Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi ci dedichiamo ad anime del 2013, con Shingeki no kyojin, Valvrave the Liberator 2 e Monogatari Series Second Season.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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L'ho guardata con piacere, nonostante avessi già letto il manga e di solito fatico a seguire i titoli che ho già avuto modo di apprezzare in versione cartacea. Secondo il mio parere L'Attacco dei Giganti rende di più in versione animata: come prima cosa gode di un aspetto grafico più curato, cosa tra l'altro non difficile da ipotizzare visto che il manga non splende per il suo disegno. Non sono il character design mi piace, ma vi sono sequenze d'azione davvero ben realizzate e con un'intelligente uso di computer grafica. Conseguenza di questo è che anche i personaggi risultano molto più riconoscibili, nel manga avevo qualche problema, complice anche il divario temporale tra una uscita e l'altra, a riconoscerne al volo alcuni. Inoltre, data la tipologia del titolo, vedere alcune sequenze animate, con effetti, sangue e colori, le rende ancora più forti e fa crescere ulteriormente l'apprensione e il coinvolgimento motivo dello spettatore. A questo aggiungiamo un ottimo comparto audio, che parte da una splendida sigla iniziale e passa per delle background music ben scelte. Spesso ci si trova attaccati allo schermo, senza accorgersi del passare del tempo, anche quando, come nel mio caso, si sa già come sarebbero andate le cose.

Dal punto di vista tecnico si tratta di una trasposizione molto ben fatta, a livello di realizzazione merita il massimo dei voti.

Molto curata anche la regia, mentre la sceneggiatura non è esente da pecche: per prima cosa, soprattutto all'inizio e nel finale, sono state fatte delle scelte leggermente diverse dal manga. Se le iniziali le trovo azzeccate, mi ha meno convinto a livello di trama la fine di questa prima stagione, pur essendo comunque coinvolgente e d'effetto. Il secondo problema, il principale, è che 25 episodi non sono pochi e il materiale a disposizione non è che fosse così tanto. Ci sono pertanto degli episodi che risultano piuttosto lenti, quasi d'attesa tra uno scontro e l'altro, e queste frenate non sempre riescono ad offrire dialoghi o spunti interessanti, né danno ulteriore spessore ai personaggi. Si tratta a tutti gli effetti di episodi un po' sottotono, anche se ammetto che la serie non ne soffre in modo eccessivo e rimane nel complesso ben ritmata.

Nel complesso ho preferito l'anime al manga. Aspetto e guarderò con piacere la seconda stagione.
Credo sia un'ottima serie da mostrare agli amici "non così appassionati come noi" di anime e manga, molto probabilmente la divoreranno.



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Attenzione: la seguente recensione analizza la parte di storia che va dall'episodio 13 all'episodio 24. Potrebbe contenere spoiler

"Valvrave the liberator 2" è un anime del 2013 realizzato dal celebre studio Sunrise, seguito della prima stagione trasmessa nello stesso anno.

In questa seconda stagione continua la guerra tra gli studenti del Module 77, capitanati dai piloti dei Valvrave, contro Dorrsia. Vengono svelati molti aspetti che nella prima stagione erano stati celati: sapremo di più sui Magius, strane creature extraterrestri in qualche modo connesse con i nostri giganti mecha, sui Valvrave stessi, sul passato di L-Elf e le motivazioni che lo hanno spinto a tradire Dorrsia e a schierarsi con Haruto e i suoi.

Questo seguito, quindi , risulta molto più godibile rispetto alla prima stagione, proprio perché vengono spiegati tutti questi "misteri" e la storia risulta maggiormente comprensibile; ciononostante, anche questa serie paga la scellerata tecnica narrativa della prima stagione, raccontata in modo eccessivamente complesso e contorto, nonostante fossero anche stati "sprecati" alcuni episodi in filler, lasciando solo agli ultimi episodi l'arduo compito (a dire il vero, non del tutto svolto) di sviluppare completamente la trama e spiegarne tutti gli aspetti.

Oltre questi difetti, "Valvrave the liberator 2" paga anche gravi cali a livello di sceneggiatura e una moltitudine di personaggi poco caratterizzati, per i quali non c'è stato il miglioramento sperato rispetto alla prima stagione.

Nonostante questi difetti, "Valvrave the liberator 2" risulta essere una serie comunque apprezzabile, ottimamente realizzata sotto il profilo tecnico, caratterizzata da una storia interessante e mai noiosa, un buon e non eccessivo uso della CG (soprattutto nella realizzazione dei mecha), un chara abbastanza gradevole e originale e una colonna sonora di buon livello, con particolare riferimento alle opening ed ending.

Un'occasione sprecata, quindi, per Sunrise, che realizza un anime ben supportato dal punto di vista tecnico ma con gravi e imperdonabili lacune sparse un po' ovunque. Se cercate un capolavoro del genere robotico statene alla larga, altrimenti dategli un'occhiata.



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Una parola risulta efficacemente calzante nel sussumere sotto di sé tutta l'abissale vuotezza della quarta trasposizione animata dei lavori letterari di Nisio Isin, e questa è "vanagloria".
Sopra alle rovine di un'animazione a tal punto dimentica della propria destinazione in seno all'arte da doversi limitare, al massimo delle proprie capacità, ad imitare (giacchè non è in grado di produrre) lo sperimentalismo in un'effimera ombra, un altro capitolo dei "Monogatari" s'incarna per celebrare ancora una volta la propria insanabile sciocchezza.
Trascorse nell'inutilità la seconda e la terza serie, l'una volta ad esplorare le morbosità della perversione e l'altra a ribadire eventi già noti, riprende il complesso dei "Monogatari" con questa "second season", la quale ha perlomeno la decenza di proseguire la vicenda dell'anormale quotidianità di Araragi Koyomi e delle innumerevoli sue spasimanti.

L'opera è divisa in cinque archi, attraversati da cronologie spezzate e nei quali, al solito, non succede poi molto.
Il primo verte sulla prosperosa e (così dicono) brillante studentessa Hanekawa e la sua perenne incapacità di stare al mondo. Seppur sia consolante che all'unico personaggio che non soffre di psicopatie nell'intera serie si conceda tanta scena, è anche vero che di un simile arco non c'era alcun bisogno, non aggiungendo sostanzialmente niente alla già ribadita vicenda della ragazza, la quale viene logorroicamente ribadita, declinata nuovamente e conclusa (sperabilmente in via definitiva).
Unica soddisfazione è l'assenza del motore erotico della situazione, il (in questo arco, formale) protagonista dei "Monogatari", l'ex-vampiro Araragi, la cui mancanza attenua la generale ninfomania delle pulzelle in scena, senza tuttavia per questo far calare l'abuso dell'improbabile e inopportuna fotografia che domina l'opera.

Il secondo arco non merita nessuna considerazione, non avendo senso né utilità alcuna. L'unica sua funzione è d'introdurre blandamente il quarto, dove le vicende di Hachikuji giungono al termine.
In quest'ultimo il ritmo fra tensioni ed excursus distensivi saranno ben dosate, per quanto l'esasperazione della scenografia nella sua vanità di pseudo-sperimentalismo rovini irrimediabilmente le atmosfere, come pure fa l'esaltazione del patetismo nei toni, il quale verrà lasciato sfogarsi sino alla stucchevolezza, certo inopportunamente stridente con quel senso di distaccata freddezza che, almeno questo, la serie riesce sempre a trasmettere.

Infine il terzo e il quinto arco chiudono, in maniera sorprendentemente piacevole, la "second season": attraverso una narrazione d'inganni si dipanano specularmente le vicende di due personaggi tratti dalle spaventose tenebre di "Nisemonogatari", Sengoku e Kaiki, che, punti d'osservazione dei rispettivi archi, offrono alla storia un'accattivante prospettiva, retta da un lato da un accorto intreccio di falsità a strutturare la vicenda e dall'altro dal grande carisma del protagonista dell'arco finale. E' questo quanto più desta rabbia dei "Monogatari", la loro reale capacità di produrre qualcosa di buono, potenzialità che viene alla prima possibilità dissipata in intenti meno meritevoli.

E' inutile spendere ulteriori parole sul perché la Shaft sia biasimevole nel suo operare e su quanto sia pernicioso il male che l'animazione da essa patisce. Se i "Monogatari" si divertono a costruire storie di menzogne e illusioni è perché essi stessi non sono che l'ombra di un'arte che l'animazione di oggi non è in grado di essere, nient'altro che l'elogio di una protervia che persiste nella sua inerzia, mutuando le stesse istanze ad nauseam, il tutto celato dalla loro leggerezza, che a stento nasconde questa povertà d'ingegno.
Nella propria radicale e genuina vuotezza, la serie dei "Monotagatari" continua ad ostentare la sua vanagloriosa arroganza, nel raffazzonato tentativo di rammendare la tela del suo caleidoscopico sembiante stesa sopra al cuore della propria nullità.