magia talmente particolare, che soltanto i grandi sognatori e quelli capaci di rimanere affascinati dalle piccole cose possono comprendere. E' necessario gettare l'occhio al di là delle maschere di questo carnevale in festa e permettere alla storia, ai personaggi, ai particolari di incantare il cuore, per fargli desiderare in futuro di sentirsi dire "Bentornato".
Karneval è un anime josei che del suo genere porta con sé tutte le caratteristiche e ci gioca senza esagerare; indirizzato ad un pubblico prettamente femminile, stuzzica i sentimenti delle donne facilmente suscettibili a certe realtà, come l'abbandono o l'amicizia fra ragazzi, e così materne da voler coccolare gli sfortunati personaggi, arrivando a voler bene intensamente ai "bambini" del Circo. E' normale quindi che un maschietto non riesca ad apprezzare pienamente un'opera così introspettiva e sentimentale come Karneval, ma sono convinta che esiste ancora l'uomo capace di meravigliarsi come un bambino.

Proprio un bambino è il protagonista di questo anime. Capelli bianchi con due ciuffi violacei simili ad orecchie, occhi rossi e un passato da animale fantastico, Nai, che porta il nome del nulla (il kanji di nai è mu, il carattere di "niente"), sta cercando di trovare il suo unico amico, il suo allevatore, la persona che dava senso alla sua vita prima di uscire dal Bosco degli Arcobaleni. Sulle tracce di Karoku, rapito da un'organizzazione criminale chiamata Kafka (il cui richiamo al noto autore delle "Metamorfosi" non è pura casualità), Nai incontra vari personaggi, come se al suo fato fossero inevitabilmente uniti a doppio laccio i destini di tutti quelli in cui il suo musetto piagnucolone si imbatte. Ovunque Nai arriva smuove il flusso normale della vita, ponendo le gente a domandarsi di sé, del futuro che li aspetta e di chi sono e chi vogliono essere. Gareki è il primo a scontrarsi con l'ineludibile realtà del proprio io; mettendo in discussione tutto il proprio vissuto, si butta in questo carnevale di misteri incomprensibili e segreti col naso rosso, per trovare il senso della sua vita. Ladro interessato di meccanica, che con piccoli espedienti sbarca il lunario, durante uno dei suoi colpi in una grande villa di ricconi, si ritrova a salvare Nai, del quale immediatamente sente di doversi prendere cura. Nai infatti non sa parlare bene, non conosce quasi niente di quello che lo circonda, perché fino a pochi giorni prima di intraprendere il suo viaggio l'unica realtà che gli era naturale era quella del bosco nel quale viveva dal tempo in cui la mente innesca il meccanismo della memoria. L'intreccio di esistenze di Nai e Gareki dà l'avvio alla serie di eventi che seguiranno il loro incontro, coinvolgendo la potente organizzazione governativa del Circo, che dà la caccia a creature chiamate Varga, le nuove chimere di un'umanità incapace di sognare e che perciò si elegge a divinità creatrice.

Il comparto tecnico è ottimo e il chara design strizza l'occhio alle fan del josei, con tanti bishonen e presenza di shotacon. I particolari dell'abbigliamento e dell'ambiente sono resi perfettamente e la magnificenza delle navi del Circo è altrettanto esaltata dall'animazione. Il ritmo narrativo accelera in alcuni episodi e si rilassa in altri, e se le puntate più slice of life sembrano non centrare nell'apparato della trama, in realtà sono funzionali ad approfondire un dettaglio, il carattere di un personaggio, l'interazione fra compagni, il mondo alternativo nel quale è sceneggiata la storia. Anche l'OST e il doppiaggio sono sublimemente realizzati: abbiamo un Mamoru Miyano al microfono di Yogi che ritrova tutto lo splendore del King dell'Host Club, un Hiro Shimono dolcissimo che presta la voce a Nai, e per completare il trio di protagonisti, Hiroshi Kamiya che interpreta Gareki e canta anche la ending "Reason" in coppia con Miyu Irino. Nei versi dell'ending è appunto racchiuso un po' tutto il senso dell'anime: "La luce e l'oscurità iniziano a connettersi come pezzi di un puzzle, perché c'è una ragione sia se accade per scelta sia se è un disegno del destino."

Un simbolismo alla Michael Ende permea l'intera opera, celato nei nomi, nelle lacrime, nei particolari dell'universo fantastico nel quale è ambientato Karneval. Innanzitutto abbiamo il tema della "ricerca": la ricerca di una persona cara, la ricerca di se stessi, la ricerca di un posto nel mondo, la ricerca di pace interiore, la ricerca di una risposta al tutto. Questa stessa ricerca prende l'avvio da Nai, il simbolo del Nulla, perché la materia di cui son fatti gli esseri umani ha avuto origine proprio dal nulla, che nel suo interno è sia distruzione sia creazione. La visione positiva del nulla viene enfatizzata dall'essenza stessa di Nai, che è un niji, ossia un "arcobaleno": dai sette colori dell'iride nascono tutti i colori di questo mondo, capaci di provocare le emozioni più grandi di meraviglia e commozione, risvegliando i sensi del cuore di pietra di questa sempre più cinica umanità. Gareki stesso è un simbolo, nel suo nome è racchiusa la abilità umana di rinascenere dalle sue ceneri, di non lasciarsi abbattere dalla fatalità e di trovare il positivo anche nelle difficoltà della vita: "fiore che sboccia nelle macerie", Gareki è simbolo della paternità di un genitore, che si riscontra anche nella sua sensibilità nei confronti di Nai, che è quasi come un figlio da crescere. Ma passiamo all'associazione del Circo, la cui etimologia è già carica di icone. Durante le parate organizzate dalla Seconda Nave, si può notare un cicaleccio di bambini raccolti intorno ad un enorme peluche che distribuisce caramelle: Nyanperona, nel cui interno batte il cuore di Yogi, uno dei "bambini" della nave di Hirato, il comandante della Seconda Nave del Circo, simboleggia il sogno. Se si guarda Nyanperona con gli occhi patinati di realismo, non si scorge altro che un enorme animale peloso animato da un ragazzo un po' troppo infantile; ma se è lo sguardo dei bambini ad accarezzarne le sue zampe, uno scintillio magico di meraviglia lo coglie e tutto un fremito sognatore agguanta in un caldo abbraccio il fantasioso piccolo di turno.

Potremmo stare per ore a parlare di tutto quello che in Karneval si può leggere se si utilizza la giusta ottica col quale inquadrare l'anime, perciò trovo ingiusto l'atteggiamento di chi si accosta alla visione di questo genere sperando di trovarvi tanta azione e personaggi carismatici. In Karneval i personaggi piangono tanto, arrossiscono, si emozionano, si esaltano di fronte alle cose che piacciono loro e accolgono tutto della vita a braccia aperte. E un inno alla bellezza del vivere non può essere ignorato o classificato in codici stretti e disillusi. Sperando in una seconda serie, lasciate che il fanciullo che c'è in ognuno di noi stringa la mano di Nai ed intraprenda un viaggio sugli arcobaleni della vita.



-

In periodo di studio quale la sessione di giugno-luglio, Hataraku Maō-sama! (letteralmente "Il Signore del Male al lavoro!"), serie da poco conclusasi in soli tredici episodi a cura dello studio White Fox (Katanagatari, Steins;Gate, Jormungand) e tratto dall'omonima serie di light novel di Satoshi Wagahara, è stato l'anime giusto al momento giusto: una storia semplice che nel complesso ha alcuni elementi di "novità" e che soprattutto fa ridere e divertire. Accenniamo brevemente alla trama.

Come si intuisce dal titolo, tutto si focalizza su Satana, il "Maō" di Ente Isla, un arcipelago situato in una dimensione parallela alla nostra in cui demoni e umani sono in lotta tra loro. Messo alle strette durante un combattimento, Satana e il suo fedele capitano Alciel attraversano un portale dimensionale e finiscono nel nostro mondo, e precisamente in Giappone, dando inizio naturalmente a una serie di divertenti equivoci ("Saranno cosplayer?"). I due, a corto di poteri magici, non possono far altro che adattarsi più o meno rapidamente alla loro nuova vita, Satana lavorando part-time nei panni di Maō Sadao al MgRonald's di zona e Alciel, sotto il nome di Ashiya, dandosi da fare nelle faccende di casa in un appartamento affittato a un inquietante donnone. A giungere sulla Terra è però anche Emilia, l'eroe umano acerrimo nemico di Satana, e ciò complicherà non poco le cose. Col passare dei mesi, sia l'una che l'altra parte, eternamente in guerra su Ente Isla, scopriranno con sorpresa e sgomento che in una situazione così diversa da quella vissuta fino a quel momento anch'essi sono cambiati parecchio...

Da un punto di vista tecnico, ci troviamo di fronte a un prodotto assolutamente in linea con gli standard odierni: le musiche non sono eclatanti ma nondimeno sono adeguate, i colori sono sgargianti e il character design, molto più efficace a mio avviso rispetto al manga ispirato alle light novel originali, è moderno e si sposa bene con i protagonisti e le loro divertenti vicende. Sì, perché vero punto focale di questa serie sono proprio le gag che costellano praticamente tutti gli episodi: da quella della corsa alla toilette di Ashiya alla sedentaria vita davanti al PC e ai relativi guai connessi all'informatica di Urushiara, dagli equivoci riguardanti i seni prosperosi di Chiho e quelli meno formosi di Emilia a, naturalmente, tutta una pletora di situazioni comiche relative all'impiego di Maō al MgRonald's. La conclusione, però, non mi ha particolarmente convinto: dopo una battaglia "finale" avvenuta nel dodicesimo episodio, il successivo mi è sembrato un po' inconcludente. Tuttavia, ciò non inficia in alcun modo la mia impressione positiva su questa serie. Se volete divertirvi e passare qualche ora del vostro tempo rilassandovi, "Hataraku Maō-sama" fa decisamente per voi.



-

"Uchoten Kazoku" è il chiaro esempio di come basti semplicemente una sceneggiatura solida per produrre un anime di gran pregio, senza bisogno di inutili fanservice, ragazzine moe o combattimenti megagalattici. Essendo la trasposizione animata di un romanzo (tra l'altro di Morimi, fra i più eccentrici e geniali scrittori giapponesi contemporanei, paragonabile, a mio avviso, a nomi come Calvino e Queneau), questa serie trova un grande punto di forza nella caratterizzazione dei personaggi e, soprattutto, nei dialoghi, che riescono a reggere intere puntate.

L'anime mette in mostra la doppia anima di Kyoto, metropoli moderna e allo stesso tempo "città dei mille templi", in cui le strade piene di lavoratori del nuovo millennio vengono attraversate da piccoli personaggi tradizionali e mitologici che si confondono tra la folla.
Abbiamo, quindi, una famiglia di allegri tanuki, abili nelle trasformazioni e così tanto ingenui nell'affrontare e accettare le difficoltà delle loro vite. Abbiamo gli umani, col famigerato Club del venerdì, che mangiano i tanuki per tradizione; ad essi si affiancano, infine, i tengu, sovrani dell'aria incredibilmente superbi e permalosi. I tre differenti gruppi si incontrano e si scontrano nelle loro vicende quotidiane, finendo in maniera inevitabile di condizionarsi reciprocamente. Quelle che, infatti, sembrano realtà separate, con l'avanzare della serie diventano rapporti sempre più stretti che culminano, nelle ultime puntate, in un'effettiva trama generale che coinvolge tutti quanti.

È impossibile non lasciarsi trasportare dalla frenetica genialità di Yasaburo, personaggio cardine di tutta la vicenda, o non rimanere ammaliati dal fascino di Benten, che rimarrà una donna ambigua e indecifrabile fino alla fine, malinconica e avida come una famosa Fujiko. Allo stesso modo, sarai commosso dalla storia dolce e triste di Yajiro e dal vecchio professor Akadama, che non riesce ad accettare gli acciacchi dell'età.

La storia prosegue senza difficoltà, lasciandoti sempre con una sensazione di vivace tranquillità, nonostante sia ricca di colpi di scena e inaspettate situazioni angoscianti. Perché in "Uchoten Kazoku" tutti sanno qual è il loro ruolo, tutti si sono ritagliati il loro posto nel mondo. Tutti, tranne Yasaburo, che spezzerà quest'ordine fin troppo noioso e caverà le rane dai pozzi o i vecchi tengu dalle loro stanze polverose; il nostro tanuki riuscirà persino a far breccia nel cuore indurito degli umani, e alla fine forse anche lui saprà trovare la sua strada, che non ha mai potuto vedere fino ad ora, semplicemente voltandosi.

Non parlerò di audio/video, perché, seppur ben organizzati e piacevoli, vengono in secondo (se non in terzo o quarto) piano rispetto al resto. Perché se un anime non risulta noioso nemmeno con una puntata in cui troviamo solo i dialoghi fra tre personaggi, non è di grafica o di musiche che si deve parlare. Seppur meno psicologico e più leggero di "Tatami Galaxy" o meno poetico di "Taiyo no To", "Uchoten Kazoku" si rivela essere un'ulteriore dimostrazione del genio di Morimi, che, con pochi colpi di pennello, riesce a creare un mondo vivace, spassoso e accogliente da cui sarà difficile separarsi.