Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime Junketsu no Maria, Prison School e Paranoia Agent.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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Una cosa è sicura in quest'anime: è riuscito a conquistarmi per il suo fattore "storico". Tuttavia non posso che rimpiangere l'occasione mancata, in quanto "Junketsu no Maria" grida al capolavoro mancato. Un'opera interessante, senza dubbio, ricca di spunti divertenti e appassionanti, ma priva, a mio avviso, di quella scintilla capace di elevare un anime al di sopra della "massa".
Uscito nella stagione invernale del 2015, è composto da dodici puntate, e può essere classificato come anime storico/fantasy. Un po' di azione, con guerre e combattimenti, e una bella dose di magia e avventura a rendere il tutto ancor più entusiasmante. L'amore c'è, ma in maniera piuttosto velata e, soprattutto, privo di quel romanticismo esasperato e appassionato che si può riscontrare in altre occasioni. Una trama densa, ma allo stesso tempo inconcludente, che lascia un leggero sapore amarognolo in bocca.

La nostra incomincia nel pieno della Guerra dei Cent'anni, che, come tutti saprete, è avvenuta in Francia tra la metà del XIV secolo e la metà del XV secolo. Una guerra a fasi alterne, che ha visto i due contendenti, Francia e Inghilterra, contendersi le terre e le città d'oltralpe. In questo mondo tormentato e oppresso da continui tormenti, compaiono le streghe. Ma, a differenza di quanto è accaduto in realtà, ora esse posseggono veramente poteri magici e, in un modo o nell'altro, influenzano l'andamento delle varie battaglie, facendo in modo di guadagnare da tutto questo trambusto. Tra tutte, però, c'è n'è una che non sopporta la violenza, Maria, una giovane e avvenente streghetta, ancora vergine (da qui il titolo dell'opera), che si è decisa a sfidare tutte le regole del mondo al fine di far concludere questa follia. Un compito arduo, che, come vedremo, incontrerà l'opposizione non solo dei vari eserciti, ma anche della Chiesa Celeste (angeli e arcangeli in persona), in quanto spaventata dal sovvertimento dell'ordine del mondo. Maria però non si arrenderà e anche grazie all'aiuto di molti amici, tra cui il piccolo nobile Josef, invaghito della strega, continuerà la sua battaglia personale. Quando due eserciti si scontrano, ecco che arriva subito la bionda streghetta, sulla sua scopa volante, e blocca tutto con l'apparizione di demoni e strane creature.

Non posso che sottolineare ancora una volta come l'attenzione per il dato storico mi abbia fatto estremamente piacere. Quando ho letto di un anime sulla Guerra dei Cent'anni, mi sono venuti i brividi, immaginando chissà quali distorsioni, esagerazioni o imperfezioni. Invece, devo ammettere, l'opera ha mostrato una cura dei dettagli degna di nota. I vestiti, gli atteggiamenti, i vari ordini sociali... tutto ben strutturato e analizzato. Certo, alcuni errori ci sono, ma rispetto alla classica megalomania dei Giapponesi, almeno per queste cose, direi che è assolutamente passabile.
Detto ciò, però, c'è il rovescio della medaglia. Ovvero la mancanza di personaggi veramente ben caratterizzati. Maria, come figura principale, è abbastanza interessante: appare ben delineata, con una personalità forte, anche se un po' troppo presa da fini utopistici, che, a mio avviso, sembrano esageratamente buonisti. Colui che proprio non sono riuscito a sopportare, ahimè, è Josef. Essendo il "partner" di Maria, mi sarei aspettato un personaggio di spessore, che emerga dalla massa indistinta di soldati. Invece ecco che compare un ragazzino imberbe, completamente inesperto, melenso e assolutamente inutile dal punto di vista pratico. Wow, ma poi cambia? Effettivamente era proprio questo che speravo. Magari la conoscenza sempre più profonda con la strega l'avrebbe aiutato a crescere e migliorare. Peccato che non succeda nulla di tutto ciò.

La grafica è piuttosto deludente. Alcune parti vengono realizzate in maniera discreta, mentre altre sembrano piuttosto approssimative in quanto a disegni. Maria, ancora una volta, è quella meglio definita, ma possiamo definirla come un'eccezione. Josef, Garfa, un mercenario, e molti altri ancora, mostrano tratti appena abbozzati e piuttosto spigolosi.
Carine le musiche, anche se, a mio avviso, non riescono a coinvolgere lo spettatore nel migliore dei modi. Il tono è abbastanza quieto, molto utile per rappresentare l'ambiente medievale. Tuttavia, durante i vari combattimenti e battaglie, non c'è quel cambio di ritmo in grado di esaltare gli animi.
Sulla regia e il doppiaggio non ho poi molto da riferire. Mantengono un buon livello.

Insomma, "Junketsu no Maria" è un'opera più che passabile, sebbene non riesca ad esplodere, nemmeno nel finale. Anzi, direi quasi che è proprio il finale a deludere più di tutti. Si arriva agli ultimi momenti in trepidazione, attendendo chissà quali sviluppi. Un'attesa vana e inconcludente, visto che la vicenda ha un lieto fine talmente banale da apparire quasi utopico.
E proprio su quest'ultimo punto vorrei concludere la recensione. Non sono un cinico disperato, ma non sopporto proprio gli anime in cui vani ideali di bontà, amicizia, amore sprizzano da tutti i pori. Maria vuole far concludere tutte le guerre e, pur ammirando questo nobile intento, non avrebbe fatto male un minimo di realismo in più. E magari qualche capovolgimento inaspettato, tale da far smuovere i nostri cuori intorpiditi.

Voto finale: 7 meno! Solo perché possiede un'ambientazione storica.




8.5/10
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"Prison School" è una serie della stagione estiva 2015 composta da dodici episodi di durata canonica, prodotta dalla J.C.Staff e tratta dall'omonimo manga di Akira Hiramoto.

L'istituto Hachimitsu è una prestigiosa scuola femminile di Tokyo che impone alle proprie studentesse delle regole ferree, fra cui quella di non frequentare assolutamente il sesso opposto. All'inizio del nuovo anno scolastico viene inaspettatamente presa la decisione di ospitare anche membri maschi, ma i nuovi iscritti si rivelano essere solamente cinque. Esclusi dal resto degli studenti, i protagonisti faranno presto amicizia fra loro, e un giorno verranno beccati a spiare nel bagno delle ragazze, venendo puniti dall'associazione studentesca segreta con un mese di prigionia. Sotto il severo controllo di tre temibili tiranne, inizieranno le disavventure dei poveri malcapitati, che mai si sarebbero aspettati tanta violenza e cattiveria.

Guardando "Prison School" ci troviamo di fronte a una delle più sadiche ed estreme commedie di tutti i tempi, ed è proprio in questi eccessi, in queste situazioni spinte ben oltre il limite del buon senso che l'opera si trasforma e diventa semplicemente geniale.
Cinque studenti maltrattati nei modi più brutali possibili, costretti alla sottomissione in tutto e per tutto, e questo ovviamente in una delle migliori scuole di Tokyo. La trama di base lascia già intendere la malata natura dell'opera, e nonostante un'infinità di forzature si sviluppa bene e con i tempi giusti. Se guardata nella giusta ottica, "Prison School" diventa coinvolgente e incredibilmente appassionante; sarà impossibile non fare il tifo per il disgraziato gruppo di protagonisti, formato da cinque elementi completamente privi di spina dorsale e incapaci di qualsiasi reazione. La caratterizzazione dei personaggi è ottima, e oserei dire piuttosto originale. Dato il livello di perversione o di crudeltà posseduto da ognuno di essi si ha l'impressione che la storia, più che in una scuola sia ambientata in un manicomio.

Tecnicamente nulla da segnalare, se non note positive. Il comparto tecnico presenta un ottimo design dei personaggi, estremamente variegato e aggraziato, delle animazioni molto fluide e dei fondali sufficientemente dettagliati. Il fanservice è in questo caso una parte essenziale dell'opera e, nonostante sia onnipresente e molto spinto, non risulta quasi mai eccessivo. Il comparto sonoro propone un doppiaggio impeccabile, opening ed ending spettacolari, e OST più che adeguate. Il manga dal quale è tratta l'opera è ancora in corso anche in patria, ragion per cui il finale di questa trasposizione animata è in un certo senso incompleto, anche se a prima vista non si direbbe; dato il successo riscosso non escluderei la possibilità di una seconda stagione.

In conclusione, "Prison School" è un'opera estremamente divertente, sadica e coinvolgente. Tutto è riuscito alla perfezione, dalle situazioni improbabili ai contorti ragionamenti dei poveri carcerati, sino alla rappresentazione grafica delle loro facce distrutte e logorate dalla fatica e della disperazione, tutto è funzionale a intrattenere e a strappare qualche risata allo spettatore. Non fatevi ingannare dai primi due episodi, che rimangono, a mio parere, di gran lunga i peggiori dell'intera serie. Se siete alla ricerca di qualcosa di leggero e spensierato, è consigliatissima la visione. Una delle commedie più riuscite di sempre.




10.0/10
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Satoshi Kon: un nome che avevo già sentito da qualche parte, ma che non mi aveva incuriosita a tal punto da avvicinarmi a una delle sue opere. Ma ora che ho terminato la visione di "Paranoia Agent", mi pento e mi dolgo di non aver visto qualche suo film, cosa a cui cercherò di rimediare molto presto.

Non mi sento di raccontare la trama in maniera dettagliata, anche perché gli spoiler sono sempre dietro l'angolo. Dirò soltanto che tutto ciò che accade in "Paranoia Agent" è strettamente legato al personaggio di Shonen Bat, un misterioso ragazzino con un berretto che va in giro con dei roller e una mazza da baseball ad aggredire chiunque incroci per la strada, senza però ucciderlo.

All'inizio, l'anime si propone come una serie di genere giallo: si seguono le indagini per scoprire chi sia Shonen Bat e per quale motivo aggredisca le persone in modo apparentemente casuale. Giunti però a metà della serie, il giallo viene pian piano messo da parte per far spazio a qualcos'altro. L'obiettivo che si vuole porre la serie raccontando questa storia non è scoprire chi sia Shonen Bat, ma cosa significhi Shonen Bat per le persone e come egli possa diventare così influente nella vita quotidiana di tutti. Così facendo, "Paranoia Agent" non è solo una semplice serie animata, ma diventa anche un vero e proprio trattato di sociologia e psicologia, ponendo al centro della propria argomentazione la critica al consumismo e all'alienazione che si può estendere non solo contro la società giapponese, ma anche contro qualsiasi altra società.

I personaggi riescono ad essere dei degni portavoce dei messaggi che Satoshi Kon vuole comunicare con questa serie, anche se alcuni di loro vengono mostrati solo per uno o due episodi al massimo. Non c'è stato nessun personaggio che non mi sia piaciuto, ma per evitare di scrivere una recensione troppo lunga da far perdere l'interesse di chi legge, mi limiterò a citarne un paio.
La protagonista principale Tsukiko, personaggio in cui mi sono immedesimata particolarmente, nel corso della storia subisce un'evoluzione verso l'età adulta. Tsukiko, avendo compreso il dolore spesso causato dalla realtà, decide di racchiuderlo nella figura di Shonen Bat, da cui si protegge grazie a Maromi, un peluche da lei creato che rappresenta un po' quello che era il Paese delle Meraviglie per Alice nel famoso romanzo di Lewis Carrol. Questo modo di fare di Tsukiko lo si vede in maniera analoga nel personaggio del viceispettore Ikari, anche lui insoddisfatto della realtà che lo circonda, anzi impaurito da essa, e che riuscirà ad affrontarla solo grazie al sostegno della moglie cagionevole di salute.

Definendo invece il comparto tecnico in una sola parola: strepitoso! La Madhouse non delude mai, con delle animazioni ottime, sia quelle standard sia quelle usate per rappresentare il mondo bidimensionale. Si noti la grande cura nei fondali, che sembrano dei veri e propri quadri. Il character design è molto particolare: non vuole essere realistico, ma intende quasi rappresentare l'aspetto interiore del personaggio. Per fare un esempio, il giornalista di gossip Kawazu è un personaggio dal carattere che definirei "viscido come un rospo" e il modo in cui è disegnato e i suoi lineamenti mi hanno ricordato molto le fattezze di un rospo. Le colonne sonore, accanto a una sensazionale opening e una rilassante ending, riescono a rappresentare egregiamente la dimensione onirica in cui si è immersi durante la visione. Ottimo doppiaggio italiano: ogni voce calza a pennello col personaggio che interpreta. Infine, come non citare la regia di Satoshi Kon? Ogni scena è girata in maniera eccelsa, tanto da riuscire a trasmettere, anche quando si è in assenza di dialoghi, le emozioni provate dai personaggi e a mandare un qualche messaggio. Esemplare in questo caso è la scena iniziale del primo episodio, in cui si vede una Tokyo vittima del consumismo e del menefreghismo dei suoi abitanti incapaci di affrontare la realtà.

In conclusione, "Paranoia Agent" è un esperimento ben riuscito, degno di essere definito "capolavoro". Capisco che non si tratta di una visione facile e comprensibile al primo approccio (l'ho dovuto rivedere prima di farci una recensione sopra), ma è una visione che consiglio comunque, anche per guardare qualcosa di diverso dalla solita "zuppa riscaldata".