Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
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Recensione di SimoSimo_96
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"Made in Abyss" lo aveva già lasciato intendere, lo ha messo in chiaro da subito, "voglio raccontarvi qualcosa di grosso" sembra averci voluto dire. Ha voluto raccontare la storia di una bambina volenterosa di avventura, di scoperta, di ignoto. Ha voluto mostrarci, come se non lo si sapesse già, che la vita - l'Abisso in questo caso - non fa sconti, che ogni cosa ha il suo prezzo, ogni cosa ha il suo valore.
Ilblu è teatro della consacrazione dello svisceramento della definizione di valore, un qualcosa che esiste per ogni individuo, eppure, per ogni individuo significa qualcosa di diverso.
Il trio delle meraviglie, Riko, Reg e la morbida Nanachi, arrivano a Ilblu, un villaggio su cui veleggia uno schermo protettivo dalla Maledizione dell'Abisso che tutela l'interno e i suoi abitanti, i Residui di Ilblu, la cui storia ci verrà narrata tra mille peripezie e pericoli. Ilblu però non è solo un villaggio, Ilblu è una culla materna, un posto unico all'interno dell'Abisso, in cui una certa Faputa, tale Principessa Immortale, non può entrare per motivi più o meno noti, per adesso almeno. Ilblu ha un piano per Faputa, e la realizzazione dello stesso darà corpo e anima a una delle risoluzioni più funeste e controverse a cui sia possibile assistere.
"Valore". Questo è il termine cardine di questo pezzo di storia, questo è ciò a cui girano intorno vita, morte e scelte delle persone. Perché per ciascuno di noi, qualsiasi cosa può costituire una forma di valore, da un pegno che ci ricorda una persona amata, o la persona stessa, a un obiettivo raggiunto tra mille difficoltà.
Valore è tutto. Se "Made in Abyss", finora, ci ha abituati ad accettare, nostro malgrado, che le nostre scelte, i nostri desideri, hanno un prezzo, oggi ci riporta un passo indietro, e allo stesso tempo un passo avanti, spostando la nostra attenzione sull'essenza stessa di quella scelta, di quel desiderio. Ci racconta come tra individui, umani, bestie, residui, strani robot o principesse immortali che siano, esistono dei legami, e sono proprio questi legami a dare forma alla vita, poiché i connettori di questi legami di vita sono proprio le nostre scelte e le nostre brame. Ci riporta indietro e avanti a capire e a ricordare per cosa abbiamo pagato quel prezzo, quanto Valore abbia quel desiderio per noi, un qualcosa che per altri può essere insignificante, e al tempo stesso unico e insostituibile per noi, un oggetto, una persona, un amore, una promessa.
Tra gioie e dolori "Made in Abyss" ci insegna ancora una volta il valore del dolore. Perché soffrire per qualcosa significa attribuire valore a quel qualcosa, fa male sì, ma è tutta una questione di consapevolezza.
Ognuno ha il suo valore da proteggere, da tramandare, da scambiare. E quel valore definisce la nostra individualità, il come decidiamo di stare al mondo.
Opera di valore immenso, meravigliosa, divina. Semplicemente "Made in Abyss".
Ilblu è teatro della consacrazione dello svisceramento della definizione di valore, un qualcosa che esiste per ogni individuo, eppure, per ogni individuo significa qualcosa di diverso.
Il trio delle meraviglie, Riko, Reg e la morbida Nanachi, arrivano a Ilblu, un villaggio su cui veleggia uno schermo protettivo dalla Maledizione dell'Abisso che tutela l'interno e i suoi abitanti, i Residui di Ilblu, la cui storia ci verrà narrata tra mille peripezie e pericoli. Ilblu però non è solo un villaggio, Ilblu è una culla materna, un posto unico all'interno dell'Abisso, in cui una certa Faputa, tale Principessa Immortale, non può entrare per motivi più o meno noti, per adesso almeno. Ilblu ha un piano per Faputa, e la realizzazione dello stesso darà corpo e anima a una delle risoluzioni più funeste e controverse a cui sia possibile assistere.
"Valore". Questo è il termine cardine di questo pezzo di storia, questo è ciò a cui girano intorno vita, morte e scelte delle persone. Perché per ciascuno di noi, qualsiasi cosa può costituire una forma di valore, da un pegno che ci ricorda una persona amata, o la persona stessa, a un obiettivo raggiunto tra mille difficoltà.
Valore è tutto. Se "Made in Abyss", finora, ci ha abituati ad accettare, nostro malgrado, che le nostre scelte, i nostri desideri, hanno un prezzo, oggi ci riporta un passo indietro, e allo stesso tempo un passo avanti, spostando la nostra attenzione sull'essenza stessa di quella scelta, di quel desiderio. Ci racconta come tra individui, umani, bestie, residui, strani robot o principesse immortali che siano, esistono dei legami, e sono proprio questi legami a dare forma alla vita, poiché i connettori di questi legami di vita sono proprio le nostre scelte e le nostre brame. Ci riporta indietro e avanti a capire e a ricordare per cosa abbiamo pagato quel prezzo, quanto Valore abbia quel desiderio per noi, un qualcosa che per altri può essere insignificante, e al tempo stesso unico e insostituibile per noi, un oggetto, una persona, un amore, una promessa.
Tra gioie e dolori "Made in Abyss" ci insegna ancora una volta il valore del dolore. Perché soffrire per qualcosa significa attribuire valore a quel qualcosa, fa male sì, ma è tutta una questione di consapevolezza.
Ognuno ha il suo valore da proteggere, da tramandare, da scambiare. E quel valore definisce la nostra individualità, il come decidiamo di stare al mondo.
Opera di valore immenso, meravigliosa, divina. Semplicemente "Made in Abyss".
Recensione di Fabbrizio_on_the_Road
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“The Deer King” è un film che mi ha convinto a metà. Sotto molti aspetti, è indubbiamente stato fatto un buon lavoro, ma nel complesso, quando sono arrivato alla fine, mi ha dato una certa sensazione di incompiutezza, di un lavoro che avrebbe potuto esprimersi meglio in un progetto di più ampio respiro.
Le premesse narrative sono comunque interessanti e più in generale tutta la prima parte del film è quella che si rivela più coinvolgente. Ci viene descritto un contesto politico e sociale ben definito, e nel mentre comprendiamo la storia dei vari personaggi. Qui a mio avviso si può già avvertire una buona divergenza tra la qualità di un’ambientazione ricca di sfaccettature e un cast di personaggi davvero anonimi. Il film si concentra perlopiù su alcuni temi specifici, quindi il fatto che i personaggi siano totalmente dimenticabili passa in secondo piano, anche se si poteva fare un lavoro decisamente migliore sotto questo profilo.
Per quanto concerne il contesto, si è rivelato abbastanza ispirato e interessante, ma un po’ troppo fine a sé stesso. Le vicissitudini passate delle varie realtà politiche presenti, le differenze religiose, le gerarchie sociali, sono tutte cose molto intriganti, ma in fin dei conti troppo abbozzate per essere valorizzate appieno. Ed è su questo punto che a mio avviso si avverte di più la sensazione che forse la storia meglio si sarebbe adattata ad una serie.
Tecnicamente, il lungometraggio si difende abbastanza bene, soprattutto nella parte finale, quando le vicende si fanno più dinamiche e la regia di Masashi Ando riesce a regalare quel tocco di personalità del quale durante la visione si sente un po’ l’assenza. Molto buona la colonna sonora, mentre il ritmo mi è sembrato abbastanza altalenante. La prima parte del film, come già detto, è quella che funziona meglio, mentre quella centrale a mio avviso è un po’ troppo lenta. Tutta la parte finale è discretamente coinvolgente, se non altro perché quella più movimentata, anche se la sensazione dominante che ho provato alla fine del film era quella di essere di fronte a una storia con delle fondamenta ispirate, ma raccontata in modo poco brillante e attraverso dei personaggi totalmente privi di carisma.
Nel complesso, il film riesce a offrire un’ambientazione ispirata e un lato tecnico e musicale apprezzabile, ma dei personaggi anonimi e un ritmo a tratti debole consegnano allo spettatore una storia in parte inconcludente, da cui era lecito aspettarsi di più, viste le buone premesse. Sullo sfondo, rimangono alcuni temi interessanti: le divisioni sociali, il conflitto religione-scienza ecc., ma sono tutti argomenti di contorno che raramente vengono messi al centro del film, forse troppo ambiziosi per una storia che in troppi momenti sembra mancare di una direzione precisa.
Le premesse narrative sono comunque interessanti e più in generale tutta la prima parte del film è quella che si rivela più coinvolgente. Ci viene descritto un contesto politico e sociale ben definito, e nel mentre comprendiamo la storia dei vari personaggi. Qui a mio avviso si può già avvertire una buona divergenza tra la qualità di un’ambientazione ricca di sfaccettature e un cast di personaggi davvero anonimi. Il film si concentra perlopiù su alcuni temi specifici, quindi il fatto che i personaggi siano totalmente dimenticabili passa in secondo piano, anche se si poteva fare un lavoro decisamente migliore sotto questo profilo.
Per quanto concerne il contesto, si è rivelato abbastanza ispirato e interessante, ma un po’ troppo fine a sé stesso. Le vicissitudini passate delle varie realtà politiche presenti, le differenze religiose, le gerarchie sociali, sono tutte cose molto intriganti, ma in fin dei conti troppo abbozzate per essere valorizzate appieno. Ed è su questo punto che a mio avviso si avverte di più la sensazione che forse la storia meglio si sarebbe adattata ad una serie.
Tecnicamente, il lungometraggio si difende abbastanza bene, soprattutto nella parte finale, quando le vicende si fanno più dinamiche e la regia di Masashi Ando riesce a regalare quel tocco di personalità del quale durante la visione si sente un po’ l’assenza. Molto buona la colonna sonora, mentre il ritmo mi è sembrato abbastanza altalenante. La prima parte del film, come già detto, è quella che funziona meglio, mentre quella centrale a mio avviso è un po’ troppo lenta. Tutta la parte finale è discretamente coinvolgente, se non altro perché quella più movimentata, anche se la sensazione dominante che ho provato alla fine del film era quella di essere di fronte a una storia con delle fondamenta ispirate, ma raccontata in modo poco brillante e attraverso dei personaggi totalmente privi di carisma.
Nel complesso, il film riesce a offrire un’ambientazione ispirata e un lato tecnico e musicale apprezzabile, ma dei personaggi anonimi e un ritmo a tratti debole consegnano allo spettatore una storia in parte inconcludente, da cui era lecito aspettarsi di più, viste le buone premesse. Sullo sfondo, rimangono alcuni temi interessanti: le divisioni sociali, il conflitto religione-scienza ecc., ma sono tutti argomenti di contorno che raramente vengono messi al centro del film, forse troppo ambiziosi per una storia che in troppi momenti sembra mancare di una direzione precisa.
La principessa mononoke
8.0/10
Come nel caso di “Una tomba per le lucciole”, ci sono voluti mesi e mesi, prima che prendessi visione de “La Principessa Mononoke”, uno dei più celebri lungometraggi targato Hayao Miyazaki, conosciuto e, largamente, apprezzato in tutto il mondo. Da molti considerato il vero capolavoro del sensei, questo è stato il classico caso di film preceduto dalla sua fama. Chiunque abbia un minimo di interesse per l’animazione giapponese conosce “La Principessa Mononoke” e chiunque conosca lo Studio Ghibli lo ha visto almeno una volta nella propria vita. E tutte queste persone concordano su una cosa: “Mononoke Hime” (titolo originale dell’opera) è un autentico capolavoro. L’opera maestra di Miyazaki, in cui quest’ultimo ha condensato buona parte del suo pensiero e dei suoi sforzi, ripagati poi dall’enorme successo che il film ebbe nel 1997, quando uscì nelle sale. Nel corso di questi mesi, dunque, a furia di ascoltare e leggere infiniti panegirici sulla bellezza e profondità di quest’opera, il mio hype è schizzato alle stelle e le aspettative sono salite in maniera esponenziale, come un aereo che si stacca dalla pista e inizia a guadagnare quota in misura sempre maggiore. Il risultato, anche se in alto leggete il numero otto in grassetto, è ovviamente scontato. Per me, il film, complici i più rosei auspici che si sono accumulati nella mia mente, è stato una mezza delusione. Soprattutto se si pensa che un film tanto fiabesco e infantile come “Il mio vicino Totoro”, ben lungi dall’essere un film perfetto o profondo come “La Principessa Mononoke”, è ancora oggi il mio Ghibli preferito, a cui ho attribuito un nove pieno.
Siamo nel Giappone medievale, in una remota terra a Est, dove vivono gli ultimi rimasti del glorioso popolo Emishi. Il protagonista della storia è il principe Ashitaka. Un giorno, il suo villaggio viene attaccato dal dio-cinghiale Nago, ormai tramutatosi in demone, e si vede costretto ad ucciderlo, attirando su di sé una terribile maledizione, che gli ricopre quasi interamente il braccio e si espande sempre di più, minacciando la sua stessa vita. A questo punto, ad Ashitaka non resta che un’unica opzione, mettersi in viaggio per scoprire cosa sta succedendo di tanto grave da mutare uno spirito della foresta in demone e per cercare una cura al male che lo affligge. Avendo come unico indizio il pezzo di metallo che ha ferito a morte il dio-cinghiale, il giovane si dirige verso Ovest. Dopo un lungo viaggio, raggiunge la Città del Ferro, al cui comando si trova una donna, Eboshi. Qui, scopre che gli uomini della città disboscano la foresta per procurarsi le materie prime per la produzione del metallo e, per questo motivo, vengono continuamente ostacolati dagli spiriti della foresta. Per fronteggiarli, Eboshi si è fatta costruire su misura delle armi da fuoco e, proprio con queste, ha ferito a morte Nago. Assieme agli abitanti della foresta che combattono gli uomini, c'è anche San, una giovane ragazza crescita dai lupi, che odia Eboshi con tutte le sue forze. Ashitaka cercherà in tutti i modi di fermare il conflitto fra gli spiriti della foresta e gli uomini, finendo, allo stesso tempo, per innamorarsi di San.
Ora, gusto personale o meno, la mia onestà intellettuale mi impone una doverosa premessa. “La Principessa Mononoke” è, effettivamente, un capolavoro, in cui si nota tutto l’impegno di Miyazaki. E, ancor prima che contenutisticamente, l’opera è un capolavoro di natura tecnica mai vista prima. Sarà che prima era tutto diverso, più tradizionale, sarà che prima si faceva tutto a mano, senza l’ausilio della CGI, sarà che, visivamente parlando, i film Ghibli sono sempre una gioia per gli occhi, ma per me “La Principessa Mononoke” è tecnicamente ineccepibile. Le ambientazioni, che ci raccontano di un Giappone medievale, sono stupende e riescono a coinvolgere completamente lo spettatore. Le animazioni sono di una fluidità e pulizia inusitate. I fondali sono sublimi e l’uso, oserei dire obbligato, di colori vivaci, come il verde e l’azzurro, tendono a conferire all’opera quell’aura magica, riscontrabile sono negli altri lavori dello stesso Miyazaki e in nessun’altro regista. Raramente, anzi mai, mi sono trovato dinanzi a un lavoro di questo tipo. Magari per voi la perfezione non esiste, ma per me sì, e questo film, tecnicamente parlando, è perfetto. Per non parlare, poi, delle musiche dell’ineguagliabile Joe Hisaishi. Flauto, pianoforte e violino, questi gli strumenti musicali che ricorrono con maggiore assiduità nel corso del film e contribuiscono alla sua spettacolarità.
Sul piano dei contenuti, siamo dinanzi a una simil summa del pensiero miyazakiano. In questo film, si concentrano alcuni dei temi a lui più cari: l’interesse per la mitologia giapponese, a cui il sensei dà una certa importanza, lasciando spazio ai vari esseri viventi che abitano la foresta, come i kodama, i teneri spiritelli che risiedono negli alberi; l’emancipazione femminile, che vede le donne svolgere un ruolo di primaria importanza nella Città del Ferro, quello di far funzionare la fucina e permettere, dunque, la costruzione delle armi da fuoco; e infine, il tema più importante e sentito, l’amore per la natura e lo scontro che quest’ultima ha inevitabilmente “ingaggiato” con l’uomo. Un tema che, oggi più che mai, sentiamo vicino a noi. Un figlio che non riesce a prendersi cura della propria madre, che gli ha dato la vita, e un luogo da chiamare casa, che lo ha cresciuto amorevolmente, dandogli tutto il necessario per vivere e sopravvivere. Un figlio irriconoscente, a cui non sono bastati i doni affettuosi della madre. Un figlio insaziabile che, per cercare di avere l’impossibile, ha sfidato la propria madre e le sue leggi, arrivando a uno scontro inevitabile e doloroso, per entrambi. Questo perché, come si dice nel film, desiderare ogni cosa che stia in cielo o in terra è il destino dell’uomo. Questa è la situazione in cui si trovano uomo e natura. Una situazione da cui è possibile venir fuori, perché le guerre possono essere fermate, se lo si vuole davvero. “La Principessa Mononoke” ci parla chiaramente di questo conflitto e di questa inconciliabilità, ma soprattutto traccia la strada da prendere, per porre un rimedio a tutto ciò. Un messaggio forte e attuale, per un’opera fortemente didascalica, che meriterebbe di essere studiata a scuola.
Seppur nella sua grandiosità, però, il film presenta, a mio avviso, delle grosse pecche a livello narrativo. A tratti confusionario e poco lineare, ma soprattutto incomprensibile. Sono diversi i passaggi intermedi che, ancora adesso, faccio fatica a comprendere e digerire. Scelte che vengono prese senza una reale motivazione e scene alla Renè Ferretti, capitemi la citazione, che stonano completamente con il resto del film e mi hanno “turbato” per il resto della sua visione. Da questo punto di vista, si poteva fare certamente meglio e, per quanto possa sembrare strano, tanto poco è bastato per non farmi innamorare completamente de “La Principessa Mononoke”.
Nonostante ciò, il danno è lieve e il film resta ugualmente godibile, anzi godibilissimo, anche al netto della sua, non breve, durata. Occhio, però, al doppiaggio cannarsiano, perché quello rischia di rovinarvi completamente l’esperienza. Una volta tanto, andate con il sottotitolato e godetevi questo capolavoro.
Siamo nel Giappone medievale, in una remota terra a Est, dove vivono gli ultimi rimasti del glorioso popolo Emishi. Il protagonista della storia è il principe Ashitaka. Un giorno, il suo villaggio viene attaccato dal dio-cinghiale Nago, ormai tramutatosi in demone, e si vede costretto ad ucciderlo, attirando su di sé una terribile maledizione, che gli ricopre quasi interamente il braccio e si espande sempre di più, minacciando la sua stessa vita. A questo punto, ad Ashitaka non resta che un’unica opzione, mettersi in viaggio per scoprire cosa sta succedendo di tanto grave da mutare uno spirito della foresta in demone e per cercare una cura al male che lo affligge. Avendo come unico indizio il pezzo di metallo che ha ferito a morte il dio-cinghiale, il giovane si dirige verso Ovest. Dopo un lungo viaggio, raggiunge la Città del Ferro, al cui comando si trova una donna, Eboshi. Qui, scopre che gli uomini della città disboscano la foresta per procurarsi le materie prime per la produzione del metallo e, per questo motivo, vengono continuamente ostacolati dagli spiriti della foresta. Per fronteggiarli, Eboshi si è fatta costruire su misura delle armi da fuoco e, proprio con queste, ha ferito a morte Nago. Assieme agli abitanti della foresta che combattono gli uomini, c'è anche San, una giovane ragazza crescita dai lupi, che odia Eboshi con tutte le sue forze. Ashitaka cercherà in tutti i modi di fermare il conflitto fra gli spiriti della foresta e gli uomini, finendo, allo stesso tempo, per innamorarsi di San.
Ora, gusto personale o meno, la mia onestà intellettuale mi impone una doverosa premessa. “La Principessa Mononoke” è, effettivamente, un capolavoro, in cui si nota tutto l’impegno di Miyazaki. E, ancor prima che contenutisticamente, l’opera è un capolavoro di natura tecnica mai vista prima. Sarà che prima era tutto diverso, più tradizionale, sarà che prima si faceva tutto a mano, senza l’ausilio della CGI, sarà che, visivamente parlando, i film Ghibli sono sempre una gioia per gli occhi, ma per me “La Principessa Mononoke” è tecnicamente ineccepibile. Le ambientazioni, che ci raccontano di un Giappone medievale, sono stupende e riescono a coinvolgere completamente lo spettatore. Le animazioni sono di una fluidità e pulizia inusitate. I fondali sono sublimi e l’uso, oserei dire obbligato, di colori vivaci, come il verde e l’azzurro, tendono a conferire all’opera quell’aura magica, riscontrabile sono negli altri lavori dello stesso Miyazaki e in nessun’altro regista. Raramente, anzi mai, mi sono trovato dinanzi a un lavoro di questo tipo. Magari per voi la perfezione non esiste, ma per me sì, e questo film, tecnicamente parlando, è perfetto. Per non parlare, poi, delle musiche dell’ineguagliabile Joe Hisaishi. Flauto, pianoforte e violino, questi gli strumenti musicali che ricorrono con maggiore assiduità nel corso del film e contribuiscono alla sua spettacolarità.
Sul piano dei contenuti, siamo dinanzi a una simil summa del pensiero miyazakiano. In questo film, si concentrano alcuni dei temi a lui più cari: l’interesse per la mitologia giapponese, a cui il sensei dà una certa importanza, lasciando spazio ai vari esseri viventi che abitano la foresta, come i kodama, i teneri spiritelli che risiedono negli alberi; l’emancipazione femminile, che vede le donne svolgere un ruolo di primaria importanza nella Città del Ferro, quello di far funzionare la fucina e permettere, dunque, la costruzione delle armi da fuoco; e infine, il tema più importante e sentito, l’amore per la natura e lo scontro che quest’ultima ha inevitabilmente “ingaggiato” con l’uomo. Un tema che, oggi più che mai, sentiamo vicino a noi. Un figlio che non riesce a prendersi cura della propria madre, che gli ha dato la vita, e un luogo da chiamare casa, che lo ha cresciuto amorevolmente, dandogli tutto il necessario per vivere e sopravvivere. Un figlio irriconoscente, a cui non sono bastati i doni affettuosi della madre. Un figlio insaziabile che, per cercare di avere l’impossibile, ha sfidato la propria madre e le sue leggi, arrivando a uno scontro inevitabile e doloroso, per entrambi. Questo perché, come si dice nel film, desiderare ogni cosa che stia in cielo o in terra è il destino dell’uomo. Questa è la situazione in cui si trovano uomo e natura. Una situazione da cui è possibile venir fuori, perché le guerre possono essere fermate, se lo si vuole davvero. “La Principessa Mononoke” ci parla chiaramente di questo conflitto e di questa inconciliabilità, ma soprattutto traccia la strada da prendere, per porre un rimedio a tutto ciò. Un messaggio forte e attuale, per un’opera fortemente didascalica, che meriterebbe di essere studiata a scuola.
Seppur nella sua grandiosità, però, il film presenta, a mio avviso, delle grosse pecche a livello narrativo. A tratti confusionario e poco lineare, ma soprattutto incomprensibile. Sono diversi i passaggi intermedi che, ancora adesso, faccio fatica a comprendere e digerire. Scelte che vengono prese senza una reale motivazione e scene alla Renè Ferretti, capitemi la citazione, che stonano completamente con il resto del film e mi hanno “turbato” per il resto della sua visione. Da questo punto di vista, si poteva fare certamente meglio e, per quanto possa sembrare strano, tanto poco è bastato per non farmi innamorare completamente de “La Principessa Mononoke”.
Nonostante ciò, il danno è lieve e il film resta ugualmente godibile, anzi godibilissimo, anche al netto della sua, non breve, durata. Occhio, però, al doppiaggio cannarsiano, perché quello rischia di rovinarvi completamente l’esperienza. Una volta tanto, andate con il sottotitolato e godetevi questo capolavoro.
Per La principessa mononoke, lo vidi al cinema e rimasi estasiato, poi comprai il dvd ma è da molto che non lo vedo. A memoria non ricordo i difetti di cui si parla, lo dovrei rivedere. Il mio preferito resta La Città Incantata.
Su Made in Abyss: The Golden City of the Scorching Sun già dissi in passato cosa non mi è piaciuto della serie, tra forzature e scene evitabili ho preferito la prima parte (e soprattutto il film) ma tali preferenze sono prettamente dettate da gusti soggettivi. In ogni caso fa bene la recensione a evidenziare il termine valore
Stavo per scriverlo, mi hai preceduto: ho preferito la prima parte (ed il film) anche io. Non che The Golden City non sia ottimo, intendiamoci, ma la seconda parte con la sua forzatura drammatica perde quell'atmosfera coinvolgente ed entusiasmante dell'avventura e della scoperta dell'ignoto che rende, secondo me, la prima parte davvero eccellente.
Perchè, per chi era abituato ai film della Disney, vederlo allora al cinema fu uno shock, ancora impresso sulle retine di chi scrive.
Poi, nulla da eccepire sulle considerazioni di Felpato12, ma mai come in questo caso il sentimento travalica la ragione.
Infine recuperatevi il vecchio doppiaggio, guardatelo in lingua originale o al limite in un'altra lingua di vostra conoscenza ma fatevi un favore ed evitate come la peste "il doppiaggio" ultimo.
The Deer King è in lista e sembra essere, almeno visivamente, molto ma molto bello.
Di Made in Abyss già dissi a suo tempo. (sostanzialmente dello stesso avviso di Focasaggia e Brizzi)
È stata la prima volta che non riusci ad identificare chi fosse il "villain" in un film, per la mia seconda volta ho dovuto aspettare altri 10 anni, adesso è un pattern se non comune, comunque abbastanza consolidato.
Chi non ha visto quel film alla sua uscita, difficilmente riesce a capire quanto fosse avanti.
Però considerando che è un allegoria del cambiamento climatico, e che ancora oggi la gente cerca di capire se la colpa del riscaldamento globale è degli indiani o delle multinazionali o della cina, mi sa che dopo 35 anni questo film non è ancora stato capito bene.
In sostanza,legittimo che non vi sia piaciuto, come legittimo che lo troviate eccessivamente violento, non è per tutti i palati. Ma la definizione di incoerente è una definizione di "forzatura" è oggettivabile e non dipendente dal gusto, qua di forzature io non ne ho viste, anzi la forza di made in abyss è proprio la lore e l'impegno che l'autore mette nel renderla intricata ma coerente, di forzato non ci vedo proprio nulla
Qualcuno non ha ancora capito che quello è l'inferno di Dante, ed a parte Dante e Virgilio, tutti gli altri sono già dei dannati.
Ti parlo delle forzature che ci sono in questa parte di storia.
Poi per le altre una per tutte: il furto iniziale per spiegare la sosta dei protagonisti.
Certo viene spiegato e per dare credibilità alla spiegazione vengono aggiunti diversi particolari. Anche solo con una diversa sequenza degli eventi, sarebbe stato tutto più fluido e credibile.
Torno a dire, rimane sicuramente piacevole, ma soprattutto raffrontandolo con quanto visto in precedenza le forzature sono evidenti. Un qualcosa per essere considerato bellissimo, anche un capolavoro, non deve essere per forza perfetto in tutti gli aspetti, l'importante è che le critiche mosse siano fondate e ponderate e spesso non lo sono, in questo convengo.
Beh il fatto che Mitty ritorni e che chiunque morto nell'abisso rimanga parte dell'abisso, potrebbe essere importante per l'arco successivo, almeno da quel poco che dice Srajo nell'ultimo numero pubblicato, non liquidiamo la cosa troppo presto come forced drama.
Ricordiamoci che made in abyss è una versione apocrifa dell'inferno di Dante
Ma anche se il fulcro fosse il sottolineare che chiunque muoia nell'abisso possa ritornare in eterno fino a quando l'abisso vive, magari proprio per ripetere la propria morte all'infinito (e in tal caso la rivedremo ancora anche se Riko diventerebbe un'anomalia, ma su questo è presto per dare un parere, vedremo, sono fiducioso al riguardo) rimane il fatto che sia stata una scelta forzata: appartenendo a due linee temporali iniziali diverse (Belafu e i suoi compagni sono entrati in quell'ambiente molto prima degli altri), non essendosi conosciuti, l'aver desiderato tra le tante possibilità proprio Mitty e proprio in quella forma e non con quella con cui è nata rimane una forzatura. Per quale fosse il vero obiettivo dell'autore lo si poteva raggiungere in maniera diversa.
Una storia non deve seguire un flusso lineare, può essere manipolata, alterata, anche stravolta, semplicemente non si deve mai dare la sensazione di aver forzato gli eventi per giustificare il pensiero dell'autore o una data scena per quanto sia di impatto.
Una storia può raccontare di una dodicenne che si avventura in un viaggio senza (apparente, per quanto ne sappiamo) ritorno nel posto più pericoloso del mondo senza che il lettore/spettatore ci trovi forzature, dipende sempre da come le racconti le cose.
la storia mi piace parecchio anche se sono molto curioso di vedere che direzione prenderà
ha messo un sacco di carne al fuoco speriamo riesca a non perdersi
Beh ci sono state risposte di altri utenti, cercherò quindi di non ripetermi, provando a dare ulteriori elementi per il discorso: il concetto di morte e ritorno all'abisso viene ripetuto dalla stagione 1, nel film addirittura reg e nanachi hanno una intera discussione su questo, mentre per il discorso mitty quella mitty è semplicemente l'incarnazione del desiderio di belafu, cioè viene chiaramente detto che quella non è mitty o meglio, quando è stata copiata si dice anche che la sua anima fosse stata copiata ma di fatto è interamente un prodotto del villaggio, creata come valore per cui belafu ha ceduto braccia e occhi, la dimostrazione del fatto che quella mitty non fosse reale viene dalle parole della stessa nanachi e da belafu ma ancora più lo vediamo quando la membrana del villaggio ( irmiuy stessa) si sgretola e mitty scompare perché ciò che nasce dentro il villaggio non può essere fuori di esso. Quindi quella era mitty? Sni, è morto in tutto e per tutto ma non è la mitty di nanachi, ne è solo la copia perfetta. Nanachi lo comprende, come comprende che è stata egoista e alla fine prende coraggio, si riprende dal suo momento di debolezza e lascia che quella copia evanescente svanisca.
Onestamente per parlare di forzatura bisognerebbe trovare qualcosa che ha una spiegazione debole o fallace. L'intera seconda stagione si basa sul concetto di valore e ogni personaggio ha a che fare con i propri valori e desideri più reconditi, nanachi ha giustamente mitty, il suo valore e non mi avrà una forzatura, è pienamente coerente con la trama e con quel che succede intorno a loro. Sarebbe stata una forzatura se mitty fosse potuta uscire dal villaggio e viaggiare con loro o se fosse tornata magicamente a caso umana.
La mitty che conosciamo è morta, quel che troviamo e troveremo sono semplicemente suoi echi nell'abisso ( è la stessa nanachi che lo dice nel film che precede questa stagione).
Detto questo, ancora non sappiamo cosa ci sia o meno nel fondo dell'abisso ma per ora mi sembra tutto molto coerente, l'autore ha anche spiegato in maniera convincente perché vueko è ancora viva quando i bambini scendono pur essendo lei ancora umana. Senza contare che nel manga l'autore ti spiega pure i meccanismi di tutti i gadget e le caratteristiche di tutti gli animali che incontri facendole sembrare pagine di appunti di riko, mi sembra proprio che il suo intento sia quello di creare un universo con delle sue regole ben delineate e per me ci sta riuscendo in pieno.
Ci mette mesi per tirare fuori un capitolo mannaggia a lui, ma penso che l'ultima cosa di cui lo si possa accusare è di creare delle forzature
Umhh.. probabilmente l'altra, tra le diverse forzature che avevo evidenziato, rende meglio il concetto di forzatura: c'erano altri modi per farlo, quello scelto non era il migliore.
Dire che non è vero, come state continuando a dire, significa di contro che tra i tanti modi possibili quello era il migliore... posso comprendere i vostri punti di vista, li trovo anche interessanti ma state solo provando a giustificare la scelta dell'autore, io continuo a dire che poteva essere fatta, analizzando l'opera, una scelta migliore nell'esecuzione anche degli stessi eventi, veramente non trovate?
Di Made in Abyss ho visto solo la prima stagione: pur non trovandoci nulla di brutto (anzi), questa serie ha un nonsocosa che mi respinge. Non l'ho neanche votata, perchè proprio non saprei che voto darle.
A Deer king ho dato 7: bella premessa, bel setting, ma i personaggi non sono granchè e la narrazione a volte è un po' farraginosa. Hanno voluto palesemente imitare lo Studio Ghibli, ma il risultato è solo discreto, quindi anche se gli ho dato un voto un po' più alto concordo con la recensione.
E a proposito di Ghibli, Mononoke Hime non è una delle opere migliori di Miyazaki a mio parere, ma ha comunque una bella storia, bei personaggi e naturalmente le solite belle atmosfere e splendide musiche che da sempre contraddistinguono queste pellicole: 7.5
Personalmente no, cioè spiega cosa intendi con migliore, ovvero cosa avresti voluto vedere. Perché secondo me se una cosa funziona funziona, può non piacerti come è stata svolta ma se esiste una spiegazione chiara non è una forzatura, tutto qua. La forzatura c'è quando una cosa accade con spiegazioni che stridono e non collabiscono bene con la trama, qua l'apparizione di mitty è perfettamente coerente con l'universo narrativo e le leggi che l'autore stesso ha delineato.
Mitty potrebbe riapparire in futuro e sempre per le medesime leggi che ha scritto l'autore aspettari di rivedere prushka visto che appunto faputa ha dimostrato di poter parlare con la pietra e che quindi forse un qualcosa ascrivibile al concetto di anima è ancora presente intrappolata nell'oggetto. O forse per te anche questa potenziale evoluzione sarà una forzatura. Non capisco cosa ci sia di forzato in un qualcosa di già anticipato e già scritto che poi si palesa
Ripeto, se mai può non esserti piaciuto il come succede ed è legittimo, ma rimane in ogni caso coerente.
La parte del furto onestamente non ho neppure capito cosa per te è forzato, come hai detto tu viene ampliamente spiegato perché accade quello, le dinamiche e per come. Se mai anche qua non ti è piaciuta la scelta e l'esecuzione ma forzature non ne vedo. Ogni pretesto narrativo è di per se una forzatura, nel senso che l'autore usa espedienti per forzare la trama verso un qualcosa, se è bravo a farlo spiegando tutto in maniera coerente non credo si possa parlare di forzatura, se mai appunto di gusto personale sulla scelta delle soluzioni narrative.
L'unica forzatura che mi aspettavo di entire era quella di quando alla fine la ciclope spinge vueko per le scale e nell'anime poi lei piange facendo pensare che forse questo era un po' poco sviluppato, in realtà dietro questa scena c'è una tavola del manga ahimè censurata, la ciclope viene sempre mostrata vicino a vueko nel corso del flashback e vengono anche mostrate mentre fanno sesso ( tavola censurata), descrivendo senza parlare di fatto la loro storia d'amore e complicità, quel che sembra messo a caso nell'anime in realtà è la conclusione di una triste storia d'amore raccontata in maniera delicata e senza parlare, meno riuscita nell'anime appunto. Inoltre questo è alla base anche di una delle frasi che vueko dice a irmiuy: "sai anche io non posso avere figli" probabilmente non per una impossibilità biologica ( alcuni speculano sul fatto che non possa averlo per gli abusi ma a me sembra strano), piuttosto proprio per il fatto che lei è omosessuale ( ma qua è lasciato molto alla interpretazione per le motivazioni) il punto è che quella scena con il ciclope, sapendo questo retroscena ha un sapore tutto diverso e assume anche un significato che purtroppo potrebbe essere perso nella versione animata, dico potrebbe perché magari qualcuno co è arrivato comunque a capirlo, ma diciamo che è comunque una scena meno impattante
Posso dire che c'è una differenza tra l'affermare che è "una forzatura" a dire "non è la scelta migliore"?
Dare del "migliore" è un parere totalmente soggettivo, quindi di per sé opinabile fino a prova contraria; il "migliore" di focasaggia non è il migliore in assoluto, come non è il mio, o quello degli altri utenti.
Detto questo, l'utilizzo di "forzatura" credo che sia un termine troppo duro posto in questo caso, visto che più che "forzatura" è da vedere come più un "espediente narrativo" che è la BASE di qualsiasi opera.
NON ESISTE opera che non utilizzi l'espediente narrativo, perché l'autore è il cosìdetto Dio del suo racconto, e quindi sarà sempre il fautore delle vicende, poi se l'autore è bravo normalmente non ti fa percepire il senso di "Succede A-> Poi B per far succedere C -> Ecc.".
Molti autori scrivono una scaletta degli eventi che vanno a narrare, questo rende già di per se qualsiasi opera una grande e magistrale forzatura.
Ho visto che parlavi del fatto
Ti riporto quanto tu hai detto:
"per il discorso mitty quella mitty è semplicemente l'incarnazione del desiderio di belafu, cioè viene chiaramente detto che quella non è mitty o meglio, quando è stata copiata si dice anche che la sua anima fosse stata copiata ma di fatto è interamente un prodotto del villaggio" questa è una forzatura, lo so che non te ne rendi conto, ma non significa nulla, è solo confusione che poteva non esserci, evitando proprio la scena, ne converrai. Semplicemente stai cercando di giustificare l'autore, ma non è un obbligo, poteva certamente non arrivare a farti spiegare così male quello che voleva dire, ecco cosa intendo con migliore.
non sto cercando di giustificare nulla, viene proprio detto da bellafu e da nanachi stessa, forse te lo sei perso guardando l'anime? Quel che ho detto viene dalle parole dei protagonisti non me lo sono inventato affatto. Ti consiglio di rivederti quella parte e leggere attentamente i dialoghi, perché se dici che "lo dici tu" mi pare evidente che tu te li sia persi.
Belafu narra apertamente di come lui abbia conosciuto Mitty e di come l'abbia desiderata ardentemente, ma bondeewd non glie la vole concedere e quindi lui la volle ricreare copiandola, cioè facendola nascere nel villaggio al prezzo di un controvalore adeguato, ovvero le gambe e gli occhi. Irmiuy che ti ricordo aveva le tre uova dei desideri ha così ricreato mitty in tutto e per tutto al prezzo di occhi e gambe.
Dal momento che tutta la season ruota intorno alle uova dei desideri e a questo modo di gestire i valori nel villaggio, nonché al concetto stesso di haku, cioè valore ( da cui poi si spiegano i simboli che faputa aveva lasciato sui disegni di reg, nanachi e riko), non riesco davvero a capire dove sia la forzatura. A me sembra tutto molto coerente, certo sicuramente non lineare. Anzi decisamente intricato, specialmente nel manga dove dovetti rileggere più volte questa parte, anche per via del fatto che usciva un volume all'anno e oltretutto perché il flashback è tutto posto dopo quindi all'inizio ci si trova molto spaesati.
PS neppure la parte dell'anima copiata mi sono inventato, viene detto nei dialoghi
Forse siamo vicini al punto. Non ti sei inventata nulla lo so, ma rimane che leggendoti convieni con me, il caso di Mitty non è lineare per come viene raccontato. Dico semplicemente che lo poteva essere scegliendo un altro modo per raccontare gli eventi, creando meno confusione nello spettatore/lettore. In questo caso la forzatura di cui parlo è semplicemente quel senso di confusione che era preferibile evitare, (poi perdonami l'aggiunta poteva anche non essere proprio Mitty, creando così meno confusione e non sarebbe cambiato niente ai fini della storia. Se fosse sua intenzione riprendere il personaggio lo poteva anche fare direttamente dopo, forse non converrai ma avrebbe semplificato il tutto) stimando l'autore so che ne era capace, non aveva mai creato un qualcosa di così ostico in passato.
Scusa ma forzatura non è confusione, la confusione dello spettatore nel comprendere una cosa non può essere ascritta a una forzatura, altrimenti saremmo qua a dire che la monogatari series è piena di forzature il che non è di fatto vero.
Ripeto: poteva essere raccontata meglio? Parere rispettabile che posso comprendere anche se personalmente per me è raccontato bene anche in questo modo, ma mi dispiace non poter affatto concordare o rispettare il termine forzatura che invece implica che qualche ingranaggio non giri correttamente, il che non è vero. Un Power up che compare a caso per risolvere una situazione perché si è una forzatura, qua non mi sembra ci sia qualcosa che non giri correttamente
Non la chiamerei nemmeno io "forzatura", ma sono d'accordo su tutto il resto detto da focasaggia, mi è sembrato (non linciatemi) che il reinserimento di mitty, con la motivazione di "un tizio che ne ha viste di cotte e di crude sacrifica na barcata di roba perchè gli piace mitty" una spiegazione molto semplice. Forse troppo semplice.
Più un modo per reinserire un personaggio amato che ci ha fatto piangere/emozionare e rimetterlo in gioco per farci di nuovo emozionare/piangere per lo stesso identico motivo.
E nel contempo dare un modo per una evoluzione del personaggio di nanachi che a mio avviso era gia avvenuto con la vera mitty, rendendo così anche "meno importante" appunto la storia precedente con la vera mitty.
L'autore ha giocato una carta che nemmeno a me è piaciuta, tutta la loro storia era gia bellissima così, rivederla "tornata in vita" non è stata, almeno per i miei gusti, una scelta azzeccata.
Infatti sta volta mi ha lasciato completamente indifferente e anche un po' scocciato.
Allora lo ripeto, che il discorso " non mi è piaciuta la soluzione narrativa" sia legittima , lo ho detto e ridetto. Il mio era puramente un discorso sulla terminologia forzatura che per nulla si accosta a made in abyss in questa season.
Tralasciando per un attimo il discorso della soluzione narrativa impiegata in se, ripeto che il fatto che mitty sarebbe potuta tornare era stato anticipato più e più volte già nella saga precedente, stando a come è fatto l'abisso e per quello che sappiamo, sarebbe stato e sarà legittimo vedere persone morte riapparire sotto forma di forme evanescenti o di "residui / echi" di loro stessi.
Detto questo, l'incontro tra belaf e bondrewd serve per di più come setup per farti capire che mister bondrewd sia di fatto sceso e risalito dallo strato dadove in teoria è impossibile risalire e l'innamoramento di belaf per mitty è strettamente ricollegabile a quanto lui dice all'inizio ,ovvero che ciò che rende una persona" bella " sono gli occhi, non inteso come organo ma come sguardo,in quanto se vogliamo dire come termine più nostro " sono lo specchio della propria anima", belafu di mitty dice che la sua immortalità era autentica e che emanava un chiaro segnale di amore e che era diventata una più unica che rara cristallizzazione della maledizione dell'abisso, lui la bramava per questo, in sostanza bellafu si sentiva attratto da mitty proprio per ciò che lei gli trasmetteva e ciò che traspariva dal suo sguardo e da ciò che lui percepiva in quanto come detto più volte nella serie, il caso di mitty e nanachi era di fatto il primo ( non l'ultimo) caso in cui questo fenomeno Era accaduto. Preciso che fin qua non sono mie congetture o pensieri , ho semplicemente citato discorsi di belafu che fa durante la stagione.
Altro è possibile estrapolarlo dai fatti perché Hey non esistono solo gli spiego i ma per fortuna in grazia di Dio la serie si avvale anche di narrazione silenziosa con le vicende da cui puoi dedurre cose: gli abitanti di irbru dicono che nanachi ha un grande valore perché loro percepiscono che sia nata dal più puro sentimento d'amore. Nel villaggio di irbru l'unica moneta di scambio sono i valori, per ottenere qualcosa devi dare qualcosa in cambio del medesimo valore. Viene anche detto che il valore è soppesato e valutato in base a quanto realmente gli viene attribuito nel nostro profondo, quindi non dalle nostre parole ( non puoi barare per ricevere sconti dice di ad esempio che un tuo pelo vale come le tue gambe), la ragione di tutto questo non è tanto irmiuy stessa ma appunto il cimeglio dell'abisso, l'uovo dei desideri. Irmiu desiderava ardentemente di diventare madre e questo l'ha portata a sfornare in continuazione pargoli probabilmente a scapito della sua stessa umanità, ma i pagoli nascevano morti, ogni cosa che infatti è nata da lei è destinata a perire una volta che esce da lei ( come tutti gli abitanti del villaggio ad eccezione di vueko), l'unica eccezione a questa regola è faputa, definita appunto: l'incarnazione del valore proprio perché lei stessa è l'incarnazione dell'uovo dei desideri e in quanto tale è come se avesse dentro di sé sempre un uovo dei desideri e per tale motivo riesce a vivere anche staccandosi dalla madre e dalle uova in esse contenute. Ma ora sto divagando, queste premesse generali erano solo per chiarire che il sistema di scambio nel contesto del irbru prevede che se belafu volesse ardentemente mitty l'unico modo per possederla sarebbe stato ricrearla , visto che bondrewd non era disposto a vederli l'originale. Per cui belafu diventa così ossessionato e bramoso di quella creatura così eccezionale e piena di amore che decide di rinunciare a quei pezzi di sé per averla. Il fatto che rinuncio a tutti quel numero spropositato di arti e agli occhi per una mera copia di mitty fa solo capire quanto effettivamente sia computato alto il suo valore.
Belafu non offre quelle parti di sé in cambio di mitty ma è il prezzo stipulato come equo per controvalore di ciò che lui desidera, lui semplicemente accetta lo scambio. Vi faccio presente che belafu non ha una storia simile agli altri del villaggio, lui è stato costretto a mangiare i gigli di irmiui e in preda ai sensi di colpa voleva semplicemente morire, lui si getta dentro irmiui per espiare le sue colpe e per morire divorato dalla creatura a cui lui aveva fatto un torto così orribile, ma invece di morire lui viene tramutato in quello che vediamo e ancora "costretto" a vivere, semplicemente belafu dona tutte quelle parti di sé per un qualcosa che ha sempre ricercato nella vita, un qualcosa che poi lui stesso dice " riusciva ad alleviare i suoi dolori interiori" .
Quindi torno a dire: è sicuramente un modo che l'autore ha usato per fare tornare mitty ma ne era stata già annunciata l'intenzione e la possibilità e inoltre per farlo si è inventato una storia maledetta e anche intricata, è una soluzione che può piacere? Beh come tutte le soluzioni narrative possono piacere o meno.
Torno a dire però: ha degli ingranaggi che scricchiolano? No, io non credo, semplicemente, come ha sempre fatto l'autore, frammenta le informazioni in vari dialoghi e/o te lo mostra per immagini e te le fa intuire senza necessariamente ricorrere a spiegoni, quindi poi lo spettatore è costretto ad alzarsi dal suo ruolo passivo e a ricollegare un po' le cose. Questo è ancora più visibile nel manga, dove il flashback viene appunto interamente messo alla fine e tu sei costretto a unire i puntini da solo, tornando indietro e rileggendo.
Ad esempio: l'autore ti ha fatto capire senza spiegartelo con uno spiegone, e spero che lo abbiate colto, che il tempo in questo strato è distorto e non scorre nell'esatto modo in cui scorre in superficie. Uno dei tanti indizi, oltre a vueko che è ancora viva dopo centinaia di anni in superficie, è la pioggia di fiori e targhe funebri, come se appunto ad orth fossero stati celebrati centinaia di funerali in contemporanea.
Questo era invece per rispondere alla critica fattami sopra " eh ma questo lo deduci tu", in realtà , siccome molto nel manga è narrato per narrazione silenziosa, sta alla mente attiva dello spettatore collegare i punti e sforzarsi di unire i puntini o di interpretare quel che vede.
A una prima visione o lettura è normale che sfuggano tante cose, ma ripeto: questo non può essere definito come forzato,tutto qua.
Ho voluto fare questo lungo commento solo perché se mi fossi limitato a dire " no, non è così" poi passavo per fanboy, il consiglio migliore che posso darli è quello di rivedere la season o rileggere il manga prestando attenzione bene a quello che i personaggi dicono e ai piccoli dettagli che vengono mostrati, sono sicuro che con il senno di poi sarà più facile notarlo. Io stesso questa parte l'ho riletta 3 volte e l'anime visto due volte e ogni volta ho notato un dettaglio diverso.
Se poi vi volete fermare a pensare che sia una forzatura, siete liberissimi di rimanere nelle vostre confort zone e di vedere quel che più preferite.
Sul discorso " drama forzato" il dramma della ricomparsa di mitty non è un dramma perché mitty rimuore, quella non è mitty, è un dramma per le ferite di nanachi che si riaprono, se quella fosse stata la vera mitty allora potevo concordare ma quella è un clone, una copia carbone, è mitty sni, il fatto che rimuoia non è il fulcro del drama. Anche qua può piacere come soluzione narrativa o meno, ma siccome il punto non è la morte di mitty in quanto già morta, ma al contrario nanachi e i suoi turbamenti interiori, la vedo come una cosa totalmente diversa dalla dinamica della S1 e quindi ancora qua personalmente non forzata ( ma qui andate sul vostro gusto personale) quindi il termine forzata è ancora improprio, poiché ha le sue ragioni d'essere li, con un suo setup costruito.
Non è un drama alla crilin che muore e poi resuscita e puoi rimuore, ma è un drama alla alla personaggio muore, altro personaggio viene a contatto con un suo eco/forma evanescente ( mettetela come volete, quasi cede di perdersi nell'illusione di poterla avere accanto di nuovo ( pur essendo consapevole che non è lei), ma poi riesce a rinvenire e a lasciarla andare (psicologicamente) nuovamente.
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