Esistono diversi modi per catturare un giocatore attraverso un trailer: le premesse di trama, i video di gameplay oppure lo stile grafico, esattamente come nel caso di The Spirit of the Samurai, opera prima del team di Digital Mind Games arrivato un po' in sordina in questo dicembre pieno di piccole bombe, la presentazione in simil-stop motion aveva incuriosito molti cacciatori di perle indie che hanno alimentato l'hype per il titolo e, dobbiamo dirlo, dopo aver passato diverse in sua compagnia possiamo affermare che forse era meglio fermarsi lì, ve ne parliamo nella nostra recensione
 
Il samurai Takeshi ci trasporta in un'avventura nel Giappone dei tempi andati

La trama di The Spirit of the Samurai risulta piuttosto interessante ed in grado di catturarci fin da subito: nel cuore della foresta un ragazzino armato di katana si reca ad misterioso santuario, dove incontra una Kitsune, figura del folklore giapponese in tutto simile ad una volpe, che riconosce la lama e gli svela che apparteneva ad un suo antenato, Takeshi, samurai dell'epoca Edo, e promette non solo di raccontargli la sua storia, ma di fargliela rivivere in prima persona grazie ai suoi poteri di connessione spirituale, di lì a poco ci ritroveremo infatti nei panni del guerriero, sempre accompagnato dal suo adorabile gattino Chisai; il giovane svolge insieme ad altri compagni il ruolo di protettore di un piccolo villaggio rurale e, per quanto sembra un giorno come tanti altri, la sua mente è inquieta, manco a farlo apposta infatti dopo il suo addestramento di routine si erge un grido tra gli abitanti ed all'orizzante si staglia un minaccioso stormo nero: le armate del demone Shouten-Douji (altra figura appartenente alla mitologia giapponese) sono tornate per mietere vittime per conto del malvagio Oni, trasformando gran parte degli abitanti in non-morti e diffondendo mostruosità per tutto il regno; sarà dunque compito di Takeshi riunire i superstiti e cercare tutto l'aiuto possibile per respingere nuovamente il demone nel cuore della montagna.
 
La poesia che il titolo riesce a restituire per gli amanti del folklore giapponese è incredibile

È necessario a quanto punto della recensione mettere un grande paletto: per quanto infatti il titolo sia stato più volte marketizzato come un metroidvania 2,5D, in realtà è molto più simile ad un semplice action-adventure, in quanto a parte qualche piccola deviazione qua e là atta ad ottenere risorse extra non ci verrà mai chiesto di tornare in location precedentemente visitate né acquisiremo abilità per esplorarle più a fondo, oltre questa breve componente esplorativa infatti il focus della produzione sarà quasi interamente sulla storia e, soprattutto, il combattimento, gli sviluppatori hanno infatti optato per un sistema di sviluppo del personaggio che mischia delle componenti gdr (e diciamolo dai, un pochino soulslike) con alcune prese in prestito direttamente dai picchiaduro, alzare le statistiche di forza e destrezza di Takeshi ci permetterà infatti di sbloccare nuove mosse da inserire nelle sue sequenze di attacchi, alcune che risultano più lente ma potenti, altre più veloci e deboli e via dicendo, tuttavia qui abbiamo incontrato le prime due vere criticità del prodotto: la difficoltà di concatenamento delle mosse ed i riflessi dell'IA nemica: fin da subito ci viene infatti spiegato che le mosse possono essere eseguite o spostando l'analogico sinistro e premendo il tasto di attacco oppure spostando unicamente l'analogico destro, tuttavia il più delle volte le mosse sembrano non volersi concatenare con entrambe le soluzioni (senza parlare del fatto che utilizzando la prima eseguire le spazzate diventerà un terno al lotto tra gli effettivi attacchi e le volte in cui invece verrà preso l'input per accovacciarsi, rendendo i combattimenti anche una lotta contro il sistema), per quanto inoltre abbiamo a disposizione tutto questo parco mosse, alla fine dei conti la differenza risulta inutile, in quanto non esistono parate nemiche alte o basse ed il più delle volte i nemici armati di lama tenderanno a parare il 90% dei nostri attacchi e per quanto il gioco ci suggerisca di andargli alle spalle nel mentre che eseguiremo questa mossa loro si saranno già girati, trasformando i combattimenti contro i nemici più coriacei in una riproduzione tragicomica dell'esperienza PvP della saga Souls, senza contare che spesso ci si ritroverà a combattere contro tre o più nemici alla volta (di cui quasi sempre uno armato di arco, che sarà in grado di sottrarci uno dei tre punti vita a nostra disposizione con un singolo colpo) e dunque combinando tutti i fattori sopracitati si cercherà di risolvere quasi tutti gli scontri con un becero spam del tasto di attacco, sperando che prima o poi questo entri; fortunatamente la situazione si risolleva un pelino negli scontri 1-contro-1 con i (pochi) boss, che rendono i riflessi nelle parate una necessità assoluta.

Oltre a poter far salire le proprie statistiche, eliminare i nemici ed offrire determinati oggetti agli altari ci fornirà incenso, che qui funge da valuta e ci permetterà di acquistare frecce, kunai o pozioni varie, tuttavia queste ci vengono fornite talmente spesso dai nemici ed esplorando l'ambiente che a meno di non abusare davvero degli attacchi a distanza sarà impossibile finirle, facendo risultare anche questa componente di acquisto praticamente inutile.

Ogni tanto il gioco cercherà di variare la situazione facendoci giocare delle sezioni in cui impersoneremo il gattino Chisai o un piccolo Kodama, sezioni che però risultano ancora più castrate dell'offerta base e non aggiungono niente all'esperienza.
 
Il titolo non ha mai paura di risultare macabro, inquietante o violento e questo è solo che un bene

Come detto in sede di apertura se c'é una cosa che il gioco restituisce bene è senz'altro il comparto artistico: l'intera produzione in tutte le sue componenti sembra un'opera in stop-motion con ambientazioni rese come piccoli diorami creati al computer, ciò è evidente soprattutto nei vari personaggi e nemici, con Takeshi in particolare che restituisce questo stile in tutte le sue animazioni, abbiamo inoltre davvero apprezzato la volontà di restituire un Giappone si classico ma al tempo stesso cupo e con una vena dark, che non ha paura di mostrare violenza o orrori di ogni sorta, e qui dobbiamo un po' ammettere che se invece dell'inglese con estremo accento (stereotipato) orientale ci fosse stata la possibilità di avere l'audio in giapponese l'immersione sarebbe stata alle stelle, soprattutto visto che la trama non annoia mai e dura giusto quella decina di ore consone ad un titolo del genere.

Più avanzavamo con la nostra avventura in The Spirit of the Samurai più una frase continuava a frullarci per la testa: "Però è un peccato...", questa purtroppo risulta il riassunto perfetto della produzione, un titolo che tanto ha da offrire dal punto di vista tecnico, di trama ed immersione e tanto riesce a toppare da quello di gameplay, volendo offrire diversi sistemi originali ma risultando estremamente sbilanciato in ognuno di essi; eppure anche con questi difetti ci sentiamo comunque di consigliare il prodotto, in quanto un'opera prima così non si vede tutti i giorni e non si può neanche pretendere di fare centro perfetto; probabilmente non vincerà nessun premio ai TGA ma l'avventura di Takeshi saprà trasportavi nel Giappone più mitologico che possiate immaginarvi.